ABSTRACT

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Abstract
LA TUTELA DELLE DONNE VITTIME DI TRATTA
DI LAURA VALENTI
In questo lavoro ho studiato ed analizzato la condizione delle donne vittime della tratta ai fini dello sfruttamento sessuale e le possibilità di tutela esistenti all’interno dell’ordinamento giuridico.
La prima riflessione che ho ritenuto opportuna, riguarda il significato del termine tratta, poiché viene inteso restrittivamente in relazione alla tratta delle donne, mentre è riferito in generale
al traffico di esseri umani (che comprende anche i minori e gli individui di sesso maschile); talora
rimanda esclusivamente alla prostituzione, altre volte è ampliato fino a comprendere ogni forma
di sfruttamento sessuale, lavoro forzato, matrimonio per costrizione.
Il concetto in esame è dinamico ed i parametri per definirlo, cambiano, in funzione dei corrispondenti mutamenti delle condizioni sociali, politiche, economiche; infine, talvolta si usa il
termine tratta (che evidenzia maggiormente gli elementi della coercizione e dello sfruttamento),
talaltra si parla di traffico.
Lungi dal prospettare una pericolosa equazione immigrazione = prostituzione (che potrebbe originare fuorvianti processi di etichettamento), la presente dissertazione intende mettere in
luce dal punto di vista socio – giuridico uno degli aspetti delle migrazioni su scala globale, quali
spostamenti determinati da situazioni di disparitá socio-economica, dai quali derivano a cascata
problematiche di sfruttamento nei confronti delle fasce piú deboli.
Ho affrontato l’analisi di tutti i documenti e degli strumenti del diritto internazionale e comunitario che si occupano della tratta, inserendo le problematiche in esame in una riflessione più
ampia, attinente ai processi migratori ed alle disuguaglianze tra il Nord ed il Sud del mondo; al
riguardo è necessaria un’avvertenza metodologica: non c’è una completa coincidenza e sovrapposizione tra il commercio degli esseri umani e le migrazioni, la quale porterebbe alla criminalizzazione dell’immigrazione. Per comprendere quello che accade, è necessario riflettere sulle reti
del crimine organizzato, che gestisce la prostituzione e la tratta come un’industria a carattere
transnazionale.
L’ordinamento giuridico italiano, con la legge dedicata alle “Misure contro la tratta di persone”,
si serve del termine già adoperato dal legislatore del 1930 (l’articolo 601 del codice penale prevedeva la fattispecie in esame e così la rubricava) e ne interpreta il significato estensivamente, poiché
si riferisce non solo allo sfruttamento della prostituzione, ma anche al prelievo di organi.
Il discorso sulla tratta ai fini dello sfruttamento sessuale, implica un’analisi della prostituzione.
Ho affrontato le tematiche giuridiche, partendo dallo studio delle Convenzioni di diritto internazionale, fino ad arrivare alle odierne proposte di legge, passando attraverso la c.d. legge Merlin, le
norme sulla schiavitù e sulla violenza sessuale; sullo sfondo sono rimaste presenti e costanti le riflessioni scaturite dall’analisi delle opinioni di chi, come Ambrosini, rifiuta le letture “rigide”della
prostituzione che vede coinvolte le immigrate, rappresentandola come riduzione in schiavitù tout
court, o libera scelta individuale, quale tappa di un percorso di emancipazione personale, o di chi
ritiene che assume sempre meno significato la distinzione tra situazioni svincolate da imposizioni da parte di terzi e condizioni di assoggettamento che possono arrivare a configurare forme di
sequestro nei confronti delle vittime, nonché di riduzione in schiavitù (Degani 2004).
“La prostituzione è un’istituzione che permette ai clienti di assicurarsi temporaneamente rapporti di dominio sessuale sulle prostitute. Non si tratta di un genere di poteri che le persone
trasferiscono indiscriminatamente: ciò accade solo in condizioni sociali, politiche, economiche
particolari, condizioni che effettivamente riducono le scelte a poche alternative che non è dato
loro scegliere” (Davidson, 2001).
“La strada e la prostituzione sono anche la conseguenza e la scelta per una libertà ed un’autonomia non raggiungibili nel Paese d’origine, un tentativo per uscire dalla subordinazione cui le
politiche macroeconomiche internazionali costringono ed in molti casi l’accettazione temporanea
dall’esercizio della prostituzione e delle condizioni di vita che implica, è vissuta come un’esperienza dolorosa, cui si aggiunge il ruolo rilevante di condizionamenti agiti attraverso l’uso della
violenza fisica o psicologica” (Documento Caritas Ambrosiana 2002).
Ho esaminato tutte le norme che potrebbero riguardare la tutela delle donne vittime di tratta, come quelle dedicate alla persona offesa dal reato, sia nell’ambito del diritto sostanziale che
processuale, cercando di comprenderne di volta in volta i significati, le modalità di applicazione,
i limiti. Ho dedicato una riflessione alla problematica della condizione delle vittime in generale
e della loro tutela all’interno del procedimento penale (affrontando tematiche che nascono anche dalla criminologia e dalla vittimologia), per evitare discorsi che riguardino esclusivamente le
donne immigrate, i quali rischiano di creare rigidi confini e di creare stereotipi inferiorizzanti;
talvolta, inglobando alcuni soggetti all’interno della norma, si riproducono le differenze che essa
voleva eliminare (Degenhardt, 2004). In questo senso, ho voluto rifuggire riflessioni che ponessero l’accento esclusivamente sulle differenze, ma all’interno di ogni argomento che ho affrontato,
ho cercato di cogliere anche gli elementi comuni tra le problematiche che toccano le immigrate/i
e quelle che riguardano le autoctone/i. In questo filo conduttore rientra l’analisi delle norme generali che tutelano la persona offesa dal reato nel procedimento penale e dei relativi strumenti
di tutela: ad esempio oggi studiosi e giuristi, riflettendo sulla tutela della vittima del reato, affermano che essa non può più essere collocata all’interno del procedimento penale esclusivamente
come fonte di prova, ma deve essere considerata come persona che porta nel processo i propri
diritti .
In tal senso, ancora, la riflessione sulla violenza contro le donne, al cui interno si collocano le
più particolari situazioni della tratta ai fini dello sfruttamento sessuale e della prostituzione.
La violenza sulle donne è un fenomeno trasversale, che ancora oggi, coinvolge il pubblico ed
il privato ed è un problema sociale, che si estrinseca attraverso rapporti asimmetrici e colpisce la
dignità della persona, imponendo un dominio sul corpo e sulla mente. Storicamente, il controllo
sulla sessualità femminile e la vita riproduttiva ha permesso all’uomo di esercitare un dominio
totale sulle donne. Tale situazione trova le sue radici nella discriminazione, nella negazione cioè
alle donne della possibilità, garantita agli uomini, di esercitare il controllo sul proprio corpo e
sul proprio benessere fisico, psicologico, mentale. Sebbene la violenza abbia una connotazione
universale e colpisca donne appartenenti ad ogni classe socio - economica, alcuni fattori, quali
la “razza”, la lingua, la provenienza, la nazionalità, lo status sociale, aumentano la vulnerabilità di
molte donne e la possibilità che esse siano colpite. Povertà ed emarginazione rappresentano al
tempo stesso la causa della violenza sulle donne e le conseguenze che essa produce. Molte di esse
vivono ai margini e difficilmente possono trovare protezione o organizzarsi per lottare. Esiste un
continuum tra la situazione delle donne prostituite, delle donne immigrate e delle donne in generale, rappresentato appunto dalla violenza (esercitata ovviamente con diverse modalità elivelli
di intensità); esiste una linea che unisce le vittime di tratta alle migranti, costituita dalla fragilità
sociale alla quale sono esposte; esiste una problematica che affligge la società intera ecolpisce soprattutto gli strati più deboli: la precarizzazione della forza lavoro, che vede le donne prostituite
al gradino più basso della scala sociale, le lavoratrici immigrate in condizioni occupazionali disperate (caratterizzate dalla segregazione), le lavoratrici in generale esposte totalmente al merca
to ed alla flessibilità che esso richiede. Queste considerazioni, sono completate da una riflessione
sui pregiudizi e gli stereotipi che colpiscono le immigrate in generale e le donne prostituite in
particolare.
Infine, ho ritenuto che il problema del sostegno alle vittime della tratta vada affrontato evitando orientamenti di tipo puramente assistenzialistico, che facciano riferimento al recupero, al
reinserimento, all’omologazione, secondo modalità irrispettose delle libertà individuali (che nei
confronti delle immigrate rischiano di produrre forme di colonizzazione culturale). Ho rilevato
che, ad eccezione dell’articolo 18 del T.U. sull’immigrazione, le norme di tutela delle vittime di
tratta si collocano all’interno della legislazione penalistica (sia nel diritto internazionale che in
quello interno), nel cui ambito rilevano più gli interventi di tipo repressivo che quelli orientati
alla promozione dei diritti della persona; da ciò, può inoltre discendere una criminalizzazione
delle donne prostituite.
Il discorso sull’ordinamento giuridico italiano, si chiude con un’analisi approfondita delle tematiche connesse al permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, strumento complesso, contraddittorio, dalle molteplici e differenziate forme di applicazione, che impone delle
scelte obbligate: abbandono della prostituzione - percorso di fuoriuscita – rilascio del titolo di
soggiorno.
Al contempo, la normativa che prevede la fattispecie in esame è unica in Europa, poiché, almeno in via di principio, sgancia la tutela della vittima dello sfruttamento (inteso in senso ampio)
dalla collaborazione con l’Autorità. Lo studio della norma in esame è accompagnato da un esame
dei dati connessi alla sua applicazione e delle prassi delle questure, anche in relazione alle attuali
politiche migratorie.
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