Capitolo XLVIII La forma 1.Forma libera e forma vincolata. A

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Capitolo XLVIII
La forma
1.Forma libera e forma vincolata.
A seconda delle tesi, la forma è il veicolo mediante il quale la volontà negoziale è manifestata o la figura esteriore
dell’atto che nella vita di relazione non è riconoscibile per gli altro se non attraverso la forma stessa.
La forma altro non è se non il modo con cui l’atto umano si esteriorizza. Tale modo è libero sempre che
l’esteriorizzazione assolva al compito di rendere oggettivamente riconoscibile il divisato regolamento di interessi. In
concreto tale esteriorizzazione non potrà che rivestire le forme della dichiarazione o del comportamento concludente.
A fianco al limite di carattere naturale costituito dalla oggettiva riconoscibilità si pone però il limite legale, costituito
dalla necessità di adottare talvolta la forma scritta, che può assumere la veste della scrittura privata o dell’atto
pubblico. Tale forma svolge funzioni diverse, non riconducibili, sempre e solo, ad un problema di esteriorizzazione
dell’atto.
In senso lato la forma assolve alla funzione di richiamare l’attenzione dell’autore dell’atto sulla portata giuridica e
sulle conseguenze economiche che da esso discendono. Ulteriore funzione è quella di rendere possibile la pubblicità
dell’atto.
Del resto è lo stesso legislatore che talvolta esplicitamente riferisce la necessità della forma alla pubblicità e non alla
conclusione del contratto.
Questo fenomeno è particolarmente rilevante nel caso di società. La società di persone nascono anche da un accordo
orale ma l’atto costitutivo deve avere la forma dell’atto pubblico per poter essere iscritto nel registro delle imprese.
Altre volte la forma è collegata non alla pubblicità ma alla attività di certificazione di un fatto storico già accaduto. È
il caso, ad esempio, delle verbalizzazioni di adunanze, in particolare di quelle di organi collegiali, là dove le
deliberazioni assunte non pretendono la forma scritta.
La forma può anche assolvere alla funzione di rendere opponibili al terzo gli effetti dell’atto concluso dalle parti. Ad
esempio, la vendita di beni mobili con riserva di proprietà, sebbene valida tra le parti pur se conclusa oralmente, non
è opponibile ai creditori dell’acquirente se non risulta da atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento.
La forma può anche avere la funzione di dirimere le controversie tra i terzi, come nel caso di pluralità di cessioni di
credito, là dove prevale il creditore che per primo ha notificato al debitore la propria cessione nelle forme di cui al
c.p.c., dovendosi in tal caso interpretare in modo rigoroso il richiamo normativo, per cui lo stesso atto di cessione
dovrà rivestire, a questo fine, la forma scritta, non potendo il cessionario, ad esempio, comunicare per lettera
raccomandata o altrimenti l’avvenuta cessione orale, peraltro pienamente valida.
2. La forma ad substantiam.
La forma ad substantiam è dunque solo quella che la legge impone al fine di giuridicizzare l’operazione, sottraendo
così ai privati la libertà di scelta in materia. Solo in tal caso la forma è requisito (giuridico) dell’atto, ne diviene cioè
elemento essenziale con conseguente nullità in caso di mancata osservanza.
La conseguenza che i privati non possono convalidare l’atto che non osserva la forma ma solo rinnovarlo con efficacia
ex nunc.
È anche da escludere che dal contratto nullo per vizio formale nasca un’obbligazione naturale, con conseguente
soluti retentio in caso di spontanea esecuzione della prestazione, perché essa sarebbe contra legem, come tale non
protetta, onde è sempre possibile l’azione di ripetizione, salvo il limite positivamente della prescrizione di questa
azione o dell’intervenuta usucapione.
Qualche attenuazione del rigore formale introduce la giurisprudenza in sporadiche fattispecie.
Esempi: si ammette la validità dl contratto definitivo osservante la forma scritta, pur se il contratto preliminare sia
stato concluso oralmente in violazione dell’art. 1351. Meno comprensibile è che si ammetta la validità del
trasferimento per atto scritto dal mandatario senza rappresentanza al mandante pur in assenza di un mandato
scritto, che per altro si ritiene necessario per la validità del contratto.
Vi è poi accentuazione del rigore formale. In particolare ciò accade in materia di negozi che risolvono, revocano o
comunque vengono ad incidere su diritti nati da un precedente contratto con forma scritta ad substantiam, o che ad
esso si collegano, come nel caso di cessione del contratto, di convalida espressa.
Di denuntiatio in caso di patto di prelazione, di risoluzione del preliminare formale. È evidente la necessità di
procedere caso per caso, non potendosi far coincidere le norme sulla forma vincolata con quelle inderogabili e di
ordine pubblico.
L’eccezionalità della previsione della forma ad substantiam no può non condurre ad una interpretazione restrittiva
delle singole norme, anche perché il limite formale si atteggia come un vero limite all’autonomia delle parti, se è vero
come è vero che esse non possono dare esecuzione, né accertare, né operare una ricognizione di accordi nulli per
vizio di forma. E il limite è così rilevante da estendersi sul piano processuale anche alla confessione e al giuramento
che sono, in tale eventualità, inammissibili.
Qualcuno nega il principio della libertà delle forme, perché dall’art. 1323 n. 4 si desumerebbe l’esistenza di due
diverse categorie di contratti:
-una prima, a struttura debole, in cui la forma sarebbe assorbita dall’accordo;
-una seconda, a struttura forte, dove la forma sarebbe pretesa dalla legge.
Nel primo caso l’assenza di una forma legale, si aprirebbe uno spazio giuridicamente vuoto, che potrebbe essere
riempito in via analogica, non essendo le norme sulla forma eccezionali, perché regolerebbero non singoli casi, ma
una categoria contrattuale. La tesi si risolve in un artificio linguistico; si contemplano due ipotesi:
- quella che prevede quale requisito del contratto la forma, quando essa è prevista a pena di nullità;
- quella che, non prevedendo tale requisito, implicitamente lo esclude in tutti gli altri casi, essendo così la regola,
laddove è l’eccezione.
In verità non può dirsi che la forma o è scritta o non sarebbe scripta manet, perché è forma del negozio anche
l’oralità o il comportamento omissivo o commissivo. Può invece sostenersi che la forma scritta ha carattere
eccezionale, in base all’art. 1350.
La scrittura è forma della dichiarazione espressa, ma non può nel contempo esserlo di quella tacita o indiretta e del
relativo contenuto, da essa desumibile, perché, quando la forma è vincolata, tra volontà e scritto deve esservi una
rispondenza immediata e diretta, se non altro per esigenze di certezza.
Deve distinguersi tra contenuto minimo e contenuto effettivo del contratto. Quest’ultimo s’identifica con l’insieme
delle pattuizioni concretamente concluse di volta in volta dai privati, in base al potere di autonomia, mediante
aggiunta di clausole particolari allo schema tipico previsto dalla legge, schema che, a sua volta, coincide con il
contenuto minimo. Tale distinzione ha valore esclusivamente dal punto di vista della disciplina della forma perché,
sul piano sostanziale, anche una clausola accidentale può essere all’occorrenza essenziale in concreto.
Il contenuto minimo si rapporta agli effetti tipici che le parti intendono produrre ed è quello atto a rilevare l’intento di
conseguire il risultato corrispondente a quel tipo di effetto e quindi allo schema tipico dell’atto.
Non formano parte del contenuto minimo, e quindi non pretendono di necessità la forma scritta, le clausole
accessorie di carattere esecutivo, quali quelle che fissano il tempo o il luogo dell’adempimento, pur se considerate
dalle parti essenziali in concreto.
La predetta distinzione rileva quando si tratta di risolvere il problema dei limiti della relatio nei negozi formali,
intendendosi per relatio il richiamo, nel corpo di un contratto, ad un dato esterno già esistente in rerum natura, che
si risolve in un’integrazione ab extra del contenuto del contratto stesso, integrazione originaria e non sopravvenuta
che assicura la completezza del regolamento contrattuale ab initio. In dottrina si ammette, entro i limiti, la relatio,
perché solo il contenuto minimo deve risultare dal documento cosicché quello ulteriore può anche essere fissato con
riguardo ad una fonte esterna, tanto più se si considera che la clausola contenente la relatio è in regola con il
requisito formale, essendo essa prevista nell’accordo scritto.
Qualche dubbio potrebbe nascere quando la fonte esterna non constiste in un altro accordo formale già raggiunto
dalle parti ma in un contratto stipulato da terzi, documentato o meno, in un giornale, in un modulo o anche in un
accordo tra le parti ma non risultane da documento. La dottrina risolve questo problema in chiave probatoria,
osservando che, ferma restando la validità della relatio, se il contenuto de relato si è inserito automaticamente, in
virtù della relatio, nel contenuto documentato, dovrà sottostare alle limitazioni probatorie previste dall’art. 2725, pur
se proveniente da fonte esterna e diversa dalla diretta determinazione delle parti. Sarà dunque esclusa la prova per
testi e quella presuntiva, cosicché l’esigenza di certezza, che è alla base della prescrizione sulla forma, viene
sostanzialmente realizzata sia …in modo più attenuato.
Quanto alle modalità dell’atto scritto, esso può anche non essere redatto dalle parti, che devono però in ogni caso
sottoscriverlo.
Una particolare ipotesi è quella del bianco segno. Se le parti controvertono su una determinata questione ed
intendono raggiungere un accordo di carattere transattivo, possono deferire ad arbitri irrituali il compito di comporre
la lire. Essi fisseranno dunque il contenuto dell’accordo che sarà riprodotto in un foglio consegnato loro,
preeviamente sottoscritto, dalle parti stesse. Al di fuori di questa ipotesi non è però ammissibile una dichiarazione in
bianco che non sarebbe sorretta da un’adeguata volontà, non potendo ritenersi tale quella di carattere previamente
ogni regolamento degli interessi disposto da terzi.
Non ha efficacia probatoria della scrittura privata il telegramma, se esso non è stato sottoscritto in originale, salvo
che sia stato consegnato o fatto consegnare dal mittente. La sottoscrizione può anche essere autenticata da notaio e
di ciò può farsi menzione nel telegramma.
Non è valida la sottoscrizione mediante riproduzione meccanica, come in caso di timbro.
È invece possibile la conclusione di contratti formali mediante telefax, che è mezzo idoneo per la trasmissione di
copia della dichiarazione sottoscritta in originale. La notifica delle dichiarazioni formali non sembra infatti
necessariamente dover avvenire mediante invio dell’originale.
3. La forma ad probationem.
Talvolta la legge pretende la forma scritta non per la validità del contratto ma a fini probatori, come nel caso di
cessione dei diritti di utilizzazione economica sull’opera dell’ingegno, di transazione o di patto di non concorrenza.
Non è ammessa la prova per testi, né, di conseguenza, quella per presunzioni, cosicché residua solamente la
possibilità della confessione e del giuramento.
La dottrina sostiene che il legislatore, richiamandosi alla forma ad probationem, in realtà ha voluto introdurre taluni
limiti probatori e nulla avrebbe dunque a che fare tale forma con la forma vincolata che mira ad esteriorizzare la
volontà o, a seconda dei punti di vista, a rappresentare all’esterno l’atto. Non può negarsi che anche la forma
dell’atto, laddove quella ad substantian opera bensì anche sul piano probatorio, ma innanzitutto su quello
strutturale.
La diversa funzione comporta che, al di fuori della lite, il contratto che pretende la forma ad probationem, per se
concluso oralmente, è suscettibile di esecuzione, di accertamento e di ricognizione in quanto valido ed efficace.
4. La sottoscrizione.
Quando si stipula per iscritto un contratto, assume carattere essenziale la sottoscrizione ad opera dei contraenti, la
quale svolge la duplice funzione d’individuare gli autori della scrittura (cioè le parti) e di attestare circa l’assunzione
degli impegni risultanti dal testo scritto. La sottoscrizione deve essere idonea ad individuare inequivocabilmente il
soggetto ad autografa, mentre il testo contrattuale può essere redatto a macchina o a stampa e non necessariamente
a mano.
La sottoscrizione può essere apposta anche a stampatello e con nome e cognome non esatti con rifermento alle
risultanze anagrafiche ed anche, all’occorrenza, con uno pseudonimo, purché atto ad individuare senza incertezze il
sottoscrittore. Il crocesegno non è ammesso, pur il presenza di testimoni.
La sottoscrizione è il momento finale della sequenza perfezionativa del contratto formale e la sua mancanza
impedisce che l’accordo possa ritenersi raggiunto (quando la forma scritta è richiesta ad substantiam) o possa essere
provato (se tale forma è richiesta ad probationem).
La sottoscrizione non è parte del contenuto del contratto ma elemento a sé stante di carattere documentale, cosicché
può discutersi se essa debba necessariamente osservare le forme pretese dalla legge per gli atti rigidamente formali.
L’assenza di sottoscrizione impedisce di per sé la conclusione del contratto, cosicché il soggetto che produce in
giudizio una copia del contratto non sottoscritta da tutte le parti in buona sostanza esibisce una proposta
contrattuale (ancora) non accettata. Si tratta di vedere allora se tale accettazione anziché della sottoscrizione può
derivare dall’esibizione. In verità l’accettazione, come atto prenegoziale, non ammette equipollenti in caso di forma ad
substantiam, cosicché l’esibizione in giudizio collegata alla domanda di esecuzione potrà avere solo valore confessorio
con riguardo all’esistenza e al contenuto del contratto ma non varrà a dar vita, in favore della parte, ad un titolo
suscettibile di esecuzione.
La giurisprudenza ritiene invece che l’equipollenza possa essere ammessa, anche in caso di forma ad probationem, se
la parte che non ha sottoscritto chiede l’esecuzione sia perché le sottoscrizioni non debbono necessariamente essere
contestuali, sia perché equivarrebbe a sottoscrizione l’inequivocabile manifestazione di volontà di avvalersi del
negozio documentato dalla scrittura incompleta, sia perché varrebbe la sottoscrizione della procura processuale
rilasciata al difensore, essendo la domanda giudiziale inscindibilmente legata e dipendente dalla scrittura prodotta,
ma allora il contratto si dovrebbe concludere al momento della notifica e non dell’esibizione. Meno accettabile è l’idea
che la rinunzia ad un legato immobiliare, mai formalizzata, possa evincersi, sotto il profilo di una implicita
ammissione, del contesto di un atto di citazione.
Limiti a tale equipollenza: innanzi tutto l’esibizione deve avvenire nei confronti di chi ha sottoscritto, ad opera della
parte che non ha sottoscritto e non di terzo estraneo alla stipulazione.
In secondo luogo la produzione non vale accettazione quando la controparte abbia nel frattempo manifestato in modo
non equivoco la volontà di non eseguire il contratto, abbia cioè revocato il proprio consenso, atteso che il contratto
non sottoscritto da una parte equivale a proposta dell’altra, sempre revocabile. Per lo stesso motivo sono di ostacolo
l’intervenuta morte e la sopravvenuta incapacità della parte che ha sottoscritto, operando anche in tali casi il già
chiamato disposto dall’art. 1330.
La giurisprudenza ammette che un’accettazione stragiudiziale possa essere operata dalla parte che non ha
sottoscritto il contratto quante volte costei manifesti anche implicitamente il consenso, purché tale manifestazione
risulti da uno scritto indirizzato alla controparte che ha sottoscritto. Anche in tal caso opera però il limite della
revoca, della morte e della sopravvenuta incapacità della controparte.
Tale limite non opera se la seconda sottoscrizione è espressa in un documento separato, ma coevo, purché
inscindibilmente collegato al primo.
5. Il documento informatico. La firma elettronica e digitale.
Il documento informatico è la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti. Ad esempio
l’e-mail. La firma elettronica è l’insieme dei dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione
logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di autenticazione informatica. La firma elettronica qualificata è
la firma elettronica ottenuta attraverso una procedura informatica che garantisce la connessione univoca al
firmatario e la sua univoca autenticazione informatica. La firma digitale è un particolare tipo di firma elettronica
qualificata, basata su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata e al destinatario tramite la
chiave pubblica di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un
insieme di documenti informatici.
Il documento informatico, cui è apposta una firma elettronica, sul piano probatorio è liberamente valutabile in
giudizio, tenuto conto delle caratteristiche oggettive di qualità e sicurezza. Il documento informatico, sottoscritto con
firma digitale o con un altro tipo di firma elettronica qualificata, ha valore di scrittura privata.
L’apposizione ad un documento informatico di una firma digitale o di un altro tipo di firma elettronica qualificata
basata su un certificato elettronico revocato, scaduto o sospeso equivale a mancata sottoscrizione.
I documenti informatici contenenti in copia o riproduzione di atti pubblici, scritture private e documenti in genere
hanno piena efficacia se ad essi è apposta o associata una firma digitale o alla firma elettronica qualificata.
La firma digitale deve riferirsi in maniera univoca ad un solo soggetto ed al documento o all’insieme di documenti cui
è apposta o associata. L’apposizione di firma digitale integra e sostituisce l’apposizione di sigilli, punizioni, timbri,
contrassegni e marchi di qualsiasi genere.
6. Le forme volontarie.
Se le parti hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto,
si presume che la forma sia stata voluta per la validità e quindi ad substantiam e non ad probationem. La norma è
estendibile art. 1324 anche gli atti unilaterali che seguono alla conclusione di un contratto.
Il patto ha carattere configurativo e non dispositivo, in quanto fissa le regole che le parti stesse dovranno osservare
in materia di forma nella futura contrattazione, con la quale disporranno dei propri interessi. Si è dunque in
presenza di un accordo, ma non di un contratto in senso tecnico. Il vincolo, comportando un limite all’autonomia
privata e alla libertà formale, nasce solo se il patto riveste la forma scritta.
Il problema centrale è quello delle conseguenze dell’inosservanza della forma pattuita. La tesi più rigorosa è per la
nullità rilevabile d’ufficio, ma si parla anche d’inefficacia o ci si chiede se il contratto che non rispetta la forma
volontaria sia davvero concluso e sia quindi suscettibile di esecuzione o non giustifichi invece, se eseguito, una
ripetizione del’indebito per difetto di titolo attributivo.
È anche ammesso che il patto sulla forma possa essere risolto solo con altro patto formale, in difetto di forma,
potrebbe operare la conversione formale o sostanziale, quando, anche tacitamente per facta concludentia la volontà di
concludere il contratto in forma diversa da quella pattuita.
7. Ripetizione del contratto.
La ripetizione si distingue dalla riproduzione e dalla ricognizione. In caso di riproduzione le parti riproducono
integralmente il testo di un contratto già concluso al fine di sostituire il documento andato smarrito o al fine di
disporre di altre copie originali da poter utilizzare, ad esempio, per la registrazione del contratto o per depositarlo
presso una banca qualora s’intenda richiedere un muto collegato all’operazione contrattuale.
In caso di ricognizione le parti operano invece un mero accertamento dell’esistenza e del contenuto di un contratto,
come nel caso di ricognizione operata dal concedente enfiteutico nei confronti di chi si trova nel possesso del fondo,
essenzialmente al fine di evitare il maturarsi dell’usucapione da parte del possessore o, se possessore è l’enfiteuta, al
fine di evitare eventuali atti d’interversione del possesso conducano all’usucapione a pieno dominio.
L’atto di ricognizione ha funzione meramente probatoria, così come del resto l’atto di riproduzione, ma quest’ultimo
non può essere identico all’atto riprodotto, cosicché non può sorgere un problema di difformità, per l’atto di
ricognizione questo problema esiste ed è risolto dall’art. 2720 in chiave di errore, dimostrabile, peraltro, con la
riproduzione dell’originale.
Si accomuna poi, sul piano disciplinare, l’atto di ricognizione all’atto di rinnovazione.
Il termine rinnovazione è più propriamente utilizzato ad indicare una situazione del tutto diversa rispetto alla
ricognizione, situazione che si verifica quando le parti hanno posto in essere un contratto nullo ed intendono
rinnovarlo. In tal caso non è configurabile un problema probatorio o di possibile divergenza dovuta ad errore, perché
il contratto successivo di rinnovazione sostituisce ad ogni effetto quello precedente rinnovato, il quale è privo di
qualsivoglia efficacia. Al contrario l’atto di ricognizione non vale a sostituire l’atto originario qualora esso sia stato fin
dall’origine invalido o carente sul piano del contenuto dispositivo.
La ripetizione si distingue dalla ricognizione come dalla rinnovazione: dalla prima perché non ha funzione
meramente probatoria, dalla seconda perché il contratto ripetuto è di per sé già valido ed efficace.
Quanto alla natura giuridica non è possibile attribuire al negozio successivo il valore di un’esecuzione del
precedente, né di una mera integrazione formale, con la conseguente negazione dell’esistenza di un’autonoma
volontà e di un’autonoma causa, perché non si può dissociare il contratto originario dalla sua forma, che non può
quindi essere costituita dal contratto successivo.
Il fenomeno della ripetizione dimostrerebbe la possibilità, sul piano sistematico, d’ipotizzare una pluralità di fonti
contrattuali equivalenti con la conseguenza che uno stesso rapporto potrebbe anche avere titolo in più
manifestazioni del consenso.
I contraenti possono ripetere per rimuovere i dubbi e l’incertezze e si sarà allora in presenza di un negozio di
accertamento o per interpretare, e si sarà allora in presenza di un’interpretazione autentica, o per superare il vizio
che comporta annullabilità del primo contratto, ed allora si sarà in presenza di una convalida.
I contraenti intendono o operare una rinnovazione del rapporto o mantenerlo in vita, ma rendendo opponibile ai terzi
il contratto.
Pertanto se una delle parti si rifiuta di stipulare il successivo atto pubblico ripetitivo, la parte adempiente non potrà
invocare l’art. 2932.
La parte dovrà agire in giudizio per l’accertamento dell’autenticità delle sottoscrizioni.
L’azione è imprescrittibile perché di accertamento e non perché atto di esercizio di una facoltà de diritto di proprietà
già acquistato per scrittura privata, come ritiene la giurisprudenza.
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