Festival Diritti Umani Lugano: donne al fronte

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COMUNI
OPINIONE LIBERALE
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Festival Diritti Umani Lugano:
donne al fronte
— Natalia Ferrara Micocci —
procuratrice pubblica
Dal 25 a 28 settembre ha avuto
luogo a Lugano, per la prima
volta, il Festival Diritti Umani,
una rassegna cinematografica
che in quattro giorni ha offerto
la possibilità di riflettere sulle
violazioni dei diritti umani nel
mondo attraverso le immagini
di 13 film e gli approfondimenti
in 11 dibattiti
Tema centrale di questa prima edizione è
stato «Donne al fronte», sviluppato in storie per immagini centrate su soprusi ma
non prive di speranze. Una di queste, The
price of sex, racconta della tratta di donne
e dello sfruttamento della prostituzione,
mostrando con chiarezza come queste
donne siano state ridotte in schiavitù, dopo essere state avvicinate con la promessa
di un lavoro sicuro all’estero.
Il film è stato realizzato dalla fotoreporter
di origini bulgare Mimi Chakarova, che si
è addentrata per oltre sette anni nel mondo della prostituzione, restituendoci in 73
minuti le storie di giovani donne dell’Est
Europa, che, invece di sprofondare nella
vergogna e nella paura, alzano la testa e
parlano, e con loro, l’abile regista riesce
a far parlare anche protettori e clienti.
Fendenti, al proposito, le parole di Ana
Revenco, responsabile della ONG moldava La Strada, da anni attiva sul territorio
per arginare il fenomeno della tratta di
donne dell’Est Europa: «Non voglio essere pessimista, ma realista. Lo sfruttamento della prostituzione nasce dalla grande
disuguaglianza tra i Paesi ricchi e quelli
poveri, dall’alto livello di corruzione e dal
difficile accesso alla giustizia».
Queste giovani, per rispondere a una richiesta crescente, e proprio come fossero
un qualsiasi altro bene di importazione, vengono portate all’estero, anche in
Ticino, dove non rappresentano più esseri
umani da rispettare, ma merce da sfruttare il più possibile.
La nostra regione è fortemente a rischio
d’insediamento di organizzazioni criminali internazionali, in particolare provenienti dall’Est Europa e dedite allo
Natalia Ferrara
Micocci:
«Rispondendo ai
numerosi interventi
del pubblico, ho
potuto toccare con
mano l’interesse per la
revisione della Legge
sulla prostituzione. Le
persone intervenute
alla discussione si
attendono di più dalla
nuova legge cantonale:
hanno ragione. Il
Ticino non può e non
deve diventare la
nuova piazza svizzera
della prostituzione»
sfruttamento del meretricio e alla gestione di locali a luci rosse. I ticinesi sentono
fortemente questo tema e l’hanno dimostrato, partecipando numerosi in una
domenica di sole e animando il dibattito
a cui ho partecipato insieme al pubblico
ministero Pietro Forno della Procura di
Milano, alla sociologa Paola Monzini e al
giornalista Peter Schiesser.
Rispondendo ai numerosi interventi del
pubblico, ho potuto toccare con mano
l’interesse per la revisione della Legge sulla prostituzione. Le persone intervenute
alla discussione si attendono di più dalla
nuova legge cantonale: hanno ragione.
Non basta regolamentare i permessi, la
profilassi, la pianificazione. La prostituzione in Svizzera è legale, non lo è per
contro il suo sfruttamento. Le norme e
i mezzi attualmente a disposizione non
sono sufficienti per combattere la criminalità che attecchisce in questo settore.
In Europa, anche nei paesi dove la prostituzione è legale, le norme di contrasto al
fenomeno si fanno sempre più dure, e di
conseguenza, ostacolata altrove, la prostituzione prospera in Ticino. E’ pertanto
indispensabile apportare correttivi alla
proposta di legge in discussione, anche
con l’introduzione di norme che vietino la
pubblicità e che rendano meno attrattivo
il nostro Cantone. Il Ticino non può e non
deve diventare la nuova piazza svizzera
della prostituzione.
La Fondazione Diritti Umani, che ha promosso e sostenuto il Festival, consapevole
che questi temi possono lasciare disorientati, ha cercato e trovato il modo di offrire
al pubblico in sala, in occasione di ogni
proiezione, una tavola rotonda con esperti e testimoni nell’ambito dei diritti umani, che hanno animato i dibattiti e condiviso la propria esperienza con migliaia di
interessati.
Non solo pellicole dunque, anche parole ed emozioni, per ricordare che i diritti umani non solo esistono ma vanno
garantiti.
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