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Il testo di Marco Gui, offerto da Sonia, richiama l’attenzione su alcuni aspetti ineliminabili
dall’apprendimento per astrazione, prevalentemente e storicamente monomediale:
concentrazione, autocontrollo del consumo d’impulso, profondità, fatica, processi lineari e
sequenziali. Tutti aspetti tipici del contesto gutenberghiano su cui si basa la trasmissione
scolastica, adulta e specialistica delle conoscenze.
Nella multimedialità vale piuttosto il principio di piacere; coinvolge aree corporee e mentali più
estese di quelle occupate dalla lettura; attiva rapporti di partecipazione e complicità. E’ il
mondo dei bambini, o che approccia i suoi fruitori come bambini.
In attesa che i cambiamenti delle forme della comunicazione strutturino coerenti modifiche
sociali e antropologiche, ed un altrettanto coerente sistema di costruzione e trasmissione dei
saperi;
in attesa di capire se la multimedialità è solo una intenzionale strategia per il rimbambimento
del villaggio globale al servizio di questo o quel portatore di interesse, o se è l’alba di una
rivoluzione paragonabile all’invenzione della stampa;
in attesa di misurare o valutare solidamente gli esiti delle politiche che hanno partorito
Generazione Web;
noi docenti, divisi tra apocalittici e integrati, tra ansia e agnosticismo, tra ateismo e fideismo,
dobbiamo (noi sì adesso, e senza attese e verifiche), affrontare il lavoro quotidiano con i nativi
digitali orientati alla soddisfazione consumistica, poco attrezzati ad investire risorse personali a
lungo termine (fosse anche un’ora di attività scolastica), abituati a livelli di riconoscimento e
gratificazione personale molto alti, cresciuti in percorsi scolastici fatti, ovviamente, a misura di
bambino.
Oltretutto, se la pedagogia si è molto occupata del mondo del bambino, e ha attrezzato la
scuola e l’educazione in modo coerente con questo mondo, nella mia ignoranza non so se
esista una pedagogia dell’adolescente altrettanto sperimentata ed efficace; mentre lo studente
della secondaria è particolarmente complesso, perché è più che mai in costruzione ed il nostro
difficile compito è quello di sostenere il suo passaggio dal mondo del bambino a quello
dell’adulto.
Le due dimensioni, mono- e multi- mediale, occupano per ora ambiti molto diversi, hanno
finalità molto diverse (come sottolinea il testo di Gui), ma esistono entrambe; in sede
educativa e scolastica, la dimensione multi-mediale (con tutto il bene e il male impliciti nel
multi) non può essere ignorata o liquidata; ma deve essere didatticamente finalizzata.
L’area della didattica multimediale potrebbe essere ricondotta a tre livelli:
insegnamento con i media;
insegnamento sui media;
insegnamento dentro i media.
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Per il terzo livello, si presuppone che i media costituiscano l’ambiente di apprendimento; che
questo livello diventi scolastico, è subordinato alle attese e alle verifiche cui accennavo sopra.
E’ fantadidattico.
Al secondo livello mirava l’attivazione dell’insegnamento sperimentale di linguaggi multimediali
e non verbali; di quelle esperienze, che almeno da noi sono state significative, sono rimaste le
attuali competenze specifiche nell’asse dei linguaggi, da certificare all’assolvimento
dell’obbligo; peccato che, tagliate le compresenze, né tablet, né Lim permettano di costruirle in
percorsi altrettanto efficaci (mi riferisco a me stessa, ovviamente; ma le mie difficoltà mi
sembrano ben condivise, almeno all’interno del dipartimento di lettere). E’ didattica per ora
accantonata.
Il primo livello considera la strumentazione multimediale non come ambiente, ma come mezzo
per rendere più economiche ed efficaci le attività didattiche a carattere astratto e sequenziale,
e incrementare le risposte alle esigenze dell’individualizzazione (cosa a cui ho accennato a
proposito dell’inclusione). Forse, è didattica possibile (se non altro, perché c’è chi la usa già).
Lo strumento più funzionale in questo senso secondo me è la Lim; un punto di vista espresso
dagli studenti nel sondaggio dello scorso anno, in base al quale si è preferito incrementare
questa dotazione, piuttosto che quella dei tablet.
I miei studenti, con e senza BES, non hanno mostrato grande amore per il tablet, per il
semplice fatto che, per ora, non aiuta il lavoro scolastico così come è concepito per costruire il
pensiero astratto, logico e sequenziale.
La Lim, invece, permette per esempio di de-costruire i vari tipi di testo, mostrandone gli
elementi costitutivi (morfosintassi, lessico, retorica, stilemi, ecc), e di rivelarne la natura
lineare più velocemente di una spiegazione frontale + appunti; sempre che le case editrici
predispongano materiali digitali che funzionano, è più veloce ed efficace mostrare come
entrare nei libri di testo; restano meglio fissati i punti di attenzione ed il metodo di lavoro;
resta più tempo per la pratica concreta in classe; si vede come usare la multimedialità in
situazioni non edonistiche, ma produttive. Non è necessario usare il software specifico per la
lavagna interattiva; si può lavorare col pc collegato alla LIM, usando file word e riciclando i
materiali di verifica che produciamo in continuazione. I file realizzati possono facilitare il lavoro
degli studenti con BES, e restano disponibili tramite il registro elettronico anche per gli assenti.
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Esprimo, e ho espresso altrove, un parere favorevole al supporto delle tecnologie multimediali,
da persona semianalfabeta e autodidatta; il poco che so fare, l’ho imparato dai colleghi capaci;
e tengo a precisare che non penso affatto che la spiegazione frontale non abbia più senso o sia
disfunzionale, e quindi vada buttata per ingenuo filoneismo. Così come non penso che
l’ambiente multimediale possa sostituire la relazione umana, il dialogo, il guardarsi negli occhi,
il laboratorio attivo.
Ma, se è evidente a noi (e anche ad un sociologo ricercatore universitario) che la cultura è
tuttora gutenberghiana e astratta, non lo è altrettanto agli studenti; vedo l’uso della Lim come
un ponte tra la cultura giovanile (che ha senso come tale, nei contesti nei e per i quali viene
prodotta) e la cultura adulta e specialistica, un mezzo di prossimalità che non sostituisce (non
per ora) il libro e la fatica personale.
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Non mi inginocchio davanti a concetti come attenzione, fatica, sequenzialità, astrazione; ma
sono contenta che nel testo di Gui compaiano con una connotazione pedagogicamente
positiva; ringrazio Sonia per averlo socializzato.
Auguro anche io un buon inizio d’anno!!!! Ale