1
Spazi metrici
Definizione 1.1. Dato un insieme non vuoto X, si dice distanza una funzione d : X × X → R tale che
1) d(x, y) ≥ 0, ∀x, y ∈ X; d(x, y) = 0 ⇔ x = y,
2) d(x, y) = d(y, x), ∀x, y ∈ X,
3) d(x, z) ≤ d(x, y) + d(y, z), ∀x, y, z ∈ X.
Un insieme X dotato di una distanza d è detto spazio metrico ed indicato
con (X, d).
I suoi elementi sono detti punti.
1
P
N
2 2
è detto
Esempio 1.2. (RN , d), con d definita da d(x, y) =
|x
−
y
|
i
i
i=1
spazio euclideo di dimensione N .
Esempio 1.3. Dato un qualunque insieme non vuoto, si definisce distanza
discreta la seguente distanza

 0, se x = y,
d(x, y) =

1, se x 6= y.
Esempio 1.4. (R, d0 ), con d0 definita da d0 (x, y) = | arctan x − arctan y|.
Dato un sottinsieme E di uno spazio metrico (X, d), la restrizione di d a
E × E è ovviamente una distanza, detta distanza indotta, che rende (E, d)
spazio metrico. Ad esempio (Q, d) è spazio metrico con la distanza indotta
dalla distanza euclidea in R.
Definizione 1.5. Dati un punto x0 ∈ X, e un numero reale r > 0, si definisce
palla (aperta) di centro x0 e raggio r l’insieme
Br (x0 ) = {x ∈ X| d(x, x0 ) < r}
Definizione 1.6. Un sottinsieme E di uno spazio metrico X si dice limitato
se esistono x0 ∈ X e r > 0 tali che E ⊂ Br (x0 ).
Ad esempio, R con la distanza dell’esempio 1.4 è limitato.
Definizione 1.7. Dato x0 ∈ X, un sottinsieme U di X si dice intorno di x0
se esiste r > 0 tale che Br (x0 ) ⊂ U . Si noti che se U è un intorno di x0 e V
è un soprainsieme di U , allora V è intorno di x0 .
1
Definizione 1.8. Dato E ⊂ X, un punto x0 ∈ X si dice interno a E se
esiste r > 0 tale che Br (x0 ) ⊂ E, ovvero se E è intorno di x0 .
Si definisce interno di E l’insieme
◦
E = {x ∈ X| x è interno a E}
◦
Ovviamente, si ha E ⊂ E.
Definizione 1.9. Un sottinsieme E di X si dice aperto se ogni suo punto è
interno a E, ovvero se E è intorno di ogni suo punto.
◦
Ovviamente E è aperto se e solo se E = E.
Si verifica immediatamente che l’unione di una famiglia di insiemi aperti è
un insieme aperto.
Definizione 1.10. Dato E ⊂ X, un punto x0 ∈ X si dice aderente a E se
ogni suo intorno contiene almeno un punto di E.
Si definisce chiusura di E l’insieme
E = {x ∈ X| x è aderente a E}
Ovviamente, si ha E ⊂ E.
Definizione 1.11. Un sottinsieme E di X si dice chiuso se contiene tutti i
punti aderenti a E.
Ovviamente E è chiuso se e solo se E = E.
Si verifica immediatamente che l’intersezione di una famiglia di insiemi chiusi
è un insieme chiuso.
Definizione 1.12. Dato E ⊂ X, un punto x0 ∈ X si dice punto di frontiera
per E se ogni suo intorno contiene almeno un punto di E e almeno un punto
di CE.
Ovviamente x0 è di frontiera per E se e solo se è di frontiera per CE. Si
definisce frontiera di E l’insieme
FE = {x ∈ X| x è di frontiera per E}
Ovviamente, si ha
F(CE) = FE,
FE = E ∩ CE.
2
Esempio 1.13. Sia E = {(x, y) ∈ R2 | x2 + y 2 < 1, y ≥ 0}. Si ha
◦
2
2
2
E = {(x, y) ∈ R | x + y < 1, y > 0}
E = {(x, y) ∈ R2 | x2 + y 2 ≤ 1, y ≥ 0}
FE = {(x, y) ∈ R2 | x2 + y 2 = 1, y > 0} ∪ {(x, y) ∈ R2 | − 1 ≤ x ≤ 1 y = 0}
Si osservi che un punto di frontiera per un insieme E può appartenere o
no a E.
◦
Dato x ∈ E, si hanno due possibilità, che si escludono a vicenda: o x ∈E
◦
◦
o x ∈ E\ E . Del resto è evidente che x ∈ E\ E se e solo se x ∈ E ∩ FE.
◦
Quindi E è unione disgiunta di E e di E ∩ FE:
◦
◦
E =E ∪ (E ∩ FE)
Ne segue che E è aperto se e solo se E ∩ FE = ∅, cioè se e solo se E non
contiene alcun punto della sua frontiera.
Dato x ∈ E, si hanno due possibilità, che si escludono a vicenda: o x ∈ E
o x ∈ E \ E. Del resto è evidente che x ∈ E \ E se e solo se x ∈ FE \ E.
Quindi E è unione disgiunta di E e di FE \ E:
◦
E = E ∪ (FE \ E)
Ne segue che E è chiuso se e solo se FE \ E = ∅, cioè se e solo se E contiene
tutti i punti della sua frontiera.
Teorema 1.14. E è aperto se e solo se CE è chiuso.
Dimostrazione. E è aperto ⇔ E ∩ FE = ∅ ⇔ FE ⊂ CE ⇔ CE è chiuso.
Teorema 1.15. X è aperto e chiuso; ∅ è aperto e chiuso.
Dimostrazione. Essendo X l’insieme “ambiente”, tutti i punti appartengono
a X e tutte le palle sono contenute in X, da cui segue immediatamente che
X è aperto e chiuso. ∅ è aperto/chiuso perchè il suo complementare X è
chiuso/aperto.
Teorema 1.16. Per ogni x0 ∈ X e per ogni r > 0, Br (x0 ) è un insieme
aperto.
3
Dimostrazione. Sia x1 un qualunque punto appartenente a Br (x0 ) e sia ρ =
d(x1 , x0 ) < r. Allora si ha che Br−ρ (x1 ) ⊂ Br (x0 ). Infatti per ogni x ∈
Br−ρ (x1 ), d(x, x0 ) ≤ d(x, x1 ) + d(x1 , x0 ) < r − ρ + ρ = r. Quindi x1 è interno
a Br (x0 ), da cui la tesi.
◦
Teorema 1.17. Per ogni E ⊂ X, si ha che E è aperto e E è chiuso.
◦
Dimostrazione. Se E = ∅, allora è aperto; altrimenti, sia x1 un punto qualunque
◦
di E . Esiste r > 0 tale che Br (x1 ) ⊂ E. Ora, Br (x1 ) è aperto e quindi è
intorno di ogni suo punto, dunque anche E, che contiene Br (x1 ), è intorno
◦
◦
di ogni punto di Br (x1 ), ovvero Br (x1 ) ⊂ E . Dunque E è aperto.
Sia x0 un qualunque punto aderente a E, proviamo che appartiene a E,
cioè che è aderente a E. Per ogni > 0, B (x0 ) ∩ E 6= ∅. Quindi esiste un
punto x1 ∈ B (x0 ) ∩ E, ma B (x0 ) è aperto e dunque è intorno di x1 . Dato
che x1 è aderente a E, B (x0 ) contiene almeno un punto x2 ∈ E. Dunque x0
è aderente a E.
Dal teorema segue che
◦
◦
◦
E =E ,
E=E
Si verifica banalmente che
◦
◦
E1 ⊂ E2 ⇒ E1 ⊂ E2 ,
E1 ⊂ E2 ⇒ E1 ⊂ E2 .
Dalla prima di queste formule si ha che se A ⊂ E e A è aperto, allora
◦
◦
◦
A = A ⊂ E , ovvero ogni aperto contenuto in E è contenuto in E . Dal
◦
teorema 1.17, segue allora che “E è il più grande aperto contenuto in E”
(dove “grande” va inteso rispetto all’inclusione insiemistica). Similmente, si
prova che “E è il più piccolo chiuso contenente E”.
Teorema 1.18. Per ogni x0 ∈ X e per ogni r > 0, l’insieme F = {x ∈
X| d(x, x0 ) ≤ r} è chiuso.
Dimostrazione. Basta dimostrare che il suo complementare CF = {x ∈
X| d(x, x0 ) > r} è aperto. Sia x1 un qualunque punto appartenente a CF
e sia ρ = d(x1 , x0 ) > r. Allora si ha che Bρ−r (x1 ) ⊂ CF . Infatti per ogni
x ∈ Bρ−r (x1 ), d(x, x0 ) ≥ d(x0 , x1 ) − d(x1 , x) > ρ − (ρ − r) = r. Quindi x1 è
interno a CF , da cui la tesi.
4
Non è detto che l’insieme F = {x ∈ X| d(x, x0 ) ≤ r} coincida con la
chiusura di Br (x0 ). Ad esempio, se si considera la distanza discreta introdotta
nell’esempio 1.3, per ogni x0 ∈ X si ha
B1 (x0 ) = {x0 },
B1 (x0 ) = {x0 },
{x ∈ X | d(x, x0 ) ≤ 1} = X,
quindi se X contiene almeno due punti B1 (x0 ) & {x ∈ X | d(x, x0 ) ≤ 1}.
Negli spazi normati (quindi, in particolare, in RN con la distanza euclidea
che è dedotta da una norma), vale l’uguaglianza
Br (x0 ) = {x ∈ X | d(x, x0 ) ≤ r}.
Infatti, dal teorema 1.18 sappiamo che Br (x0 ) ⊂ {x ∈ X | d(x, x0 ) ≤ r}.
Proviamo la seconda inclusione. Sia x1 un qualunque punto appartenente a
{x ∈ X | d(x, x0 ) ≤ r}. Se d(x1 , x0 ) < r, allora x1 ∈ Br (x0 ) ⊂ Br (x0 ). Se
r− 2
(x1 − x0 ).
d(x1 , x0 ) = r, per ogni > 0 consideriamo
il
punto
x
=
x
+
2
0
r
Si ha che d(x2 , x1 ) = kx2− x1 k = 2r (x
0 − x1 ) = 2 < , cioè x2 ∈ B (x1 ),
r− 2
d(x2 , x0 ) = kx2 − x0 k = r (x0 − x1 ) = r − 2 < r, cioè x2 ∈ Br (x0 ). Si
ha quindi che x1 è aderente a Br (x0 ) e rimane stabilita anche l’inclusione
{x ∈ X | d(x, x0 ) ≤ r} ⊂ Br (x0 ).
L’insieme Sr (x0 ) = {x ∈ X | d(x, x0 ) = r} è detto sfera di centro x0 e
raggio r. Negli spazi normati si ha
Sr (x0 ) = F(Br (x0 )).
Infatti, dato che Br (x0 ) è aperto, il suo complementare è chiuso e quindi
si ha
F(Br (x0 )) = Br (x0 ) ∩ C(Br (x0 )) =
= {x ∈ X | d(x, x0 ) ≤ r}∩{x ∈ X | d(x, x0 ) ≥ r} = {x ∈ X | d(x, x0 ) = r}.
Definizione 1.19. Sia (X, d) uno spazio metrico. Si dice che una successione
(xn )n a valori in X converge a un punto x0 ∈ X, e si scrive limn→∞ xn = x0 ,
se
∀ > 0, ∃ n ∈ N | ∀n ≥ n, d(xn , x0 ) < .
Definizione 1.20. Sia (X, d) uno spazio metrico. Una successione (xn )n a
valori in X è detta successione di Cauchy se
∀ > 0, ∃ n ∈ N | ∀n, m ≥ n, d(xn , xm ) < .
Teorema 1.21. Ogni successione convergente è di Cauchy. Ogni successione
di Cauchy è limitata.
5
Dimostrazione. Se (xn )n converge a x0 , allora
∀ > 0, ∃ n ∈ N | ∀n ≥ n, d(xn , x0 ) < ,
2
da cui
∀n, m ≥ n, d(xn , xm ) ≤ d(xn , x0 ) + d(xm , x0 ) < .
Se (xn )n è di Cauchy, scegliendo = 1, si ha che esiste n ∈ N tale che per
ogni n ≥ n, d(xn , xn ) < 1 Sia M = max{d(x1 , xn ), ..., d(xn−1 , xn ), 1}. Per
ogni n ∈ N, d(xn , xn ) ≤ M , da cui {xn }n∈N ⊂ B2M (xn ).
Definizione 1.22. Uno spazio metrico (X, d) si dice completo se ogni successione di Cauchy in X è convergente a un punto x0 ∈ X.
Sono di immediata verifica le seguenti proprietà:
a) Un punto x0 ∈ X è aderente a E ⊂ X se e solo esiste una successione a
valori in E convergente a x0 .
b) Se E è completo, allora è chiuso.
Teorema 1.23. Ogni sottinsieme chiuso E di uno spazio metrico completo
(X, d) è completo.
Dimostrazione. Sia (xn )n una successione di Cauchy in E. Sappiamo che
esiste x0 ∈ X tale che xn converge a x0 . Quindi x0 è aderente all’insieme
S = {xn }n∈N ⊂ E, da cui x0 ∈ E = E.
Gli spazi euclidei RN sono completi. Gli spazi metrici Q e (0, 1) con
la distanza
n indotta dalla distanza euclidea in R non sono completi (xn =
1 + n1 converge al numero irrazionale e quindi è di Cauchy in Q ma non
converge in Q; xn = n1 converge a 0 6∈ (0, 1).)
Definizione 1.24. Un sottinsieme E di uno spazio metrico (X, d) si dice
totalmente limitato se per ogni > 0 esiste un’-rete per E, cioè un insieme
finito {x1 , ..., xk } di punti di X tale che E ⊂ ∪ki=1 B (xi ).
Un insieme totalmente limitato è limitato; infatti, considerata una 1-rete
{x1 , ..., xk } di E, si ha che E ⊂ Bd+1 (x1 ), dove d = maxi=2,...,k d(xi , x1 ).
Definizione 1.25. Un sottinsieme K di uno spazio metrico (X, d) si dice
compatto per successioni se ogni successione a valori in K ammette una
sottosuccessione convergente a un punto x0 ∈ K.
Teorema 1.26. Un sottinsieme K di uno spazio metrico (X, d) è compatto
per successioni se e soltanto se è completo e totalmente limitato.
6
Dimostrazione. L’insieme vuoto è banalmente compatto per successioni, completo e totalmente limitato. Sia quindi K 6= ∅. Supponiamo che K sia compatto per successioni. Sia (xn )n una successione di Cauchy in K. Per ipotesi,
(xn )n ammette una sottosuccessione (xnk ) convergente a un punto x0 ∈ K.
Resta da provare che l’intera successione converge a x0 . Sappiamo che
∀ > 0, ∃ n ∈ N | ∀n, m ≥ n, d(xn , xm ) < ,
2
∀ > 0, ∃ k ∈ N, nk ≥ n, | ∀k ≥ k, d(xnk , x0 ) < ,
2
Allora per ogni n ≥ n, d(xn , x0 ) ≤ d(xn , xnk ) + d(xnk , x0 ) < . Dunque K è
completo. Per provare che K è totalmente limitato, ragioniamo per assurdo.
Se non lo fosse, esisterebbe > 0 tale che K è privo di -rete. Scelto un
qualunque punto x1 ∈ K, si ha che B (x1 ) non è un -rete, ed esiste allora x2 ∈
K tale che x2 6∈ B (x1 ), cioè d(x2 , x1 ) ≥ . Ora, ∪2i=1 B (xi ) non può costituire
una -rete, e perciò esiste x3 ∈ K tale che x3 6∈ ∪2i=1 B (xi ), cioè d(x3 , xi ) ≥ ,
i = 1, 2. Cosı̀ proseguendo si costruisce una successione (xn )n a valori in
K tale che d(xn , xm ) ≥ per ogni n, m ∈ N. Essendo K compatto per
successioni, (xn )n ammette una sottosuccessione xnk convergente a un punto
di K, e perciò di Cauchy, in contraddizione con la condizione d(xn , xm ) ≥ per ogni n, m ∈ N.
Supponiamo ora che K sia completo e totalmente limitato. Sia (xn )n una
successione a valori in K. Esiste una 1-rete per K, cioè esiste un sottinsieme
finito F1 di X tale che K ⊂ ∪x∈F1 B1 (x). Almeno una di queste palle, che
indichiamo per semplicità con B1 , contiene xn per infiniti indici. Esiste una
1
-rete per K, ovvero esiste un sottinsieme
finito F2 di X tale che K ⊂
2
∪x∈F2 B 1 (x). Si ha che B1 ∩ K ⊂ ∪x∈F2 B1 ∩ B 1 (x) . Esiste almeno una di
2
2
queste palle di raggio 12 , che indichiamo con B 1 , tale che B1 ∩ B 1 contiene
2
2
xn per infiniti indici. Proseguendo, per ogni k ∈ N esiste una palla di raggio
B 1 di raggio k1 tale che B1 ∩ B 1 ∩ ... ∩ B 1 contiene xn per infiniti indici.
k
2
k
Si può dunque scegliere xn1 ∈ B1 , xn2 ∈ B1 ∩ B 1 , con n2 > n1 , eccetera,
2
estraendo una sottosuccessione xnk tale che xnk ∈ ∩ki=1 B 1 . Se k, l ≥ j, xnk ,
i
xnl ∈ B 1 , e quindi d(xnk , xnl ) < 2j . Scelto > 0, per k > 2 si ha che per
j
ogni k, l ≥ k, d(xnk , xnl ) < k2 < . Dunque xnk è di Cauchy ed essendo K
completo, converge a un punto x0 ∈ K.
Teorema 1.27. Sia X = RN . Un sottinsieme K è compatto per successioni
se e soltanto se è chiuso e limitato.
Dimostrazione. Dal teorema precedente segue che se K è compatto per successioni, allora è completo (e quindi chiuso) e totalmente limitato (e quindi
7
limitato). Viceversa, essendo RN completo e K chiuso, si ha che K è completo
per il teorema 1.23. La struttura di RN consente di mimare la dimostrazione
del teorema 1.26, facendo giocare ai “plurirettangoli”, cioè prodotti cartesiani
di intervalli, il ruolo giocato in tale dimostrazione dalle palle. In sostanza
l’idea è quella di reticolare i “plurirettangoli” con griglie via via più fini.
In generale, per un sottinsieme di uno spazio metrico la condizione di
chiusura e limitatezza non è sufficiente per la compattezza per successioni,
come illustra il seguente esempio.
Esempio 1.28. Data una successione a valori reali x = (xn )n , consideriamo
per ogni N ∈ N il vettore di RN che ha per componenti i primi N elementi
della successione e indichiamo cosı̀ il vettore e la sua norma euclidea
v
u N
uX
x2i .
x(N ) = (x1 , ..., xN ),
kx(N ) k = t
i=1
Ovviamente la successione a valori reali kx(N ) k è crescente in N e quindi
regolare. Definiamo
l2 = {x = (xn )n , | lim kx(N ) k < ∞}
N →∞
Si verifica facilmente che l2 è uno spazio vettoriale. Per ogni x ∈ l2 , definiamo
norma di x in l2 :
kxk = lim kx(N ) k.
N →∞
Le proprietà di norma si dimostrano a partire da quelle della norma eulidea,
passando al limite per N → ∞.
La sfera unitaria S1 (0) = {x ∈ l2 | kxk = 1} è chiusa e limitata, ma non è
(n)
compatta per successioni. Infatti le successioni e(n) ⊂ l2 definite da ei = 0
√
(n)
per ogni i 6= n, en = 1, verificano d(e(n) , e(m) ) = ke(n) − e(m) k = 2 per ogni
n 6= m. Quindi la successione e(n) ⊂ S1 (0) non ammette sottosuccessioni di
Cauchy e quindi nemmeno sottosuccessioni convergenti.
Definizione 1.29. Un’applicazione tra spazi metrici f : (X, d) → (Y, d0 ) si
dice continua in x0 ∈ X se
∀ > 0, ∃δ > 0 | ∀x ∈ X, d(x, x0 ) < δ ⇒ d0 (f (x), f (x0 )) < .
(1)
f si dice continua in E ⊂ X se lo è in ogni punto di E.
Teorema 1.30. Un’applicazione tra spazi metrici f : (X, d) → (Y, d0 ) è
continua in x0 ∈ X se e solo se per ogni successione (xn )n in X, tale che
limn→∞ xn = x0 , si ha limn→∞ f (xn ) = f (x0 )
8
Dimostrazione. L’implicazione in cui si assume f continua è di dimostrazione
immediata, l’altra si prova per assurdo: negando la tesi e scegliendo δ = n1 ,
si costruisce una successione che contraddice l’ipotesi.
Teorema 1.31. Sia f : (X, d) → (Y, d0 ) continua. Se K ⊂ X è compatto
per successioni allora f (K) è compatto per successioni.
Dimostrazione. Sia (yn )n una successione a valori in f (K). Per ogni n ∈ N,
esiste xn ∈ X tale che yn = f (xn ). Essendo X compatto per successioni,
esiste xnk convergente a un punto x0 ∈ X. Dalla continuità di f in x0 segue
che limn→∞ f (xnk ) = f (x0 ) ∈ f (K). Quindi ynk converge a un punto di
f (K).
Teorema 1.32 (Teorema di Weierstrass). Sia f : (X, d) → R continua. Se
K ⊂ X, K 6= ∅, è compatto per successioni allora f assume massimo e
minimo su K.
Dimostrazione. f (K) è compatto per successioni per il teorema 1.31, dunque
è chiuso e limitato. Ne segue che supx∈K f (x) = M ∈ R. Dalle proprietà
dell’estremo superiore, segue che esiste una successione yn = f (xn ), xn ∈ K,
tale che limn→∞ f (xn ) = M . Dunque M è aderente a f (K), che è chiuso,
quindi M ∈ f (K), ovvero esiste x1 ∈ K tale che f (x1 ) = M . Similmente, si
dimostra che esiste il minimo di f su K.
Definizione 1.33. Un’applicazione tra spazi metrici f : (X, d) → (Y, d0 ) si
dice uniformemente continua se
∀ > 0, ∃δ > 0 | ∀x, y ∈ X, d(x, y) < δ ⇒ d0 (f (x), f (y)) < .
(2)
Confrontiamo tale definizione con quella di “f continua in X”:
∀x ∈ X, ∀ > 0, ∃δ > 0 | ∀y ∈ X, d(x, y) < δ ⇒ d0 (f (x), f (y)) < .
(3)
In (2) e in (3) appaiono gli stessi “ingredienti”, ma cambia l’ordine. In (3),
“∀x ∈ X” precede “∃δ > 0”, quindi in essa δ dipende, in generale, sia da che da x, ovvero δ = δ(, x), mentre in (2) δ = δ() dipende solo da . E’
allora evidente che se una funzione è uniformemente continua è continua, ma
non vale il viceversa, come illustra l’esempio seguente.
Esempio 1.34. Sia f : A = (0, 1) ⊂ R → R definita da f (x) = x1 . f è continua
in A, strettamente decrescente, quindi invertibile con inversa f −1 : f (A) =
(1, +∞) → (0, 1), f −1 (y) = y1 . Dati x ∈ A e > 0, f −1 (f (x) − , f (x) + ) =
x
,
(x1 , x2 ), con x1 = f −1 (f (x) + ) = 1+x
 −1
x
, se x1 − > 1,
 f (f (x) − ) = 1−x
x2 =

1,
se x1 − ≤ 1,
9
x
ovvero x2 = min 1, 1−x
. Il massimo valore di δ che si può trovare affinchè
valga
“ ∀y ∈ A, |x − y| < δ ⇒ |f (x) − f (y)| < ”
(4)
x2
è δ = min{x − x1 , x2 − x}. In particolare, δ(, x) ≤ x − x1 = 1+x ≤ x2 che
tende a zero per x tendente a zero. Dunque non esiste δ > 0 indipendente da
x ∈ A per cui valga (4). In altre termini, servirebbe inf x∈A δ(, x) = δ() > 0,
mentre si ha inf x∈A δ(, x) ≤ inf x∈A x2 = 0.
Teorema 1.35. Sia f : (X, d) → (Y, d0 ) uniformemente continua. Se (xn )n è
una successione di Cauchy in X, allora (f (xn ))n è una successione di Cauchy
in Y .
Dimostrazione. La tesi è:
∀ > 0, ∃ n ∈ N | ∀n, m ≥ n, d0 (f (xn ), f (xm )) < .
Fissato > 0, sia δ > 0 determinato da (2). Siccome (xn )n è di Cauchy, si
ha che
∃ n ∈ N | ∀n, m ≥ n, d(xn , xm ) < δ,
e da (2) segue subito la tesi.
La proprietà espressa dal teorema precedente si esprime dicendo che “le
funzioni uniformemente continue mandano successioni di Cauchy in successioni di Cauchy”.
Teorema 1.36. Sia f : E ⊂ (X, d) → (Y, d0 ) uniformemente continua in
E e sia (Y, d0 ) completo. Allora f si estende in uno ed un sol modo ad
un’applicazione continua fe : E → Y . Inoltre fe è uniformemente continua.
Dimostrazione. Proviamo prima l’unicità, ovvero che se esiste una siffatta fe,
essa è determinata univocamente dai valori di f su E. Infatti se x ∈ E \ E,
esiste una successione (xn )n ⊂ E tale che limn→∞ xn = x. Dalla continuità
di fe in E segue che fe(x) = limn→∞ fe(xn ) = limn→∞ f (xn ), per cui fe(x) è
determinato univocamente da f per il teorema di unicità del limite in spazi
metrici.
Proviamo l’esistenza. Sia x ∈ E\E. Esiste una successione (xn )n ⊂ E tale
che limn→∞ xn = x. La successione xn è di Cauchy in E ed allora dal teorema
1.35 segue che f (xn ) è di Cauchy in Y, che è completo per ipotesi. Dunque
esiste y ∈ Y tale che limn→∞ f (xn ) = y. Definiamo fe(x) = y. Va verificato
che la definizione sia ben posta, cioè che il valore fe(x) non dipende dalla
scelta della successione xn convergente a x. Sia dunque (zn )n ⊂ E un’altra
10
successione tale che limn→∞ zn = x. Fissato > 0, sia δ > 0 determinato
da (2). Si ha che limn→∞ d(zn , xn ) = 0 e quindi esiste n ∈ N tale che
d(zn , xn ) < δ per ogni n ≥ n. Da (2) segue che d0 (f (zn ), f (xn )) < per ogni
n ≥ n. Dunque limn→∞ d0 (f (zn ), f (xn )) = 0 e, poichè limn→∞ f (xn ) = y, si
ha pure limn→∞ f (zn ) = y.
Per verificare la continuità di fe, proviamo direttamente che è uniformemente continua in E. Fissato > 0, da (2) segue che esiste δ > 0 tale
che per ogni x, y ∈ X verificanti d(x, y) < δ si ha d0 (f (x), f (y)) < 2 .
Siano x, y ∈ E verificanti d(x, y) < δ e siano xn ⊂ E, yn ⊂ E tali che
limn→∞ xn = x, limn→∞ yn = y. Posto α = δ − d(x, y) > 0, esiste n ∈ N
tale che per ogni n ≥ n, d(xn , x) < α2 , d(yn , y) < α2 , cosı̀ che d(xn , yn ) ≤
d(xn , x) + d(x, y) + d(yn , y) < α2 + d(x, y) + α2 = δ. Si ha allora che per
ogni n ≥ n, d0 (f (xn ), f (yn )) < 2 . Passando al limite per n → ∞, si ha che
d0 (fe(x), fe(y)) ≤ 2 < .
Teorema 1.37 (Teorema di Heine Cantor). Sia f : K ⊂ (X, d) → (Y, d0 )
continua in K, con K compatto per successioni. Allora f è uniformemente
continua in K.
Dimostrazione. Procediamo per assurdo, negando la tesi (2):
∃ > 0 | ∀δ > 0, ∃x, y ∈ K, d(x, y) < δ, d0 (f (x), f (y)) ≥ .
Scegliendo in particolare δ = n1 per n ∈ N, si ha che esistono due successioni
(xn )n , (yn )n ⊂ K tali che d(xn , yn ) < n1 e d0 (f (xn ), f (yn )) ≥ . Essendo K
compatto per successioni, esistono una sottosuccessione xnk di xn e un punto
x0 ∈ K tali che limk→∞ xnk = x0 . Dalla continuità di f , segue che esiste
limk→∞ f (xnk ) = f (x0 ). D’altra parte d(ynk , x0 ) ≤ d(xnk , ynk ) + d(xnk , x0 ) <
1
+ d(xnk , x0 ), da cui limk→∞ ynk = x0 . Allora, sempre per la continuità di
nk
f , si ha limk→∞ f (ynk ) = f (x0 ), e perciò limk→∞ d0 (f (ynk ), f (xnk )) = 0, in
contraddizione con d0 (f (ynk ), f (xnk )) ≥ .
Definizione 1.38. Un’applicazione tra spazi metrici f : (X, d) → (Y, d0 ) si
dice lipschitziana (su X) se esiste una costante positiva L (detta costante di
Lipschitz ) tale che
d0 (f (x), f (y)) ≤ Ld(x, y),
∀x, y ∈ X
(5)
Sia α ∈ R, 0 < α ≤ 1. f si dice Hölderiana di ordine α (su X) se esiste una
costante positiva L (detta costante di Hölder ) tale che
d0 (f (x), f (y)) ≤ L(d(x, y))α ,
11
∀x, y ∈ X
(6)
Quindi una funzione Lipschitziana è una funzione Hölderiana di ordine
α = 1. E’ evidente che la Hölderianità, quindi in particolare la Lipschitzianità,
1
implica l’uniforme continuità (dato > 0, basta scegliere δ() = L α per
ottenere (2)).
Se f è funzione reale di variabile reale, allora la lipschitzianità significa
che i rapporti incrementali di f costituiscono un insieme limitato.
Definizione 1.39. Un’applicazione da uno spazio metrico in sè f : (X, d) →
(X, d) è detta contrazione se esiste una costante positiva L < 1 tale che
d(f (x), f (y)) ≤ Ld(x, y),
∀x, y ∈ X,
(7)
ovvero f è una mappa lipschitziana in cui si può scegliere la costante di
Lipschitz minore di 1.
Definizione 1.40. Sia X un insieme non vuoto e f : X → X un’applicazione
(trasformazione di X in sè). Un elemento x ∈ X si dice punto fisso o punto
unito di f se f (x) = x.
Teorema 1.41 (Teorema delle contrazioni - principio di Banach-Caccioppoli). Sia (X, d) uno spazio metrico completo e sia T : (X, d) → (X, d)
una contrazione. Allora esiste un unico punto fisso di T .
Dimostrazione. Sappiamo che esiste L < 1 tale che d(T x, T y) ≤ Ld(x, y), per
ogni x, y ∈ X.
Sia x0 ∈ X un qualunque punto di X e definiamo, ricorsivamente, la successione
xn+1 = T xn = T n+1 x0 ,
n = 0, 1, 2, ...
Proviamo, per induzione, che
d(xn+1 , xn ) ≤ Ln d(x1 , x0 ).
Per n = 1, si ha d(x2 , x1 ) = d(T x1 , T x0 ) ≤ Ld(x1 , x0 ).
“n − 1 ⇒ n”: d(xn+1 , xn ) = d(T xn , T xn−1 ) ≤ Ld(xn , xn−1 ) ≤ Ln d(x1 , x0 ).
Sia ora m > n. Si ha che
d(xm , xn ) ≤
m−1
X
i=n
d(xi+1 , xi ) ≤
m−1
X
i
n
L d(x1 , x0 ) = d(x1 , x0 )L
i=n
m−1−n
X
Lj ≤
j=0
d(x1 , x0 )
12
Ln
→ 0,
1−L
per n → ∞. (8)
Quindi per ogni > 0 esiste n tale che
d(xm , xn ) ≤ ,
per n ≥ n , m > n,
cioè la successione xn è di Cauchy. Dalla completezza di X, segue che essa
converge a un punto x ∈ X. Essendo una contrazione, T è continua e quindi
T xn converge a T x, ma T xn = xn+1 e quindi converge a x. Per l’unicità del
limite in spazi metrici, T x = x e perciò x è punto fisso di T . Se, per assurdo,
esistesse un altro punto fisso y ∈ X, y 6= x, allora si avrebbe
d(x, y) = d(T x, T y) ≤ Ld(x, y),
ed, essendo L < 1 e d(x, y) > 0, si avrebbe una contraddizione.
Osservazione 1.42. Si noti che, passando al limite per m → ∞ in (8), si ha
la seguente maggiorazione dell’errore
d(xn , x) ≤
Ln
d(x1 , x0 ).
1−L
(9)
Teorema 1.43. Sia f : E ⊂ R → R uniformemente continua. Sia B ⊂ E,
B limitato. Allora f (B) è limitato
Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che f (B) sia illimitato. Allora esiste una successione (yn )n tale che limn→∞ |yn | = +∞. Sia xn ∈ B tale
che yn = f (xn ). La successione (xn )n è limitata e quindi ammette una
sottosuccesione xnk convergente e dunque di Cauchy. Dal teorema 1.35, segue
che ynk = f (xnk ) è di Cauchy, quindi limitata, da cui si ha una contraddizione.
La proprietà espressa dal teorema precedente si esprime dicendo che “le
funzioni (reali di variabile reale) uniformemente continue mandano limitati
in limitati”.
13