01.Rubboli 457-461 - Giornale Italiano di Cardiologia

PROCESSO AI GRANDI TRIAL
Lo studio ENGAGE AF-TIMI 48
Andrea Rubboli1, Paolo Colonna2
1
U.O. Cardiologia, Laboratorio di Cardiologia Interventistica, Ospedale Maggiore, Bologna
U.O. Cardiologia Ospedaliera, Azienda Ospedaliero-Universitaria Consorziale Policlinico, Bari
2
Background. Edoxaban è un inibitore orale diretto del fattore Xa con una documentata attività antitrombotica, ma resta da definirne l’efficacia e la sicurezza a lungo termine rispetto al warfarin nei pazienti con fibrillazione atriale.
Metodi. È stato condotto uno studio randomizzato, in doppio cieco, double-dummy, nel quale due differenti
regimi di monosomministrazione giornaliera di edoxaban sono stati confrontati con warfarin in 21 105 pazienti con fibrillazione atriale a rischio moderato-alto di ictus (follow-up mediano di 2.8 anni). L’endpoint primario di efficacia era rappresentato da ictus o embolia sistemica. Entrambe le posologie di edoxaban sono
state testate per la non inferiorità rispetto a warfarin durante il periodo di trattamento. Il principale endpoint
di sicurezza era costituito dai sanguinamenti maggiori.
Risultati. L’incidenza annua dell’endpoint primario durante trattamento è risultata pari a 1.50% con warfarin (tempo mediano nel range terapeutico 68.4%) vs 1.18% con alte dosi di edoxaban (hazard ratio 0.79; intervallo di confidenza [IC] 97.5% 0.63-0.99; p<0.001 per non inferiorità) e 1.61% con basse dosi di edoxaban (hazard ratio 1.07; IC 97.5% 0.87-1.31; p=0.005 per non inferiorità). All’analisi intention-to-treat, è stato osservato un trend favorevole con edoxaban ad alte dosi rispetto al warfarin (hazard ratio 0.87; IC 97.7%
0.73-1.04; p=0.08) e un trend sfavorevole con edoxaban a basse dosi rispetto a warfarin (hazard ratio 1.13;
IC 97.5% 0.96-1.34; p=0.10). L’incidenza annua di sanguinamenti maggiori è risultata pari a 3.43% con
warfarin vs 2.75% con edoxaban ad alte dosi (hazard ratio 0.80; IC 95% 0.71-0.91; p<0.001) e 1.61% con
edoxaban a basse dosi (hazard ratio 0.47; IC 95% 0.41-0.55; p<0.001). I corrispondenti tassi annui di mortalità per cause cardiovascolari sono stati 3.17% vs 2.74% (hazard ratio 0.86; IC 95% 0.77-0.97; p=0.01) e
2.71% (hazard ratio 0.85; IC 95% 0.76-0.96; p=0.008), mentre le incidenze annue corrispondenti dell’endpoint secondario principale (un composito di ictus, embolia sistemica o morte per cause cardiovascolari) sono state 4.43% vs 3.85% (hazard ratio 0.87; IC 95% 0.78-0.96; p=0.005) e 4.23% (hazard ratio 0.95; IC
95% 0.86-1.05; p=0.32).
Conclusioni. Entrambi i dosaggi di edoxaban in monosomministrazione giornaliera sono risultati non inferiori a warfarin in termini di prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica e sono risultati associati ad una incidenza significativamente più bassa di sanguinamenti e mortalità per cause cardiovascolari. [N Engl J Med
2013; 369:2093-104]
G Ital Cardiol 2015;16(9):457-461
IL PUNTO DI VISTA DI ANDREA RUBBOLI
Non è necessario essere patrocinati dall’avvocato Guido Guerrieri1 per concludere che i risultati dello studio ENGAGE AFTIMI 482, nel quale l’anticoagulazione orale con l’inibitore diretto del fattore X attivato (Xa) edoxaban, alle dosi di 30 e 60
© 2015 Il Pensiero Scientifico Editore
Il dr. Rubboli dichiara di aver ricevuto onorari per letture e di essere
membro di Advisory Board di Bayer, BMS Pfizer, Boehringer Ingelheim
e Daiichi-Sankyo. Il dr. Colonna dichiara di essere co-autore delle
linee guida ESC 2010 e 2012 per il trattamento della fibrillazione
atriale e di aver ricevuto onorari e/o fondi istituzionali per trial da
Bayer, BMS Pfizer, Boehringer Ingelheim e Daiichi-Sankyo.
Per la corrispondenza:
Dr. Andrea Rubboli U.O. Cardiologia, Laboratorio di Cardiologia
Interventistica, Ospedale Maggiore, Largo Nigrisoli 2, 40133 Bologna
e-mail: [email protected]
Dr. Paolo Colonna U.O. Cardiologia Ospedaliera, Azienda
Ospedaliero-Universitaria Consorziale Policlinico, Piazza Giulio Cesare 11,
70124 Bari
e-mail: [email protected]
mg/die, è stata confrontata con quella convenzionale con warfarin, a dosi aggiustate per mantenere l’international normalized ratio (INR) tra 2.0-3.0, nella prevenzione dell’ictus/embolia
sistemica in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare
(FANV), si allineano a quelli dei precedenti tre studi RE-LY3,
ROCKET AF4 ed ARISTOTLE5 che hanno portato all’approvazione per uso clinico dell’inibitore diretto della trombina dabigatran e degli inibitori diretti del fattore Xa rivaroxaban ed apixaban, rispettivamente, nel medesimo contesto della prevenzione dell’ictus/embolia sistemica nella FANV (Tabella 1).
In estrema sintesi, edoxaban ad entrambe le dosi ha dimostrato rispetto a warfarin un’efficacia comparabile su ictus/embolia sistemica ed una sicurezza significativamente superiore su
emorragie maggiori1 (Tabella 1). Significativamente superiore
rispetto a warfarin è anche risultato l’effetto di entrambe le dosi di edoxaban sull’emorragia intracranica1 (Tabella 1).
L’attendibilità e solidità di questi risultati sono corroborate
da dimensioni, disegno e metodologia dello studio. Nell’ENGAGE AF-TIMI 482 sono stati inclusi oltre 21 000 pazienti, che
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A RUBBOLI, P COLONNA
Tabella 1. Rischio relativo (intervalli di confidenza 95%) dei più importanti endpoint di efficacia e sicurezza vs warfarin.
ENGAGE AF-TIMI 482
Edoxaban 30 mg/die
Edoxaban 60 mg/die
RE-LY3
Dabigatran 110 mg bid
Dabigatran 150 mg bid
ROCKET AF4
Rivaroxaban 20 mg/die
ARISTOTLE5
Apixaban 5 mg bid
Ictus/embolia sistemica
Emorragia maggiore
Emorragia intracranica
1.07 (0.87-1.31)a,b
0.79 (0.63-0.99)a,b
0.47 (0.41-0.55)d
0.80 (0.71-0.91)d
0.30 (0.21-0.43)d
0.47 (0.34-0.63)d
0.91 (0.74-1.11)b
0.66 (0.53-0.82)c
0.80 (0.69-0.93)d
0.93 (0.81-1.07)
0.31 (0.20-0.47)d
0.40 (0.27-0.60)d
0.88 (0.75-1.03)b
1.04 (0.90-1.20)
0.67 (0.47-0.93)d
0.79 (0.66-0.95)c
0.69 (0.60-0.80)d
0.42 (0.30-0.58)d
a
impiegato intervallo di confidenza 97.5%; bsignificativo per non inferiorità; csignificativo per superiorità; dstatisticamente significativo.
fanno di questo studio il più ampio fra quelli condotti con i nuovi anticoagulanti orali (NAO) nella FANV2-5. Il profilo di rischio
tromboembolico e cardiovascolare dei pazienti arruolati era moderato-alto, collocandosi tra quello degli studi RE-LY3 e ARISTOTLE5 ad un estremo e ROCKET AF4 all’altro. Il valore medio
del CHADS2 score era 2.8 e la prevalenza di ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco, diabete mellito e pregresso ictus/accesso ischemico transitorio circa 93%, 57%, 36% e 28%, rispettivamente2. La durata mediana del follow-up è stata di 2.8
anni, risultando anch’essa la più lunga tra quelle degli studi con
i NAO nella FANV2-5. Il disegno dello studio ha compreso doppia cecità e randomizzazione del trattamento, oltre al coinvolgimento di molteplici centri (1393 in 46 paesi)2, elementi tutti
che configurano il gold standard della ricerca clinica. Analogamente ai precedenti tre studi con i NAO nella FANV3-5, e secondo una metodologia divenuta popolare con questi ultimi,
l’ipotesi esaminata nell’ENGAGE AF-TIMI 482 era che il trattamento con edoxaban fosse non inferiore a quello convenzionale con warfarin. Negli studi di non inferiorità l’obiettivo è dimostrare che un nuovo trattamento non è meno efficace del
trattamento standard, cioè ha un’efficacia simile, se non addirittura superiore6. Pur dovendo menzionare che il valore della
metodologia volta alla dimostrazione di non inferiorità è stata
fatta oggetto di considerazioni critiche7,8, essa è comunemente accettata quando il confronto avvenga con un trattamento
di comprovata efficacia, quale appunto l’anticoagulazione orale con warfarin nella prevenzione di ictus/embolia sistemica nella FANV9.
Per discriminare il reale effetto del trattamento, nell’ENGAGE AF-TIMI 482 l’analisi primaria di non inferiorità è stata condotta secondo una modalità intention-to-treat modificata
(mITT), nella quale cioè venivano inclusi soltanto i pazienti che
dopo la randomizzazione avessero ricevuto almeno una dose
del farmaco. L’analisi convenzionale ITT, nella quale venivano
inclusi tutti i pazienti randomizzati, e che era volta alla ricerca
della superiorità rispetto a warfarin, veniva invece applicata in
un secondo momento a quella dose di edoxaban (o anche ad
entrambe) che avesse soddisfatto il criterio di non inferiorità all’analisi primaria2. A fronte della non inferiorità rispetto a warfarin ottenuta con entrambe le dosi di edoxaban all’analisi mITT,
all’analisi ITT (che rappresenta peraltro lo standard per la ricerca clinica)10 non si rilevava alcuna differenza significativa di efficacia rispetto a warfarin per la bassa dose di edoxaban (+13%
di eventi; p=0.10), mentre per l’alta dose era evidente solo un
trend favorevole (-13% di eventi; p=0.08)2. Va altresì menzio-
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G ITAL CARDIOL | VOL 16 | SETTEMBRE 2015
nato come, seppur non fosse oggetto di analisi prespecificata,
la riduzione dell’endpoint primario ictus/embolia sistemica ottenuto con l’alta dose di edoxaban, abbia soddisfatto non soltanto il criterio di non inferiorità, ma anche quello di superiorità (p=0.02) (Tabella 1).
I risultati dell’ENGAGE AF-TIMI 482 sono ulteriormente corroborati dal fatto di essere stati ottenuti rispetto ad un’anticoagulazione orale con warfarin ottimamente condotta, come
testimoniato dal tempo nel range terapeutico mediano >68%,
anch’esso il più elevato fra tutti quelli degli studi condotti con
i NAO nella FANV2-5. Tali risultati, inoltre, vanno considerati
espressione del solo confronto tra i due trattamenti poiché,
analogamente a RE-LY3 ed ARISTOTLE5, e differentemente da
ROCKET AF4, gli eventi occorsi durante la fase in aperto di transizione a warfarin alla fine dello studio non sono stati inclusi
nell’analisi2. Va peraltro notato che, mentre nel ROCKET AF4
l’inclusione del periodo di transizione ha probabilmente contribuito alla mancata dimostrazione di superiorità di rivaroxaban rispetto a warfarin, ciò non sarebbe verosimilmente accaduto nell’ENGAGE AF-TIMI 482 ove il numero di eventi nei 30
giorni successivi al termine dello studio è stato del tutto sovrapponibile nei tre bracci di trattamento (probabilmente frutto delle modalità codificate di ripresa del warfarin previste nello studio).
Un elemento rilevante e del tutto peculiare dell’ENGAGE
AF-TIMI 482 è che la dose bassa (30 mg) o alta (60 mg) alla quale il paziente veniva assegnato al momento della randomizzazione, potesse essere aggiustata (cioè dimezzata) qualora fosse presente una qualsiasi tra le seguenti caratteristiche (associate ad un incremento del rischio emorragico): clearance della creatinina 30-50 ml/min, peso ≤60 kg, uso concomitante di
potenti inibitori della glicoproteina-P, quali verapamil o chinidina, o di dronedarone. Ancor più peculiare è poi il fatto che l’aggiustamento posologico potesse essere effettuato in modo dinamico durante lo studio, in base all’andamento dei parametri
che avevano condizionato il dimezzamento della dose, simulando così modalità di gestione del mondo reale. È rassicurante il fatto che nessuna interazione significativa sia stata documentata tra la dose piena e quella dimezzata relativamente all’endpoint primario di efficacia su ictus/embolia sistemica2. Al
contrario, un’interazione statisticamente significativa è stata osservata relativamente alla sicurezza per le dosi dimezzate all’interno di ciascuno dei due gruppi: queste infatti si sono associate ad una riduzione più ampia del rischio relativo di emorragie maggiori rispetto a warfarin2.
LO STUDIO ENGAGE AF-TIMI 48
Tabella 2. Rischio relativo (intervalli di confidenza 95%) di ulteriori endpoint di efficacia e sicurezza vs warfarin.
Edoxaban 30 mg/die
Edoxaban 60 mg/die
Ictus totale
Ictus emorragico
Ictus ischemico
Emorragia
gastrointestinale
1.13 (0.97-1.31)
0.88 (0.75-1.03)
0.33 (0.22-0.50)a
0.54 (0.38-0.77)a
1.41 (1.19-1.67)a
1.00 (0.83-1.19)
0.67 (0.53-0.83)a
1.23 (1.02-1.50)a
a
statisticamente significativo.
Tenendo conto dei risultati sopra riportati, una temibile giuria, quella della Food and Drug Administration (FDA)11, ha già
comunicato il suo verdetto. Esso è consistito in uno schiacciante 9:1 in favore dell’approvazione di edoxaban per la prevenzione dell’ictus/embolia sistemica nella FANV. Alcune considerazioni tuttavia vanno fatte per meglio contestualizzare la risoluzione della FDA.
Innanzitutto, il verdetto va considerato valido solo per la
dose alta (60 mg) di edoxaban, poiché l’approvazione non è
stata richiesta per la dose bassa (30 mg)11. Questa infatti, pur
caratterizzandosi per un profilo di sicurezza superiore rispetto
alla dose alta (essenzialmente per quanto riguarda l’incidenza
di emorragie gastrointestinali, che sono significativamente ridotte rispetto a warfarin), appare largamente più debole relativamente all’efficacia2 (Tabella 2). Mentre infatti la dose alta
appare esercitare un effetto neutro sull’incidenza dell’ictus
ischemico (la prevenzione del quale rappresenta peraltro il motivo fondamentale per cui si prescrive l’anticoagulazione orale)12, quella bassa risulta addirittura associata ad un suo incremento significativo rispetto a warfarin2 (Tabella 2).
Un’altra osservazione di potenziale interesse è il comportamento in controtendenza dei pazienti con normale funzione renale (cioè clearance della creatinina ≥80 ml/min) rispetto all’andamento generale dello studio11. Il rischio relativo
dell’endpoint primario ictus/embolia sistemica in questo sottogruppo trattato con edoxaban 60 mg appare infatti aumentato rispetto a warfarin (1.41; intervallo di confidenza
95% 0.97-2.05). Pur dovendo riconoscere che il carattere
post-hoc, senza randomizzazione, dell’analisi effettuata, e la
performance particolarmente buona del warfarin sull’incidenza/anno di ictus/embolia sistemica osservata nell’ENGAGE
AF-TIMI 482 rispetto agli altri tre studi RE-LY3, ROCKET AF4 e
ARISTOTLE5 (0.76% vs 1.1% in media), non permettono di
trarre conclusioni definitive in merito all’efficacia di edoxaban 60 mg nei pazienti con normale funzione renale, non si
può escludere che una ridotta esposizione al farmaco derivante da una sua rapida eliminazione (che avviene per il 5060% per via renale)13 possa rivestire un ruolo in quanto osservato. Su questa base, la FDA14, ma apparentemente non la
European Medicines Agency (EMA)15, raccomanda che edoxaban 60 mg non venga impiegato nei pazienti con normale funzione renale (e cioè con una clearance della creatinina
>95 ml/min).
In conclusione, lo studio ENGAGE AF-TIMI 482 fornisce attendibile e solida evidenza dell’efficacia e sicurezza di edoxaban, alla dose fissa, ma suscettibile di aggiustamento (anche
dinamico), di 30 e 60 mg/die, nella prevenzione dell’ictus/embolia sistemica nella FANV. Analogamente a quanto osservato
nei tre precedenti studi RE-LY3, ROCKET AF4 e ARISTOTLE5, il
beneficio rispetto a warfarin è essenzialmente sulla sicurezza:
tutti i NAO esercitano un effetto (di classe!) consistente nella riduzione dei sanguinamenti intracranici (e generalmente anche
maggiori), a fronte invece di una neutralità di effetto sull’ictus
ischemico (con l’unica eccezione di dabigatran 150 che è l’unico a ridurlo significativamente)2-5. La bassa dose (30 mg) di edoxaban, addirittura, appare associata ad un incremento significativo di ictus ischemico, che verosimilmente ne pregiudicherà
l’impiego clinico2. L’attesa approvazione di edoxaban anche da
parte dell’EMA renderà disponibile un’ulteriore risorsa per individualizzare al meglio la prevenzione dell’ictus/embolia sistemica nei pazienti con FANV.
BIBLIOGRAFIA
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Editore, 2007.
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stroke, systemic embolism in AF patients. http://www.medscape.
com/viewarticle/843728 [accessed July 16, 2015].
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A RUBBOLI, P COLONNA
IL PUNTO DI VISTA DI PAOLO COLONNA
Un nuovo inibitore diretto del fattore Xa, edoxaban, scende
nell’arena dei nuovi anticoagulanti orali (NAO) per la fibrillazione atriale (FA), meglio definiti oggi come anticoagulanti diretti. Quali le differenze rispetto ai suoi predecessori? Quali i
reali vantaggi? Secondo tra i NAO ad essere testato in monosomministrazione giornaliera, edoxaban è stato valutato in due
dosaggi randomizzati (alta e bassa dose), che vengono dimezzati nei pazienti “fragili” per mantenere una concentrazione
ematica stabile.
Sicuramente il disegno dello studio ENGAGE AF-TIMI 48,
che confronta edoxaban con warfarin, si avvale dell’esperienza
derivante dai precedenti trial sui NAO1. I pazienti sono stati divisi in tre gruppi randomizzati in doppio cieco: il primo gruppo
sottoposto a singola somministrazione giornaliera di edoxaban
60 mg, il secondo a singola somministrazione di edoxaban 30
mg (entrambi questi dosaggi sono stati dimezzati nei pazienti
fragili secondo precisi criteri, anche nel corso dello studio), il
terzo gruppo trattato con warfarin, per una durata mediana di
2.8 anni, la più lunga finora adottata negli studi sui NAO.
La popolazione in esame, composta dal più ampio numero
di pazienti tra gli studi condotti finora sulla FA (21 105 pazienti per 46 paesi e 1400 centri di randomizzazione), presentava
criteri di rischio embolico intermedi rispetto ai precedenti trial.
Inoltre questo studio includeva i pazienti fibrillanti portatori di
protesi valvolari biologiche e prevedeva un controllo ottimale,
il più accurato fra tutti gli altri mega trial sui NAO, nei pazienti
trattati con warfarin, come indicato dal valore estremamente
elevato di tempo nel range terapeutico, pari al 68%.
Con questi presupposti l’ENGAGE AF-TIMI 48 ha dimostrato che edoxaban in monosomministrazione giornaliera, ad entrambi i dosaggi randomizzati, ha raggiunto l’endpoint primario di non inferiorità rispetto al warfarin per la prevenzione del-
l’ictus e degli eventi embolici sistemici in pazienti con FA non
valvolare, mostrando peraltro superiorità per quanto riguarda i
sanguinamenti maggiori, riducendoli rispettivamente del 20%
e del 50%, a seconda del dosaggio utilizzato.
Tra i pazienti trattati con edoxaban 60 mg l’incidenza annuale di ictus è stata dell’1.18%, rispetto all’1.50% nel gruppo trattato con warfarin, con una significativa riduzione del
20% degli eventi emorragici maggiori. Il trattamento con edoxaban 30 mg ha registrato un’incidenza annuale di ictus o di
eventi embolici sistemici dell’1.61%, con una significativa riduzione del 53% degli eventi emorragici maggiori. Rispetto al
warfarin, inoltre, è stata anche dimostrata una notevole riduzione di emorragie fatali e di emorragie intracraniche per entrambi i dosaggi, e di emorragie gastrointestinali per edoxaban
30 mg (Figura 1).
L’ENGAGE AF-TIMI 48 è il primo trial a selezionare il numero di somministrazioni giornaliere (facendo optare per la singola somministrazione/die) basandosi su un interessante trial
di “dose finding”, il quale dimostrava che l’assunzione di edoxaban una volta al giorno, indipendentemente dal dosaggio,
determinava concentrazioni minime inferiori e minor numero di
sanguinamenti rispetto all’assunzione della medesima dose 2
volte al giorno2,3. Tutto questo ha portato ad ipotizzare che il rischio emorragico per edoxaban non fosse correlato con le concentrazioni di picco, ma con le concentrazioni plasmatiche di
valle. Inoltre, dall’analisi di 15 studi di farmacocinetica di fase I
e II, sono emersi i tre criteri adottati nel trial ENGAGE AF-TIMI
48 per selezionare i pazienti ai quali dimezzare la somministrazione di edoxaban: uno qualsiasi fra peso ≤60 kg, clearance renale 30-50 ml/min, co-assunzione di verapamil, chinidina o dronedarone; tutte queste condizioni erano state individuate in
quanto innalzavano significativamente la quantità del farmaco
in circolo3. La sola età anagrafica non costituiva di per sé un
criterio per dimezzare il dosaggio di edoxaban.
Figura 1. Effetto dei due dosaggi di edoxaban rispetto a warfarin su eventi emorragici e beneficio clinico netto nel trial ENGAGE AF-TIMI 48 (analisi on-treatment).
HR, hazard ratio; IC, intervallo di confidenza.
*dosaggio dimezzato nei pazienti selezionati; **somma di mortalità per tutte le
cause, ictus, embolia sistemica o sanguinamento maggiore.
Adattata da Giugliano et al.1.
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LO STUDIO ENGAGE AF-TIMI 48
Nel corso dello studio veniva per la prima volta adottata anche una riduzione dinamica della dose, ovvero da effettuare alla comparsa di uno dei criteri sopraesposti nel corso dello studio, e reversibile col venir meno dello stesso. Ben il 25% dei
pazienti dimezzava la dose di edoxaban alla randomizzazione
(scendendo a 30 mg nel gruppo randomizzato alla dose alta di
60 mg e a 15 mg nel gruppo randomizzato alla dose bassa di
30 mg) e un altro 7% dimezzava la dose in itinere. La validità
di questi aggiustamenti di dosaggio è stata confermata dai dati di efficacia (simile tra i pazienti sottoposti a riduzione della dose di edoxaban rispetto ai pazienti che hanno assunto il dosaggio pieno) e di sicurezza (riduzione di sanguinamenti maggiori con edoxaban significativamente maggiore nei pazienti
sottoposti ad aggiustamento della dose).
Infine, un aspetto particolarmente vantaggioso emerso nel
trial ENGAGE AF-TIMI 48 riguardava l’incidenza annuale di
morte cardiovascolare, che risultava significativamente ridotta
(2.74% e 2.71% con edoxaban 60 mg e 30 mg rispettivamente vs 3.17% con warfarin). Questi risultati hanno reso edoxaban, per entrambi i dosaggi, il NAO associato alla più elevata riduzione della mortalità cardiovascolare nei pazienti con FA
non valvolare. Tale vantaggio clinico era anche evidente in termini di miglioramento del beneficio clinico netto per entrambi
i dosaggi di edoxaban rispetto a warfarin, con una incidenza
annuale dell’outcome clinico primario netto (mortalità per tutte le cause, ictus, embolia sistemica o sanguinamento maggio-
re) del 7.26% per edoxaban 60 mg (hazard ratio 0.89, intervallo di confidenza 95% 0.83-0.96, p=0.003) e del 6.79% per
edoxaban 30 mg (hazard ratio 0.83, intervallo di confidenza
95% 0.77-0.90, p<0.001) vs 8.11% per warfarin (Figura 1).
Abbiamo quindi un’altra freccia nella faretra per prevenire
l’ictus nella FA: l’armamentario terapeutico si completa con
edoxaban, efficace e sicuro, in monosomministrazione e testato in due dosaggi randomizzati. La flessibilità del dosaggio, possibile sia nella fase di randomizzazione che nel corso dello studio, rende edoxaban adatto anche ai pazienti anziani, fragili,
che presentano comorbilità e quindi maggior rischio di sviluppare eventi avversi. Dunque con i nuovi anticoagulanti orali è
chiara la possibilità di una terapia personalizzata: il giusto farmaco per il paziente più indicato.
BIBLIOGRAFIA
1. Giugliano RP, Ruff CT, Braunwald E, et al.; ENGAGE AF-TIMI 48
Investigators. Edoxaban versus warfarin in patients with atrial fibrillation. N Engl J Med 2013;369:2093-104.
2. Weitz JI, Connolly SJ, Patel I, et al. Randomised, parallel-group,
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