UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA FACOLTÀ DI SCIENZE MM. FF. NN. Dipartimento di Geoscienze Direttore Prof. Domenico Rio TESI DI LAUREA TRIENNALE IN SCIENZE GEOLOGICHE PRELIMINARI INDAGINI MAGNETOSTRATIGRAFICHE DELLA SEZIONE PIGNOLA-ABRIOLA (PZ) ATTORNO AL LIMITE NORICO-RETICO (TRIASSICO SUPERIORE) Relatore: Dott. Manuel Rigo Correlatori: Prof. Giovanni Muttoni Prof. Paolo Mietto Laureanda: Stefania Sorgato ANNO ACCADEMICO 2010/ 2011 2 Indice Abstract 5 Riassunto 5 Introduzione 7 1. INQUADRAMENTO GEOLOGICO DEL BACINO LAGONEGRESE 9 1.1 Litostratigrafia 10 1.2 Pignola-Abriola 12 2. IL PALEOMAGNETISMO 13 2.1 Acquisizione del segnale NRM 14 2.2 Tecniche di demagnetizzazione parziale 14 2.3 Il Campionamento 15 2.4 Procedura di campionamento sul campo 15 2.5 Analisi del campione 16 2.6 Interpretazione dei dati 18 2.7 Calcolo del polo paleomagnetico e della paleolatitudine 20 Conclusioni 22 Ringraziamenti 23 Bibliografia 25 3 4 Abstract This thesis aims to find the magnetostratigraphic signal at the Pignola-Abriola section (Lagonegro Basin) arond the Norian/Rhaetian boundary (Upper Triassic). The intent is to identify the presence of magnetozones and to calculate the paleolatitude of the studied section for the latest Norian. After a sampling activity in field, all the collected samples has been analyzed at the paleomagnetic laboratory in Peveragno (CN) to identify the original magnetic signal if present, and possible magnetozones. In the field, samples were extracted using a hand-drill and numbered. Then the geographic coordinates has been measured for each samples using a compass. In the laboratory, after recording the magnetic field intensity, every sample has been heating with steps of ca. 50°-25° degrees to recognize the Natural Residual Magnetization (NRM). Furthermore, it’s calculated the paleomagnetic pole and the paleolatitude of Pignola-Abriola section during the latest Norian (Late Triassic). Riassunto Il lavoro di questa tesi si è concentrato nell’individuazione del segnale magnetostratigrafico triassico nell’intervallo Norico/Retico nella sezione lagonegrese di Pignola-Abriola (PZ), attualmente affiorante negli Appennini meridionali. L’intento è stato quello di individuare delle magnetozone e di calcolare la paleolatitudine del sito. Lo svolgimento di questo lavoro ha previsto, in un primo momento, un’attività di campagna con il prelievo e la raccolta dei campioni, secondariamente si è svolto nel laboratorio ALP (Alpine Laboratory of Paleomagnetism) per effettuare lo studio geofisico dei campioni, ricercando la presenza del segnale magnetico e di possibili inversioni. In campagna i campioni sono stati estratti mediante l’utilizzo di un carotatore , numerati e sono state misurate le coordinate geografiche (immersione e inclinazione) mediante una bussola dotata di un apposito sostegno. In laboratorio, dopo aver misurato l’intensità di magnetizzazione dei singoli campioni, si è voluto procedere con il metodo della demagnetizzazione termica mediante step di 50° e 25°C al fine di identificare la NRM. Infine è stata fatta la media delle coordinate geografiche dei vari campioni per calcolare le coordinate del polo paleomagnetico e la paleolatitudine. Questa tesi ha dunque permesso di identificare la posizione dell’area lagonegrese nel Triassico Superiore (intervallo attorno al limite Norico/Retico) all’interno della fascia equatoriale. 5 6 Introduzione Questa tesi è stata svolta allo scopo di individuare la presenza del segnale magnetostratigrafico originale del Triassico attorno all’intervallo Norico/Retico in una successione chiave del Bacino di Lagonegro (Appennini Meridionali). La sezione esaminata è la sezione di Pignola-Abriola, largamente studiata in letteratura grazie alla sua ricchezza fossilifera (conodonti, radiolari e bivalvi pelagici appartenenti al genere Halobia) e alla sua facile accessibilità poiché affiorante lungo la strada che unisce Potenza con il comune di Abriola (Scandone, 1967, 1972, 1975; Miconnet et al., 1983, 1985, 1988; Rigo et al., 2005; Bertinelli et al., 2005; Giordano et al., 2010). Inoltre essa fa parte dell’area lagonegrese, importante nell’ambito dell’evoluzione sedimentaria dell’area Mediterranea e contenente facies ricche in macro e micro fossili ben preservati. Lo scopo di questo lavoro si è concentrato sull’individuazione del segnale magnetostratigrafico originale degli strati durante la loro deposizione, con eventuale individuazione di possibili inversioni del campo magnetico e determinazione della paleolatitudine del Bacino di Lagonegro durante il Triassico Superiore. Il lavoro svolto per questa tesi è stato suddiviso in tre parti. La prima in campagna mediante l’utilizzo di un carotatore, una bussola e un blocco per annotare le giaciture dei campioni raccolti. La seconda parte prevedeva l’utilizzo di un magnetometro presso il laboratorio di Paleomagnetismo a Peveragno in provincia di Cuneo; infine lo studio e l’interpretazione dei dati raccolti e sviluppati nel corso delle precedenti operazioni. 7 8 1. INQUADRAMENTO GEOLOGICO DEL BACINO LAGONEGRESE Figura 1 Mappa geografica dell’area. La successione stratigrafica di Lagonegro affiorante negli Appennini Meridionali, a sud ovest della provincia di Potenza in Basilicata [fig. 1] , si è deposta in condizioni pelagiche tra lo Scitico (Triassico Inferiore) e il Miocene ed è impilata attualmente tra la Piattaforma Apula (al tetto) e quella Appenninica (al letto). Scandone (1967, 1972, 1975) ha suddiviso le unità lagonegresi in due livelli strutturali principali: unità Lagonegro I, comprendente la fascia inferiore della successione e correlata alle facies distali, ed unità Lagonegro II, caratterizzata dalle facies prossimali e situata nella fascia superiore della successione lagonegrese. Studi successivi definirono una maggior complessità della deformazione e vanificarono la correlazione tra la posizione delle scaglie tettoniche e la distribuzione delle facies (Miconnet 1983, Carbone et al. 1988; Torrente 1988; Mazzoli 1992). 9 1.1 Litostratigrafia La sequenza di Lagonegro consta di quattro formazioni: Fm di Monte Facito Fm dei Calcari con Selce Fm degli Scisti Silicei Flysch Galestrino La Formazione di Monte Facito è la formazione più antica ed è costituita da argille intercalate da calcareniti, arenarie, diaspri e calcari di scogliera, per uno spessore di circa 150-200m. L’ambiente di sedimentazione è di piattaforma terrigena e localmente carbonatica, con una variazione di profondità fino a un ambiente di bacino poco profondo. Il limite con la formazione successiva, ovvero la Formazione dei Calcari con Selce, segnalato da Scandone (1967) e studiato in dettaglio da Rigo et al., (2007) , risulta essersi deposto durante la parte sommitale del Ladinico superiore. La Formazione dei Calcari con Selce è caratterizzata da calcari stratificati con noduli e liste di selce intercalati da sottili livelli argillosi. I letti carbonatici, spesso dolomitizzati tardivamente, sono costituiti da mudstone, wackestone e packstone contenenti radiolari e bivalvi. In percentuali inferiori sono presenti anche calciruditi e calcareniti, soprattutto nella porzione superiore della Formazione, frequentemente silicizzate e contenenti foraminiferi bentonici, frammenti di echinodermi e bioclasti vari provenienti dalle piattaforme carbonatiche adiacenti. L’abbondanza di conodonti, radiolari, bivalvi a guscio sottile (genere Halobia) e rari ammonoidi, permette di datare la Formazione al Triassico Superiore. L’ambiente deposizionale di questa formazione è di bacino aperto e di scarpata laterale di piattaforma carbonatica con uno spessore da circa 250 m ad un massimo di 500 m. A causa della complessità nell’individuazione del limite tra la Formazione dei Calcari con Selce con la sovrastante Formazione degli Scisti Silicei, è stato introdotto da Miconnet (1983) un “Intervallo di Transizione” corrispondente al progressivo approfondimento del fondale marino, al di sotto della soglia di compensazione carbonatica (CCD) che non permetteva la preservazione dei sedimenti carbonatici (Selli 1962; De Wever & Miconnet 1985; Miconnet 1988). Questo Intervallo di Transizione è stato considerato come porzione superiore della Formazione dei Calcari con Selce (e.g. Amodeo, 1999) ed il limite superiore è risultato essere diacrono e datato biostratigraficamente tra il Norico superiore e il Giurassico inferiore-medio (Amodeo 1999; Bertinelli et al. 2005a; Bertinelli et al. 2005b; Passeri et al. 2005; Reggiani et al. 2005; Giordano et al. 2010). La Formazione degli Scisti Silicei, in continuità sui calcari con selce, è caratterizzata prevalentemente da radiolariti, selci stratificate e argilliti, 10 formatasi per lo più da una sedimentazione locale di fanghi a radiolari. L’età più giovane della Formazione degli Scisti Silicei è il Titoniano (Giurassico Superiore) (Bertinelli et al 2005). Gli strati di radiolariti intercalano livelli argillosi che, a partire dal Cretaceo Inferiore, diventano sempre più spessi al passaggio col Flysch Galestrino. È proprio la costante e massiccia presenza di radiolari che colloca temporalmente questa formazione all’interno del Giurassico. Il Flysch Galestrino è costituito da argille scure intercalate a selci grigio plumbeo. Alle argille si alternano calcari marnosi e calcareniti con strutture torbiditiche. L’ambiente di sedimentazione corrisponde ad un bacino in cui si ha la precipitazione di fanghi a radiolari al di sotto della CCD; la presenza di calcareniti si spiega invece mediante la precipitazione di materiale torbiditico. La successione di Pignola-Abriola, studiata per questo lavoro è rappresentata da facies pelagiche della Formazione dei Calcari con Selce e dell’Intervallo di Transizione verso la Formazione a Scisti Silicei. Essa è stata considerata una successione prossimale, poiché ricca di intercalazioni calcarenitiche con bioclasti provenienti dalle adiacenti piattaforme carbonatiche (Scandone, 1967; Bazzucchi et al., 2005). 11 1.2 Pignola-Abriola La sezione di Pignola-Abriola è affiorante sul versante occidentale del Monte Crocetta, lungo la strada che collega Abriola (PZ) a Potenza. Essa rappresenta la parte superiore della Formazione dei Calcari con Selce ed è documentato l’intervallo Norico-Retico (Amodeo et al. 1993; Amodeo 1999; Bazzucchi et al. 2005; Tanner et al. 2006). La parte inferiore della sezione è caratterizzata da un letto calciruditico costituito da frammenti selciferi angolari in una matrice dolomitica, indici di una precoce diagenesi della selce e la presenza di una tettonica sindeposizionale nei pressi di uno slope. Le calciruditi sono sormontate da sottili strati di dolomia selcifera e calcarenite dolomitizzata, quest’ultima interessata dalla presenza di organismi bentonici provenienti dalle adiacenti piattaforme carbonatiche. Tra i 13 e i 54 m la litologia di questa sezione è caratterizzata dall’intercalazione di argille grigie e nere, livelli selciferi scuri e sottili strati calcarei¸ costituiti prevalentemente da mudstone, wackestone e packstone contenenti radiolari e bivalvi (Halobia). La parte medio-alta della sezione rappresenta la transizione tra la Formazione dei Calcari con Selce e quella degli Scisti Silicei, caratterizzata dalla progressiva riduzione dell’apporto carbonatico e dall’incremento in selci scure e argille a radiolari, con visibile aumento di sostanza organica (Bazzucchi et al. 2005; Tanner et al. 2006). La parte basale della Formazione degli Scisti Silicei non è visibile nella sezione del Mt. Crocetta a causa di disturbi tettonici e una povera esposizione dovuta a copertura vegetale. Lo studio svolto in questa tesi si è limitato alla parte inferiore della sezione, ricercando il segnale magnetostratigrafico originale Triassico, nella speranza di poter individuare delle inversioni del campo magnetico e determinare la paleolatitudine del Bacino di Lagonegro durante questo momento del Triassico Superiore. 12 2. IL PALEOMAGNETISMO La magnetostratigrafia, è la scienza che studia intensità, direzione e verso del vettore magnetizzazione naturale residua (NRM) acquisita dalle rocce al momento della loro formazione; studia inoltre le tipologie, caratteristiche e quantità di minerali ferromagnetici in esse contenuti e responsabili della NRM. Lo studio della magnetizzazione residua delle rocce permette di determinare la polarità del campo magnetico terrestre al momento della loro formazione e le sue inversioni, nonché la posizione nello spazio del polo paleomagnetico, e le variazioni di intensità del campo magnetico terrestre. Il campo magnetico terrestre (CMT) può essere approssimato come quello generato da un dipolo assiale geocentrico (GAD) inclinato di 11.5° rispetto all’asse di rotazione terrestre. Esso è generato da movimenti delle masse fluide all’interno del nucleo esterno. Per descrivere il CMT nello spazio è necessario far uso del valore di declinazione e d’inclinazione. Il primo è dato dall’angolo tra la proiezione sul piano orizzontale del vettore del CMT e il Nord geografico, mentre l’inclinazione corrisponde all’angolo tra il vettore e il piano orizzontale [fig. 2.1]. Figura 2.1 Declinazione e Inclinazione del Campo Magnetico Terrestre Le variazioni nella circolazione convettiva nel nucleo sono probabilmente la causa delle inversioni del campo magnetico, in ultimo registrate nei sedimenti. Queste inversioni sono importanti per la magnetostratigrafia, la quale studia la successione delle inversioni di polarità (e di intensità) del campo magnetico terrestre registrate nelle successioni di rocce sedimentarie. Studi sulle inversioni magnetiche di polarità nei basalti dei fondali oceanici hanno permesso di costruire 13 una scala di riferimento delle inversioni di polarità del CMT che è definita Geomagnetic Polarity Time Scale (GPTS). È dunque possibile correlare la GPTS con altre scale del tempo geologico, quali: la Scala Radiometrica, la Scala Cronostratigrafica e la Scala Biostratigrafica. Ciò che dà importanza alle correlazioni magnetostratigrafiche è la contemporanea presenza di diversi fattori che, negli altri metodi di correlazione, non si trovano mai assieme. Questi pregi sono: la rapidità e globalità delle inversioni, e la loro indipendenza dalle facies e dalla litologia. 2.1 Acquisizione del segnale NRM L’acquisizione della magnetizzazione residua naturale può avvenire per mezzo di tre meccanismi principali: Magnetizzazione residua termica (TRM): magnetizzazione che la roccia acquisisce durante il raffreddamento al di sotto della temperatura di Curie dei minerali ferromagnetici. Magnetizzazione residua chimica (CRM): magnetizzazione dovuta a trasformazioni mineralogiche in seguito a processi metamorfici o a fenomeni di ossidazione a temperatura ambiente. Magnetizzazione residua detritica (DRM): magnetizzazione acquisita in fase di deposizione in ambiente sedimentario di minerali magnetici di origine detritica o biogena. 2.2 Tecniche di demagnetizzazione parziale Per poter risalire alla NRM è possibile utilizzare tre differenti tecniche di demagnetizzazione parziale: 14 Alternating-field demagnetization (AF): si espone il campione a un campo magnetico alternato di intensità decrescente nel tempo per circa un minuto, in questo modo le componenti magnetiche meno coercitive del campo applicato si annullano tra loro, mantenendo inalterate le componenti della magnetizzazione residua naturale più coercitive. Chemical demagnetization: si attacca la roccia con dell’acido diluito in modo tale da dissolvere gradualmente gli ossidi di Fe e Ti. Thermal demagnetization: consiste nello scaldare il campione a temperature via via maggiori, seguendo step di 50–25 °C, in un ambiente a campo magnetico nullo, prima di ogni misurazione della rimanenza magnetica. In questo modo tutti i granuli ferromagnetici che hanno temperatura di sbloccaggio minore rispetto a quella applicata assumono magnetizzazioni sparse casualmente nello spazio, annullandosi statisticamente tra loro. Una volta raggiunta la temperatura di Curie dei minerali presenti nel campione si avrà rimanenza magnetica nulla. Nello svolgimento di questa tesi è stata utilizzata la Thermal demagnetization con step di temperatura inizialmente di 50°C, seguiti poi da step di 25°C, fino a raggiungere temperature di 600°C. 2.3 Il Campionamento Il campionamento si è svolto nella sezione di Pignola-Abriola in provincia di Potenza, attorno al limite Norico-Retico facente parte del Triassico Superiore. In particolare si è analizzata la porzione inferiore della sezione, poiché meglio affiorante. Sono stati campionati 20.39 m di successione, con la raccolta di 120 campioni. Successivamente è stata fatta una selezione di circa quaranta campioni rappresentativi dei vari siti di raccolta, escludendo quelli maggiormente alterati. Il numero di campioni non è casuale, si basa infatti sulla capacità massima del porta oggetti (barca) del demagnetizzatore termico che ha permesso le analisi effettuate presso il Laboratorio ALP (Alpine Laboratory of Paleomagnetism) in collaborazione con il Prof. Giovanni Muttoni dell’Università degli Studi di Milano. 2.4 Procedura di campionamento sul campo Per ricavare i campioni da analizzare per la magnetostratigrafia è necessario effettuare dei carotaggi in roccia, mediante l’utilizzo di un perforatore a rotazione azionato da un motore a scoppio. Il carotatore, di diametro di 2.5 cm, è costituito da una scarpa diamantata per poter perforare e un serbatoio contenente acqua, azionato manualmente tramite una pompa, necessario per raffreddare la punta evitandone così il Figura 2.2 Perforatore a rotazione con serbatoio d’acqua. 15 danneggiamento [fig. 2.2]. A carotaggio effettuato la base del campione risulta essere ancora fissata alla roccia, questo ci permette di orientare il campione nello spazio. Per l’orientazione spaziale viene utilizzata una bussola posta su un sostegno dello stesso diametro del carotiere e dotato di una fessura, mediante la quale è possibile tracciare un segno a matita che ci permetterà, una volta estratto il campione, di riorientarlo [fig. 2.3]. Declinazione e inclinazione del campione vengono scritte su un blocco notes per poter, in un secondo momento, orientare i vettori paleomagnetici nello spazio [fig. 2.4]. Il campione viene successivamente segato longitudinalmente in laboratorio, portandolo ad una lunghezza standard pari a 2.5 cm. Figura 2.3 Marcatura del campione. Figura 2.4 Raccolta dati. 2.5 Analisi del campione La suscettività magnetica è stata misurata all’interno del Laboratorio di Paleomagnetismo a Peveragno in provincia di Cuneo, mediante l’utilizzo del suscettivimetro AGICO KLY3 kappabridge [fig. 2.5]. 16 Figura 2.5 Magnetometro AGICO KLY-3 kappabridge Dopo aver riscontrato la presenza di una suscettività magnetica e averla misurata, il campione è pronto per subire una demagnetizzazione parziale. La tecnica utilizzata in questo studio è quella della demagnetizzazione termica. Il campione viene appoggiato su di un apposito sostegno chiamato barca [fig. 2.6], per poi essere introdotto nel forno [fig. 2.7] dotato di camera di raffreddamento. Dopo ogni step di temperatura verrà registrata la magnetizzazione residua mediante l’utilizzo del magnetometro criogenico [fig. 2.8]. Questo strumento, sfrutta la capacità di alcuni metalli di comportarsi come superconduttori se posti a basse temperature, come quella dell’elio liquido (4°K). Queste procedure sono necessarie per isolare la componente primaria della magnetizzazione naturale. Per questo motivo si ripeteranno le varie analisi sino a raggiungere la temperatura di Curie dei minerali presenti nel campione, ottenendo una rimanenza magnetica nulla, aumentando la temperature in step di 50 o 25 gradi. Figura 2.6 Barca porta campioni Figura 2.7 Demagnetizzatore termico. Figura 2.8 Magnetometro criogenico 17 2.6 Interpretazione dei dati Una volta raccolti i dati, per ogni campione viene creato un grafico rappresentativo dei vettori di declinazione, intensità e direzione. Per questo tipo di rappresentazione si utilizzano i diagrammi di Zijderveld (o delle componenti vettoriali), caratterizzati da un piano orizzontale e uno verticale ortogonali tra loro e rappresentanti rispettivamente le coordinate geografiche e la direzione del campione verso l’alto (Up) o verso il basso (Down). Sul grafico compariranno vari punti rappresentanti i vari step di demagnetizzazione del campione. La distanza di ciascun punto dall’origine è direttamente proporzionale all’intensità del vettore NRM (magnetizzazione naturale rimanente). I punti del grafico risultano essere di due colori per distinguere quelli relativi al piano orizzontale (neri) e quelli appartenenti al piano verticale (bianchi). Un campione a magnetizzazione di tipo normale mostra i punti neri concentrati verso nord e i bianchi verso il basso mentre uno a magnetizzazione inversa appare graficamente opposto al precedente. Nelle figure 2.8, 2.9, 2.10 sono mostrati alcuni esempi di diagrammi delle componenti vettoriali, nei vari casi di magnetizzazione normale o inversa, e di qualità dei dati forniti dai campioni. Nella fig. 2.8 è rappresentato il diagramma delle componenti vettoriali del campione p15.01. Nell’immagine di sinistra il campione è stato tiltato in posizione orizzontale assunta durante la sedimentazione, in quella di destra il campione è rappresentato con la giacitura attuale. Il diagramma mostra una magnetizzazione normale e dalla sua qualità si può dedurre che il campione p15.01 si è ben conservato. La sua temperatura di Curie è di 600°C. Figura 2.8 Diagramma Zijderveld a magnetizzazione normale. 18 La fig. 2.9 mostra una magnetizzazione inversa registrata nel campione p3.43, identificabile dalla disposizione dei punti neri verso sud e i bianchi verso l’alto. Figura 2.9 Diagramma Zijderveld a magnetizzazione inversa. Nell’ultima immagine, la fig. 2.10, si è voluto rappresentare due esempi di diagramma che non si prestano all’analisi. Essi mostrano una disposizione caotica e confusionale degli step di demagnetizzazione e questo denota la presenza di vari rumori che disturbano il segnale originario. Un’altra possibilità è che il segnale magnetico sia stato overprinted da una magnetizzazione tardiva e sottoposto ad una successiva diagenesi che ha alterato il segnale. Questa interpretazione ci viene confermata anche dal fatto che la loro demagnetizzazione totale è avvenuta a temperature comprese tra i 250 e i 300°C. Figura 2.10 Diagramma Zijderveld da scarto. 19 2.7 Calcolo del polo paleomagnetico e della paleolatitudine In seguito allo studio ed interpretazione dei dati raccolti e dei diagrammi di Zijderveld è stato possibile anche calcolare la posizione del polo paleomagnetico e la paleolatitudine del Bacino di Lagonegro alla fine del Norico (Triassico Superiore). Per attuare questi calcoli è stata fatta la media dei dati dei vari campioni meglio preservati. Per calcolare il polo paleomagnetico è necessario far uso di due teoremi: Teorema del seno: sin(λp − λx ) sin(90 − φ) Teorema del coseno: cos(90 − 𝜑𝑝 ) = cos(90 − 𝜑𝑥 ) cos(90 − 𝜑) + sin(90 − 𝜑𝑥 ) sin(90 − 𝜑) cos 𝛿 Dove 𝜑𝑝 e λp corrispondono alle coordinate geografiche del polo paleomagnetico, mentre 𝜑𝑥 e λx corrispondono alla latitudine e longitudine del sito di campionamento. Per il calcolo della paleolatitudine è stata utilizzata la seguente formula: tan 𝐼 = 2 tan 𝜑 Dove 𝐼 è l’inclinazione del campo magnetico e 𝜑 è la latitudine geografica. Applicando tale formula con i dati ottenuti dalle analisi effettuate, ovvero I=59.71 e 𝜑=40.56, è possibile stimare una paleolatitudine di 15.5°N del Bacino di Lagonegro durante il Norico sommitale. 20 21 Conclusioni Grazie alla raccolta dei campioni e agli studi svoltisi nell’ALP (Alpine Laboratory of Paleomagnetism) a Peveragno (CN), sono stati raggiunti gli obbiettivi prefissati e descritti all’inizio di questa tesi. 22 È stata riscontrata la presenza del segnale magnetico nella sezione lagonegrese di Pignola-Abriola (PZ) attorno al limite Norico-Retico. Su 40 campioni selezionati e rappresentativi dell’area campionata, 22 mostrano un minor disturbo del segnale magnetico ed una maggiore intensità di magnetizzazione naturale residua. Il segnale ottenuto ha permesso di individuare almeno due magnetozone, dividendo così la colonna stratigrafica in una reversal e una normal zone aventi il campione p13.38 come punto rappresentativo dell’inversione. In ultima analisi è stato possibile calcolare le coordinate del polo paleomagnetico e la paleolatitudine, la quale è risultata essere di 15.5°N. Ringraziamenti Al termine di questa tesi non posso non citare i personaggi che mi hanno affiancata nel corso del fumetto della mia vita fin’ora. Per il sostegno e l’aiuto che non mi è mai stato negato ringrazio il mio Relatore Manuel Rigo e il resto della Gang del Bosco (Lisa Santello, Matteo Belvedere, Jacopo Dal Corso, Anna Breda, Marco Franceschi), il Prof. Paolo Mietto per avermi adottata come laureanda e per le sue lezioni di Geologia Storica e Stratigrafica, il Prof. Giovanni Muttoni e la sua mitica “Puffa” per i giorni trascorsi nel Laboratorio di Peveragno e la sua passione per il Paleomagnetismo; Edoardo Dallanave per l’aiuto, le correzioni e la simpatia; il docente Nereo Preto per le partite a carte nel furgoncino dell’università al ritorno dalla Basilicata, la mia famiglia che ha saputo sopportarmi con tenacia in particolare in questi ultimi giorni prima della laurea e per il costante appoggio, il mio ragazzo Pietro per la pazienza e l’aiuto col computer, Anna Rita per la ricetta del dolce al cocco, il Laboratorio di Paleomagnetismo ALP che sembra il set del film Shining sia per i lunghi corridoi che per il bar interno, la sala thè del nuovo dipartimento per il momento relax, gli amici e compagni dell’università per essermi sempre stati vicino e avermi incoraggiata anche a diversi km di distanza, ringrazio Manu Lele perché sempre presente e pronto a offrire il suo aiuto, Andrea Casagrande (conosciuto come “Tette”) per l’ottimo vino che porta in escursione, Livia Nardini (detta Snoopy) per i momenti memorabili trascorsi in Corsica al Campo di Rilevamento 2 e per l’aiuto e l’incoraggiamento nell’affrontare le mie mille pare mentali e i momenti di depressione gratuita. 23 24 Bibliografia Amodeo, F. 1999: Il Triassico terminale - Giurassico del Bacino Lagonegrese. 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