clinica e management
Insonnia in età
pediatrica
Oliviero Bruni1, Luana Novelli1, Luana Berillo1, Marco del Pozzo2, Martina Forlani2
Centro per lo Studio dei Disturbi del Sonno in Età Evolutiva, Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche
Età Evolutiva, 2 Azienda Ospedaliera S. Andrea, II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Sapienza Università di Roma
1
Introduzione
I disturbi del sonno nei primi tre anni di vita affliggono circa
il 30% dei bambini e delle loro famiglie. Questa prevalenza
sembra essere aumentata negli ultimi 20-30 anni poiché le
nuove abitudini sociali hanno determinato una discrepanza
fra quello che dovrebbe essere il ritmo sonno-veglia naturale del bambino e le esigenze sociali stesse.
I disturbi del sonno nella prima e seconda infanzia possono avere effetti deleteri sullo sviluppo cognitivo, sulla
regolazione dell’umore, sull’attenzione, sul comportamento e sulla qualità della vita in generale (Tab. I) 1.
La prevalenza dei disturbi di inizio e mantenimento del sonno
è molto elevata nei primi anni di vita e tende a diminuire con
l’età. Il 36% dei bambini a 2 anni presenta risvegli notturni e
questa prevalenza scende al 13% a 6 anni, mentre il 16% dei
bambini a 3 anni presenta difficoltà di addormentamento,
percentuale che scende al 7% all’età di 6 anni 10.
La base eziopatogenetica è quasi sempre rappresentata
dalle interazioni di variabili fisiologiche, genetiche e comportamentali, dove notevole importanza rivestono i fattori
relativi alle interazioni fra il bambino e le figure genitoriali
(comportamenti errati dei genitori all’addormentamento
e durante i risvegli, modalità di alimentazione, co-sleeping,
ecc.). Solo in meno del 20% dei casi l’insonnia riconosce
cause organiche, e in alcune patologie l’alterazione del sonno rappresenta, a volte, uno dei sintomi più evidenti 11.
I lattanti possono svegliarsi spesso nel corso della notte
perché hanno un maggior numero di cicli di sonno e di
transizione tra le diverse fasi del sonno. Uno dei fattori
più importanti nel determinare se un bambino con risvegli
notturni stia organizzando un’insonnia, è la sua incapacità
di riaddormentarsi autonomamente senza l’intervento dei
genitori; questi ultimi, intervenendo continuamente ad ogni
minimo richiamo del bambino tendono inconsciamente a
rinforzare il disturbo. Nella prima infanzia sono normali
uno o più risvegli; alcuni bambini non chiamano (self-soothers/autoconsolatori) e altri invece chiamano (signalers/se-
gnalatori); a 1 anno il 60-70% sono in grado di autoconsolarsi e si riaddormentano da soli. Fra queste due tipologie
di bambini la differenza non è nella struttura del sonno ma
nel modo in cui i genitori gestiscono l’addormentamento: i
signalers vengono messi nella culla già addormentati, mentre i self-soothers vengono messi nella culla ancora svegli,
viene loro permesso di addormentarsi da soli e usano più
spesso uno sleep-aid (per esempio il ciuccio) 12. I bambini
insonni dopo un intervento comportamentale diventano
auto-consolatori e consolidano il loro sonno. La capacità
di mantenimento del sonno aumenta con l’età e questo
giustifica la riduzione dell’incidenza dei risvegli dopo il 3°
anno ed in particolare nel momento in cui il bambino abbandona naturalmente il sonnellino diurno. In questa fase
vi è una redistribuzione del sonno ad onde lente dal giorno
alla notte che rinforza il meccanismo omeostatico del sonno e stabilizza il ritmo sonno-veglia.
Insonnia comportamentale
infantile
L’International Classification of Sleep Disorders 13 definisce
l’insonnia comportamentale come una difficoltà ad iniziare e/o mantenere il sonno la cui eziologia è ascrivibile
a comportamenti errati appresi dal bambino e riconosce
due tipi: a) disturbo da inizio del sonno per associazione;
b) disturbo da inadeguata definizione del limite.
Disturbo da inizio del sonno per associazione e risvegli notturni
Si verifica quando l’addormentamento è impossibile se non in
presenza di certi oggetti o circostanze (per esempio la presenza
di un genitore, l’uso del biberon, ecc.). Questi bambini presentano
frequenti e lunghi risvegli notturni e sono incapaci di riaddormentarsi autonomamente se non vengono ripristinate le condizioni iniziali dell’addormentamento.Alcune condizioni possono
favorire l’insorgenza/mantenimento di questo disturbo, e tra
questi, in particolare: dormire nel letto con i genitori, dar da man-
numeroTREduemiladieci
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clinica e management
Tabella I.
Conseguenze dell’insonnia del bambino e della deprivazione di sonno.
Disturbi comportamentali
Iperattività (ADHD): ↑ probl. scolastici = ↑ aggr.
Disturbi di apprendimento 2
Disattenzione  incidenti 3
Obesità
Rischio 4,2 volte > nei b. ipodormitori 2
58 a 92% di rischio di obesità se sonno ridotto 4
Salute dei genitori
Scarsa salute mentale e fisica 5
Depressione madre 6 7
Pensieri aggressivi e di infanticidio 8 (Levistisky et al., Clin Pediatr 2000)
Abuso di sostanze
In adolescenza abuso di alcool, cannabis e altre droghe, depressione, ideazioni suicidarie 9
giare al bambino di notte quando si sveglia, presenza di coliche
dei primi 3 mesi, temperamento particolare, errata educazione
all’addormentamento, depressione e/o ansia materna.
È importante che il medico metta in atto una corretta
diagnosi differenziale tenendo presente quelle che sono
le altre cause di risvegli notturni, e nello specifico: movimenti periodici degli arti inferiori (PLM), apnee in sonno,
inadeguata igiene del sonno, fattori ambientali (rumore,
caldo, ecc.) e concomitanti patologie mediche.
L’intervento terapeutico prevede l’utilizzo di tecniche
comportamentali associate ad alcune modifiche specifiche nelle abitudini del bambino (Tab. II) 1.
Disturbo da inadeguata definizione
del limite
È tipico nei bambini di 2-3 anni e si caratterizza per la difficoltà da parte dei genitori di stabilire delle regole durante
l’addormentamento e di farle rispettare con conseguente
rifiuto da parte del bambino di andare a letto ad un orario determinato o di rimanerci per tutta la notte. Quando
i “limiti” non vengono, da parte del genitore, rinforzati
o lo sono solo sporadicamente, l’addormentamento può
subire forti ritardi e il risultato può essere una quantità
totale di sonno insufficiente rispetto all’età del bambino.
Tra i fattori precipitanti e di rischio di questo disturbo vengono riportati: uno stile genitoriale permissivo, conflitti genitoriali circa le norme educative, temperamento del bambino,
comportamento oppositivo durante il giorno, ecc.
La diagnosi differenziale deve essere effettuata rispetto a:
paure dell’addormentamento e ansia da separazione, disturbo
da ritardata fase di addormentamento, sindrome delle gambe
senza riposo e effetti di alcuni farmaci (ad es. stimolanti).
Anche in questo caso, l’utilizzo di tecniche comportamentali
(specialmente rinforzo positivo) è efficace. L’approccio tera34
numeroTREduemiladieci
peutico deve avvalersi anche di un’educazione al genitore, che
dovrebbe essere istruito ad ignorare i capricci e le proteste
del bambino, essere deciso nelle risposte ai comportamenti
del bambino e a stabilire delle regole e farle rispettare 1.
Insonnia da cause psicologiche
e paure dell’addormentamento
Le paure all’addormentamento e notturne, tipiche tra 7-10
anni, sono probabilmente legate ad una fase dello sviluppo
psicoaffettivo in cui il bambino acquisisce il concetto di
morte come punto di non ritorno. Ansia, stress ed eventi
traumatici sono considerati fattori di rischio nell’insorgenza
e nel mantenimento del disturbo. Il disturbo si presenta con
pianto e richiesta eccessiva di rassicurazioni al momento di
andare a dormire, rifiuto e resistenza all’addormentamento,
parziale o completa scomparsa delle paure nel caso in cui
al bambino venga consentito dormire con qualcuno.
Il trattamento comprende l’utilizzo di alcune strategie come,
ad esempio, l’esposizione graduale alla fonte di paura, lo sviluppo di soluzioni creative (ad es. lo “spray scaccia mostri”, cioè
uno contenitore riempito di acqua che viene spacciato per uno
spray dai poteri speciali), lasciare la porta della stanza del bambino aperta, insegnare al bambino delle tecniche di rilassamento,
evitare di far vedere la TV prima di andare a dormire.
Insonnia in età adolescenziale
L’insonnia di questa età è fondamentalmente legata alla
cattiva igiene del sonno degli adolescenti, che contrasta
con il fisiologico aumento della sonnolenza legato allo
sviluppo puberale. La terapia consiste essenzialmente nel
modificare le abitudini errate con un programma comportamentale. Il disturbo del sonno in adolescenza può
anche essere la spia di una patologia psichiatrica grave
come una depressione maggiore o una schizofrenia.
clinica e management
Tabella II.
Schema orientativo di rieducazione al sonno.
1. Creare un rituale all’addormentamento (es. salutare tutti i giochi, raccontare una favola, cantare la ninna-nanna, ecc.) perché il bambino associ
una condizione piacevole all’inizio del sonno
2. Il bambino va messo nel letto solo con pochi oggetti familiari che possono tranquillizzarlo durante i risvegli notturni
3. Stare con il bambino fino a che questo è tranquillo; dite una frase che dovrà essere sempre la stessa, ad esempio: “Mamma ti vuole bene, ma da
adesso tu imparerai a dormire da solo insieme ai tuoi peluche e ai tuoi giocattoli”
4. Quindi lasciare la stanza, spiegando al bambino dove si va e perché (es. la mamma va in cucina a bere un po’ d’acqua e torna subito)
5. Mentre siete fuori dalla stanza (e ogni volta che uscirete nelle fasi successive) parlate al bambino anche da lontano rassicurandolo che state tornando
6. Se incomincia a piangere, lasciarlo piangere per un breve periodo (5-10 secondi) prima di intervenire
7. Andare a rassicurare il bambino lasciandolo nel suo letto (se piange prendetelo in braccio e calmatelo, ma cercate poi di rimetterlo nel letto).
Rimanete nella sua stanza fino a che si tranquillizza, interagite il meno possibile con lui
8. Lasciare di nuovo la stanza, spiegando ancora al bambino dove si va e perché (ad es. la mamma va in bagno e torna subito). Questa volta
l’intervallo dovrà essere un pochino più lungo (20-30 secondi)
9. Se incomincia di nuovo a piangere ritornare in stanza, rassicurare il bambino prendendolo in braccio o lasciandolo nel suo letto. Rimettetelo nel
letto e rimanete nella sua stanza fino a che si tranquillizza, interagite il meno possibile con lui
10 Uscire dalla stanza con un’altra scusa e aspettare più a lungo (40-50 secondi) prima di intervenire nuovamente
11 La prima sera si può decidere di aspettare fino a 1-2 minuti e poi lo si fa addormentare così come era abituato il bambino (ad es. cullandolo in braccio)
12 Se possibile mettetelo nel lettino prima che sia completamente addormentato, altrimenti fatelo addormentare completamente e mettetelo nel lettino
13 La sera successiva si ripetono le stesse cose dal punto 1 al punto 12, allungando i tempi di ogni intervento di 10 secondi
14 Quindi la seconda sera si aspetta in totale fino a 3 minuti e poi lo si fa addormentare così come era abituato il bambino (ad es. cullandolo in braccio)
15 La terza sera si aspetta in totale fino a 4 minuti e così via nelle altre sere
16 Lo stesso comportamento va tenuto per i risvegli notturni seguendo lo schema riportato nella Tabella
Tempi di attesa durante i risvegli notturni prima di intervenire
Giorno
I risveglio
II risveglio
III risveglio
Risvegli successivi
1
10 secondi
15 secondi
20 secondi
25 secondi
2
20 secondi
25 secondi
30 secondi
35 secondi
3
30 secondi
35 secondi
40 secondi
45 secondi
4
40 secondi
45 secondi
50 secondi
55 secondi
5
50 secondi
55 secondi
60 secondi
65 secondi
6
60 secondi
65 secondi
70 secondi
75 secondi
7
70 secondi
75 secondi
80 secondi
85 secondi
N.B. I tempi di attesa descritti sono indicativi e possono variare in più o in meno; va analizzata la situazione logistica e ambientale (ad es. appartamento o villino isolato, tolleranza dei vicini, ecc.),
la qualità della relazione madre-bambino e il livello di stanchezza dei genitori.
Insonnia causata da
condizioni mediche
Coliche dei primi 3 mesi
I bambini che presentano tale disturbo (circa un quinto dei
lattanti normali) tendono ad avere un sonno estremamente
irregolare e breve, in accordo con l’ipotesi di Weissbluth 14
che la colica sia l’espressione di una disfunzione maturazionale dei meccanismi di attivazione e inibizione del ciclo sonno-veglia legata ad un’alterata secrezione della melatonina. Il
90% dei bambini di 9 mesi con alta frequenza di risvegli notturni hanno sofferto di coliche; questi bambini non riescono
a sincronizzare e stabilizzare il proprio ritmo sonno-veglia
proprio perché la secrezione di melatonina non assume un
“pattern maturo” 15 e inoltre i genitori non sono in grado
di praticare una corretta igiene del sonno. Le terapie farmacologiche sembrano avere scarsa efficacia; i farmaci più
comunemente usati sono il cimetropio bromuro o il simeticone, fino ad arrivare a composti contenenti prometazina,
ma la melatonina a basso dosaggio potrebbe avere un suo
razionale basandosi sull’ipotesi di Weissbluth 14.
Insonnia da allergia alimentare
È un disturbo di inizio e mantenimento del sonno determinato da una risposta allergica ad un alimento (in genere alle
proteine del latte vaccino); l’insonnia è temporalmente associata con l’introduzione di un particolare cibo o bevanda.
Dopo la rimozione dell’allergene alimentare si verifica una
normalizzazione del sonno immediata o entro 4 settimane.
Risvegli notturni come precursori della Restless Leg Syndrome (RLS)
Recenti lavori 16 hanno evidenziato che i risvegli notturni
multipli, specie se associati ad iperattività motoria nottur-
numeroTREduemiladieci
35
clinica e management
na (più evidente agli arti inferiori) potrebbero rappresentare una manifestazione precoce della RLS. La RLS è definita come un disordine neurologico caratterizzato dalla
forte, quasi irresistibile, necessità di muovere le gambe,
tipicamente associata ad una sgradevole sensazione agli
arti inferiori 17 che si accentua nelle ore serali specie con
l’immobilità e nel momento in cui ci si mette a letto. La
patogenesi della RLS è legata ad un’ipofunzione dopaminergica e, essendo il ferro un cofattore necessario per la
sintesi di dopamina, in bambini con risvegli e iperattività
notturna potrebbe essere utile la terapia marziale, specie
se vi è una familiarità per RLS o anemia.
Terapia dell’insonnia in età evolutiva
L’approccio iniziale all’insonnia del bambino deve procedere
attraverso passaggi progressivi: a) trattare le cause sottostanti,
se presenti; b) applicare i principi di igiene del sonno; c) utilizzare interventi comportamentali; d) usare sedativi e/o ipnotici
sempre in associazione con il trattamento comportamentale.
Tecniche comportamentali
Diversi studi hanno dimostrato che l’utilizzo di tecniche
comportamentali nel trattamento delle insonnia della
prima e seconda infanzia, è efficace nel 50-80% dei casi,
determinando una risoluzione dei sintomi notturni ma
anche benefici nel funzionamento diurno e sul benessere
familiare 1 18. Gli interventi comportamentali sono rappresentati principalmente da:
• estinzione standard: consiste nella rimozione di ogni risposta di rinforzo di comportamenti errati del bambino
tramite una breve routine al bedtime con il minimo di
interazione reciproca, il non intervento quando piange,
il riportarlo a letto e farlo riaddormentare con le stesse
modalità se si sveglia e si alza. Questo approccio se pur
rapido può essere frustrante per i genitori e per lo stesso bambino. Il rischio è che il metodo venga interrotto
ed esiti in un ulteriore rinforzo del disturbo;
• estinzione graduale: consiste nel cercare di ottenere il
comportamento desiderato tramite piccole conquiste successive, come ritardare (o anticipare) gradualmente l’orario di addormentamento, oppure abituare
il bambino alla progressiva distanza dai genitori al
momento di andare a letto. Questo metodo ha dei
tempi di applicazione lunghi e c’è il rischio che i genitori non riescano ad applicarlo in modo costante;
• apprendimento discriminato: consiste nello stabilire una rou36
numeroTREduemiladieci
tine fissa all’addormentamento in modo tale che il bambino impari ad associare l’addormentamento con determinati eventi che si ripetono stabilmente ogni giorno (ad
es. leggere una favola, tenere un giocattolo), in modo che il
“mezzo” di addormentamento non siano più i genitori;
• rinforzo positivo: si utilizza nei bambini di almeno 3
anni, con cui è possibile interagire verbalmente. La tecnica consiste nel patteggiare un particolare premio che
sarà concesso al bambino se eseguirà il comportamento desiderato (es. se questa notte riesci ad addormentarti da solo domani mattina comperiamo il regalo che
desideri). La notte successiva si ripete lo stesso iter;
in genere dopo la quarta notte non c’è più necessità
di rinforzi e il sonno si stabilizza. È importante che il
rinforzo sia dato esplicitando la richiesta in positivo
(ovvero che sarà premiato se compirà un determinata
azione desiderata) piuttosto che in negativo (che non
sarà premiato se compirà una azione indesiderata);
• risvegli programmati: consiste nel valutare inizialmente gli orari dei risvegli spontanei del bambino e istruire i genitori a svegliare il bambino poco prima (es. 15
minuti prima) di quelli che dovrebbero essere i risvegli spontanei del bambino. Poi si rimette il bambino a
dormire. La procedura viene seguita con incrementi
progressivi tra i risvegli indotti, portando a periodi di
sonno stabile più lunghi. Questo metodo è tuttavia
poco applicato per la scarsa compliance dei genitori;
• educazione preventiva: i programmi di informazione e
prevenzione possono prevenire lo sviluppo di disturbi del sonno. Sono disponibili oggi diversi siti internet che si occupano di questi problemi con numerosi
forum dedicati ma non sempre si può rilevare una
corretta informazione e ciò che è stato utile per un
bambino potrebbe non essere utile per un altro;
• good morning light: è una strategia molto semplice che consiste nel collegare una lucetta notturna ad un timer, la luce
si accende, ad esempio alle 6 del mattino. Il bambino è invitato, semmai si svegliasse, ad attendere che la lucetta si
accenda prima di recarsi al letto dei genitori, magari promettendo un premio al mattino se rispetta la regola 1.
Terapia farmacologica
Si ricorre ad interventi farmacologici quando i genitori non
sono in grado di applicare le regole comportamentali o se
esistono delle difficoltà oggettive per applicarle. Non bisogna attendere che il disturbo si cronicizzi prima di sommi-
clinica e management
nistrare il farmaco e va utilizzato sempre in associazione
alla terapia comportamentale. Le categorie farmacologiche
utilizzate sono rappresentate da: derivati antistaminici, melatonina, triptofano e, anche se sconsigliate in età evolutiva,
benzodiazepine, antidepressivi triciclici, imidazopiridine 19.
Abbiamo schematicamente riassunto nella Tabella III i
farmaci più adatti a seconda del tipo di insonnia e/o di
risvegli.
1.Derivati antistaminici: sono i farmaci più comunemente
prescritti nella terapia delle insonnie in età pediatrica
(es. niaprazina, idrossizina, difenidramina, trimeprazina,
prometazina). La sostanza più utilizzata è la niaprazina
alla dose di 1 mg/kg/die; circa mezz’ora prima di andare
a letto. È utile nel ridurre la latenza del sonno ed i risvegli, va utilizzato nelle fasi acute e sempre associato ad un
programma di trattamento comportamentale. Gli effetti
collaterali non sono frequenti e sono rappresentati da
sedazione diurna, vertigini ed eccitazione paradossa. Gli
antistaminici vengono assorbiti rapidamente e gli effetti
sull’architettura del sonno sono minimi.
2.Melatonina:la melatonina (N-acetyl-5-methoxytryptamine)
è un ormone, sintetizzato dalla ghiandola pineale (a partire da triptofano  5-idrossi-triptofano  serotonina
 N-acetylserotonina  melatonina) la cui secrezione è
regolata dal nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo e ha
un picco fra le 2 e le 4 di notte; viene metabolizzata a livello epatico e l’80-90% è convertita a sulfatossimelatonina
(aMT6), un componente inattivo escreto con le urine.
Si è dimostrata efficace nella regolazione del ritmo
sonno/veglia in bambini con patologie neurologiche o
psichiatriche (es. autismo, ADHD) o con cecità basandosi su una dimostrata o presunta alterata produzione
di melatonina, ad un dosaggio di 1-3 mg serali (in alcuni
casi anche fino a 10 mg). Anche nei bambini normali la
melatonina ha determinato una riduzione del tempo di
addormentamento e dei risvegli notturni con miglioramento dell’umore e del comportamento diurno 19.
Non ci sono studi specifici sulla somministrazione
di melatonina nel primo anno di vita, ma vista la
relativa assenza di effetti collaterali e il fatto che
la produzione endogena non viene alterata si potrebbe consigliarne l’utilizzo anche dopo i 6 mesi di
vita, alla stessa stregua degli antistaminici. Il dosaggio consigliato è di 1 mg nei neonati, 2,5-3 mg nei
bambini più grandi e 3-5 mg in adolescenza.
Sebbene il suo utilizzo sia considerato generalmente sicuro, esperimenti animali ad alte dosi includono
hanno evidenziato interferenze con l’asse ipotalamico/gonadale e incrementata reattività al sistema
immunitario in bambini con immunodeficienze o
sottoposti a terapia di immunosoppressori. Negli studi umani non sono stati riportati effetti
collaterali di rilievo anche dopo 1-2 anni di somministrazione continuativa; più frequentemente si
riscontrano sogni vividi, incubi, sonnolenza mattutina, cefalea, vertigini, nausea, dolori addominali, depressione transitoria (in genere con dosi superiori
a 8 mg/die). Alle dosi abituali la melatonina non peggiora l’epilessia, non causa variazioni dello sviluppo
puberale, non interferisce con la produzione della
melatonina endogena, non dà dipendenza.
3.L-5-idrossitriptofano: è un precursore della serotonina
e la sua efficacia è provata nel pavor nocturnus (1-2 mg
pro kg/die, all’addormentamento) 20. Si ritiene possa
avere una funzione stabilizzatrice sul sonno, e quindi
in alcuni casi può risultare un’alternativa efficace ai
Tabella III.
Terapia farmacologica in relazione al tipo di insonnia/sintomatologia.
Diff. addormentamento senza risvegli notturni
Niaprazina, melatonina rapida
Diff. addormentamento con risvegli notturni multipli
Niaprazina, melatonina retard, altri antistaminici, clorpromazina
Risvegli multipli senza difficoltà di addormentamento
Melatonina retard, 5-idrossi-triptofano
Risvegli a metà notte con difficoltà a riaddormentarsi
Melatonina, niaprazina a metà notte
Risvegli incompleti con pianto continuo
5- idrossi -triptofano
Risvegli con iperattività motoria notturna
Ferro, gabapentin
Fase di sonno ritardata
Melatonina
Fase di sonno ritardata e insonnia in adolescenza
Melatonina, zolpidem
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clinica e management
farmaci standard, data anche la ridotta percentuale di
effetti collaterali.
4.Ferro: un deficit dei depositi di ferro nella substantia
nigra potrebbe ridurre la funzione dopaminergica e
determinare risvegli notturni legati ad iperattività
motoria notturna; in questi casi, con livelli di ferritinemia bassi è indicata una terapia marziale 16.
5.Benzodiazepine: sono i farmaci psicotropi più prescritti nei bambini con problemi neurologici/psichiatrici;
riducono la latenza di addormentamento e migliorano il mantenimento del sonno, pur riducendo la
quantità di sonno ad onde lente. Se ne consiglia l’uso
a partire dalla tarda età scolare o dall’adolescenza; gli
effetti collaterali più frequenti sono sedazione diurna,
alterazioni comportamentali, deficit attentivi e mnemonici, effetti paradossi con irritabilità ed iperattività. A causa delle loro proprietà miorilassanti, il loro
utilizzo dovrebbe essere evitato nei casi di sospetti
disturbi respiratori in sonno.
6.Antidepressivi triciclici: costituiscono un’alternativa alle
benzodiazepine; l’imipramina (0,5 mg/kg/die) prima
dell’addormentamento ha mostrato una discreta ef-
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ficacia. Vengono poco usati in età evolutiva per i gravi
effetti collaterali.
7.Imidazopiridine: sono ipnoinduttori non benzodiazepinici con minori effetti collaterali. Il farmaco più usato
è lo zolpidem; può essere somministrato al di sopra
dei 12 anni alla dose di 5-10 mg serali.
Conclusioni
Date le ripercussioni negative sullo sviluppo neuropsicologico e neurocomportamentale del bambino e sulla
salute mentale dei genitori, è estremamente importante
diagnosticare da subito l’insonnia del bambino ed instaurare il trattamento il più precocemente possibile.
È però assolutamente inutile e controproducente iniziare un
trattamento prima dei 6 mesi di vita: il pattern del sonno non
è ancora stabilizzato e i tentativi terapeutici sarebbero inutili.
Dopo i 6 mesi, a seguito di un accurato iter diagnostico, si può pensare ad un trattamento specifico. Questa
review sull’insonnia vuole fornire una guida pratica per
inquadrare il disturbo e cercare di trattarlo nella maniera più adeguata e non ignorarlo o consolare i genitori
dicendo che passerà con il tempo. ■
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