clinica e management Insonnia in età pediatrica Oliviero Bruni1, Luana Novelli1, Luana Berillo1, Marco del Pozzo2, Martina Forlani2 Centro per lo Studio dei Disturbi del Sonno in Età Evolutiva, Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche Età Evolutiva, 2 Azienda Ospedaliera S. Andrea, II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Sapienza Università di Roma 1 Introduzione I disturbi del sonno nei primi tre anni di vita affliggono circa il 30% dei bambini e delle loro famiglie. Questa prevalenza sembra essere aumentata negli ultimi 20-30 anni poiché le nuove abitudini sociali hanno determinato una discrepanza fra quello che dovrebbe essere il ritmo sonno-veglia naturale del bambino e le esigenze sociali stesse. I disturbi del sonno nella prima e seconda infanzia possono avere effetti deleteri sullo sviluppo cognitivo, sulla regolazione dell’umore, sull’attenzione, sul comportamento e sulla qualità della vita in generale (Tab. I) 1. La prevalenza dei disturbi di inizio e mantenimento del sonno è molto elevata nei primi anni di vita e tende a diminuire con l’età. Il 36% dei bambini a 2 anni presenta risvegli notturni e questa prevalenza scende al 13% a 6 anni, mentre il 16% dei bambini a 3 anni presenta difficoltà di addormentamento, percentuale che scende al 7% all’età di 6 anni 10. La base eziopatogenetica è quasi sempre rappresentata dalle interazioni di variabili fisiologiche, genetiche e comportamentali, dove notevole importanza rivestono i fattori relativi alle interazioni fra il bambino e le figure genitoriali (comportamenti errati dei genitori all’addormentamento e durante i risvegli, modalità di alimentazione, co-sleeping, ecc.). Solo in meno del 20% dei casi l’insonnia riconosce cause organiche, e in alcune patologie l’alterazione del sonno rappresenta, a volte, uno dei sintomi più evidenti 11. I lattanti possono svegliarsi spesso nel corso della notte perché hanno un maggior numero di cicli di sonno e di transizione tra le diverse fasi del sonno. Uno dei fattori più importanti nel determinare se un bambino con risvegli notturni stia organizzando un’insonnia, è la sua incapacità di riaddormentarsi autonomamente senza l’intervento dei genitori; questi ultimi, intervenendo continuamente ad ogni minimo richiamo del bambino tendono inconsciamente a rinforzare il disturbo. Nella prima infanzia sono normali uno o più risvegli; alcuni bambini non chiamano (self-soothers/autoconsolatori) e altri invece chiamano (signalers/se- gnalatori); a 1 anno il 60-70% sono in grado di autoconsolarsi e si riaddormentano da soli. Fra queste due tipologie di bambini la differenza non è nella struttura del sonno ma nel modo in cui i genitori gestiscono l’addormentamento: i signalers vengono messi nella culla già addormentati, mentre i self-soothers vengono messi nella culla ancora svegli, viene loro permesso di addormentarsi da soli e usano più spesso uno sleep-aid (per esempio il ciuccio) 12. I bambini insonni dopo un intervento comportamentale diventano auto-consolatori e consolidano il loro sonno. La capacità di mantenimento del sonno aumenta con l’età e questo giustifica la riduzione dell’incidenza dei risvegli dopo il 3° anno ed in particolare nel momento in cui il bambino abbandona naturalmente il sonnellino diurno. In questa fase vi è una redistribuzione del sonno ad onde lente dal giorno alla notte che rinforza il meccanismo omeostatico del sonno e stabilizza il ritmo sonno-veglia. Insonnia comportamentale infantile L’International Classification of Sleep Disorders 13 definisce l’insonnia comportamentale come una difficoltà ad iniziare e/o mantenere il sonno la cui eziologia è ascrivibile a comportamenti errati appresi dal bambino e riconosce due tipi: a) disturbo da inizio del sonno per associazione; b) disturbo da inadeguata definizione del limite. Disturbo da inizio del sonno per associazione e risvegli notturni Si verifica quando l’addormentamento è impossibile se non in presenza di certi oggetti o circostanze (per esempio la presenza di un genitore, l’uso del biberon, ecc.). Questi bambini presentano frequenti e lunghi risvegli notturni e sono incapaci di riaddormentarsi autonomamente se non vengono ripristinate le condizioni iniziali dell’addormentamento.Alcune condizioni possono favorire l’insorgenza/mantenimento di questo disturbo, e tra questi, in particolare: dormire nel letto con i genitori, dar da man- numeroTREduemiladieci 33 clinica e management Tabella I. Conseguenze dell’insonnia del bambino e della deprivazione di sonno. Disturbi comportamentali Iperattività (ADHD): ↑ probl. scolastici = ↑ aggr. Disturbi di apprendimento 2 Disattenzione incidenti 3 Obesità Rischio 4,2 volte > nei b. ipodormitori 2 58 a 92% di rischio di obesità se sonno ridotto 4 Salute dei genitori Scarsa salute mentale e fisica 5 Depressione madre 6 7 Pensieri aggressivi e di infanticidio 8 (Levistisky et al., Clin Pediatr 2000) Abuso di sostanze In adolescenza abuso di alcool, cannabis e altre droghe, depressione, ideazioni suicidarie 9 giare al bambino di notte quando si sveglia, presenza di coliche dei primi 3 mesi, temperamento particolare, errata educazione all’addormentamento, depressione e/o ansia materna. È importante che il medico metta in atto una corretta diagnosi differenziale tenendo presente quelle che sono le altre cause di risvegli notturni, e nello specifico: movimenti periodici degli arti inferiori (PLM), apnee in sonno, inadeguata igiene del sonno, fattori ambientali (rumore, caldo, ecc.) e concomitanti patologie mediche. L’intervento terapeutico prevede l’utilizzo di tecniche comportamentali associate ad alcune modifiche specifiche nelle abitudini del bambino (Tab. II) 1. Disturbo da inadeguata definizione del limite È tipico nei bambini di 2-3 anni e si caratterizza per la difficoltà da parte dei genitori di stabilire delle regole durante l’addormentamento e di farle rispettare con conseguente rifiuto da parte del bambino di andare a letto ad un orario determinato o di rimanerci per tutta la notte. Quando i “limiti” non vengono, da parte del genitore, rinforzati o lo sono solo sporadicamente, l’addormentamento può subire forti ritardi e il risultato può essere una quantità totale di sonno insufficiente rispetto all’età del bambino. Tra i fattori precipitanti e di rischio di questo disturbo vengono riportati: uno stile genitoriale permissivo, conflitti genitoriali circa le norme educative, temperamento del bambino, comportamento oppositivo durante il giorno, ecc. La diagnosi differenziale deve essere effettuata rispetto a: paure dell’addormentamento e ansia da separazione, disturbo da ritardata fase di addormentamento, sindrome delle gambe senza riposo e effetti di alcuni farmaci (ad es. stimolanti). Anche in questo caso, l’utilizzo di tecniche comportamentali (specialmente rinforzo positivo) è efficace. L’approccio tera34 numeroTREduemiladieci peutico deve avvalersi anche di un’educazione al genitore, che dovrebbe essere istruito ad ignorare i capricci e le proteste del bambino, essere deciso nelle risposte ai comportamenti del bambino e a stabilire delle regole e farle rispettare 1. Insonnia da cause psicologiche e paure dell’addormentamento Le paure all’addormentamento e notturne, tipiche tra 7-10 anni, sono probabilmente legate ad una fase dello sviluppo psicoaffettivo in cui il bambino acquisisce il concetto di morte come punto di non ritorno. Ansia, stress ed eventi traumatici sono considerati fattori di rischio nell’insorgenza e nel mantenimento del disturbo. Il disturbo si presenta con pianto e richiesta eccessiva di rassicurazioni al momento di andare a dormire, rifiuto e resistenza all’addormentamento, parziale o completa scomparsa delle paure nel caso in cui al bambino venga consentito dormire con qualcuno. Il trattamento comprende l’utilizzo di alcune strategie come, ad esempio, l’esposizione graduale alla fonte di paura, lo sviluppo di soluzioni creative (ad es. lo “spray scaccia mostri”, cioè uno contenitore riempito di acqua che viene spacciato per uno spray dai poteri speciali), lasciare la porta della stanza del bambino aperta, insegnare al bambino delle tecniche di rilassamento, evitare di far vedere la TV prima di andare a dormire. Insonnia in età adolescenziale L’insonnia di questa età è fondamentalmente legata alla cattiva igiene del sonno degli adolescenti, che contrasta con il fisiologico aumento della sonnolenza legato allo sviluppo puberale. La terapia consiste essenzialmente nel modificare le abitudini errate con un programma comportamentale. Il disturbo del sonno in adolescenza può anche essere la spia di una patologia psichiatrica grave come una depressione maggiore o una schizofrenia. clinica e management Tabella II. Schema orientativo di rieducazione al sonno. 1. Creare un rituale all’addormentamento (es. salutare tutti i giochi, raccontare una favola, cantare la ninna-nanna, ecc.) perché il bambino associ una condizione piacevole all’inizio del sonno 2. Il bambino va messo nel letto solo con pochi oggetti familiari che possono tranquillizzarlo durante i risvegli notturni 3. Stare con il bambino fino a che questo è tranquillo; dite una frase che dovrà essere sempre la stessa, ad esempio: “Mamma ti vuole bene, ma da adesso tu imparerai a dormire da solo insieme ai tuoi peluche e ai tuoi giocattoli” 4. Quindi lasciare la stanza, spiegando al bambino dove si va e perché (es. la mamma va in cucina a bere un po’ d’acqua e torna subito) 5. Mentre siete fuori dalla stanza (e ogni volta che uscirete nelle fasi successive) parlate al bambino anche da lontano rassicurandolo che state tornando 6. Se incomincia a piangere, lasciarlo piangere per un breve periodo (5-10 secondi) prima di intervenire 7. Andare a rassicurare il bambino lasciandolo nel suo letto (se piange prendetelo in braccio e calmatelo, ma cercate poi di rimetterlo nel letto). Rimanete nella sua stanza fino a che si tranquillizza, interagite il meno possibile con lui 8. Lasciare di nuovo la stanza, spiegando ancora al bambino dove si va e perché (ad es. la mamma va in bagno e torna subito). Questa volta l’intervallo dovrà essere un pochino più lungo (20-30 secondi) 9. Se incomincia di nuovo a piangere ritornare in stanza, rassicurare il bambino prendendolo in braccio o lasciandolo nel suo letto. Rimettetelo nel letto e rimanete nella sua stanza fino a che si tranquillizza, interagite il meno possibile con lui 10 Uscire dalla stanza con un’altra scusa e aspettare più a lungo (40-50 secondi) prima di intervenire nuovamente 11 La prima sera si può decidere di aspettare fino a 1-2 minuti e poi lo si fa addormentare così come era abituato il bambino (ad es. cullandolo in braccio) 12 Se possibile mettetelo nel lettino prima che sia completamente addormentato, altrimenti fatelo addormentare completamente e mettetelo nel lettino 13 La sera successiva si ripetono le stesse cose dal punto 1 al punto 12, allungando i tempi di ogni intervento di 10 secondi 14 Quindi la seconda sera si aspetta in totale fino a 3 minuti e poi lo si fa addormentare così come era abituato il bambino (ad es. cullandolo in braccio) 15 La terza sera si aspetta in totale fino a 4 minuti e così via nelle altre sere 16 Lo stesso comportamento va tenuto per i risvegli notturni seguendo lo schema riportato nella Tabella Tempi di attesa durante i risvegli notturni prima di intervenire Giorno I risveglio II risveglio III risveglio Risvegli successivi 1 10 secondi 15 secondi 20 secondi 25 secondi 2 20 secondi 25 secondi 30 secondi 35 secondi 3 30 secondi 35 secondi 40 secondi 45 secondi 4 40 secondi 45 secondi 50 secondi 55 secondi 5 50 secondi 55 secondi 60 secondi 65 secondi 6 60 secondi 65 secondi 70 secondi 75 secondi 7 70 secondi 75 secondi 80 secondi 85 secondi N.B. I tempi di attesa descritti sono indicativi e possono variare in più o in meno; va analizzata la situazione logistica e ambientale (ad es. appartamento o villino isolato, tolleranza dei vicini, ecc.), la qualità della relazione madre-bambino e il livello di stanchezza dei genitori. Insonnia causata da condizioni mediche Coliche dei primi 3 mesi I bambini che presentano tale disturbo (circa un quinto dei lattanti normali) tendono ad avere un sonno estremamente irregolare e breve, in accordo con l’ipotesi di Weissbluth 14 che la colica sia l’espressione di una disfunzione maturazionale dei meccanismi di attivazione e inibizione del ciclo sonno-veglia legata ad un’alterata secrezione della melatonina. Il 90% dei bambini di 9 mesi con alta frequenza di risvegli notturni hanno sofferto di coliche; questi bambini non riescono a sincronizzare e stabilizzare il proprio ritmo sonno-veglia proprio perché la secrezione di melatonina non assume un “pattern maturo” 15 e inoltre i genitori non sono in grado di praticare una corretta igiene del sonno. Le terapie farmacologiche sembrano avere scarsa efficacia; i farmaci più comunemente usati sono il cimetropio bromuro o il simeticone, fino ad arrivare a composti contenenti prometazina, ma la melatonina a basso dosaggio potrebbe avere un suo razionale basandosi sull’ipotesi di Weissbluth 14. Insonnia da allergia alimentare È un disturbo di inizio e mantenimento del sonno determinato da una risposta allergica ad un alimento (in genere alle proteine del latte vaccino); l’insonnia è temporalmente associata con l’introduzione di un particolare cibo o bevanda. Dopo la rimozione dell’allergene alimentare si verifica una normalizzazione del sonno immediata o entro 4 settimane. Risvegli notturni come precursori della Restless Leg Syndrome (RLS) Recenti lavori 16 hanno evidenziato che i risvegli notturni multipli, specie se associati ad iperattività motoria nottur- numeroTREduemiladieci 35 clinica e management na (più evidente agli arti inferiori) potrebbero rappresentare una manifestazione precoce della RLS. La RLS è definita come un disordine neurologico caratterizzato dalla forte, quasi irresistibile, necessità di muovere le gambe, tipicamente associata ad una sgradevole sensazione agli arti inferiori 17 che si accentua nelle ore serali specie con l’immobilità e nel momento in cui ci si mette a letto. La patogenesi della RLS è legata ad un’ipofunzione dopaminergica e, essendo il ferro un cofattore necessario per la sintesi di dopamina, in bambini con risvegli e iperattività notturna potrebbe essere utile la terapia marziale, specie se vi è una familiarità per RLS o anemia. Terapia dell’insonnia in età evolutiva L’approccio iniziale all’insonnia del bambino deve procedere attraverso passaggi progressivi: a) trattare le cause sottostanti, se presenti; b) applicare i principi di igiene del sonno; c) utilizzare interventi comportamentali; d) usare sedativi e/o ipnotici sempre in associazione con il trattamento comportamentale. Tecniche comportamentali Diversi studi hanno dimostrato che l’utilizzo di tecniche comportamentali nel trattamento delle insonnia della prima e seconda infanzia, è efficace nel 50-80% dei casi, determinando una risoluzione dei sintomi notturni ma anche benefici nel funzionamento diurno e sul benessere familiare 1 18. Gli interventi comportamentali sono rappresentati principalmente da: • estinzione standard: consiste nella rimozione di ogni risposta di rinforzo di comportamenti errati del bambino tramite una breve routine al bedtime con il minimo di interazione reciproca, il non intervento quando piange, il riportarlo a letto e farlo riaddormentare con le stesse modalità se si sveglia e si alza. Questo approccio se pur rapido può essere frustrante per i genitori e per lo stesso bambino. Il rischio è che il metodo venga interrotto ed esiti in un ulteriore rinforzo del disturbo; • estinzione graduale: consiste nel cercare di ottenere il comportamento desiderato tramite piccole conquiste successive, come ritardare (o anticipare) gradualmente l’orario di addormentamento, oppure abituare il bambino alla progressiva distanza dai genitori al momento di andare a letto. Questo metodo ha dei tempi di applicazione lunghi e c’è il rischio che i genitori non riescano ad applicarlo in modo costante; • apprendimento discriminato: consiste nello stabilire una rou36 numeroTREduemiladieci tine fissa all’addormentamento in modo tale che il bambino impari ad associare l’addormentamento con determinati eventi che si ripetono stabilmente ogni giorno (ad es. leggere una favola, tenere un giocattolo), in modo che il “mezzo” di addormentamento non siano più i genitori; • rinforzo positivo: si utilizza nei bambini di almeno 3 anni, con cui è possibile interagire verbalmente. La tecnica consiste nel patteggiare un particolare premio che sarà concesso al bambino se eseguirà il comportamento desiderato (es. se questa notte riesci ad addormentarti da solo domani mattina comperiamo il regalo che desideri). La notte successiva si ripete lo stesso iter; in genere dopo la quarta notte non c’è più necessità di rinforzi e il sonno si stabilizza. È importante che il rinforzo sia dato esplicitando la richiesta in positivo (ovvero che sarà premiato se compirà un determinata azione desiderata) piuttosto che in negativo (che non sarà premiato se compirà una azione indesiderata); • risvegli programmati: consiste nel valutare inizialmente gli orari dei risvegli spontanei del bambino e istruire i genitori a svegliare il bambino poco prima (es. 15 minuti prima) di quelli che dovrebbero essere i risvegli spontanei del bambino. Poi si rimette il bambino a dormire. La procedura viene seguita con incrementi progressivi tra i risvegli indotti, portando a periodi di sonno stabile più lunghi. Questo metodo è tuttavia poco applicato per la scarsa compliance dei genitori; • educazione preventiva: i programmi di informazione e prevenzione possono prevenire lo sviluppo di disturbi del sonno. Sono disponibili oggi diversi siti internet che si occupano di questi problemi con numerosi forum dedicati ma non sempre si può rilevare una corretta informazione e ciò che è stato utile per un bambino potrebbe non essere utile per un altro; • good morning light: è una strategia molto semplice che consiste nel collegare una lucetta notturna ad un timer, la luce si accende, ad esempio alle 6 del mattino. Il bambino è invitato, semmai si svegliasse, ad attendere che la lucetta si accenda prima di recarsi al letto dei genitori, magari promettendo un premio al mattino se rispetta la regola 1. Terapia farmacologica Si ricorre ad interventi farmacologici quando i genitori non sono in grado di applicare le regole comportamentali o se esistono delle difficoltà oggettive per applicarle. Non bisogna attendere che il disturbo si cronicizzi prima di sommi- clinica e management nistrare il farmaco e va utilizzato sempre in associazione alla terapia comportamentale. Le categorie farmacologiche utilizzate sono rappresentate da: derivati antistaminici, melatonina, triptofano e, anche se sconsigliate in età evolutiva, benzodiazepine, antidepressivi triciclici, imidazopiridine 19. Abbiamo schematicamente riassunto nella Tabella III i farmaci più adatti a seconda del tipo di insonnia e/o di risvegli. 1.Derivati antistaminici: sono i farmaci più comunemente prescritti nella terapia delle insonnie in età pediatrica (es. niaprazina, idrossizina, difenidramina, trimeprazina, prometazina). La sostanza più utilizzata è la niaprazina alla dose di 1 mg/kg/die; circa mezz’ora prima di andare a letto. È utile nel ridurre la latenza del sonno ed i risvegli, va utilizzato nelle fasi acute e sempre associato ad un programma di trattamento comportamentale. Gli effetti collaterali non sono frequenti e sono rappresentati da sedazione diurna, vertigini ed eccitazione paradossa. Gli antistaminici vengono assorbiti rapidamente e gli effetti sull’architettura del sonno sono minimi. 2.Melatonina:la melatonina (N-acetyl-5-methoxytryptamine) è un ormone, sintetizzato dalla ghiandola pineale (a partire da triptofano 5-idrossi-triptofano serotonina N-acetylserotonina melatonina) la cui secrezione è regolata dal nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo e ha un picco fra le 2 e le 4 di notte; viene metabolizzata a livello epatico e l’80-90% è convertita a sulfatossimelatonina (aMT6), un componente inattivo escreto con le urine. Si è dimostrata efficace nella regolazione del ritmo sonno/veglia in bambini con patologie neurologiche o psichiatriche (es. autismo, ADHD) o con cecità basandosi su una dimostrata o presunta alterata produzione di melatonina, ad un dosaggio di 1-3 mg serali (in alcuni casi anche fino a 10 mg). Anche nei bambini normali la melatonina ha determinato una riduzione del tempo di addormentamento e dei risvegli notturni con miglioramento dell’umore e del comportamento diurno 19. Non ci sono studi specifici sulla somministrazione di melatonina nel primo anno di vita, ma vista la relativa assenza di effetti collaterali e il fatto che la produzione endogena non viene alterata si potrebbe consigliarne l’utilizzo anche dopo i 6 mesi di vita, alla stessa stregua degli antistaminici. Il dosaggio consigliato è di 1 mg nei neonati, 2,5-3 mg nei bambini più grandi e 3-5 mg in adolescenza. Sebbene il suo utilizzo sia considerato generalmente sicuro, esperimenti animali ad alte dosi includono hanno evidenziato interferenze con l’asse ipotalamico/gonadale e incrementata reattività al sistema immunitario in bambini con immunodeficienze o sottoposti a terapia di immunosoppressori. Negli studi umani non sono stati riportati effetti collaterali di rilievo anche dopo 1-2 anni di somministrazione continuativa; più frequentemente si riscontrano sogni vividi, incubi, sonnolenza mattutina, cefalea, vertigini, nausea, dolori addominali, depressione transitoria (in genere con dosi superiori a 8 mg/die). Alle dosi abituali la melatonina non peggiora l’epilessia, non causa variazioni dello sviluppo puberale, non interferisce con la produzione della melatonina endogena, non dà dipendenza. 3.L-5-idrossitriptofano: è un precursore della serotonina e la sua efficacia è provata nel pavor nocturnus (1-2 mg pro kg/die, all’addormentamento) 20. Si ritiene possa avere una funzione stabilizzatrice sul sonno, e quindi in alcuni casi può risultare un’alternativa efficace ai Tabella III. Terapia farmacologica in relazione al tipo di insonnia/sintomatologia. Diff. addormentamento senza risvegli notturni Niaprazina, melatonina rapida Diff. addormentamento con risvegli notturni multipli Niaprazina, melatonina retard, altri antistaminici, clorpromazina Risvegli multipli senza difficoltà di addormentamento Melatonina retard, 5-idrossi-triptofano Risvegli a metà notte con difficoltà a riaddormentarsi Melatonina, niaprazina a metà notte Risvegli incompleti con pianto continuo 5- idrossi -triptofano Risvegli con iperattività motoria notturna Ferro, gabapentin Fase di sonno ritardata Melatonina Fase di sonno ritardata e insonnia in adolescenza Melatonina, zolpidem numeroTREduemiladieci 37 clinica e management farmaci standard, data anche la ridotta percentuale di effetti collaterali. 4.Ferro: un deficit dei depositi di ferro nella substantia nigra potrebbe ridurre la funzione dopaminergica e determinare risvegli notturni legati ad iperattività motoria notturna; in questi casi, con livelli di ferritinemia bassi è indicata una terapia marziale 16. 5.Benzodiazepine: sono i farmaci psicotropi più prescritti nei bambini con problemi neurologici/psichiatrici; riducono la latenza di addormentamento e migliorano il mantenimento del sonno, pur riducendo la quantità di sonno ad onde lente. Se ne consiglia l’uso a partire dalla tarda età scolare o dall’adolescenza; gli effetti collaterali più frequenti sono sedazione diurna, alterazioni comportamentali, deficit attentivi e mnemonici, effetti paradossi con irritabilità ed iperattività. A causa delle loro proprietà miorilassanti, il loro utilizzo dovrebbe essere evitato nei casi di sospetti disturbi respiratori in sonno. 6.Antidepressivi triciclici: costituiscono un’alternativa alle benzodiazepine; l’imipramina (0,5 mg/kg/die) prima dell’addormentamento ha mostrato una discreta ef- Bibliografia 1 2 3 4 5 6 Mindell JA, Owens JA. A clinical guide to pediatric sleep-diagnosis and management of sleep problems. Second edn. Philadelphia: Lippincott Williams & Wilkins 2010. Touchette E, Petit D, Tremblay RE, et al. Risk factors and consequences of early childhood dyssomnias: new perspectives. Sleep Med Rev 2009;13:355-61. Owens JA, Andreason P, Babcock D, et al. 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Conclusioni Date le ripercussioni negative sullo sviluppo neuropsicologico e neurocomportamentale del bambino e sulla salute mentale dei genitori, è estremamente importante diagnosticare da subito l’insonnia del bambino ed instaurare il trattamento il più precocemente possibile. È però assolutamente inutile e controproducente iniziare un trattamento prima dei 6 mesi di vita: il pattern del sonno non è ancora stabilizzato e i tentativi terapeutici sarebbero inutili. Dopo i 6 mesi, a seguito di un accurato iter diagnostico, si può pensare ad un trattamento specifico. Questa review sull’insonnia vuole fornire una guida pratica per inquadrare il disturbo e cercare di trattarlo nella maniera più adeguata e non ignorarlo o consolare i genitori dicendo che passerà con il tempo. ■ Mindell JA, Telofski LS, Wiegand B, et al. A nightly bedtime routine: impact on sleep in young children and maternal mood. Sleep 2009;32:599-606. Levitzky S, Cooper R. 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