Not. Federico Tassinari

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Le “nuove
compravendite”: dal
rent to buy al buy to
rent
Notaio Federico TASSINARI
FEDERICO TASSINARI
Le “nuove compravendite” :
DAL RENT TO BUY AL BUY TO RENT:
1. Gli interessi in gioco.
1.1. La crisi dell’edilizia.
Come purtroppo è ben noto, stiamo vivendo, un po’ in tutta Europa, in un momento
di grave crisi economica, particolarmente accentuata nel campo dell’edilizia, dal
momento che tale settore rappresenta, in un certo senso, da un lato una delle cause
primarie della crisi in atto, dall’altro lato l’epicentro, se così si può dire, di un diverso
modo di fare banca e di erogare il credito; per tali ragioni strettamente economiche,
vendere un immobile, sia per le imprese costruttrici sia per i privati, comporta oggi
difficoltà notevolmente maggiori di quelle che si potevano incontrare fino a pochi
anni fa.
I dati statistici parlano di una lenta ma inesorabile discesa dei prezzi, di una
significativa dilatazione dei tempi medi necessari per perfezionare un impegno
vincolante di vendita, di una rilevante riduzione del numero annuo delle vendite e
dei finanziamenti ipotecari.
I dati che possono ricavarsi dall’esperienza professionale consentono di mettere
altresì in evidenza come la sfiducia nelle possibilità di un rapido superamento della
crisi da parte del sistema abbia allontanato la potenziale clientela non solo
dall’affare, ma anche dalla ricerca stessa dell’affare.
1.2. La necessità di individuare nuovi strumenti negoziali per l’attuale fase di
crisi.
In assenza di incentivi pubblicistici, soprattutto in termini di minore tassazione del
settore, e nell’impossibilità di prevedere nel breve termine una revisione dei
parametri di vigilanza bancari in tema di finanziamenti immobiliari, come possono
gli operatori del settore limitare i danni, ovvero promuovere forme di affari adatte
ad una platea di compratori senza risorse economiche adeguate al fine non solo di
pagare l’intero prezzo, ma anche di pagare acconti significativi?
Come possono tali operatori, più precisamente, individuare nuovi strumenti
contrattuali idonei a rimettere in pista il maggior numero possibile di potenziali
acquirenti, consentendo il trasferimento di una proprietà immobiliare, in via
immediata o differita, in favore di chi oggi non può né pagare significativi acconti, né
accedere ad un finanziamento bancario, essendo disposto soltanto a pagare un
canone o, al massimo, un “supercanone” periodico (normalmente mensile) di
locazione?
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Come si può, ancora, ridare al compratore una speranza, facendo sì che lo stesso
accetti un impegno di pagamento periodico che va oltre, normalmente, il normale
canone di locazione relativo al bene di cui trattasi e che finisce con l’esporre esso
compratore, quale debitore, a tutte le conseguenze di un inadempimento
contrattuale?
Come si può, infine, convincere un potenziale venditore - si tratti di un privato
oppure di un’impresa - a scegliere di impegnarsi in un contratto attraverso il quale,
se tale è l’accordo tra le parti, egli perde immediatamente non solo la detenzione ed
il possesso, ma anche la proprietà del bene senza avere una ragionevole possibilità
di contare sull’adempimento da parte del compratore obbligato al pagamento a
rate, destinate a scadere magari a parecchi anni di distanza, dell’intero prezzo
pattuito?
L’obiettivo delle presenti note consiste - sulla scia di una serie di interventi dottrinali
e della stessa prassi sia professionale sia dell’Amministrazione finanziaria apparsi
negli ultimi due o tre anni - nel cercare di dare una risposta non solo ai singoli
interrogativi sopra posti singolarmente presi, ma anche all’insieme di tali
interrogativi unitariamente considerati, nella consapevolezza che il successo di una
nuova formula negoziale presuppone che la stessa sia in grado di bilanciare i rischi
che ciascuna delle parti si assume e, così facendo, di garantire un equilibrio tra le
posizioni delle due parti medesime.
1.3. Alcuni casi pratici per testare le esigenze in gioco.
Per dare maggiore concretezza alla trattazione che segue, si ipotizzeranno quindi
due casi pratici (rispondenti, si ritiene, a situazioni piuttosto diffuse):
I/Tizio e Caia, quarantenni con due figli da poco nati, intendono vendere
l’appartamento di cui sono attualmente proprietari, gravato da un residuo mutuo di
importo modesto, ed acquistare un nuovo appartamento più grande accollandosi il
mutuo contratto dal venditore e saldando con i propri risparmi il residuo prezzo,
ritenendo, pure di potere vendere il vecchio appartamento, di accettare, finché il
compratore non potrà accedere ad un finanziamento bancario o ad altra fonte di
reddito, un pagamento mensile massimo di euro 1500;
II/l’impresa Alfa srl, proprietaria di numerosi appartamenti di nuova costruzione
invenduti e gravati da ipoteca iscritta a garanzia di un mutuo bancario ancora non
frazionato, intende, nell’impossibilità di incassare l’intero prezzo attraverso una
classica vendita, almeno mettere a reddito l’immobile attraverso un contratto che
dia alla stessa la possibilità di contribuire al pagamento delle rate periodiche del
mutuo stesso, cercando, in più, di ampliare la platea dei potenziali acquirenti
dichiarandosi disposta ad accettare in permuta l’appartamento eventualmente già
di proprietà del compratore stesso, a scomputo di parte significativa del prezzo da
questi dovuto.
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2. I contratti di locazione destinati a dare luogo ad una successiva vendita (c.d.
contratti rent to buy).
2.1. La locazione con opzione di acquisto e la locazione con preliminare di
acquisto.
L’opzione di base che il legislatore ha messo a disposizione dell’autonomia privata
per realizzare gli interessi sopra menzionati è costituita da un contratto di locazione
regolato dalle norme applicabili a tale contratto (artt. 1571 ss. c.c.; per le locazioni
abitative oggetto delle presenti note l. 9 dicembre 1998, n. 431) sul quale si innesta,
secondo una delle modalità che saranno di seguito accennate, un contratto di
vendita, idoneo a computare in conto e diminuzione del prezzo dovuto al momento
della stipulazione di tale secondo contratto, in tutto o in parte, i canoni di locazione
precedentemente pagati.
La combinazione di tali due contratti può avvenire secondo due distinte modalità di
base: da un lato, attraverso lo schema della locazione con opzione di futuro
acquisto, le parti possono scegliere di rimettere la volontà di comprare ad una
successiva libera decisione del conduttore, che dovrà decidere di avvalersene o
meno in un arco temporale e secondo modalità stabilite dalla stessa autonomia
privata fin dal momento della conclusione del contratto di locazione, in cui l’opzione
è concessa dal locatore aspirante venditore a beneficio del conduttore aspirante
compratore secondo le prescrizioni di cui all’art. 1331 c.c., che richiedono che
l’opzione di acquisto, stante la proposta contrattuale irrevocabile che contiene, già
indichi tutti gli elementi della vendita che verrà conclusa ove il conduttore
destinatario della proposta di vendita proceda ad accettazione di tale proposta nei
tempi e secondo le modalità indicate; dall’altro lato, attraverso la locazione con
preliminare di futuro acquisto, le parti possono scegliere di obbligarsi entrambe a
procedere alla futura operazione di scambio della proprietà contro un prezzo, già
individuando nel contratto preliminare di vendita collegato alla locazione tutti gli
elementi della futura vendita e, nel contempo, rimettendo alla futura stipulazione
del contratto definitivo la facoltà, se vi sarà accordo tra le parti sul punto, di
modificare e comunque rinegoziare determinati aspetti del regolamento
contrattuale, anche in considerazione dell’emersione di eventuali sopravvenienze e,
comunque, delle diverse esigenze nel frattempo verificatesi.
Nel caso della locazione con opzione di acquisto, il conduttore che decide di divenire
acquirente esercitando l’opzione non dovrà fare ricorso ad alcuna sentenza
costitutiva o di accertamento dell’avvenuta conclusione di tale contratto, dal
momento che, in primo luogo, gli effetti della vendita decorreranno in ogni caso
dalla ricezione da parte del locatore aspirante venditore della accettazione formale
della proposta irrevocabile contenuta nell’opzione, secondo il meccanismo generale
di formazione del contratto a distanza di cui agli artt. 1326 ss. c.c., e, in secondo
luogo, non occorrerà alcuna ulteriore collaborazione da parte del medesimo
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locatore aspirante venditore neppure ai fini della esecuzione della trascrizione
conseguente all’accettazione dell’opzione di acquisto ove, come chi scrive ritiene di
dovere consigliare, il contratto di locazione contenente l’originaria opzione di
acquisto sia stato a suo tempo stipulato in forma pubblica o privata autenticata, al
pari di quanto avverrà per l’atto di formale accettazione della proposta di acquisto, e
cioè nel rispetto delle modalità richieste dall’art. 2657 c.c. ai fini della trascrizione
degli atti (anche a distanza, ove la ricezione dell’accettazione da parte del
proponente consti da formale relazione di notifica) nei registri immobiliari.
Nel caso invece della locazione con preliminare di acquisto, le parti dovranno in ogni
caso procedere alla stipulazione di un contratto definitivo di vendita esecutivo del
preliminare, sotto pena, in mancanza della disponibilità di una di esse a procedere
spontaneamente a tale stipulazione, dell’esperibilità da parte dell’altro contraente
di un’azione di esecuzione in forma specifica del preliminare stesso ex art. 2932 c.c.;
con la conseguenza che, in tale caso, dal momento che la trascrizione del successivo
contratto di vendita richiederà in ogni caso un autonomo atto notarile, in forma
pubblica o privata autenticata, la stipulazione dell’iniziale contratto di locazione con
preliminare di vendita potrà avvenire, come da prassi, in forma di semplice scrittura
privata da sottoporre a registrazione.
Giova sottolineare, a proposito di tale specifico schema negoziale, che non vi sono
problemi ad ipotizzare, per adattare l’operazione alle esigenze della pratica, un
preliminare di locazione con preliminare di vendita, in considerazione del fatto che il
preliminare di cui si tratta sarebbe costituito da un preliminare appunto di
locazione, dovendo il preliminare di futura vendita intendersi come mera clausola
del contratto definitivo di locazione, la cui previsione nel contratto preliminare di
locazione non si pone in alcun modo in contrasto con il comunemente ritenuto
divieto di stipulare contratti preliminari di altri preliminari, il cui ambito applicativo
coincide con l’esistenza, nel caso di specie insussistente, di più preliminari relativi al
medesimo tipo contrattuale.
2.2. Il “dilemma” dell’imputazione del pagamento pecuniario a titolo di canone
di locazione o a titolo di prezzo di vendita.
In entrambi i casi, si pone poi il problema di stabilire in forza di quale meccanismo
giuridico sia possibile, se tale sarà - come normalmente avviene - la volontà delle
parti, imputare in conto e diminuzione del prezzo della successiva vendita i canoni
inizialmente pagati a titolo di locazione.
Invero, se, in entrambi i casi considerati, si ha una sequenza costituita da un
precedente contratto di locazione e da un successivo contratto di vendita, e cioè da
due autonomi tipi contrattuali, ciascuno dei quali costituisce dal punto di vista
giuridico un distinto titolo per l’esecuzione di un pagamento pecuniario, sembra che
non vi sia alcuna possibilità di imputare in conto vendita quei pagamenti già eseguiti
in conto locazione, a meno di volere ipotizzare un effetto novativo oggettivo ex artt.
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1230 ss. c.c. relativamente ad un’obbligazione di pagamento del canone di locazione
in ipotesi ancora in fase di esecuzione, con la conseguenza, tuttavia, che, ove tale
fosse la configurazione data dalle parti, si creerebbe un effetto retroattivo (al
momento della stipulazione della locazione stessa) dell’intera vendita, destinato a
complicare in maniera non trascurabile l’esecuzione della vicenda (individuazione,
nella fase intercorrente tra locazione e vendita, per esempio, del titolo del
godimento da parte del finale acquirente in termini di detenzione o di possesso,
stanti le diverse norme anche processuali applicabili nei due casi, oppure del
termine per l’esercizio di azioni per vizi ed evizione da parte del compratore finale
nei confronti del venditore, ecc.).
Meglio è allora, ove la volontà delle parti sia quella di imputare in conto e
diminuzione del prezzo di vendita (rispetto al valore del bene convenuto tra le parti)
anche la totalità o una parte dei canoni effettivamente pagati, chiarire che ci si trova
di fronte ad una valutazione di ordine esclusivamente economico e non anche
giuridico, in forza della quale ciò che è stato pagato prima della perfezione della
vendita (definitiva) resta pagato a titolo di locazione, mentre ciò che viene pagato
dopo la perfezione della vendita (definitiva) resta pagato a titolo di prezzo della
vendita, anche se si tratta di una cifra inferiore, alla luce del valore che entrambe le
parti hanno in ipotesi convenuto di attribuire al bene, a quella che sarebbe stata
pagata ove non vi fosse stata la precedente locazione.
Naturalmente, la fattispecie tollera la possibilità che la chiara distinzione testé
esposta sia arricchita da acconti di prezzo o anche caparre confirmatorie pagati
prima della perfezione della vendita (definitiva), da tenersi distinti dai canoni di
locazione comunque pattuiti, in quanto, a differenza di questi ultimi canoni, sono
destinati a confluire nel prezzo complessivo della vendita.
2.3. La disciplina fiscale ai fini delle imposte dirette, dell’IVA e dell’imposta di
registro.
Dal punto di vita fiscale, l’applicabilità alla vendita della regola del c.d. prezzo valore (art. 1 comma 497 l. 266/2005), ovvero della regola che fissa la base
imponibile in relazione al valore catastale rivalutato del bene indipendentemente
dal prezzo convenuto, renderà (normalmente, visti gli attuali valori catastali ancora
notevolmente inferiori ai prezzi di vendita praticati) irrilevante, ai fini di eventuali
accertamenti di maggiore valore, la scelta da ultimo consigliata, ferma comunque la
necessità che tale scelta sia trasparentemente menzionata nell’atto.
Diversamente accadrà, invece, nelle ipotesi in cui la regola prezzo - valore non trovi
applicazione, occorrendo al riguardo distinguere a seconda che il locatore venditore sia imprenditore oppure privato.
Ove tale soggetto sia un imprenditore, ed ove la vendita (definitiva) sia assoggettata
ad IVA per legge o per opzione, al pari, come normalmente avviene, della locazione
che la precede, si pone infatti il problema di stabilire se l’Amministrazione
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finanziaria accetterà che la determinazione del prezzo definitivo di vendita avvenga
al netto dell’importo dei canoni pagati precedentemente a titolo di locazione, anche
se il prezzo stesso, così operando, risulterà inferiore al valore di mercato del bene al
momento di perfezionamento della vendita; fortunatamente, l’Agenzia delle
Entrate, nella recente Consulenza giuridica n. 954 – 63/2013, emessa in data 13
febbraio 2014, si è espressa in senso positivo con riguardo al dubbio da ultimo
accennato, anche alla luce del nuovo contesto di diritto europeo che impedisce alla
legge fiscale nazionale di prevedere la possibilità di accertare maggiori valori
imponibili IVA in assenza di un effettivo pagamento.
Ove invece tale soggetto sia un privato, e l’intera operazione, sia nella sua
componente della locazione sia nella sua componente della vendita, sia soggetta ad
imposta di registro, la formulazione delle norme vigenti, in assenza di regole
europee di armonizzazione, non consente di evitare quel rischio di accertamento di
maggior valore ai fini della vendita, rispetto al prezzo comunque stabilito al netto
dei canoni già pagati a titolo di locazione, previsto dagli artt. 51 comma 1 e comma 3
e 52 comma 1 del TU 131/1986, secondo cui è in facoltà dell’amministrazione
finanziaria, salve le ipotesi di cui al successivo art. 52 commi 4 e 5 del TU 131/1986,
assoggettare ad imposta il maggior valore del bene immobile trasferito a
prescindere dall’entità del corrispettivo pattuito.
Con la conseguenza, che l’impiego dello schema negoziale ora al vaglio, consistente
nella combinazione di una locazione con una successiva vendita, risulta penalizzante
nei casi in cui quest’ultimo contratto è assoggettato ad imposta di registro anziché
ad IVA.
2.4. Una terza opzione di rent to buy: la locazione con clausola di trasferimento
della proprietà per effetto del saldo dei canoni pattuiti.
Tornando ai profili civilistici dell’operazione, si deve tenere conto che, stando alla
formulazione della legge, accanto ai due istituti finora considerati, esiste, per
espressa previsione contenuta nel codice civile (art. 1526 comma 3 c.c.), oltre che
nella legislazione fiscale [art. 2 comma 2 lett. b) dpr 633/1972 in tema di IVA ed art.
109 comma 2 d.lgs. 917/1986 in tema di imposte dirette], un terzo istituto idoneo a
realizzare quel complesso accordo tra le parti comunemente sintetizzato con
l’espressione rent to buy, rappresentato, secondo la definizione data dal legislatore
tributario, dalla c.d. “locazione con clausola di trasferimento della proprietà
vincolante per ambedue le parti”, o, secondo la definizione, più articolata, data dal
codice civile, dal c.d. contratto di locazione in cui “sia convenuto che, al termine di
esso, la proprietà della cosa sia acquisita al conduttore per effetto del pagamento
dei canoni pattuiti”.
Il meccanismo giuridico delineato dal legislatore appare di non facile lettura.
Il fatto che l’acquisto della proprietà da parte del conduttore compratore avvenga in
via automatica per effetto del pagamento dell’ultimo canone induce, innanzitutto, a
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distinguere chiaramente tale fattispecie dalle due precedentemente esaminate, che,
come si è visto, richiedono entrambe, seppure in maniera tra loro diversa, una
successiva manifestazione di volontà da parte di una o di entrambe le parti.
Nel contempo, il fatto che il legislatore regoli la fattispecie ora al vaglio nell’ambito
di quelle norme (artt. 1523 ss. c.c.) che sono dedicate alla vendita con riserva della
proprietà, induce a preferire, ad avviso di chi scrive, la conclusione secondo cui si
tratta altresì di un istituto diverso da quest’ultimo contratto traslativo ad effetti
differiti, dal momento che, se si trattasse del medesimo contratto, non avrebbe
alcun senso estendere l’applicazione di una norma che sarebbe di per sé già
applicabile.
Né, in senso contrario, potrebbe ipotizzarsi che l’art. 1526 comma 3 c.c. debba
leggersi alla stregua di una norma meramente interpretativa, idonea cioè a stabilire
per legge che ogni contratto definito dalle parti come locazione in cui sia prevista
una clausola, vincolante per entrambe le parti, idonea a determinare il
trasferimento della proprietà dal locatore al conduttore in via automatica in
conseguenza del pagamento dell’ultimo canone di locazione debba essere
necessariamente qualificato come vendita con riserva della proprietà, mediante
applicazione di tutte le norme dettate per quest’ultimo istituto.
Infatti, quest’ultima conclusione - che si risolverebbe in una fattispecie di
riqualificazione legislativa della volontà espressa dalle parti - si esporrebbe, sempre
ad avviso di chi scrive, ad almeno tre obiezioni: (i) la qualificazione degli istituti
giuridici è materia di competenza dell’interprete, per la quale il legislatore non può
intervenire; (ii) la riqualificazione in oggetto dovrebbe comunque fondarsi sulle
norme generali in tema di interpretazione del contratto di cui agli artt. 1362 ss. c.c.,
senza alcuna possibilità di una norma ad hoc che potrebbe porsi con quelle in
contrasto; (iii) la prescrizione di cui all’art. 1526 comma 3 c.c. non estende alla
fattispecie in oggetto tutte le norme in materia di vendita con riserva della
proprietà, ma soltanto la norma specifica di cui al precedente art. 1526 comma 2
c.c., con la conseguenza che, dal momento che l’inclusione di una norma espressa
vale ad escludere tacitamente ogni applicazione diretta delle altre, i due istituti
restano regolati da norme tra loro diverse.
Se si condividono le considerazioni da ultimo svolte, il compito dell’interprete
diviene quello di individuare la differenza tra i tre istituti riconducibili alla unitaria
definizione economica di rent to buy, solo parzialmente sovrapposti dal legislatore
civile.
A tale riguardo, si può ipotizzare che il legislatore abbia ritenuto legittima una
duplice forma di espressione da parte dell’autonomia privata relativamente a quelle
fattispecie contraddistinte dal fatto di determinare uno iato tra il precedente
momento locativo ed il successivo momento traslativo, da un lato consentendo
all’autonomia privata, secondo le regole generali, di esprimersi liberamente
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individuando una sequenza di autonomi contratti, l’uno di locazione ed il successivo
di vendita, in vario modo tra loro collegati, dall’altro lato, grazie appunto alla
previsione di cui all’art. 1526 comma 3 c.c., consentendo di addivenire alla sequenza
in oggetto tramite la stipulazione di un contratto unitario, qualificabile quale
locazione con effetto novativo dell’obbligazione di pagamento del canone, che
costituisce il corrispettivo del godimento del bene, per effetto del suo esatto e finale
adempimento, a titolo di prezzo di una vendita, con la conseguenza di fare sì che la
vicenda novativa ex artt. 1230 ss. c.c. relativa a tale obbligazione determini, dal
momento stesso in cui l’effetto si produce, una nuova qualificazione dell’intero
contratto desinata a sostituire la precedente.
In altre parole, mentre nella locazione con opzione di acquisto e nella locazione con
preliminare di vendita l’interprete non può fare altro che individuare due contratti
autonomi, destinati ad operare in sequenza e tra loro collegati, nella locazione con
clausola di trasferimento della proprietà vincolante per entrambe le parti il
rinvenimento di una duplicità di contratti collegati non appare né necessario, né
opportuno.
Attraverso la previsione di cui all’art. 1526 comma 3 c.c., il legislatore sembra
ammettere un ambito di applicazione all’istituto novativo tale da riconoscere che la
novazione oggettiva di un rapporto obbligatorio possa determinare, dal momento in
cui l’effetto si produce, una riqualificazione dell’intero contratto, a quel punto da
ricondurre ad un tipo diverso rispetto a quello che costituisce la fonte
dell’obbligazione novata.
La portata dell’art. 1526 comma 3 c.c., dunque, deve essere ricondotta non ad una
previsione eccezionale, bensì ad una indicazione a sua volta di sistema, idonea a
scongiurare interpretazioni restrittive dell’istituto delle novazione oggettiva, quale
istituto riferibile all’obbligazione e non al contratto.
La stessa norma, per converso, non impone all’interprete di dipanare la sequenza
ricorrendo alla finzione dell’esistenza di due contratti, il primo di locazione
sottoposto alla condizione risolutiva del pagamento integrale del canone, ed il
secondo di vendita sottoposto alla condizione sospensiva del medesimo integrale
pagamento del canone.
Infatti, mentre la lettura dell’istituto quale incastro di due contratti condizionati
comunque distinti lascerebbe aperta ogni possibile sovrapposizione di disciplina (la
condizione è retroattiva o meno? che cosa accade per i diritti fatti valere
giudizialmente prima dell’avveramento della condizione risolutiva dell’integrale
pagamento del canone? ecc.), la lettura dell’istituto in termini unitari, grazie al
ricorso all’istituto della novazione oggettiva come sopra interpretato, consente
all’interprete di fare chiarezza, escludendo ogni retroattività ed ogni azionabilità di
pretese fondate sulle norme in tema di vendita prima che si sia verificato l’effetto
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novativo ed ogni pretesa fondata sulle norme in tema di locazione una volta che tale
effetto si sia invece verificato.
2.5. Il trattamento fiscale penalizzante di tale terza opzione di rent to buy.
Anche nel caso di tale istituto, l’operatore, per verificare la concreta spendibilità
della soluzione messa a disposizione dalla legge, non può fare a meno di allargare lo
sguardo alla disciplina fiscale, dovendo purtroppo constatare che, sia ai fini IVA, sia
ai fini delle imposte dirette (IRPEF ed IRES), sia, con ogni probabilità (seppure con un
margine di dubbio stante la più restrittiva formulazione dell’art. 27 comma 3 TU
131/1986 rispetto alle norme sopra richiamate in tema di IVA e di imposte dirette),
ai fini dell’imposta di registro, questa considera lo specifico istituto come del tutto
identico, per l’anticipazione del presupposto impositivo che nel consegue
inderogabilmente, alla vendita con riserva della proprietà, determinando
conseguentemente una penalizzazione che ne limita l’impiego a quelle specifiche
ipotesi in cui l’interesse al differimento del momento impositivo ai fini delle diverse
imposte sopra considerate cede il passo all’interesse civilistico di potere applicare secondo la lettura sistematica dell’istituto che chi scrive ha sopra ritenuto di dovere
esporre - le norme in tema di locazione in luogo di quelle in tema di vendita fino al
momento del pagamento del saldo prezzo.
2.6. Valutazione sistematica dei tre istituti in relazione allo specifico interesse di
ciascuna delle parti.
Dunque, se così stanno le cose, si può concludere, fatte le necessarie precisazioni
fiscali, che, in tema di contratti c.d. rent to buy, l’autonomia privata dispone di tre
distinti istituti tra loro in concorrenza, tutti sufficientemente dotati di un adeguato
grado di certezza in merito alle norme di volta in volta applicabili.
I tre istituti dovranno essere posti in una ideale scala, che parte dall’istituto
teoricamente più favorevole al conduttore compratore (la locazione con opzione di
acquisto, in cui ciò che è in più rispetto alla disciplina della locazione è interamente
rimesso alla volontà del conduttore stesso, rispetto alla quale il locatore si trova in
uno stato di mera soggezione, dal momento che la medesima entrata in gioco delle
norme di tema di vendita - a seguito del tempestivo e corretto esercizio dell’opzione
- è rimesso alla volontà eventuale ed esclusiva del conduttore stesso), passando
attraverso un istituto intermedio (la locazione con clausola di trasferimento della
proprietà vincolante per entrambe le parti, in cui il passaggio dal regime dalla
locazione a quello della vendita è sempre nelle mani del conduttore, ma non più
attraverso un diritto potestativo da esercitare con specifica volontà negoziale, ma
solo attraverso il pagamento integrale del canone pattuito, così creando in capo al
conduttore stesso quella pressione derivante dalla necessità, propria dell’istituto, di
dover scegliere tra assumere la veste di compratore o rendersi inadempiente
rispetto al contratto di locazione), arrivando infine all’istituto teoricamente più
favorevole al locatore (la locazione con preliminare di vendita, in cui il locatore può
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confidare, al pari del conduttore, sul fatto che la disciplina della vendita entrerà in
gioco nel momento previsto, ma solo a seguito di una ulteriore manifestazione di
volontà in grado di governare ogni sopravvenienza - si pensi alla sopravvenuta
insolvenza nel frattempo del conduttore stesso - che possa nel frattempo
verificarsi).
La considerazione da ultimo svolta richiede infine tre puntualizzazioni:
a) la scelta tra i tre istituti deriva in ogni caso dalla libera contrattazioni tra le
parti, non potendosi escludere, per esempio, che un locatore venditore più
forte (e cioè il cui bisogno di vendere sia più elevato del bisogno del
compratore di acquistare) accetti la prima soluzione a fronte della previsione
di un prezzo più elevato o, come più facilmente potrà verificarsi, di un canone
più elevato, e quindi di una durata della locazione inferiore;
b) il secondo istituto, ove interpretato nel senso sopra proposto, appare, tra i
tre, l’istituto alla fine più efficace a livello operativo, essendo l’unico in grado
di evitare ogni possibile sovrapposizione cronologica tra applicazione di
norme del contratto di locazione e applicazione di norme del contratto di
vendita;
c) la combinazione tra locazione ed opzione di vendita può arricchirsi di diverse
modalità operative, a seconda che tale opzione sia rimessa ad una
dichiarazione unilaterale del conduttore riferita direttamente al contratto
definitivo di vendita oppure al contratto preliminare di vendita, valendo
questa ultima modalità a rendere ancora più forte a livello giuridico la
posizione del locatore, dal momento che il trasferimento della proprietà non
potrà prescindere dalla successiva manifestazione di volontà del medesimo di
stipulare il contratto definitivo rinveniente dal preliminare perfezionatosi per
effetto dell’esercizio dell’opzione (salvo rimedio giudiziale ex art. 2932 c.c.).
3. Le ragioni della scelta in favore di un contratto con trasferimento immediato
della proprietà in luogo di un contratto con trasferimento differito (dal
contratto rent to buy al contratto buy to rent).
3.1. Inidoneità degli istituti rent to buy in presenza di un interesse alla vendita
immediata.
Appare a questo punto opportuno ritornare ai due esempi considerati alla fine del
primo paragrafo, al fine di sottolineare come la pratica degli affari conosca alcune
situazioni in cui l’interesse dell’aspirante venditore è quello di privarsi
immediatamente della proprietà del bene, senza attendere le successive vicende di
un contratto di vendita autonomo rispetto all’iniziale contratto di locazione.
Nel primo degli esempi fatti, le due persone fisiche che desiderano cambiare casa,
per acquistare un appartamento idoneo alle esigenze della loro famiglia divenuta
più numerosa, si trovano nella condizione - avendo, in ipotesi, individuato il nuovo
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appartamento da acquistare, e, dopo avere rifiutato l’accollo del debito in essere in
capo al venditore del nuovo appartamento, trovato un accordo con il proprietario e
ottenuto la deliberazione di concessione di adeguato finanziamento alla condizione
che venga meno ogni loro esposizione nei confronti della banca creditrice ipotecaria
sull’appartamento di cui sono attualmente proprietari - di dovere alienare
quest’ultimo prima di potere realizzare il proprio nuovo progetto abitativo.
Per tali persone fisiche, lo schema rent to buy è del tutto inidoneo, perché il
differimento del trasferimento della proprietà dell’appartamento di cui sono
attualmente proprietari significa inevitabilmente, altresì, il rinvio del proprio
progetto abitativo e di vita.
Ne consegue che, per essi, la scelta è tra una vendita tradizionale, con prezzo
presumibilmente molto più basso delle aspettative, ed un nuovo schema che si
potrebbe definire buy to rent, valorizzando il fatto che, ciò che a livello giuridico è
una semplice vendita, a livello economico è un contratto il cui corrispettivo, per un
certo periodo di tempo, eventualmente anche lungo, coincide con un canone, o
“supercanone”, di locazione.
Infatti, chi oggi è disposto a comprare un immobile pagando immediatamente
l’intero prezzo, con o senza l’erogazione di un contestuale mutuo ipotecario, sa di
essere il contraente forte e, per tale ragione, se non ha un particolare interesse
all’immobile di cui si tratta, chiede normalmente un forte sconto sul prezzo
richiesto, convinto che valga la pena di chiudere l’affare solo se si tratta di
un’occasione, anche in considerazione del prevedibile ulteriore ribasso che i prezzi
degli immobili abitativi italiani subiranno, secondo le previsioni degli economisti (in
uno scenario deflattivo o, comunque, di bassissima inflazione), nei prossimi due - tre
anni.
Correlativamente, chi desidera vendere in tempi rapidi si trova nella condizione
psicologica di dovere scegliere tra un forte ribasso del prezzo richiesto o la rinuncia
all’affare.
Per rompere quest’ultima impasse, il potenziale venditore, per bilanciare lo
svantaggio derivante dal proprio bisogno di vendere rapidamente, deve trovare un
compratore che ha a sua volta un impellente bisogno abitativo, senza tuttavia
disporre né della liquidità necessaria per concludere l’affare senza interventi
bancari, né delle condizioni per potere essere immediatamente finanziato per
l’importo a lui occorrente da parte di una banca; questo potenziale compratore deve
essere scoperto e convinto che è possibile, di fronte ad un venditore che ha bisogno
di vendere in tempi rapidi, acquistare con adeguata sicurezza giuridica tramite
versamenti periodici corrispondenti ad un ordinario canone di locazione, o
comunque a poco di più di ciò.
Fare incontrare l’offerta e la domanda da ultimo evidenziate è operazione difficile,
ma non impossibile, a condizione che vi sia la massima chiarezza di idee sugli istituti
11
giuridici e i modelli contrattuali da applicare a tale specifica vicenda, oltre che sul
trattamento fiscale a ciascuno applicabile.
3.2. Nozione economica di buy to rent e suo potenziale ambito applicativo.
Con l’espressione buy to rent si intende, dunque, indicare ogni schema giuridico che
- pure essendo fondato su una realtà economica sottostante di tipo locativo, perché,
come già detto, l’aspirante acquirente, pure intenzionato ad acquisire nel lungo
termine il bene, ha nella prima fase di esecuzione del contratto una disponibilità di
denaro sufficiente soltanto per pagare un importo mensile eguale o di poco
superiore a quello del mercato locatizio - si identifica dal punto di vista formale con
la stipulazione, con le opportune garanzie, di un unico contratto di vendita a prezzo
differito da pagarsi a rate normalmente costanti.
Nell’esempio ora al vaglio, Tizio e Caia, in ipotesi, non sono in grado di alienare il
proprio bene attraverso una vendita a cui fa seguito l’immediato integrale
pagamento del prezzo se non qualora gli stessi accettino di rinunciare ad una
consistente percentuale del prezzo che confidavano di ricavare.
Gli stessi, laddove, nella loro autonomia decisionale, decidano di non piegarsi a
quest’ultima soluzione, si trovano allora costretti a rinunciare all’intera operazione,
o comunque a rinviarla, oppure, come unica alternativa, a percorrere la strada,
definita appunto buy to rent (nell’ottica del compratore), dell’immediata alienazione
del bene attuale e dell’incasso differito, normalmente a scadenze mensili, della
quasi totalità del relativo prezzo.
In quest’ultimo caso il compratore, per il credito che riceve, è normalmente disposto
ad acquistare a condizioni più vicine al prezzo richiesto dai venditori.
Chi intende acquistare l’attuale bene di Tizio e Caia dovrà comunque disporre della
liquidità necessaria per pagare immediatamente la parte di prezzo necessaria per
estinguere il residuo mutuo ipotecario in essere (il cui ammontare si ipotizza essere
modesto), ma, una volta verificatosi tale presupposto, si trova in una condizione nel
contempo di vantaggio, dal momento che, a fronte del peso economico di un
canone di locazione, o poco di più, acquista da subito la proprietà del bene e la
relativa sicurezza, e di rischio, dal momento che si espone, in caso di
inadempimento dell’obbligazione del pagamento del prezzo, a subire conseguenze
economiche più pesanti rispetto a quelle di una normale locazione e, anche, di uno
schema negoziale rent to buy del tipo della locazione con opzione di acquisto.
Il punto di incontro tra le esigenze di Tizio e Caia, da una parte, e di questo
potenziale compratore a credito, dall’altra, può essere il più vario, essendo in gioco,
sul piano del regolamento contrattuale, il prezzo complessivo pattuito, l’ammontare
delle rate mensili e quindi la durata del pagamento stesso, il tipo di schema giuridico
tra quelli che verranno individuati nel prossimo paragrafo, ecc., e, sul piano delle
prospettive personali e macroeconomiche, l’evoluzione futura del merito creditizio
del compratore (che, realisticamente, spera di potere ricevere un finanziamento
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bancario in un periodo di tempo contenuto a seguito del superamento dell’attuale
credit crunch o, in alternativa - e più realisticamente - del consolidarsi della propria
posizione lavorativa e reddituale oggi precaria), l’evoluzione dell’approccio bancario
verso i mutui per l’acquisto della casa, l’evoluzione dei prezzi di mercato di tali beni,
ecc.
Se l’incontro delle volontà, e quindi la chiusura dell’operazione buy to rent, è, in tale
esempio, tutt’altro che scontata, non vi dovrebbe essere dubbio che la possibilità
stessa di ricorrere a siffatto schema aumenta di molto le possibilità di chiudere un
affare che, in assenza di tali schemi negoziali, difficilmente potrebbe dare luogo
all’incontro tra domanda e offerta (non solo del prezzo di acquisto, ma anche del
connesso e necessario, in caso di saldo immediato del prezzo, mutuo ipotecario).
Anche nel secondo degli esempi fatti il ricorso ad una schema giuridico buy to rent
appare, nella sostanza, il mezzo decisamente più utile per aumentare le possibilità di
chiudere l’affare.
L’impresa Alfa srl, in tale esempio, si trova, dal punto di vista del proprio rapporto
con i potenziali acquirenti, nella stessa posizione di Tizio e Caia, dal momento che, in
entrambi i casi, il prezzo richiesto non incontra più le offerte di mercato.
Normalmente, la posizione dell’impresa è ancora più delicata rispetto a quella delle
persone fisiche, dal momento che, da un lato, essa sostiene il peso di un mutuo
ipotecario a cui non corrisponde da parte sua alcuna forma di godimento o di utilità
immediata, da un altro lato, corre il rischio di una diminuzione del valore del bene
legato al mancato uso che le persone fisiche invece non corrono, da un altro lato
ancora, si espone - trattandosi di immobile di nuova costruzione o ristrutturato - al
rischio, in caso di rinvio dell’alienazione definitiva oltre i cinque anni dalla fine dei
lavori, di essere costretta dal compratore a vendere in regime di esenzione IVA, con i
costi che ne derivano.
Per Alfa srl, come per Tizio e per Caia, lo schema rent to buy non è, in definitiva, una
strada effettivamente percorribile su larga scala.
Per essa, il ricorso ad uno schema buy to rent costituirà il più delle volte, nei fatti,
l’unica opzione percorribile, dal momento che, se per la persona fisica la vendita a
prezzo più basso è sempre un’opzione teoricamente possibile, per l’impresa tale
opzione può essere essa stessa la causa di una situazione di dissesto o persino di
insolvenza, con la conseguenza che, salvo un nuovo apporto di capitale da parte dei
soci a copertura delle perdite generate dalla vendita a costo non sostenibile, non vi
sono soluzioni alternative.
Nel caso dell’esempio al vaglio, tuttavia, il ricorso ad uno schema buy to rent
richiede il superamento di un ultimo ostacolo, dato dall’esigenza del compratore di
alienare precedentemente il proprio bene, dal momento che il delta di costo che si
può ipotizzare tra un acquisto come prima casa o come seconda casa rappresenta,
per il compratore potenziale, un ostacolo a sua volta spesso insormontabile.
13
Ne deriva che Alfa srl dovrà farsi carico lei stessa dell’esigenza di alienazione del
proprio compratore, pure tenendo presente che ogni tentativo di fare pesare in
termini economici il servizio reso si scontrerà, nei fatti, stante il collegamento
funzionale che verrà ad instaurarsi tra le due operazioni, con la richiesta del
compratore di rivedere al ribasso anche il prezzo di acquisto del bene di proprietà di
Alfa.
Nel caso di specie, inoltre, l’attuale disciplina fiscale (in assenza di interventi di
agevolazione per siffatte operazioni, la cui opportunità pare a chi scrive del tutto
evidente, anche al fine di aumentare il gettito per lo Stato derivante dal significativo
numero di operazioni che tale agevolazione innescherebbe) rende impraticabile,
nella quasi totalità dei casi, l’opzione della permuta tra i due beni, dal momento che
l’acquisto del bene dell’acquirente direttamente da parte di Alfa srl presenterà, per
tale società, i seguenti costi (che, nel loro insieme, renderanno quasi sempre
l’operazione permutativa insostenibile): (i) imposte di registro, ipotecaria e catastale
come seconda casa, e quindi complessivamente pari al 9% del maggiore importo tra
prezzo e valore del bene, a carico di Alfa srl stessa; (ii) rischio di accertamento di un
maggiore valore da parte dell’amministrazione finanziaria ex art. 52 comma 5bis
d.lgs. 131/1986; (iii) pagamento, oltre alle spese di gestione e condominiali, dell’IMU
come abitazione diversa da quella principale; (iv) rischio di futura plusvalenza ai fini
IRES, tanto più ove l’acquisto sia oggi avvenuto ad un prezzo relativamente basso.
Alla luce del complesso delle considerazioni svolte, si può allora concludere che,
nell’esempio ora al vaglio, l’unica soluzione che può concretamente fare uscire dallo
stallo è rappresentata, nella maggior parte dei casi, da una doppia operazione buy to
rent, in primo luogo dall’aspirante compratore da Alfa srl in favore di un terzo
(individuato il più delle volte dalla medesima società) e, in secondo luogo, dalla
stessa società Alfa srl in favore del proprio aspirante compratore che ha nel
frattempo alienato ad un terzo il suo precedente immobile.
4. La scelta tra vendita con riserva della proprietà ex artt. 1523 ss. c.c., vendita
con patto di riscatto ex art. 1500 ss. c.c. e vendita con condizione risolutiva
di inadempimento ex art. 1353 ss. c.c.
4.1. Teorica riconducibilità delle operazioni buy to rent a tre distinti istituti
giuridici.
Le operazioni buy to rent, la cui opportunità si ritiene di avere individuato attraverso
gli esempi considerati nel precedente paragrafo (e dei numerosi altri che
l’esperienza professionale suggerisce), devono, al pari delle operazioni di rent to buy
considerate nel paragrafo 2, essere ricondotte a precisi schemi giuridici.
Senza alcuna pretesa di esaustività, si indicano come schemi giuridici a tale fine
astrattamente idonei:
I/la vendita con riserva di proprietà ex artt. 1523 ss. c.c.;
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II/la vendita con patto di riscatto ex artt. 1500 ss. c.c.;
III/la vendita con condizione risolutiva, unilaterale nell’interesse del venditore, di
inadempimento dell’obbligazione di pagamento del prezzo ex artt. 1353 ss. c.c.
L’idoneità astratta di ciascuno di tali tre schemi deriva dal fatto che, in tutti e tre i
casi, l’istituto è idoneo a garantire al venditore a credito una tutela reale, ovvero
recuperatoria del bene venduto nell’ipotesi di definitivo inadempimento da parte
del compratore.
Tutti e tre gli schemi, inoltre, per il fatto di evitare lo schema della locazione,
presentano il vantaggio, rispetto alle operazioni rent to buy sopra considerate, di
fare sì che, in caso di risoluzione del contratto per inadempimento e di mancata
riconsegna del bene da parte del compratore possessore, il venditore creditore della
prestazione di consegna potrà fare valere, pure in mancanza di titolo esecutivo
notarile, un provvedimento giudiziale d’urgenza, non dovendo cimentarsi con le più
complesse procedure speciali in tema di sfratto del conduttore per morosità.
4.2. Inidoneità pratica del primo e del secondo istituto.
I tre schemi menzionati non sono tuttavia egualmente competitivi.
Invero, quanto al primo dei tre istituti menzionati, se le esigenze che possono
orientare le parti verso uno schema buy to rent sono quelle emergenti dai due
esempi fatti, o quelle del tutto simili che potrebbero ricavarsi dai numerosi altri
esempi ad essi assimilabili che possono essere fatti, lo schema richiederà
necessariamente, per potere essere preferito rispetto agli schemi più tradizionali del
rent to buy, la loro compatibilità con un immediato trasferimento della proprietà,
nel caso di specie della vendita con riserva della proprietà insussistente.
La riserva della proprietà in capo al venditore è, già sul piano lessicale, la negazione
di tale necessario immediato trasferimento del bene: invero - data per scontata
l’estendibilità dello schema del riservato dominio anche ai beni immobili, in ciò
confortati dalla legislazione speciale oltre che dalla prassi negoziale, così superando
l’obiezione che potrebbe essere posta sulla base della collocazione sistematica degli
artt. 1523 ss. c.c. all’interno della sezione dedicata alla vendita di cose mobili - se
non sono mancate in dottrina ricostruzioni dell’istituto secondo cui il diritto
riservato in capo al venditore non è una proprietà in senso tecnico, bensì uno
specifico e nominato diritto reale di garanzia, la posizione dominante, addirittura
consolidata a livello di prassi operativa e di giurisprudenza, oltre che l’unica
compatibile con la disciplina fiscale dell’istituto contenuta nelle due norme citate nel
primo paragrafo, è quella secondo cui l’espressione impiegata dal legislatore deve
essere interpretata nel suo significato letterale, con la conseguenza che la vendita ex
artt. 1523 ss. c.c. non è idonea determinare il trasferimento immediato del diritto in
capo al compratore.
Inoltre, quanto al secondo dei tre istituti menzionati, se lo schema della vendita con
patto di riscatto non solleva dubbi in merito all’immediatezza del trasferimento della
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proprietà, esso appare per altri motivi scarsamente adattabile alle mutevoli e
flessibili esigenze delle operazioni di buy to rent.
Storicamente, l’istituto di cui agli artt. 1500 ss. c.c. è nato, in una società
precapitalistica e quindi statica, per dare al venditore, in ipotesi contraente forte,
una sicura possibilità recuperatoria in caso di successivo pentimento rispetto alla
vendita stessa; successivamente, quando lo sviluppo dei traffici giuridici ha reso non
più plausibile che un compratore accetti di comprare sottostando al diritto
potestativo del venditore di pentirsi e così recuperare il bene, l’istituto è stato
piegato ad una funzione di mera garanzia, surrogando nella sostanza operazioni di
mutuo con garanzia commissoria; successivamente ancora, quando la Corte di
Cassazione, negli Anni Ottanta del secolo scorso, ha ritenuto, anche con due
pronunce a sezioni unite del 1989, che il divieto di cui all’art. 2744 c.c. trovi
applicazione anche alle vendite immediatamente traslative, fulminando di nullità
tale impiego in funzione di garanzia dell’istituto di cui agli artt. 1500 ss. c.c., l’istituto
medesimo è praticamente scomparso dalla pratica degli affari.
Ogni tentativo di rimettere in pista tale istituto grazie alle nuove esigenze del buy to
rent sembra, a sua volta, destinato all’insuccesso.
Infatti, se la tutela reale garantita dal contratto è fuori discussione (a differenza di
quanto accadrebbe nel caso della vendita con patto o opzione di retrovendita, che
ha, come è noto, carattere esclusivamente obbligatorio), non altrettanto fuori
discussione è la compatibilità delle norme all’uopo dettate dal legislatore con le
esigenze pratiche delle operazioni di buy to rent.
Ci si riferisce, in particolare, alle norme di cui agli artt. 1501 e 1502 comma 1 c.c.,
ritenute tutte imperative da parte della consolidata dottrina.
L’art. 1500 c.c., infatti, impone alle parti della vendita, nel primo periodo del suo
primo comma, di limitare il tempo per l’esercizio del diritto di riscatto ad un termine
massimo, in caso di beni immobili, di cinque anni dalla data di conclusione del
contratto, con l’espressa menzione, nel secondo comma, del carattere perentorio e
non prorogabile di tale termine massimo, con l’ulteriore conseguenza, sancita dal
secondo periodo del primo coma, che se le parti convengono un termine più lungo,
esso si riduce a quello legale massimo di cinque anni: ne deriva che l’intero istituto
diviene scarsamente adatto per un tipo di operazioni, come quelle buy to rent
oggetto delle presenti riflessioni, caratterizzate da una maggiore lunghezza dei
tempi, essendo chiaro che il rischio che il compratore si assume adottando un tale
schema richiede, viene da dire per sua natura, uno spatium temporis più ampio dei
cinque anni, tale da dare al compratore stesso una ragionevole prospettiva di potere
acquisire, per le proprie prospettive di reddito o ereditarie, oppure, più facilmente,
per la sperata ripresa degli impieghi bancari in tale settore, la disponibilità del
capitale necessario per saldare il prezzo complessivamente dovuto al venditore.
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Ne consegue che la durata delle operazioni buy to rent si avvicinerà a quella dei
mutui ipotecari prima casa (nelle prime esperienze in materia, il periodo per il
pagamento oscilla tra i quindici e i venticinque anni) piuttosto che al termine
massimo quinquennale di cui all’art. 1501 c.c.
Inoltre, anche il disposto dell’art. 1502 comma 1 c.c., a sua volta imperativo, appare
scarsamente compatibile con le esigenze del buy to rent: la prescrizione secondo cui
il venditore che esercita il diritto di riscatto è tenuto a rimborsare al compratore,
unitamente alla parte di prezzo già versata, anche le spese ed ogni altro pagamento
legittimamente fatto per la vendita e l’amministrazione o il miglioramento del bene
(ivi incluse, deve ritenersi, le spese di mediazione eventualmente sostenute) espone
il venditore stesso ad un rischio che non sembra sostenibile nell’economia
dell’operazione, in cui, come si è visto nel paragrafo precedente, occorrerà potere
distribuire tutti i rischi nella maniera più equa possibile tra entrambe le parti.
Ne consegue che la sola esistenza dell’art. 1502 comma 1 c.c., intesa quale norma
imperativa, se da un lato conferma l’originaria funzione a sostegno del recupero del
bene venduto a seguito di riscatto per pentimento da parte del venditore, dall’altro
lato spiazza definitivamente l’impiego dell’istituto in una logica buy to rent, ovvero
destinata per la sua stessa natura a garantire una equa distribuzione tra ambedue le
parti di tutti i sacrifici, e che, per tale ragione, richiede flessibilità di tutti gli elementi
contrattuali, risultando incompatibile con forti norme di protezione della singola
parte in ipotesi debole, quale è indubbiamente la norma ora al vaglio.
4.3. Necessità di inquadrare le operazioni buy to rent all’interno della vendita
sotto condizione risolutiva di inadempimento del compratore.
Se così stanno le cose, l’autonomia privata, per praticare efficacemente gli schemi
del buy to rent dovrà, nella sostanza, impiegare l’istituto generale della vendita sotto
condizione risolutiva unilaterale nell’interesse del venditore, in cui l’evento dedotto
in condizione coincide con l’inadempimento qualificato, così come determinato
dalle stesse parti, da parte del compratore.
Prima di entrare, nei prossimi due paragrafi, nel merito delle concrete modalità
attraverso le quali le parti potranno confezionare l’evento dedotto in condizione
risolutiva, in relazione ai principali rischi ai quali il venditore (ma, entro certi limiti,
anche il compratore) che pone in essere un’operazione buy to rent risulta in
concreto esposto, è tuttavia opportuno dedicare qualche osservazione in merito alla
piena compatibilità con l’ordinamento giuridico di una condizione di
inadempimento.
E’ noto infatti che, fino a circa quindici anni fa, la dottrina, più che la giurisprudenza,
era in maggioranza orientata a ritenere che l’evento dedotto in condizione dovesse
essere “estrinseco” al contratto, ovvero non coincidente con la prestazione di alcuna
delle obbligazioni principali delle parti che nel contratto stesso trovavano la loro
fonte.
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A parte il forte dogmatismo di tale ricostruzione, che si fondava in ultima istanza
sulla distinzione di tipo pandettistico tra elementi essenziali ed elementi accidentali
del contratto (il ragionamento era nella sostanza il seguente: poiché la condizione è
un elemento accidentale occorre, se la si vuole tenere distinta dagli elementi
essenziali, che l’evento dedotto con coincida mai con una delle prestazioni, quale
appunto il pagamento del prezzo, che costituiscono elemento essenziale del
contratto), ormai difficilmente spendibile nell’attuale contesto giuridico assai più
aperto, per fortuna, ad una valutazione sostanziale dei vari interessi in gioco, ciò che
poteva dare una qualche attendibilità alla tesi dell’illegittimità della deduzione
dell’inadempimento del pagamento del prezzo in condizione risolutiva poteva
essere, casomai, la ritenuta necessità che l’autonomia privata non interferisse con le
norme dettate dal legislatore, a loro volta in ipotesi imperative, in tema di
conseguenze dell’inadempimento.
In tale ultima ottica, la deduzione dell’inadempimento di un’obbligazione
fondamentale del contratto in condizione risolutiva poteva porsi illegittimamente in
concorrenza con la disciplina delle garanzie reali, e in particolare con quella
dell’ipoteca.
Tuttavia, tale lettura “panpubblicistica” dell’istituto dell’inadempimento, oltre che in
conflitto con altre norme indubbiamente idonee ad incidere per scelta dello stesso
legislatore sugli effetti dell’inadempimento medesimo (si pensi all’art. 1229 c.c.),
appare oggi difficilmente sostenibile, dal momento che la Corte di Cassazione, con
una serie di sentenze emesse a partire dalla metà degli Anni Novanta, ormai
confluite in una giurisprudenza che appare non solo abbondante, ma addirittura
granitica, in quanto priva di recenti precedenti contrari, ha ritenuto di dovere
espressamente aprire a tale manifestazione dell’autonomia privata, così superando
non solo l’argomento dottrinale tradizionale fondato sulla distinzione tra elementi
essenziali ed elementi accidentali del contratto, ma anche, seppure implicitamente,
respingendo il più insidioso argomento da ultimo citato che poteva essere addotto
contro la legittimità di tale tipo di condizioni volontarie ex artt. 1353 ss. c.c. .
La questione, in tale contesto giurisprudenziale, diviene allora quella di verificare,
alla luce dei diversi interessi meritevoli di protezione che sono in gioco, come
strutturare, di volta in volta, l’evento condizionale e la modalità (unilaterale o
bilaterale, ovvero nell’interesse di una sola delle parti o di entrambe) di
funzionamento della condizione stessa.
4.4. La centralità pratica della natura unilaterale o bilaterale della condizione.
Nei prossimi due paragrafi, pertanto, si prenderanno in considerazione,
relativamente alle condizioni apposte alle vendite buy to rent, prima la condizione al
servizio dei soli interessi del venditore, che verrà pertanto configurata come
unilaterale nel suo esclusivo interesse, e poi gli interessi specifici del compratore che
possono trovare emersione nel medesimo meccanismo condizionale accanto ai citati
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interessi del venditore stesso, così orientando le parti stesse a configurare questo
secondo tipo di condizione come bilaterale, ovvero nell’interesse di entrambe le
parti e non di una sola di esse.
Come è noto, infatti, la giurisprudenza e la dottrina sono ormai ferme nel
distinguere le condizioni apposte ad un contratto ex artt. 1353 ss. c.c., si tratti di
condizioni risolutive (come nel caso di specie) oppure di condizioni sospensive, in
condizioni unilaterali e condizioni bilaterali nel senso da ultimo esposto, con la
conseguenza che, mentre la condizione bilaterale è rinunciabile o modificabile solo
in presenza di un accordo di entrambe le parti contrattuali, la condizione unilaterale,
a sua volta modificabile con il consenso di entrambe le parti, è tuttavia rinunciabile
unilateralmente dalla sola parte nel cui esclusivo interesse è stata apposta, e ciò
anche nel silenzio del contratto in merito a tale facoltà (la giurisprudenza si spinge
addirittura oltre, ammettendo che, pure nel silenzio del contratto, tale condizione
unilaterale sia rinunciabile dalla parte nel cui esclusivo interesse è stata apposta non
solo in fase di pendenza, ma anche a seguito della sua mancanza o del suo
avveramento, purché entro un congruo termine).
5. Clausole a tutela del venditore in tema di recupero sia della proprietà del
bene venduto, sia del suo integro possesso.
5.1. Una tutela del venditore da garantire in ogni caso.
Chi vende con immediato trasferimento della proprietà senza ottenere
contestualmente il saldo prezzo, o garanzia personale equivalente (fideiussione
bancaria a prima richiesta e senza eccezioni), deve garantirsi una tutela reale al fine
di evitare che il compratore possa perdere a sua volta la proprietà del bene e
rendersi successivamente inadempiente senza possedere un adeguato patrimonio in
funzione di garanzia.
L’ordinamento giuridico, a quest’ultimo fine, mette a disposizione del venditore non
ancora interamente pagato l’istituto dell’ipoteca legale di cui all’art. 2817 n. 1) c.c.;
tuttavia tale istituto, oltre al costo fiscale pari al due per cento della somma per cui
l’ipoteca legale viene iscritta, a titolo di imposta ipotecaria ex art. 6 Tariffa allegata
al dpr 347/1990, presenta l’inconveniente di subordinare l’effettiva tutela del
venditore divenuto creditore insoddisfatto al successivo fruttuoso esperimento, per
un importo idoneo, al netto delle spese di procedura, a coprire l’intero credito
comprensivamente ai relativi interessi, dell’esecuzione forzata relativamente al
bene ipotecato.
Visto lo stato del processo esecutivo nell’attuale contesto economico e giuridico
italiano, è giocoforza concludere che, se questa dovesse essere l’unica forma di
tutela del venditore a credito, l’istituto del buy to rent sarebbe morto già prima di
nascere.
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La condizione risolutiva di inadempimento del compratore rispetto all’obbligazione
di pagamento del prezzo è, dunque, l’istituto destinato a sostituire sia le tradizionali,
oggi fuori mercato, garanzie personali bancarie a prima richiesta, sia l’inefficiente
istituto legislativo dell’ipoteca legale.
Tuttavia, a differenza di tali ultimi due istituti, che hanno l’obiettivo di salvare
l’efficacia del contratto di vendita e di soddisfare in denaro la posizione del
venditore non pagato, la condizione risolutiva di inadempimento ha come obiettivo
di ripristinare la situazione anteriore alla vendita, consentendo al venditore che ha
fatto valere la condizione medesima di ritornare pieno proprietario dell’immobile
alienato senza subire gli effetti degli eventuali atti pregiudizievoli compiuti o subiti
dal compratore dopo il trasferimento a suo favore della proprietà.
Infatti, da un lato, ai sensi dell’art. 1360 comma 1 c.c., “gli effetti dell’avveramento
della condizione retroagiscono al tempo in cui è stato concluso il contratto, salvo
che, per volontà delle parti o per la natura del rapporto, gli effetti dl contratto o
della risoluzione debbano essere riportati ad un momento diverso”, mentre, ai sensi
dell’art. 1357 c.c., “chi ha un diritto subordinato a condizione sospensiva o risolutiva
può disporne in presenza di questa; ma gli effetti di ogni atto di disposizione sono
subordinati alla stessa condizione”.
Dal combinato disposto di tali due norme, unitamente alle norme in materia di
trascrizione immobiliare (cfr. soprattutto l’art. 2655 c.c.), emerge che il ricorso alla
condizione, anche risolutiva, consente all’alienante di potere opporre la condizione
ai terzi e, in caso di mancanza della condizione sospensiva o di avveramento della
condizione risolutiva, di recuperare la proprietà del bene senza subire gli effetti degli
atti compiuti o subiti dall’acquirente.
Una volta garantita la tutela reale, si tratta di stabilire come confezionare in
concreto una condizione risolutiva di inadempimento con riguardo ad un’operazione
buy to rent rispetto: (i) all’inadempimento del compratore all’obbligazione
dilazionata di pagamento del prezzo, in merito sia alla rilevanza dell’inadempimento
ai fini dell’evento risolutivo, sia alle conseguenze restitutorie che ne derivano in
capo all’alienante che ha già riscosso parte del prezzo; (ii) alla violazione del dovere
di comportamento in buona fede durante la fase di pendenza della condizione
risolutiva di cui all’art. 1358 c.c., con particolare riguardo all’adeguata custodia del
bene sia per ciò che riguarda il possesso del medesimo, sia per ciò che riguarda
l’attività di amministrazione incombente sul proprietario (pagamento oneri
condominiali, coperture assicurative adeguate, ecc.).
Il “dosaggio” dell’evento condizionale con riguardo all’entità dell’inadempimento
dell’obbligazione di pagamento del prezzo e, in minore misura, dell’inadempimento
dell’obbligazione di custodia come sopra definita costituisce uno di quegli aspetti
che deve essere negoziato all’interno dell’operazione buy to rent, essendo
inscindibilmente legato all’ammontare complessivo del prezzo pattuito, oltre che
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all’ammontare di ciascun pagamento periodico ed alla conseguente lunghezza del
termine finale di pagamento (essendo evidente che, nella trattativa, di fronte alla
richiesta del venditore di avere una condizione risolutiva a lui più favorevole, il
compratore potrebbe richiedere un abbassamento del prezzo complessivo o, più
realisticamente, visto che il buy to rent vuole proprio evitare siffatto abbassamento,
una diminuzione della rata periodica con conseguente allungamento del termine per
il completamento del pagamento).
AI fini dell’inquadramento giuridico della vicenda, per quanto qui interessa, si tratta
di stabilire se alla vendita sotto condizione risolutiva di inadempimento testé
ipotizzata trovi applicazione, per evitare un aggiramento della normativa dettata dal
legislatore per il riservato dominio, non solo la regola generale di cui all’art. 1455
c.c., secondo cui, ai fini della risoluzione del contratto (e quindi anche dell’evento
condizionale in parola), occorre che l’inadempimento sia di non scarsa importanza,
ma anche la regola specifica di cui all’art. 1525 c.c., secondo cui “nonostante patto
contrario, il mancato pagamento di una sola rata, che non superi l’ottava parte dl
prezzo, non dà luogo alla risoluzione del contratto e il compratore conserva il
beneficio del termine relativamente alle rate successive”.
Ritenere che, ai fini della legittimità della condizione risolutiva, occorra fare i conti
con il solo art. 1455 c.c., e non anche con l’art. 1525 c.c., significa rischiare che
l’intera condizione risolutiva di inadempimento così strutturata sia dichiarata nulla
per frode alla legge, laddove la norma da ultimo citata sia considerata, come a chi
scrive sembra corretto, anche sulla base della giurisprudenza di legittimità in
materia di leasing finanziario ed operativo, un principio generale relativamente ad
ogni istituto che prevede dei pagamenti rateizzati.
Ne consegue che sarà buona norma prevedere che in nessun caso il mancato
tempestivo pagamento di una sola rata inferiore all’ottavo complessivo del prezzo
(da intendersi pari, prudenzialmente, alla parte di prezzo ancora da pagare al
momento della conclusione del contratto buy to rent) costituirà evento risolutivo del
contratto, non essendo per contro necessario, allorché l’inadempimento si estenda
a più rate, anche non consecutive, richiedere comunque che esso,
complessivamente considerato, superi l’ottava parte del prezzo (sempre come sopra
prudenzialmente determinata).
Accanto all’inadempimento di non scarsa importanza e distribuito su più rate
relativamente all’obbligazione di pagamento del prezzo, l’evento dedotto in
condizione risolutiva può altresì estendersi, sempre nell’interesse esclusivo del
venditore, all’inadempimento del dovere del compratore di comportarsi secondo
buona fede durante la fase di pendenza della condizione risolutiva di cui all’art. 1358
c.c., con particolare riguardo all’adeguata custodia del bene ed ai profili sia materiali
sia amministrativi sopra evidenziati.
21
5.2.
Alcune ulteriori cautele negoziali consigliabili; il problema della restituzione
di caparre ed acconti già riscossi.
Inoltre, una condizione risolutiva di inadempimento finalizzata alla tutela degli
interessi del venditore deve avere cura di precisare, al fine di una buona tecnica
negoziale: (i) che si tratta di condizione unilaterale nell’interesse esclusivo del
venditore stesso; (ii) che questi, conseguentemente, può rinunziare alla condizione
in qualsiasi momento della fase di pendenza della condizione medesima; (iii) che
esso può altresì rinunziarvi entro un breve termine dal suo eventuale avveramento;
(iv) quali sono le modalità attraverso le quali tale rinunzia deve essere formalizzata e
comunicata alla parte compratrice; (v) in quale modo (normalmente atto pubblico o
scrittura privata autenticata ad hoc, al fine di potere eseguire la necessaria
annotazione presso i registri immobiliari in forza dell’art. 2655 c.c.) debbano essere
fatti constare l’avveramento o, pure nel silenzio dell’art. 2655 c.c. citato sul punto, la
mancanza della condizione risolutiva.
Infine, il contratto buy to rent dovrebbe avere cura di precisare se si applica la
soluzione legale secondo cui, per effetto dell’avveramento della condizione
risolutiva, il venditore deve integralmente restituire la parte di prezzo nel frattempo
incassata, oppure se, come appare senz’altro legittimo, e nell’interesse del
venditore stesso al fine di non depotenziare la condizione risolutiva pattuita nel
proprio interesse quando i pagamenti eseguiti hanno già raggiunto un ammontare
significativo, riconoscere che una parte del prezzo versato deve essere comunque
trattenuta dal venditore stesso sulla base del principio posto per la vendita con
riserva della proprietà dall’art. 1526 comma 1 c.c., da ritenersi anche questa volta
alla stregua di una regola generale applicabile, anche al di fuori dello specifico
schema di cui agli artt. 1523 ss. c.c., quando si abbia una risoluzione in senso ampio
(e quindi anche per effetto di una condizione risolutiva ex artt. 1353 ss. c.c.)
collegata al mancato pagamento di rate di prezzo.
Ritenere che il fondamento del diritto ad un equo compenso disciplinato dall’art.
1526 comma 1 c.c. debba essere comunque rinvenuto in un inadempimento in
senso tecnico da parte del compratore e che la condizione risolutiva, sciogliendo
definitivamente il contratto ed impedendo comunque l’applicazione di ogni norma
in materia di inadempimento, sia inidonea a giustificare tale diritto all’equo
compenso, e, più in generale, ogni ius retentionis della somma riscossa sulla base del
contratto risolto, significherebbe, da un lato, ragionare in termini formalistici, dal
momento che, di fronte all’oggettiva alterazione del sinallagma che ne deriverebbe,
non potrebbe non essere comunque riconosciuta al venditore un’azione di
arricchimento senza causa ai sensi degli artt. 2041 s. c.c. (con le complicazioni che
ne deriverebbero nel sancire - senza diritto per il venditore debitore per effetto
della risoluzione della vendita e creditore per effetto dell’ingiustificato
arricchimento del compratore ad invocare qualsiasi tipo di compensazione ex artt.
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1241 ss. c.c. - un obbligo di restituzione seguito dall’azione di una nuova pretesa a
riprendersi parte di ciò che si è restituito), dall’altro lato non tenere nel dovuto
conto il fatto che la condizione risolutiva in primo luogo non deve essere
necessariamente retroattiva, visto il precetto dettato dall’art. 1360 c.c. già sopra
richiamato (che, si badi bene limita la retroattività non solo in presenza di volontà
delle parti in tale senso, ma anche quando ciò è in contrasto con la natura del
rapporto, con la conseguenza che, nel caso di specie, si potrebbe ritenere che
proprio il rischio di perdita della parte di corrispettivo già pagata in pendenza della
condizione risolutiva valga a ritenere implicitamente derogata la retroattività), in
secondo luogo non è necessariamente destinata a travolgere l’intero contratto, ma
può essere limitata anche a specifici patti del contratto stesso, secondo la
prescrizione generale di cui all’art. 1353 c.c. (con la conseguenza che nulla
vieterebbe di precisare che, pure a seguito della condizione risolutiva, nulla osta alla
soluti retentio di quella parte di corrispettivo già incassata da parte del venditore).
Le riflessioni da ultimo svolte, oltre che sufficientemente solide, si auspica, per
giustificare l’applicazione al caso di specie del principio generale di cui all’art. 1526
comma 1 c.c. sopra richiamato pure in assenza di ogni clausola contrattuale che
giustifichi la soluti retentio totale o parziale da parte del venditore, consentono di
spingere ancora oltre la tutela di quest’ultima parte, laddove la stessa si avvalga
degli strumenti di autonomia privata all’uopo previsti dall’ordinamento come testé
richiamati.
Il venditore, invero, potrebbe desiderare che l’eventuale avveramento della
condizione risolutiva di inadempimento, visto l’inconveniente di non poco conto
determinato dal fatto che la proprietà dell’immobile ritorna ad esso venditore, non
imponga al medesimo la restituzione neppure parziale delle rate di prezzo riscosse,
vuoi in forza di una parziale irretroattività della condizione risolutiva stessa ex art.
1360 comma 1 c.c., sia in forza del carve out, disposto specificamente ex art. 1353
c.c. escludendo che la condizione stessa si estenda a tale prestazione o patto, con
riguardo al pagamento del corrispettivo eseguito.
Ad avviso di chi scrive tali pattuizioni sono del tutto legittime.
Le stesse pattuizioni, tuttavia - in ossequio a quella lettura sistematica e non
formalistica dell’istituto della condizione risolutiva di inadempimento che si è sopra
raccomandata, in forza della quale non si può procedere ad una integrale
disapplicazione delle norme dettate dalla legge per l’inadempimento, nella parte in
cui le stesse norme assicurano (come nel caso dell’art. 1526 comma 1 c.c.) la tutela
del sinallagma contrattuale relativamente alle prestazioni già eseguite in pendenza
della condizione medesima, scongiurando ogni successiva azione di arricchimento
senza causa da una parte o dall’altra - non potrebbero impedire, sempre ad avviso di
chi scrive, che il divieto di restituzione del somme già riscosse convenzionalmente
pattuito venga assoggettato alle norme dettate in materia di clausola penale, con
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particolare riguardo alla sua riduzione giudiziale ex art. 1384 c.c. “se l’ammontare
della penale è manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all’interesse che il
creditore aveva all’adempimento”.
Il quadro complessivo che emerge dal complesso delle riflessioni svolte legittima
una totale apertura nei confronti dell’autonomia privata, della quale le parti che si
cimentano con contratti buy to rent dovranno fare attentamente uso, ferma la
necessità di individuare dei limiti, dall’una o dall’altra parte (ex art. 1526 comma 1
c.c. a tutela delle ragioni del venditore, ex art. 1384 c.c. a tutela delle ragioni del
compratore), per scongiurare manifeste iniquità.
6. Clausole a tutela del compratore in tema di recupero di parte del prezzo
pagato.
6.1. L’interesse del compratore a garantirsi la restituzione di parte degli acconti
versati in caso di avveramento della condizione risolutiva.
L’ultimo punto trattato mette in gioco un possibile interesse anche del compratore
inadempiente, che, in assenza di una clausola ad hoc idonea a configurare l’evento
condizionale risolutivo in senso anche a lui favorevole, rischia di subire un
ingiustificato pregiudizio laddove: (a) si verifichi la condizione risolutiva prevista per
inadempimento rilevante dello stesso compratore; (b) il venditore non rinunci
tempestivamente ad avvalersi della condizione stessa e, nel contempo, (c) sia
insolvente rispetto all’obbligo di restituire l’intero prezzo nel frattempo riscosso, al
netto di quell’equo compenso che l’art. 1526 comma 1 c.c. gli consente di trattenere
o dell’intera somma che egli, se vi è una clausola contrattuale in tale senso, può per
quanto da ultimo detto comunque trattenere (salvo riduzione ex art. 1384 c.c.).
Di fronte a tale rischio, la cui entità deve essere come sempre valutata volta per
volta, ma che appare in linea di principio rilevante in ogni operazione di buy to rent,
in cui il pagamento a rate si prolunga nel tempo ed in cui il valore percentuale del
saldo finale appare di solito estremamente ridotto rispetto al prezzo
complessivamente pattuito, può essere interesse del compratore introdurre nella
contrattazione la propria richiesta che la previsione dell’evento condizionale, ferme
tutte le cautele sopra menzionate nell’interesse del venditore, contenga anche la
clausola in forza della quale l’effetto risolutivo presuppone, per il suo stesso
verificarsi, che vi sia da parte del venditore stesso l’offerta, secondo modalità del
pari convenute, di restituzione a favore del compratore che perde il bene di quella
parte del prezzo che eccede l’equo compenso per l’uso del bene in pendenza della
condizione, ove pattuito.
6.2. Dall’unilateralità alla bilateralità della condizione risolutiva.
A sua volta, ove le parti convengano di inserire quest’ultima clausola, dovrà
ritenersi, senza possibilità di concludere diversamente neppure laddove il contratto
dichiari (erroneamente) che siffatta condizione resta unilaterale nell’interesse
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esclusivo del venditore, che la condizione assuma i caratteri della condizione
bilaterale, alla quale, pertanto, nessuna delle parti potrà unilateralmente rinunciare.
Ciò che, infatti, consente di qualificare la condizione come unilaterale oppure come
bilaterale, con la differente disciplina che ne consegue, è esclusivamente l’interesse
che ne ha determinato sia l’introduzione sia la concreta scelta dell’evento (nel caso
di specie, prima del venditore, di garantirsi la tutela reale, poi del compratore, di
garantirsi la restituzione dell’eccedenza a lui spettante rispetto agli acconti di prezzo
da lui stesso pagati in pendenza della condizione medesima), essendo per contro
irrilevante la qualificazione eventualmente data dalle parti stesse nel testo
contrattuale in maniera non coerente con gli interessi tutelati dalla condizione
introdotta.
7. Riflessioni conclusive dopo due anni di esperienza professionale in materia
di contratti rent to buy e buy to rent.
7.1. Quali indicazioni sono emerse dalla prima esperienza professionale in tema
di buy to rent? Un istituto dalla diffusione potenziale più ampia di ciò che ci
poteva aspettare inizialmente.
Le riflessioni svolte nei precedenti paragrafi rappresentano, con l’aggiunta di alcuni
aggiornamenti derivanti dalle novità della prassi dell’amministrazione finanziaria,
dalle discussioni emerse durante i convegni e, soprattutto, dalla messa a punto di
taluni specifici profili suggerita dall’esperienza professionale, il contributo che chi
scrive, sollecitato a suo tempo in tale senso da parte delle associazioni degli agenti
immobiliari, ha ritenuto di offrire agli operatori nel corso di alcuni convegni svoltisi
tra l’ottobre 2012 ed il marzo 2013.
Dopo oltre diciotto mesi di applicazione di tali istituti, è opportuno, a giudizio di chi
scrive, chiudere le riflessioni al riguardo, nonostante l’assoluta incapacità del
legislatore di dare un proprio seppure minimo contributo su un tema divenuto così
importante per creare un po’ di interesse nel settore immobiliare, con una nota di
ottimismo in merito al possibile ambito applicativo dell’istituto.
Le operazioni di rent to buy e, in misura decisamente più marcata, le operazioni di
buy to rent non sono destinate a rimanere, come chi scrive aveva pure inizialmente
ipotizzato, un mero strumento di nicchia.
La platea degli acquirenti interessati è molto più ampia del previsto; ed anche la
platea dei venditori interessati, imprenditori e ancora di più privati, è, a bene
cercare, a sua volta più ampia del previsto (seppure senz’altro meno ampia di quella
degli acquirenti).
7.2. “Enhancing the buy to rent”: l’impiego del preliminare di vendita trascritto
e le conseguenti opportune cautele negoziali.
La prassi, ad un certo punto, ha cominciato a mescolare la logica del buy to rent
sopra illustrata con quella tradizionale del contratto preliminare di vendita; e ciò
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non solo quando il contratto preliminare prepara un futuro contratto buy to rent,
come pure in più casi è avvenuto, ma anche, e soprattutto, quando il contratto
preliminare si pone esso stesso come un contratto buy to rent, preparatorio di un
contratto definitivo che, invece, si stipulerà soltanto al momento in cui il
compratore sarà realisticamente in grado di pagare il saldo prezzo e, quindi,
assumerà le caratteristiche di una normale compravendita quietanzata.
Sarà dunque il solo contratto preliminare di vendita, in tale logica, a configurare
un’operazione di buy to rent, sfruttando quelle caratteristiche che dottrina e
giurisprudenza hanno definito - ad avviso di chi scrive impropriamente, in quanto
condizionate da una lettura dogmatica del contratto preliminare non corrispondente
alla sua reale funzione economica e, in ogni caso, incoerente con la sistematica della
legislazione italiana in materia - come “preliminare ad effetti anticipati”.
Il compratore, secondo lo schema buy to rent, stipula come promittente compratore
un contratto preliminare, in forza del quale, dietro pagamento di una caparra
normalmente poco più che simbolica, acquisisce il possesso immediato del bene
obbligandosi ad integrare la caparra stessa con pagamenti mensili pari o poco più
elevati di quello che, a valore di mercato, sarebbe un canone di locazione, e con
diritto (ed obbligo) di stipulare il contratto definitivo solo se i pagamenti sono stati
regolari entro una data prestabilita, normalmente pari a tre, o anche sei o nove anni
rispetto alla data del preliminare.
Tale contratto preliminare sarà trascritto ex art. 2645 bis c.c. e, visto il termine
massimo triennale entro il quale la legge ammette gli effetti prenotativi della
trascrizione di tale contratto, conterrà una clausola che consente al promittente
compratore di anticipare a suo piacimento il termine per la conclusione del
contratto definitivo, purché tale ultima stipulazione sia accompagnata dal saldo
integrale del prezzo.
Il promittente compratore, così procedendo, sa che il proprio acquisto è al sicuro
per tre ani da ogni trascrizione pregiudizievole o iscrizione che riguardi il
promittente venditore e che, laddove tale trascrizione effettivamente intervenga,
egli potrà comunque anticipare la stipulazione del contratto definitivo e fruire quindi
dell’efficacia prenotativa della trascrizione del preliminare nonostante tale
successiva formalità contro il promittente venditore.
In tale caso, il contratto dovrà inoltre prevedere, a tutela del promittente
compratore, che il saldo prezzo potrà essere in ogni caso differito secondo le
modalità esattamente indicate nel preliminare, introducendosi a tutela del
venditore (a questo punto a credito) una condizione risolutiva di inadempimento
che, si badi bene, deve essere già prevista nel contratto preliminare se si vuole
evitare che lo stesso definitivo sia inidoneo a garantire gli effetti prenotativi
derivanti dalla trascrizione del preliminare stesso (garantiti, come è noto, solo se il
definitivo è conforme al preliminare a suo tempo stipulato).
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In tale modo, il preliminare buy to rent si trasforma, per così dire, in definitivo buy to
rent con condizione risolutiva, senza perdere gli effetti della trascrizione prenotativa
che rende il gravame successivamente iscritto o trascritto contro il promittente
venditore inopponibile al promittente compratore divenuto compratore definitivo; il
tutto conservando, se ciò corrisponde all’interesse dell’originario promittente
compratore, le condizioni di pagamento inizialmente pattuite.
Lo schema del preliminare buy to rent a cui farà seguito, quando sarà il momento,
un definitivo con prezzo quietanzato appare particolarmente appetibile, e quindi
suscettibile di diffusione significativa sul mercato, laddove il pagamento regolare
delle mensilità pattuite nel preliminare (non importa se a titolo di integrazione della
caparra confirmatoria o di acconto prezzo) sia valutato dal sistema bancario come
elemento di merito creditizio per il promittente compratore stesso, al fine di
preparare il terreno ad un mutuo ipotecario idoneo a consentire il pagamento del
saldo del prezzo e, quindi, la stipulazione anticipata del contratto definitivo (sempre
in forza di specifica clausola contenuta nel contratto preliminare trascritto).
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