IL LEGIONARIO
COMMENTARIVS DEL SOLDATO ROMANO
N.8 ANNO II/6 GIUGNO 2015 - IVN MMDCCLXVIII AVC
NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE
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ROMARS
legio secunda britannica
Testi e struttura: TETRVS
IL PERIODO ROMULEO
SERIE: EPOCHE E PERIODI STORICI
Secondo la tradizione classica, Romolo fu il primo re di Roma, colui che inaugurò il periodo
chiamato età regia (753 a.C. - 509 a.C.). Di questo periodo si sa poco e quel poco è talvolta confuso e
frammisto ad aspetti carichi di mito, questo perché le fonti che ne parlano sono posteriori di parecchi secoli
(periodo repubblicano e imperiale) e perché con risvolti leggendari. Sempre secondo la tradizione, i re di Roma
furono sette (anche se ve ne fu uno in co-reggenza
co
) partendo da Romolo e terminando con Tarquinio il Superbo
detronizzato e cacciato da Roma.
ANTEFATTO
E’ importante fare una premessa sia di carattere geografico sia di carattere
storico/antropico. Nel primo caso si analizza la zona e i dintorni dove poi sarebbe
sorta Roma; nel secondo caso, si indaga sulle popolazioni che abitavano tale area e il
loro rapporto/contributo con la nascente potenza di Roma.
Analisi Geografica
Intorno al 1500/1200 a.C:- l’area tiberina dove sarebbe poi stata fondata la città
di Roma poteva presentarsi come l’immagine sotto riprodotta. Questo è quanto
avrebbe potuto vedere anche Enea risalendo lungo il Tirreno dalle coste laziali.
L’area “romana” del Velabro/Campo Marzio intorno al XV-XII secolo
Al centro è evidente l’ansa e l’area di quello che poi sarebbe divenuto il Campo
Marzio, il campo di Marte, luogo di addestramento dei primi legionari romani. Si
nota che zona è invasa da un bacino palustre denominato Palus Caprae (la palude delle
capre), specchio d’acqua alimentato da corsi d’acqua naturali quali l’Amnis Petronia
(probabilmente sorgente dalle pendici del Quirinale)e l’Aqua Sallustiana (proveniente dalla
odierna zona di Piazza Fiume).
In basso a destra sono evidente i principali colli romani (Campidoglio, Palatino,
Aventino, ecc.) divisi anch’essi da due corsi d’acqua, lo Spinon – che scendeva da nord
- tra Campidoglio e Palatino/Germalus e il Nodinus -che proveniva da est - per
passare nella Valle Murcia, tra Palatino e Aventino. Questi due corsi d’acqua
confluivano all’altezza dell’attuale “bocca della Verità” dando origine all’area
acquitrinosa denominata Velabro.
Non dissimile le altre aree a Nord (con i rimanenti rilievi) e ad ovest, oltre il
Tevere (transtiberim), area occupata dal Gianicolo e dal Monte Vaticano più a nord.
L’area di aggregazione a sinistra del Tevere era caratterizzata da diversi rilievi,
il cd Septimontium, toponimo che indicava la realtà che precedeva Roma. Il
Septimontium era un termine che si riferiva sia ai montes (Palatium, Velia, Fagutal,
Subura, Cermalus, Oppius, Caelius, Cispius) e sia ai colle (Latiaris, Mucialis, Salutaris,
Quirinalis, Viminalis. Il Capitolium/Arx (Monte Saturno) era collegato da una sella al
Latiaris mentre l’Aventinus era separato dal Cermalus/Palatium (Palatino) dalle Vallis
Murcia, area che – una volta bonificata – ospiterà il Circo Massimo
La morfologia dell'area geografica su cui sarebbe sorta la “prima” Roma può
essere dedotta da analogie e da indagine geologiche di questa zona e di altri siti della
valle del Tevere. Quest’area era caratterizzata da rilievi (monti e colli) di altezza di
solito contenuta ma con i fianchi tufacei che spesso erano estremamente ripidi (es. la
cosiddetta “Rupe Tarpea” del Campidoglio) e con le sommità abbastanza pianeggianti,
adatte perciò a ospitare gruppi di popolazioni e nuclei abitativi che, per ovvi motivi di
sicurezza, clima più salubre, possibilità di controllare le aree circostanti, ecc.
preferivano stabilirsi su queste alture piuttosto che nelle valli sottostanti. Tra questi
rilievi, la sommità del Palatino aveva una forma vagamente trapezoidale, che
potrebbe essere stato il motivo per cui la Roma arcaica, lì fondata, venne definita
“Roma Quadrata”
Aspetto Storico /Antropico
Alla fine del II millennio sorge il mondo dei Latini, una federazione di genti
che aveva in “Alba Longa” il loro centro più importante.
Il Tevere divideva il territorio sopra descritto in due parti, confine naturale tra
l’antico Lazio (Latium) a est e l’Etruria ad ovest, mentre l’Aniene separava l’area
latina da quella sabina.
Gli Etruschi erano quindi una delle popolazioni che si affacciavano sull’area
della futura Roma, interessati al controllo della via fluviale rappresentata dal Tevere e
dalle altre vie commerciali, tra cui quella del sale (“Via Salaria”). Un’altra via etrusca,
guadando il Tevere, si intersecava con la Via del Sale e giungeva fino in Campania
(Via Campana). Sul versante sinistro del fiume si affacciavano altri insediamenti.
Probabilmente già intorno al X sec. a.C. i colli capitolini presentavano qualche
insediamento umano. I Sabini dovevano essere presenti con piccoli villaggi e dediti
all’allevamento del bestiame nelle fertili terre presenti nei dintorni e anche comunità
della non lontana Albalonga (città d’origine – secondo la mitologia – di Romolo e Remo)
dovevano avere interessi agricoli e commerciali in quelle zone.
L’area di aggregazione urbana del Septimontium, era abitato da famiglie e clan
egemoni chiamati gentes e da gruppi a loro subordinati chiamati clientes. Questi
raggruppamenti parentali e clientelari di origine latina si facevano chiamare
“Quirites” (*co-virites = uomini uniti, ma esistono anche altre ipotesi quale proveniente da
“Cures”, città sabina) ed erano ubicati in zone o rioni chiamate curiae (*co-viriae =
insieme di uomini), sotto la protezione della divinità locale Quirinus (*Co-virinus= patrono
delle curie e degli uomini in esse radunati).
Intorno all’VIII secolo a.C., secondo alcuni rilevamenti archeologici, nel
territorio dell’ormai nascente Roma dovevano esserci già due insediamenti fortificati,
quello dei Ramnes (di origine latina, poi Romani) sul Palatino e quello dei Titienses (di
origine sabina) sul Quirinale. Infine vi erano i Luceres ubicati nelle zone silvane
limitrofe. Quest’ultima tribù è di origine incerta.; alcuni studiosi la classificano come
di origine etrusca (da Lucumon o Lygmon = re) o invece autoctona (dal latino arcaico
Lykos/lukos = bosco). In ogni caso queste tre tribù sono quelle che si considerano alla
base della futura popolazione romana.
-3-
LA TRADIZIONE ROMULEA
La fondazione
In base alla tradizione, Romolo fu il primo re di Roma di cui fu il fondatore
eponimo. Di origini latine,era, - secondo la mitologia – il leggendario figlio (insieme
al gemello Remo) di Marte e di Rea Silvia, figlia de Re di Albalonga, Numitore.
Romolo aveva quindi origine divina e regale nello stesso tempo.
La leggenda di Roma accenna appena ai Quiriti e mai fa riferimento al
“septimontium” come toponimo di un qualche aggregato urbano dotato anche di una
certa organizzazione sociale, economica e politica. Ciò è dovuto al fatto che per la
mitologia, Roma doveva nascere dal nulla, fondata dal figlio di una divinità
attraverso una serie di atti e cerimoniali mistico-religiosi che ne dovevano attestare
l’aspetto augurale sacrale (cfr. A. Carandini)
Secondo fonti storiche (Eutropio), Romolo (latino: Romulus) nacque il 24 marzo
771 a.C. ad Albalonga e mori a Roma (in circostanze misteriose) il 5 o il 7 luglio del 716
a.C. La grande nebbia leggendaria che avvolge la sua figura sin dalla nascita e le sue
imprese successivamente ha fatto sì che la sua storicità sia motivo di dibattito da
parte degli studiosi dall'inizio del Novecento.
Romolo (Steve Revees) e Remo (Gordon Scott) nel film “Romolo e Remo” di S. Corbucci (Italia, 1961)
Sempre secondo la tradizione, Romolo, il 21 aprile del 753 a.C., fondò Roma
tracciandone il pomerium, il confine sacro. In questa occasione, però Romolo uccise
il Remo, colpevole di aver scavalcato armato, in segno di sfida il sacro confine.
Il duello fratricida tra Romolo e Remo
La città quadrata
Risulta più probabile e accettabile che Roma sia sorta dopo un lungo processo
di aggregazione/conurbazione dei villaggi che sorgevano sulle colli sovrastanti il
Tevere (ad es. sul Palatino/Palatium, sul Cermalus o sulla Velia, collinetta oggi spianata). Alcuni
storici hanno poi creduto di poter disegnare lo sviluppo della città, come segue: la
formazione della prima civica quadrata sul Palatino,in seguito allargata al
Septimontium e infine alla città delle quattro regioni.
Plastico di Roma Arcaica (753 a.C.) vista dall’alto
Istituto storico e di cultura della’Arma del genio
Il leggendario solco tracciato da Romolo aveva probabilmente una funzione di
pomerium (post murum) e quindi di confine, ed è abbastanza accettabile come idea data la primitiva conformazione del colle - che l’originario muro ed il fossato che lo
accompagnava fossero stati realizzati solo sul lato tra il Germalo ed il Palatino, a
difesa del lato più esposto, anche se il pomerium, per il suo significato di cinta
sacrale, doveva certamente circondare tutto il centro abitato.
Una diversa spiegazione dell'aggettivo "quadrata” viene fornita, ad esempio, da
Festo (De verborum significatu, 310 L.) il quale avanza l’ipotesi che quadrato potesse
essere il mondus, cioè la fossa che veniva scavata al centro esatto del pomerium e
riempita di tutti quegli oggetti sacrificali e di buon auspicio che i sacerdoti
utilizzavano durante la complessa cerimonia di inaugurazione della nuova città.
Che la circondasse completamente o solo a tratti, il muro che delimitava la città
doveva certamente avere delle porte d'accesso, probabilmente 3 o 4 aperte in una
cinta muraria che racchiudeva il Palatino ma non il Campidoglio, la cui inclusione
nell'area urbana è posteriore di un paio di secoli alla Roma quadrata originaria.
Sembra che l’etimo di “porta” sia nato quando si doveva evitare che l’aratro
tracciasse un solco, per cui il vomere veniva alzato e “portato” a mano sino al punto
in cui doveva riprendere il solco della cinta muraria.
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Capanne protostoriche sul Palatino, nei pressi delle scalae Caci
-Plutarco (Vita di Romolo) racconta vi fosse la residenza di Romolo-
La prima guerra romana
Una volta che ebbe fondata la città su colle Palatino, Romolo invitò criminali,
delinquenti, schiavi scappati e altri reietti della società, ad unirsi a lui e agli altri primi
abitanti promettendo loro il diritto di asilo. In questo modo, Romolo intendeva
aumentare la popolazione di Roma e rafforzarla anche dal punto di vista bellico. Con
il tempo Roma andò ingrandendosi, tanto da apparire secondo Livio "così potente da
poter rivaleggiare militarmente con qualunque popolo dei dintorni”
I Romani si accorsero però che scarseggiava l’elemento femminile e allora
« ...Romolo su consiglio dei Senatori, inviò ambasciatori alle genti vicine per
stipulare trattati di alleanza con questi popoli e favorire l'unione di nuovi matrimoni.
[...] All'ambasceria non fu dato ascolto da parte di nessun popolo: da una parte
provavano disprezzo, dall'altra temevano per loro stessi e per i loro successori, ché
in mezzo a loro potesse crescere un simile potere. »(Livio, Ab Urbe condita libri, I, 9.)
Romolo, allora, nel terzo anno del proprio regno (751/750 a.C.) decise di
allestire dei giochi solenni, chiamati Consualia, dedicati al dio Conso. Ordinò, perciò
ai suoi di invitare allo spettacolo i popoli vicini: dai Ceninensi (da Caenina, un
villaggio dalle parti dell’odierno quartiere di Colli Aniene), agli Antemnati (abitanti il
vicino Monte Antenne, oggi nella zona di Villa Ada), Crustumini(nei pressi dell’attuale
Monterotondo) e soprattutto i Sabini questi ultimi stanziati sul vicino colle Quirinale e
nella città di Cures (oggi Passo Corese). L'obiettivo era quello di compiere un
gigantesco rapimento delle loro donne proprio nel mezzo dello spettacolo. Arrivò
moltissima gente, con figli (tra cui molte vergini) e consorti, anche per il desiderio di
vedere la nuova città.
In quell’occasione, approfittando del momento, ad un segnale stabilito, i
Romani rapirono una grande quantità di donne sabine (il leggendario “Ratto delle
Sabine”) e le portarono nella loro fortezza sul Palatino. Qui le convinsero a sposarli (la
sabina Ersilia divenne la moglie di Romolo). Questo fatto portò allo scoppio della prima
“guerra Romana”.
Livio sostiene che non vi fu alcuna violenza sessuale ma che alle donne rapite
fu lasciata la libertà di scegliere il proprio destino. Ad ogni modo, le genti che
avevano subito l’affronto dichiararono guerra a Roma.
Iniziato il conflitto, i romani sconfissero prima i Ceninensi , poi gli Antemnati
ed quindi i Crustumini. Dopo questa prima campagna militare Romolo dispose che
venissero inviati nei nuovi territori conquistati i primi coloni romani.
L'ultimo attacco portato a Roma fu quello dei Sabini che prima presero il
Campidoglio, con il tradimento di Tarpeia (una vestale romana da cui ebbe origine
l’episodio leggendario della Rupe Tarpea) e infine impegnarono i romani in durissimo
scontro in un’area vicino al Foro Romano in cui era presente uno specchio d’acqua
sorgiva, scontro conosciuto come “Battaglia del Lago Curzio”. Fu in questo
momento che le donne sabine, si lanciarono sotto una pioggia di dardi e un roteare di
spade tra le l’esercito romano e quello sabino per dividere i contendenti e placarne la
collera.
Il Ratto delle sabine (olio su tela di Jacques-Louis David, 1795-1798, Parigi, Museo del Louvre),
La prima guerra dei Romani Al centro del dipinto, tra Tito Tazio e Romolo, c’è Ersilia, moglie di Romolo
Con questo gesto,davanti a questa situazione ormai irreversibile, i parenti delle sabine
accettarono questi matrimoni. entrambi gli schieramenti si convinsero a stipulare un
trattato di pace, varando l'unione tra i due popoli, sotto il regno di Romolo associando
i due regni e trasferendo il potere decisionale a Roma che vedeva così raddoppiata la
sua popolazione. Per venire incontro ai Sabini, i Romani presero perciò il nome di
Quiriti (da cui “Quirino” anche come appellativo di Romolo) mentre i Sabini si insediarono
sul colle che dalla loro città di Cures prese il nome di Quirinale con il loro re, Tito
Tazio, il quale condivise con Romolo il potere per cinque anni. Lo stagno nei pressi
dell'attuale Foro romano, fu poi chiamato Lago Curzio (Lacus Curtius) in ricordo di
quella battaglia e del comandante sabino Mezio Curzio scampato alla morte.
Una panoramica della Roma arcaica ai tempi romulei (750 a.C. ca.)
LA PRIMA ORGANIZZAZIONE SOCIALE
Aspetti amministrativi: il Senato e le classi sociali
Romolo divise il popolo tra coloro che erano in grado di combattere e coloro
che non potevano farlo.
Formò il primo Senato scegliendo cento tra i più nobili e anziani dei cittadini e
ciò fece sì che i loro discendenti costituissero l’elite nobiliare, i patrizi (da patres) della
futura Repubblica. Per Plutarco (Vita di Romolo, 13, 3-34) « I membri del Senato erano
chiamati patrizi, secondo alcuni perché erano padri di figli legittimi, secondo altri
perché erano in grado di indicare i rispettivi padri, cosa non facile per tutti coloro
che si erano trasferiti nella nuova città. Altri ritengono che il nome derivi da
"patronato", nel significato di ricevere "protezione", ritenendo che tale termine
derivi da Patrone, uno dei compagni di Evandro, che era sempre pronto a prestare
aiuto ai bisognosi. »
Secondo la tradizione, in principio Romolo assegnò ai patrizi tutte le
magistrature romane come l'appartenenza al Senato, l'investitura alle cariche religiose
e giudiziarie senza dimenticare che, durante il periodo regio, il rex era il principale
magistrato esecutivo in quanto a capo del potere esecutivo, di quello sacerdotale,
legislativo, di giudice, dell'esercito.
Quando ci fu l’alleanza/fusione con i Sabini di Tito Tazio (che associò al potere)
il numero dei patres raddoppiò poiché ai 100 originari romani furono affiancati i
nuovi 100 Sabini.
L'appartenenza alla classe dei patrizi era dunque fissata dalla nascita piuttosto che dal
censo economico il quale, soprattutto a seguito dell'afflusso di ricchezze dalle
colonie, caratterizzò anche altri strati sociali (come gli equites, i cavalieri). Romolo
avrebbe poi creato anche il rapporto di patronato tra il Patronus e i suoi clientes,
ponendo quindi i plebei in posizione giuridicamente dipendente dai patrizi.
A Romolo risalirebbe la divisione della popolazione patrizia nelle tribù dei già
citati Ramnes, Tities e Luceres, tribù che erano a loro volta suddivise in dieci curie le
quali dovevano in caso di pericolo fornire al nascente esercito romano un contingente
militare costituito da cento fanti e dieci cavalieri, per un totale complessivo di 3.000
fanti e 300 cavalieri. (vedi oltre)
Secondo la visione più mitologica, Romolo fu anche l’ispiratore dei Comizi
curiati, ai quali spettava il compito di ratificare, tra le altre cose, le prime leggi di
Roma. Istituì anche gli auguri per avere i responsi degli dei. Romolo condusse,
inoltre, diverse campagne di conquista contro le vicine città di Fidene (oggi nell’area
metropolitana di Roma) e di Veio.
Aspetti militari: la legione romulea
Secondo la tradizione fu Romolo a creare, sull'esempio della falange greca ed
etrusca, la legione romana. Egli iniziò a dividere la popolazione che era adatta alle
armi, in contingenti militari. Ogni contingente militare era formato da 3.000 fanti e
300 cavalieri, scelti tra la popolazione, e che chiamò legione (legio= scegliere), una
tradizione di cui gli studiosi riconoscono l'evidente carattere di arbitrarietà.
I 3.000 fanti (pedites) e 300 cavalieri (equites) erano arruolati dalle cd tre tribù
che formavano la primitiva popolazione di Roma: i Tities, i Ramnes ed i Luceres,
secondo ala loro denominazione etrusca. In epoca regia. La legione era formata da
cittadini compresi tra i 17 ed i 46 anni, in grado di potersi permettere il costo
dell'armamento.
La legione si disponeva su tre file, nella tipica formazione a falange, secondo le
tecniche dell’epoca, con la cavalleria disposta a protezione dei lati. Ogni fila di 1.000
armati era comandata da un tribuni militum, mentre gli squadroni di cavalleria erano
alle dipendenze di un tribunus celerum; questi comandanti dovevano essere
probabilmente i capi delle gentes che formavano le tre tribù mentre il rex assumeva il
comando dell'intero esercito ed a cui spettava, inoltre, il compito di scioglierlo al
termine della campagna dell'anno.
Ora sulla base dei recenti ritrovamenti archeologici si è potuto notare che il
primo esercito romano, quello di epoca romulea, era costituito da fanti che avevano
mutuato il modo di combattere e la tipologia di armamento dalla cd “civiltà
villanoviana” della vicina Etruria.
Tipico elmo villanoviano risalente al primo periodo regio di Roma,
proveniente dal museo etrusco Guarnacci di Volterra
Secondo le fonti più tradizionaliste, quando Roma si unì ai Sabini, il suo
esercito raddoppiò: 6000 fanti e 600 cavalieri. E sembra che Romolo costituì una
sorta di guardia personale (antenata dei futuri pretoriani organizzati da Augusto 700 anni dopo)
di trecento cavalieri chiamata Celeres (eliminata poi da Numa Pompilio), E sempre Romolo
sembra fu il primo ad aver distribuito personalmente ai soldati la terra conquistata in
guerra.
Secondo il giurista ed accademico Pietro De Francisci, (Sintesi storica del diritto
romano, p.40) i primi eserciti di Roma erano formati dalle gentes insieme ai loro
clientes. Secondo lo studioso, non sarebbe stato del tutto improbabile che queste
gentes abbiano costituito delle milizie in forma ‘privata’ per poter condurre
specifiche spedizioni in modo del tutto autonomo come accadde alla famosa Gens
Fabia in occasione della “Battaglia del Cremera” (13 febbraio 477 a.C.). Solo
successivamente questi combattenti potrebbero essere stati inquadrati nelle prima
nelle tribus e poi nelle curiae
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Probabile aspetto dei primi soldati romani della legione romulea.
A terra un guerriero etrusco.
etrusco Illustrazione di Richiard Hook
in N.Sekunda-S.
S. Northwood – La nascita di Roma – Ospreys 2010
LA SCOMPARSA DI ROMOLO …. TRA STORIA E LEGGENDA
Dopo aver regnato 40 anni, Romolo, secondo la leggenda, fu rapito in cielo
durante una tempesta. Secondo i suoi stessi desideri, una volta morto fu divinizzato
nella figura di Quirino, dio sabino venerato sul Quirinale.
Se leggendaria era stata la nascita,
nascita, altrettanto, per il popolo, soprattutto romano
e latino, doveva essere la morte.
morte Si fece "ascendere" Romolo al cielo e dandogli
quindi l'immortalità.
Al popolo che chiedeva spiegazioni sulla scomparsa del loro re fu raccontato
che, mentre Romolo si trovava
ava nel Campo Marzio a presiedere una parata militare, si
era scatenato un violento temporale da cui uscì una nube di fuoco che lo rapì.
rapì Si
narrava che fu Marte in persona, a scendere sulla terra per portare in cielo il divino
figlio.
Qualche dubbio, però, da parte di coloro che gli erano stati sempre vicino
deve essere sorto. Ecco, Secondo Tito Livio, come la questione fu risolta mediante
un altro evento prodigioso. Per il tramite del senatore Giulio Proculo, che annunciava
al popolo la miracolosa resurrezione/apparizione di Romolo dopo la morte, Tito Livio
racconta che "... Romolo, il Padre di questa città, stamane all'alba é calato dal cielo
e mi é apparso... Io rimasi immobile e pieno di timori... Egli mi disse: Va’!
Annunzia ai romani che gli Dei vogliono Roma capo del mondo; che curino l'arte
militare e sappiano e anche ai posteri tramandino che nessuna umana potenza potrà
resistere ai romani.... Ciò detto risalì in alto... Io sono il vostro nuovo Dio-Quirino”.
La morte di Romolo in una vecchia figurina Edis
Questa era la leggenda, a cui i romani (in particolare la plebe che a Romolo era
sempre stata devota) credettero subito e volle continuare a credere.
La storia invece mostra un’altra faccia, meno mitologica e più agghiacciante.
Racconta, difatti, Dionigi di Alicarnasso che “… i patrizi cospirarono contro di lui e
decisero di ucciderlo: avrebbero compiuto il delitto nel Senato, fatto a pezzi il
cadavere e si sarebbero allontanati ciascuno con il proprio pezzo sotto le vesti..."
(cfr:http://storia-e-mito.webnode.it/products/romolo-i%C2%B0-re-di-roma/)
LA LINGUA DELLA ROMA ARCAICA
La lingua parlata dai primi Romani era il latino definito ‘arcaico’, ossia un latino
primordiale che, attraverso varie mutazioni linguistiche ed evoluzioni grammaticali, diventerà poi il
latino cd. ‘classico’, ossia quello letterario e della prosa, così definito a partire dal 75 a.C.
L’idioma parlato dalle genti che si erano stabilite nella nuova urbe non ha lasciato tracce
evidenti per cui molti aspetti sono frutto di congetture ed ipotesi specialmente riguardo la fonetica o
la lingua parlata dal popolo.
Di origine indoeuropea, il latino arcaico era affine ad altri dialetti ed idiomi italici come il
falisco, l’osco-umbro, il venetico, ecc.
Questa lingua aveva, comunque, ovvie influenze e prestiti dalle parlate limitrofe, sia esse
state lingue o dialetti simili. L’etrusco ha lasciato termini come persòna (da *phersu = maschera,
personaggio teatrale), atrium (=atrio, corte) histrio (=attore, istrione), lanista (=impresario dei
gladiatori), miles (=soldato), subulo (=suonatore di flauto). fullo, radius mundus; il greco delle
colonie della magna Grecia (in particolare la vicina Cuma) ha influenzato il primo alfabeto latino. A
livello lessicale sono numerosi i grecismi in parole di uso quotidiano (elaíaoliva,
makkinamacina, amphora).
I dialetti italici hanno lasciato prestiti di animali delle selve appenniniche quali ursus
(=orso), lupus (=lupo), turdu (=tordo).
La presenza di un’attività economica primaria come quella agricola ha inoltre marcato
(anche in senso figurato) il primo vocabolario ‘romano’: il bestiame, pecu, oggetto di scambio come
una moneta, ha dato origine al termine ‘pecunia’, robur, (=rovere, pianta tradizionalmente
‘robusta’) si è traslato in vis – robur (= forza).
Romolo veniva appellato *regs (probabile pronuncia *regh-z) e non ‘rex’ in quanto nel
latino arcaico la ‘x’ era usata molto di rado in modo isolato per i suoni /ks/ e /gs/ che invece erano
scritti ‘ks’ ‘gs’ o anche ‘xs’.
Altre probabili pronunce erano */k/ per /g/ e /c/ (es: *cailum = kailum = cielo;) */gh/ per /g/
(*ghentes = gente, nel senso di gruppo famigliare);.
Originariamente, l'unica sibilante del latino era /s/ (sorda, come in sarto), resa con la lettera S.
Prima del completamento del rotacismo(passaggio ‘s’’r’, verso la fine del IV secolo a.C.), queste S
intervocaliche suonavano /z/. Un digramma come /gn/ al centro di una parola probabilmente veniva
scisso (es magnus = *magh-nus).
Il latino arcaico presentava un sistema di flessione del sostantivo basato su 7 casi
(nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo, ablativo, locativo). In sostanza, su una radice si
agganciava, come anche nel latino classico, un suffisso a formare i singoli casi. Nel latino classico,
il caso locativo verrà assorbito dall’ablativo.
Inoltre, questo latino primordiale presentava, nelle declinazioni suffissi e dittonghi diversi da
quello classico. Un esempio sono i dittonghi arcaici ‘–ai’, ‘-oi’, poi diventai ‘–ae’, ‘-oe’; oppure le
desinenze del genitivo plurale ‘-asom’ (I decl.) e ‘-osom’ (II decl.) che, per effetto del cd
rotacismo, si sono trasformate rispettivamente in ‘-arum’ e ‘-orum’.
Per quanto riguarda testi del periodo romuleo (VIII secolo a.C.), non vi è nulla di noto.
Dopo ampi dibattiti sulla sua autenticità, il più antico ‘documento’ (se così possiamo definirlo)
sarebbe rappresentato dalla ‘fibula prenestina’, una spilla in oro della metà del VII secolo a.C.
ritrovata a Palestrina.
Sulla fibula è incisa un’iscrizione in latino arcaico (probabilmente non dissimile da quello di
epoca romulea) che va da destra a sinistra, con lettere di un primitivo alfabeto latino, derivante da
quello greco in uso a Cuma.
In caratteri moderni si legge:
MANIOS MED FHE FHAKED NV
NVMASIOI (latino arcaico)
ossia
MANIVS ME FECIT NVMERIO (latino classico)
tradotto in
MANIO MI FECE PER NUMERIO (italiano letterale)
Si notano particolarità come:
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la consonante latina f scritta ϜH (=FH)
la morfologia arcaica, con il nominativo in ‘–os’,
‘
il dativo in ‘–oi’,
il pronome personale di prima persona all’accusativo ‘med’,
‘
il perfetto del verbo formato col raddoppiamento ‘fhe’/ ‘fha’ cioè la ripetizione della prima
consonante della radice
assenza di "rotacismo"" per la presenza della ‘-s-‘
‘
intervocalica (NumaSioi NumeRio)
presenza di vocali forti delle sillabe successive alla prima (per cui A passerà a E come sillaba chiusa
NumAsioi NumErio)
la forma arcaica delle lettere, simili quelle delle iscrizioni greche di Cuma
La particolare forma in prima persona è tipica di quelli che sono definiti “oggetti parlanti”,
ossia oggetti che – tramite una breve descrizione o una particolare frase – vogliono esprimere
qualcosa a chi li osserva.
Si tenga presente, in definitiva, che il latino arcaico parlato dai primi Romani sarebbe
sarebb risultato
quasi incomprensibile alle orecchie dei Romani del primo impero.
Bibliografia essenziale di questo numero
A.Carandini – Roma, il primo giorno – Editori Laterza 2009
N.Fields – I primi guerrieri di Roma – Libreria Editrice Goriziana 2013
N.Sekunda-S. Northwood – La nascita di Roma – Ospreys 2010
N.Flocchini-P.Guidotti Bacci-M.Moscio – Il latino di base –Bompiani 2000
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EVENTI DI MAGGIO
Museo storico VVF di Roma .
ROMA CITTÀ DEL FUOCO
Gli urbaniciani
rbaniciani Valtarius e Titus all’ingresso del Museo
Nei giorni 9 e 10 di maggio, l’associazione ROMARS, con una rappresentanza della
sua COHORS X VRBANA è stata ospite del Museo Storico dei Vigili del Fuoco di Roma, in
via Luigi Galvani 2, per l’evento organizzato dall’associazione VII COHORS VIGILVM,
sezione storica dell’ a.n.v.v.f.f.c roma XII. Era presente anche una rappresentanza della
COHORS V PRAETORIA, dell’associazione Romanitas allo scopo di riunire l’embrione
della originaria Guarnigione di Roma. Il tutto è stato coordinato da Simone Iovine, della VII
COH VIGILVM.
Il vigiles “Simone Iovine” in una foto d’archivio
L’evento museale, sviluppato su due giornate, ha visto l’afflusso di un numeroso
pubblico entusiasta e attento, sorpreso di quanto la rievocazione storica riesca a dare in
termini di esperienza, dimostrazioni pratiche, materiali e oggetti da osservare.
Il museo è un percorso storico che parte con la nascita e prosegue con lo sviluppo di
questo importantissimo corpo dedito alla sicurezza della popolazione e del territorio. E
questo percorso storico – dopo un assaggio lungo il viale d’ingresso dei mezzi di
intervento (elicottero, carri, autocisterne, ecc.) – comincia proprio con l’Antica Roma, con
un atrio stile “trompe-l'œil” che riproduce da un lato la facciata sul cortile dell’
excubitorium della VII coorte dei vigiles di Roma, (in via della VII coorte, a Trastevere, 8
metri al di sotto del piano stradale) e dall’altro lato l’incendio di Roma del 64 d.C.
La coorte X urbana e sullo sfondo la riproduzione dell’ excubitorium
La storia dei vigiles, le loro funzioni, le loro caratteristiche, i loro attrezzi e
strumenti da lavoro sono state egregiamente illustrate da Simone e da Giorgio, altro
rievocatore, entrambi molto preparati e divulgativi.
Molto apprezzata dal pubblico, a conclusione della didattica sull’antica Roma, la
dimostrazione di come gli Antichi Romani accendevano il fuoco con l’acciarino e la selce.
Alla nostra Coorte il compito invece di descrivere l’altra parte della ‘guarnigione di
Roma’, le coorti urbane e quelle pretorie.
Indubbiamente
ndubbiamente una buona occasione per la rievocazione storica per far conoscere al
pubblico soprattutto le coorti urbane e quelle dei vigili, molto poco conosciute anche
perché poco studiate a livello accademico, spesso a causa delle scarse fonti in merito.
(Ken Randall – riproduzione riservata)
Vigiles, urbaniciani, pretoriani e senatori
PROSSIMI EVENTI
MESE GIUGNO
È in cantiere un importante evento (Tarda antichità – medioevo) per la fine del mese, (27 o 28).
28) La manifestazione –
ancora sotto lavorazione – è un “multi
multi epoca”
epoca con la partecipazione di gruppi di rievocazione tardo-romana (legio II
Britannica),
), longobarda, vichinga e milizie medievali italiane. La località è in provincia di Rieti
MESE LUGLIO
In questo mese è in progettazione un evento volto a rievocare i 1700 anni dall’inaugurazione dell’Arco
Arco di Costantino.
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LA STORIA ATTRAVERSO LE ILLUSTRAZIONI DI RAFFAELE CARUSO
Un altro gradito omaggio di questo Artista rievocatore alla nostra legio
L'Ara Pacis viene presidiata da una delegazione della Legio Secunda britannica, Roma, IV sec d.C. -
The Ara Pacis is manned by soldiers of the Legio Secunda British, Rome, fourth century AD
NUMERI PUBBLICATI
1.Soldati di roma
2.V secolo. il proto medioevo
5. Le coorti urbane
6. La Lancia del Destino
3.Orazio Coclite
7. Burgh Castle
4. Il dominio di Soissons
8. Il periodo Romuleo
PROSSIMO NUMERO:
L’ARCO RACCONTA …. LA CAMPAGNA D’ITALIA