LA CRISI GRECA CON IL PREMIER DI ATENE ISOLATO

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Giovedì
02/07/2015
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Pierluigi Magnaschi
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LA CRISI GRECA CON IL PREMIER DI ATENE ISOLATO, i MERCATI ORA PUNTANO SUL sì
AL REFERENDUM Tsipras all'angolo, borse +2% Merkel ed Eurogruppo chiudono la porta al
governo Syriza: nessuna trattativa su estensione del piano e su nuovi aiuti fino alla tornata elettorale di
domenica. La Bce conferma la liquidità di emergenza
————————————————————(Castagneto, Corvi, De Mattia, Forelle, Ninfale e
Sedgwick alle pagine 2, 3, 4 e 5)————————————————————
Renzi non vede tutti i limiti di questa Eurolandia N ell'intervento svolto ieri all'università Humboldt di Berlino
DI ANGELO DE MATTIA Renzi ha detto che la sola visione economica dell'Europa ha fatto fallimento; al più
potrà essere stata un successo per la Germania, ma non per tutti gli altri Paesi. Oggi l'Europa rischia di essere il
fanalino di coda a livello mondiale. Dunque il progetto europeo va riformato. Il fatto è che il fallimento si è
avuto non solo perché si è pensato a un'Unione economica e monetaria che avrebbe automaticamente aperto le
porte all'Unione politica, che era il sogno dei Padri dell'unità europea. Che «l'intendenza avrebbe fatto seguito»,
come si disse all'epoca dell'avvio della prima fase dell'Uem, è stato smentito dai fatti. Oggi gli stessi sostenitori
di quella tesi, pronti all'epoca a tacciare di euroscetticismo coloro che invitavano a riflettere su questa stretta
consequenzialità tra economia e politica, additano - senza però una doverosa autocritica - nell'assenza di un
governo politico o quantomeno, di un ministro dell'Economia e delle Finanze europeo, che faccia da
interlocutore della Bce, una delle ragioni delle disfunzioni di Eurozona e Unione. Tante volte si è parlato della
« zoppìa» del sistema della moneta unica, privo della gamba politica: una mancanza tuttavia che non si volle
rilevare al momento del decollo dell'euro. Ma sono stati gli stessi meccanismi economico-finanziari che non
hanno funzionato, al di là dei loro rapporti con gli obiettivi politici. La pretesa di governare la politica
economica con parametri sanciti nelle leggi con una prospettiva sub specie aeternitatis nasceva già con il germe
dell'insostenibilità nel lungo periodo. Poi è iniziata la fase, culminata con il Fiscal Compact, in cui attraverso
regolamenti o accordi intergovernativi - in quest'ultimo caso per la mancanza dell'unanimità per modificare i
Trattati - si sono introdotte nuove regole quantitative, sono stati fissati nuovi rapporti e parametri, perpetuando
l'illusione di poter governare con questi strumenti normativi, riducendo l'arte del governo alla mera
constatazione del modo in cui le norme stesse sono applicate. La flessibilità nell'osservanza delle regole, di
recente conseguita, è pochissima cosa - percentualmente ancora a livello di prefisso telefonico - come lo è il
piano di investimenti voluto da Juncker. Allora, prima di ipotizzare avanzamenti sul terreno politico,
occorrerebbe correggere lo strumentario di politica economica e finanza pubblica, evitando di incamminarci
sulla strada delle ulteriori parziali integrazioni, per le quali ci candideremmo a sicure, successive autocritiche
per la loro parzialità e per avere ceduto sovranità, senza che l'assetto istituzionale consenta una loro
condivisione piena. La vicenda greca è significativa dei ritardi sia politici che economici. Questi ultimi non si
superano agendo a livello solo istituzionale. Centrale è il problema della linea della politica economica seguita:
qui si riscontra il fallimento della cosiddetta strategia dell'austerità espansiva. Insomma, la questione è molto
più complessa di come Renzi l'ha presentata. È allora sperabile che su questi terni si rifletta a fondo,
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Credito: scenari e commenti
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