Le “nuove compravendite”: dal rent to buy al buy to rent Notaio Federico TASSINARI FEDERICO TASSINARI Le “nuove compravendite” : DAL RENT TO BUY AL BUY TO RENT: 1. Gli interessi in gioco. 1.1. La crisi dell’edilizia. Come purtroppo è ben noto, stiamo vivendo, un po’ in tutta Europa, in un momento di grave crisi economica, particolarmente accentuata nel campo dell’edilizia, dal momento che tale settore rappresenta, in un certo senso, da un lato una delle cause primarie della crisi in atto, dall’altro lato l’epicentro, se così si può dire, di un diverso modo di fare banca e di erogare il credito; per tali ragioni strettamente economiche, vendere un immobile, sia per le imprese costruttrici sia per i privati, comporta oggi difficoltà notevolmente maggiori di quelle che si potevano incontrare fino a pochi anni fa. I dati statistici parlano di una lenta ma inesorabile discesa dei prezzi, di una significativa dilatazione dei tempi medi necessari per perfezionare un impegno vincolante di vendita, di una rilevante riduzione del numero annuo delle vendite e dei finanziamenti ipotecari. I dati che possono ricavarsi dall’esperienza professionale consentono di mettere altresì in evidenza come la sfiducia nelle possibilità di un rapido superamento della crisi da parte del sistema abbia allontanato la potenziale clientela non solo dall’affare, ma anche dalla ricerca stessa dell’affare. 1.2. La necessità di individuare nuovi strumenti negoziali per l’attuale fase di crisi. In assenza di incentivi pubblicistici, soprattutto in termini di minore tassazione del settore, e nell’impossibilità di prevedere nel breve termine una revisione dei parametri di vigilanza bancari in tema di finanziamenti immobiliari, come possono gli operatori del settore limitare i danni, ovvero promuovere forme di affari adatte ad una platea di compratori senza risorse economiche adeguate al fine non solo di pagare l’intero prezzo, ma anche di pagare acconti significativi? Come possono tali operatori, più precisamente, individuare nuovi strumenti contrattuali idonei a rimettere in pista il maggior numero possibile di potenziali acquirenti, consentendo il trasferimento di una proprietà immobiliare, in via immediata o differita, in favore di chi oggi non può né pagare significativi acconti, né accedere ad un finanziamento bancario, essendo disposto soltanto a pagare un canone o, al massimo, un “supercanone” periodico (normalmente mensile) di locazione? 1 Come si può, ancora, ridare al compratore una speranza, facendo sì che lo stesso accetti un impegno di pagamento periodico che va oltre, normalmente, il normale canone di locazione relativo al bene di cui trattasi e che finisce con l’esporre esso compratore, quale debitore, a tutte le conseguenze di un inadempimento contrattuale? Come si può, infine, convincere un potenziale venditore - si tratti di un privato oppure di un’impresa - a scegliere di impegnarsi in un contratto attraverso il quale, se tale è l’accordo tra le parti, egli perde immediatamente non solo la detenzione ed il possesso, ma anche la proprietà del bene senza avere una ragionevole possibilità di contare sull’adempimento da parte del compratore obbligato al pagamento a rate, destinate a scadere magari a parecchi anni di distanza, dell’intero prezzo pattuito? L’obiettivo delle presenti note consiste - sulla scia di una serie di interventi dottrinali e della stessa prassi sia professionale sia dell’Amministrazione finanziaria apparsi negli ultimi due o tre anni - nel cercare di dare una risposta non solo ai singoli interrogativi sopra posti singolarmente presi, ma anche all’insieme di tali interrogativi unitariamente considerati, nella consapevolezza che il successo di una nuova formula negoziale presuppone che la stessa sia in grado di bilanciare i rischi che ciascuna delle parti si assume e, così facendo, di garantire un equilibrio tra le posizioni delle due parti medesime. 1.3. Alcuni casi pratici per testare le esigenze in gioco. Per dare maggiore concretezza alla trattazione che segue, si ipotizzeranno quindi due casi pratici (rispondenti, si ritiene, a situazioni piuttosto diffuse): I/Tizio e Caia, quarantenni con due figli da poco nati, intendono vendere l’appartamento di cui sono attualmente proprietari, gravato da un residuo mutuo di importo modesto, ed acquistare un nuovo appartamento più grande accollandosi il mutuo contratto dal venditore e saldando con i propri risparmi il residuo prezzo, ritenendo, pure di potere vendere il vecchio appartamento, di accettare, finché il compratore non potrà accedere ad un finanziamento bancario o ad altra fonte di reddito, un pagamento mensile massimo di euro 1500; II/l’impresa Alfa srl, proprietaria di numerosi appartamenti di nuova costruzione invenduti e gravati da ipoteca iscritta a garanzia di un mutuo bancario ancora non frazionato, intende, nell’impossibilità di incassare l’intero prezzo attraverso una classica vendita, almeno mettere a reddito l’immobile attraverso un contratto che dia alla stessa la possibilità di contribuire al pagamento delle rate periodiche del mutuo stesso, cercando, in più, di ampliare la platea dei potenziali acquirenti dichiarandosi disposta ad accettare in permuta l’appartamento eventualmente già di proprietà del compratore stesso, a scomputo di parte significativa del prezzo da questi dovuto. 2 2. I contratti di locazione destinati a dare luogo ad una successiva vendita (c.d. contratti rent to buy). 2.1. La locazione con opzione di acquisto e la locazione con preliminare di acquisto. L’opzione di base che il legislatore ha messo a disposizione dell’autonomia privata per realizzare gli interessi sopra menzionati è costituita da un contratto di locazione regolato dalle norme applicabili a tale contratto (artt. 1571 ss. c.c.; per le locazioni abitative oggetto delle presenti note l. 9 dicembre 1998, n. 431) sul quale si innesta, secondo una delle modalità che saranno di seguito accennate, un contratto di vendita, idoneo a computare in conto e diminuzione del prezzo dovuto al momento della stipulazione di tale secondo contratto, in tutto o in parte, i canoni di locazione precedentemente pagati. La combinazione di tali due contratti può avvenire secondo due distinte modalità di base: da un lato, attraverso lo schema della locazione con opzione di futuro acquisto, le parti possono scegliere di rimettere la volontà di comprare ad una successiva libera decisione del conduttore, che dovrà decidere di avvalersene o meno in un arco temporale e secondo modalità stabilite dalla stessa autonomia privata fin dal momento della conclusione del contratto di locazione, in cui l’opzione è concessa dal locatore aspirante venditore a beneficio del conduttore aspirante compratore secondo le prescrizioni di cui all’art. 1331 c.c., che richiedono che l’opzione di acquisto, stante la proposta contrattuale irrevocabile che contiene, già indichi tutti gli elementi della vendita che verrà conclusa ove il conduttore destinatario della proposta di vendita proceda ad accettazione di tale proposta nei tempi e secondo le modalità indicate; dall’altro lato, attraverso la locazione con preliminare di futuro acquisto, le parti possono scegliere di obbligarsi entrambe a procedere alla futura operazione di scambio della proprietà contro un prezzo, già individuando nel contratto preliminare di vendita collegato alla locazione tutti gli elementi della futura vendita e, nel contempo, rimettendo alla futura stipulazione del contratto definitivo la facoltà, se vi sarà accordo tra le parti sul punto, di modificare e comunque rinegoziare determinati aspetti del regolamento contrattuale, anche in considerazione dell’emersione di eventuali sopravvenienze e, comunque, delle diverse esigenze nel frattempo verificatesi. Nel caso della locazione con opzione di acquisto, il conduttore che decide di divenire acquirente esercitando l’opzione non dovrà fare ricorso ad alcuna sentenza costitutiva o di accertamento dell’avvenuta conclusione di tale contratto, dal momento che, in primo luogo, gli effetti della vendita decorreranno in ogni caso dalla ricezione da parte del locatore aspirante venditore della accettazione formale della proposta irrevocabile contenuta nell’opzione, secondo il meccanismo generale di formazione del contratto a distanza di cui agli artt. 1326 ss. c.c., e, in secondo luogo, non occorrerà alcuna ulteriore collaborazione da parte del medesimo 3 locatore aspirante venditore neppure ai fini della esecuzione della trascrizione conseguente all’accettazione dell’opzione di acquisto ove, come chi scrive ritiene di dovere consigliare, il contratto di locazione contenente l’originaria opzione di acquisto sia stato a suo tempo stipulato in forma pubblica o privata autenticata, al pari di quanto avverrà per l’atto di formale accettazione della proposta di acquisto, e cioè nel rispetto delle modalità richieste dall’art. 2657 c.c. ai fini della trascrizione degli atti (anche a distanza, ove la ricezione dell’accettazione da parte del proponente consti da formale relazione di notifica) nei registri immobiliari. Nel caso invece della locazione con preliminare di acquisto, le parti dovranno in ogni caso procedere alla stipulazione di un contratto definitivo di vendita esecutivo del preliminare, sotto pena, in mancanza della disponibilità di una di esse a procedere spontaneamente a tale stipulazione, dell’esperibilità da parte dell’altro contraente di un’azione di esecuzione in forma specifica del preliminare stesso ex art. 2932 c.c.; con la conseguenza che, in tale caso, dal momento che la trascrizione del successivo contratto di vendita richiederà in ogni caso un autonomo atto notarile, in forma pubblica o privata autenticata, la stipulazione dell’iniziale contratto di locazione con preliminare di vendita potrà avvenire, come da prassi, in forma di semplice scrittura privata da sottoporre a registrazione. Giova sottolineare, a proposito di tale specifico schema negoziale, che non vi sono problemi ad ipotizzare, per adattare l’operazione alle esigenze della pratica, un preliminare di locazione con preliminare di vendita, in considerazione del fatto che il preliminare di cui si tratta sarebbe costituito da un preliminare appunto di locazione, dovendo il preliminare di futura vendita intendersi come mera clausola del contratto definitivo di locazione, la cui previsione nel contratto preliminare di locazione non si pone in alcun modo in contrasto con il comunemente ritenuto divieto di stipulare contratti preliminari di altri preliminari, il cui ambito applicativo coincide con l’esistenza, nel caso di specie insussistente, di più preliminari relativi al medesimo tipo contrattuale. 2.2. Il “dilemma” dell’imputazione del pagamento pecuniario a titolo di canone di locazione o a titolo di prezzo di vendita. In entrambi i casi, si pone poi il problema di stabilire in forza di quale meccanismo giuridico sia possibile, se tale sarà - come normalmente avviene - la volontà delle parti, imputare in conto e diminuzione del prezzo della successiva vendita i canoni inizialmente pagati a titolo di locazione. Invero, se, in entrambi i casi considerati, si ha una sequenza costituita da un precedente contratto di locazione e da un successivo contratto di vendita, e cioè da due autonomi tipi contrattuali, ciascuno dei quali costituisce dal punto di vista giuridico un distinto titolo per l’esecuzione di un pagamento pecuniario, sembra che non vi sia alcuna possibilità di imputare in conto vendita quei pagamenti già eseguiti in conto locazione, a meno di volere ipotizzare un effetto novativo oggettivo ex artt. 4 1230 ss. c.c. relativamente ad un’obbligazione di pagamento del canone di locazione in ipotesi ancora in fase di esecuzione, con la conseguenza, tuttavia, che, ove tale fosse la configurazione data dalle parti, si creerebbe un effetto retroattivo (al momento della stipulazione della locazione stessa) dell’intera vendita, destinato a complicare in maniera non trascurabile l’esecuzione della vicenda (individuazione, nella fase intercorrente tra locazione e vendita, per esempio, del titolo del godimento da parte del finale acquirente in termini di detenzione o di possesso, stanti le diverse norme anche processuali applicabili nei due casi, oppure del termine per l’esercizio di azioni per vizi ed evizione da parte del compratore finale nei confronti del venditore, ecc.). Meglio è allora, ove la volontà delle parti sia quella di imputare in conto e diminuzione del prezzo di vendita (rispetto al valore del bene convenuto tra le parti) anche la totalità o una parte dei canoni effettivamente pagati, chiarire che ci si trova di fronte ad una valutazione di ordine esclusivamente economico e non anche giuridico, in forza della quale ciò che è stato pagato prima della perfezione della vendita (definitiva) resta pagato a titolo di locazione, mentre ciò che viene pagato dopo la perfezione della vendita (definitiva) resta pagato a titolo di prezzo della vendita, anche se si tratta di una cifra inferiore, alla luce del valore che entrambe le parti hanno in ipotesi convenuto di attribuire al bene, a quella che sarebbe stata pagata ove non vi fosse stata la precedente locazione. Naturalmente, la fattispecie tollera la possibilità che la chiara distinzione testé esposta sia arricchita da acconti di prezzo o anche caparre confirmatorie pagati prima della perfezione della vendita (definitiva), da tenersi distinti dai canoni di locazione comunque pattuiti, in quanto, a differenza di questi ultimi canoni, sono destinati a confluire nel prezzo complessivo della vendita. 2.3. La disciplina fiscale ai fini delle imposte dirette, dell’IVA e dell’imposta di registro. Dal punto di vita fiscale, l’applicabilità alla vendita della regola del c.d. prezzo valore (art. 1 comma 497 l. 266/2005), ovvero della regola che fissa la base imponibile in relazione al valore catastale rivalutato del bene indipendentemente dal prezzo convenuto, renderà (normalmente, visti gli attuali valori catastali ancora notevolmente inferiori ai prezzi di vendita praticati) irrilevante, ai fini di eventuali accertamenti di maggiore valore, la scelta da ultimo consigliata, ferma comunque la necessità che tale scelta sia trasparentemente menzionata nell’atto. Diversamente accadrà, invece, nelle ipotesi in cui la regola prezzo - valore non trovi applicazione, occorrendo al riguardo distinguere a seconda che il locatore venditore sia imprenditore oppure privato. Ove tale soggetto sia un imprenditore, ed ove la vendita (definitiva) sia assoggettata ad IVA per legge o per opzione, al pari, come normalmente avviene, della locazione che la precede, si pone infatti il problema di stabilire se l’Amministrazione 5 finanziaria accetterà che la determinazione del prezzo definitivo di vendita avvenga al netto dell’importo dei canoni pagati precedentemente a titolo di locazione, anche se il prezzo stesso, così operando, risulterà inferiore al valore di mercato del bene al momento di perfezionamento della vendita; fortunatamente, l’Agenzia delle Entrate, nella recente Consulenza giuridica n. 954 – 63/2013, emessa in data 13 febbraio 2014, si è espressa in senso positivo con riguardo al dubbio da ultimo accennato, anche alla luce del nuovo contesto di diritto europeo che impedisce alla legge fiscale nazionale di prevedere la possibilità di accertare maggiori valori imponibili IVA in assenza di un effettivo pagamento. Ove invece tale soggetto sia un privato, e l’intera operazione, sia nella sua componente della locazione sia nella sua componente della vendita, sia soggetta ad imposta di registro, la formulazione delle norme vigenti, in assenza di regole europee di armonizzazione, non consente di evitare quel rischio di accertamento di maggior valore ai fini della vendita, rispetto al prezzo comunque stabilito al netto dei canoni già pagati a titolo di locazione, previsto dagli artt. 51 comma 1 e comma 3 e 52 comma 1 del TU 131/1986, secondo cui è in facoltà dell’amministrazione finanziaria, salve le ipotesi di cui al successivo art. 52 commi 4 e 5 del TU 131/1986, assoggettare ad imposta il maggior valore del bene immobile trasferito a prescindere dall’entità del corrispettivo pattuito. Con la conseguenza, che l’impiego dello schema negoziale ora al vaglio, consistente nella combinazione di una locazione con una successiva vendita, risulta penalizzante nei casi in cui quest’ultimo contratto è assoggettato ad imposta di registro anziché ad IVA. 2.4. Una terza opzione di rent to buy: la locazione con clausola di trasferimento della proprietà per effetto del saldo dei canoni pattuiti. Tornando ai profili civilistici dell’operazione, si deve tenere conto che, stando alla formulazione della legge, accanto ai due istituti finora considerati, esiste, per espressa previsione contenuta nel codice civile (art. 1526 comma 3 c.c.), oltre che nella legislazione fiscale [art. 2 comma 2 lett. b) dpr 633/1972 in tema di IVA ed art. 109 comma 2 d.lgs. 917/1986 in tema di imposte dirette], un terzo istituto idoneo a realizzare quel complesso accordo tra le parti comunemente sintetizzato con l’espressione rent to buy, rappresentato, secondo la definizione data dal legislatore tributario, dalla c.d. “locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti”, o, secondo la definizione, più articolata, data dal codice civile, dal c.d. contratto di locazione in cui “sia convenuto che, al termine di esso, la proprietà della cosa sia acquisita al conduttore per effetto del pagamento dei canoni pattuiti”. Il meccanismo giuridico delineato dal legislatore appare di non facile lettura. Il fatto che l’acquisto della proprietà da parte del conduttore compratore avvenga in via automatica per effetto del pagamento dell’ultimo canone induce, innanzitutto, a 6 distinguere chiaramente tale fattispecie dalle due precedentemente esaminate, che, come si è visto, richiedono entrambe, seppure in maniera tra loro diversa, una successiva manifestazione di volontà da parte di una o di entrambe le parti. Nel contempo, il fatto che il legislatore regoli la fattispecie ora al vaglio nell’ambito di quelle norme (artt. 1523 ss. c.c.) che sono dedicate alla vendita con riserva della proprietà, induce a preferire, ad avviso di chi scrive, la conclusione secondo cui si tratta altresì di un istituto diverso da quest’ultimo contratto traslativo ad effetti differiti, dal momento che, se si trattasse del medesimo contratto, non avrebbe alcun senso estendere l’applicazione di una norma che sarebbe di per sé già applicabile. Né, in senso contrario, potrebbe ipotizzarsi che l’art. 1526 comma 3 c.c. debba leggersi alla stregua di una norma meramente interpretativa, idonea cioè a stabilire per legge che ogni contratto definito dalle parti come locazione in cui sia prevista una clausola, vincolante per entrambe le parti, idonea a determinare il trasferimento della proprietà dal locatore al conduttore in via automatica in conseguenza del pagamento dell’ultimo canone di locazione debba essere necessariamente qualificato come vendita con riserva della proprietà, mediante applicazione di tutte le norme dettate per quest’ultimo istituto. Infatti, quest’ultima conclusione - che si risolverebbe in una fattispecie di riqualificazione legislativa della volontà espressa dalle parti - si esporrebbe, sempre ad avviso di chi scrive, ad almeno tre obiezioni: (i) la qualificazione degli istituti giuridici è materia di competenza dell’interprete, per la quale il legislatore non può intervenire; (ii) la riqualificazione in oggetto dovrebbe comunque fondarsi sulle norme generali in tema di interpretazione del contratto di cui agli artt. 1362 ss. c.c., senza alcuna possibilità di una norma ad hoc che potrebbe porsi con quelle in contrasto; (iii) la prescrizione di cui all’art. 1526 comma 3 c.c. non estende alla fattispecie in oggetto tutte le norme in materia di vendita con riserva della proprietà, ma soltanto la norma specifica di cui al precedente art. 1526 comma 2 c.c., con la conseguenza che, dal momento che l’inclusione di una norma espressa vale ad escludere tacitamente ogni applicazione diretta delle altre, i due istituti restano regolati da norme tra loro diverse. Se si condividono le considerazioni da ultimo svolte, il compito dell’interprete diviene quello di individuare la differenza tra i tre istituti riconducibili alla unitaria definizione economica di rent to buy, solo parzialmente sovrapposti dal legislatore civile. A tale riguardo, si può ipotizzare che il legislatore abbia ritenuto legittima una duplice forma di espressione da parte dell’autonomia privata relativamente a quelle fattispecie contraddistinte dal fatto di determinare uno iato tra il precedente momento locativo ed il successivo momento traslativo, da un lato consentendo all’autonomia privata, secondo le regole generali, di esprimersi liberamente 7 individuando una sequenza di autonomi contratti, l’uno di locazione ed il successivo di vendita, in vario modo tra loro collegati, dall’altro lato, grazie appunto alla previsione di cui all’art. 1526 comma 3 c.c., consentendo di addivenire alla sequenza in oggetto tramite la stipulazione di un contratto unitario, qualificabile quale locazione con effetto novativo dell’obbligazione di pagamento del canone, che costituisce il corrispettivo del godimento del bene, per effetto del suo esatto e finale adempimento, a titolo di prezzo di una vendita, con la conseguenza di fare sì che la vicenda novativa ex artt. 1230 ss. c.c. relativa a tale obbligazione determini, dal momento stesso in cui l’effetto si produce, una nuova qualificazione dell’intero contratto desinata a sostituire la precedente. In altre parole, mentre nella locazione con opzione di acquisto e nella locazione con preliminare di vendita l’interprete non può fare altro che individuare due contratti autonomi, destinati ad operare in sequenza e tra loro collegati, nella locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per entrambe le parti il rinvenimento di una duplicità di contratti collegati non appare né necessario, né opportuno. Attraverso la previsione di cui all’art. 1526 comma 3 c.c., il legislatore sembra ammettere un ambito di applicazione all’istituto novativo tale da riconoscere che la novazione oggettiva di un rapporto obbligatorio possa determinare, dal momento in cui l’effetto si produce, una riqualificazione dell’intero contratto, a quel punto da ricondurre ad un tipo diverso rispetto a quello che costituisce la fonte dell’obbligazione novata. La portata dell’art. 1526 comma 3 c.c., dunque, deve essere ricondotta non ad una previsione eccezionale, bensì ad una indicazione a sua volta di sistema, idonea a scongiurare interpretazioni restrittive dell’istituto delle novazione oggettiva, quale istituto riferibile all’obbligazione e non al contratto. La stessa norma, per converso, non impone all’interprete di dipanare la sequenza ricorrendo alla finzione dell’esistenza di due contratti, il primo di locazione sottoposto alla condizione risolutiva del pagamento integrale del canone, ed il secondo di vendita sottoposto alla condizione sospensiva del medesimo integrale pagamento del canone. Infatti, mentre la lettura dell’istituto quale incastro di due contratti condizionati comunque distinti lascerebbe aperta ogni possibile sovrapposizione di disciplina (la condizione è retroattiva o meno? che cosa accade per i diritti fatti valere giudizialmente prima dell’avveramento della condizione risolutiva dell’integrale pagamento del canone? ecc.), la lettura dell’istituto in termini unitari, grazie al ricorso all’istituto della novazione oggettiva come sopra interpretato, consente all’interprete di fare chiarezza, escludendo ogni retroattività ed ogni azionabilità di pretese fondate sulle norme in tema di vendita prima che si sia verificato l’effetto 8 novativo ed ogni pretesa fondata sulle norme in tema di locazione una volta che tale effetto si sia invece verificato. 2.5. Il trattamento fiscale penalizzante di tale terza opzione di rent to buy. Anche nel caso di tale istituto, l’operatore, per verificare la concreta spendibilità della soluzione messa a disposizione dalla legge, non può fare a meno di allargare lo sguardo alla disciplina fiscale, dovendo purtroppo constatare che, sia ai fini IVA, sia ai fini delle imposte dirette (IRPEF ed IRES), sia, con ogni probabilità (seppure con un margine di dubbio stante la più restrittiva formulazione dell’art. 27 comma 3 TU 131/1986 rispetto alle norme sopra richiamate in tema di IVA e di imposte dirette), ai fini dell’imposta di registro, questa considera lo specifico istituto come del tutto identico, per l’anticipazione del presupposto impositivo che nel consegue inderogabilmente, alla vendita con riserva della proprietà, determinando conseguentemente una penalizzazione che ne limita l’impiego a quelle specifiche ipotesi in cui l’interesse al differimento del momento impositivo ai fini delle diverse imposte sopra considerate cede il passo all’interesse civilistico di potere applicare secondo la lettura sistematica dell’istituto che chi scrive ha sopra ritenuto di dovere esporre - le norme in tema di locazione in luogo di quelle in tema di vendita fino al momento del pagamento del saldo prezzo. 2.6. Valutazione sistematica dei tre istituti in relazione allo specifico interesse di ciascuna delle parti. Dunque, se così stanno le cose, si può concludere, fatte le necessarie precisazioni fiscali, che, in tema di contratti c.d. rent to buy, l’autonomia privata dispone di tre distinti istituti tra loro in concorrenza, tutti sufficientemente dotati di un adeguato grado di certezza in merito alle norme di volta in volta applicabili. I tre istituti dovranno essere posti in una ideale scala, che parte dall’istituto teoricamente più favorevole al conduttore compratore (la locazione con opzione di acquisto, in cui ciò che è in più rispetto alla disciplina della locazione è interamente rimesso alla volontà del conduttore stesso, rispetto alla quale il locatore si trova in uno stato di mera soggezione, dal momento che la medesima entrata in gioco delle norme di tema di vendita - a seguito del tempestivo e corretto esercizio dell’opzione - è rimesso alla volontà eventuale ed esclusiva del conduttore stesso), passando attraverso un istituto intermedio (la locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per entrambe le parti, in cui il passaggio dal regime dalla locazione a quello della vendita è sempre nelle mani del conduttore, ma non più attraverso un diritto potestativo da esercitare con specifica volontà negoziale, ma solo attraverso il pagamento integrale del canone pattuito, così creando in capo al conduttore stesso quella pressione derivante dalla necessità, propria dell’istituto, di dover scegliere tra assumere la veste di compratore o rendersi inadempiente rispetto al contratto di locazione), arrivando infine all’istituto teoricamente più favorevole al locatore (la locazione con preliminare di vendita, in cui il locatore può 9 confidare, al pari del conduttore, sul fatto che la disciplina della vendita entrerà in gioco nel momento previsto, ma solo a seguito di una ulteriore manifestazione di volontà in grado di governare ogni sopravvenienza - si pensi alla sopravvenuta insolvenza nel frattempo del conduttore stesso - che possa nel frattempo verificarsi). La considerazione da ultimo svolta richiede infine tre puntualizzazioni: a) la scelta tra i tre istituti deriva in ogni caso dalla libera contrattazioni tra le parti, non potendosi escludere, per esempio, che un locatore venditore più forte (e cioè il cui bisogno di vendere sia più elevato del bisogno del compratore di acquistare) accetti la prima soluzione a fronte della previsione di un prezzo più elevato o, come più facilmente potrà verificarsi, di un canone più elevato, e quindi di una durata della locazione inferiore; b) il secondo istituto, ove interpretato nel senso sopra proposto, appare, tra i tre, l’istituto alla fine più efficace a livello operativo, essendo l’unico in grado di evitare ogni possibile sovrapposizione cronologica tra applicazione di norme del contratto di locazione e applicazione di norme del contratto di vendita; c) la combinazione tra locazione ed opzione di vendita può arricchirsi di diverse modalità operative, a seconda che tale opzione sia rimessa ad una dichiarazione unilaterale del conduttore riferita direttamente al contratto definitivo di vendita oppure al contratto preliminare di vendita, valendo questa ultima modalità a rendere ancora più forte a livello giuridico la posizione del locatore, dal momento che il trasferimento della proprietà non potrà prescindere dalla successiva manifestazione di volontà del medesimo di stipulare il contratto definitivo rinveniente dal preliminare perfezionatosi per effetto dell’esercizio dell’opzione (salvo rimedio giudiziale ex art. 2932 c.c.). 3. Le ragioni della scelta in favore di un contratto con trasferimento immediato della proprietà in luogo di un contratto con trasferimento differito (dal contratto rent to buy al contratto buy to rent). 3.1. Inidoneità degli istituti rent to buy in presenza di un interesse alla vendita immediata. Appare a questo punto opportuno ritornare ai due esempi considerati alla fine del primo paragrafo, al fine di sottolineare come la pratica degli affari conosca alcune situazioni in cui l’interesse dell’aspirante venditore è quello di privarsi immediatamente della proprietà del bene, senza attendere le successive vicende di un contratto di vendita autonomo rispetto all’iniziale contratto di locazione. Nel primo degli esempi fatti, le due persone fisiche che desiderano cambiare casa, per acquistare un appartamento idoneo alle esigenze della loro famiglia divenuta più numerosa, si trovano nella condizione - avendo, in ipotesi, individuato il nuovo 10 appartamento da acquistare, e, dopo avere rifiutato l’accollo del debito in essere in capo al venditore del nuovo appartamento, trovato un accordo con il proprietario e ottenuto la deliberazione di concessione di adeguato finanziamento alla condizione che venga meno ogni loro esposizione nei confronti della banca creditrice ipotecaria sull’appartamento di cui sono attualmente proprietari - di dovere alienare quest’ultimo prima di potere realizzare il proprio nuovo progetto abitativo. Per tali persone fisiche, lo schema rent to buy è del tutto inidoneo, perché il differimento del trasferimento della proprietà dell’appartamento di cui sono attualmente proprietari significa inevitabilmente, altresì, il rinvio del proprio progetto abitativo e di vita. Ne consegue che, per essi, la scelta è tra una vendita tradizionale, con prezzo presumibilmente molto più basso delle aspettative, ed un nuovo schema che si potrebbe definire buy to rent, valorizzando il fatto che, ciò che a livello giuridico è una semplice vendita, a livello economico è un contratto il cui corrispettivo, per un certo periodo di tempo, eventualmente anche lungo, coincide con un canone, o “supercanone”, di locazione. Infatti, chi oggi è disposto a comprare un immobile pagando immediatamente l’intero prezzo, con o senza l’erogazione di un contestuale mutuo ipotecario, sa di essere il contraente forte e, per tale ragione, se non ha un particolare interesse all’immobile di cui si tratta, chiede normalmente un forte sconto sul prezzo richiesto, convinto che valga la pena di chiudere l’affare solo se si tratta di un’occasione, anche in considerazione del prevedibile ulteriore ribasso che i prezzi degli immobili abitativi italiani subiranno, secondo le previsioni degli economisti (in uno scenario deflattivo o, comunque, di bassissima inflazione), nei prossimi due - tre anni. Correlativamente, chi desidera vendere in tempi rapidi si trova nella condizione psicologica di dovere scegliere tra un forte ribasso del prezzo richiesto o la rinuncia all’affare. Per rompere quest’ultima impasse, il potenziale venditore, per bilanciare lo svantaggio derivante dal proprio bisogno di vendere rapidamente, deve trovare un compratore che ha a sua volta un impellente bisogno abitativo, senza tuttavia disporre né della liquidità necessaria per concludere l’affare senza interventi bancari, né delle condizioni per potere essere immediatamente finanziato per l’importo a lui occorrente da parte di una banca; questo potenziale compratore deve essere scoperto e convinto che è possibile, di fronte ad un venditore che ha bisogno di vendere in tempi rapidi, acquistare con adeguata sicurezza giuridica tramite versamenti periodici corrispondenti ad un ordinario canone di locazione, o comunque a poco di più di ciò. Fare incontrare l’offerta e la domanda da ultimo evidenziate è operazione difficile, ma non impossibile, a condizione che vi sia la massima chiarezza di idee sugli istituti 11 giuridici e i modelli contrattuali da applicare a tale specifica vicenda, oltre che sul trattamento fiscale a ciascuno applicabile. 3.2. Nozione economica di buy to rent e suo potenziale ambito applicativo. Con l’espressione buy to rent si intende, dunque, indicare ogni schema giuridico che - pure essendo fondato su una realtà economica sottostante di tipo locativo, perché, come già detto, l’aspirante acquirente, pure intenzionato ad acquisire nel lungo termine il bene, ha nella prima fase di esecuzione del contratto una disponibilità di denaro sufficiente soltanto per pagare un importo mensile eguale o di poco superiore a quello del mercato locatizio - si identifica dal punto di vista formale con la stipulazione, con le opportune garanzie, di un unico contratto di vendita a prezzo differito da pagarsi a rate normalmente costanti. Nell’esempio ora al vaglio, Tizio e Caia, in ipotesi, non sono in grado di alienare il proprio bene attraverso una vendita a cui fa seguito l’immediato integrale pagamento del prezzo se non qualora gli stessi accettino di rinunciare ad una consistente percentuale del prezzo che confidavano di ricavare. Gli stessi, laddove, nella loro autonomia decisionale, decidano di non piegarsi a quest’ultima soluzione, si trovano allora costretti a rinunciare all’intera operazione, o comunque a rinviarla, oppure, come unica alternativa, a percorrere la strada, definita appunto buy to rent (nell’ottica del compratore), dell’immediata alienazione del bene attuale e dell’incasso differito, normalmente a scadenze mensili, della quasi totalità del relativo prezzo. In quest’ultimo caso il compratore, per il credito che riceve, è normalmente disposto ad acquistare a condizioni più vicine al prezzo richiesto dai venditori. Chi intende acquistare l’attuale bene di Tizio e Caia dovrà comunque disporre della liquidità necessaria per pagare immediatamente la parte di prezzo necessaria per estinguere il residuo mutuo ipotecario in essere (il cui ammontare si ipotizza essere modesto), ma, una volta verificatosi tale presupposto, si trova in una condizione nel contempo di vantaggio, dal momento che, a fronte del peso economico di un canone di locazione, o poco di più, acquista da subito la proprietà del bene e la relativa sicurezza, e di rischio, dal momento che si espone, in caso di inadempimento dell’obbligazione del pagamento del prezzo, a subire conseguenze economiche più pesanti rispetto a quelle di una normale locazione e, anche, di uno schema negoziale rent to buy del tipo della locazione con opzione di acquisto. Il punto di incontro tra le esigenze di Tizio e Caia, da una parte, e di questo potenziale compratore a credito, dall’altra, può essere il più vario, essendo in gioco, sul piano del regolamento contrattuale, il prezzo complessivo pattuito, l’ammontare delle rate mensili e quindi la durata del pagamento stesso, il tipo di schema giuridico tra quelli che verranno individuati nel prossimo paragrafo, ecc., e, sul piano delle prospettive personali e macroeconomiche, l’evoluzione futura del merito creditizio del compratore (che, realisticamente, spera di potere ricevere un finanziamento 12 bancario in un periodo di tempo contenuto a seguito del superamento dell’attuale credit crunch o, in alternativa - e più realisticamente - del consolidarsi della propria posizione lavorativa e reddituale oggi precaria), l’evoluzione dell’approccio bancario verso i mutui per l’acquisto della casa, l’evoluzione dei prezzi di mercato di tali beni, ecc. Se l’incontro delle volontà, e quindi la chiusura dell’operazione buy to rent, è, in tale esempio, tutt’altro che scontata, non vi dovrebbe essere dubbio che la possibilità stessa di ricorrere a siffatto schema aumenta di molto le possibilità di chiudere un affare che, in assenza di tali schemi negoziali, difficilmente potrebbe dare luogo all’incontro tra domanda e offerta (non solo del prezzo di acquisto, ma anche del connesso e necessario, in caso di saldo immediato del prezzo, mutuo ipotecario). Anche nel secondo degli esempi fatti il ricorso ad una schema giuridico buy to rent appare, nella sostanza, il mezzo decisamente più utile per aumentare le possibilità di chiudere l’affare. L’impresa Alfa srl, in tale esempio, si trova, dal punto di vista del proprio rapporto con i potenziali acquirenti, nella stessa posizione di Tizio e Caia, dal momento che, in entrambi i casi, il prezzo richiesto non incontra più le offerte di mercato. Normalmente, la posizione dell’impresa è ancora più delicata rispetto a quella delle persone fisiche, dal momento che, da un lato, essa sostiene il peso di un mutuo ipotecario a cui non corrisponde da parte sua alcuna forma di godimento o di utilità immediata, da un altro lato, corre il rischio di una diminuzione del valore del bene legato al mancato uso che le persone fisiche invece non corrono, da un altro lato ancora, si espone - trattandosi di immobile di nuova costruzione o ristrutturato - al rischio, in caso di rinvio dell’alienazione definitiva oltre i cinque anni dalla fine dei lavori, di essere costretta dal compratore a vendere in regime di esenzione IVA, con i costi che ne derivano. Per Alfa srl, come per Tizio e per Caia, lo schema rent to buy non è, in definitiva, una strada effettivamente percorribile su larga scala. Per essa, il ricorso ad uno schema buy to rent costituirà il più delle volte, nei fatti, l’unica opzione percorribile, dal momento che, se per la persona fisica la vendita a prezzo più basso è sempre un’opzione teoricamente possibile, per l’impresa tale opzione può essere essa stessa la causa di una situazione di dissesto o persino di insolvenza, con la conseguenza che, salvo un nuovo apporto di capitale da parte dei soci a copertura delle perdite generate dalla vendita a costo non sostenibile, non vi sono soluzioni alternative. Nel caso dell’esempio al vaglio, tuttavia, il ricorso ad uno schema buy to rent richiede il superamento di un ultimo ostacolo, dato dall’esigenza del compratore di alienare precedentemente il proprio bene, dal momento che il delta di costo che si può ipotizzare tra un acquisto come prima casa o come seconda casa rappresenta, per il compratore potenziale, un ostacolo a sua volta spesso insormontabile. 13 Ne deriva che Alfa srl dovrà farsi carico lei stessa dell’esigenza di alienazione del proprio compratore, pure tenendo presente che ogni tentativo di fare pesare in termini economici il servizio reso si scontrerà, nei fatti, stante il collegamento funzionale che verrà ad instaurarsi tra le due operazioni, con la richiesta del compratore di rivedere al ribasso anche il prezzo di acquisto del bene di proprietà di Alfa. Nel caso di specie, inoltre, l’attuale disciplina fiscale (in assenza di interventi di agevolazione per siffatte operazioni, la cui opportunità pare a chi scrive del tutto evidente, anche al fine di aumentare il gettito per lo Stato derivante dal significativo numero di operazioni che tale agevolazione innescherebbe) rende impraticabile, nella quasi totalità dei casi, l’opzione della permuta tra i due beni, dal momento che l’acquisto del bene dell’acquirente direttamente da parte di Alfa srl presenterà, per tale società, i seguenti costi (che, nel loro insieme, renderanno quasi sempre l’operazione permutativa insostenibile): (i) imposte di registro, ipotecaria e catastale come seconda casa, e quindi complessivamente pari al 9% del maggiore importo tra prezzo e valore del bene, a carico di Alfa srl stessa; (ii) rischio di accertamento di un maggiore valore da parte dell’amministrazione finanziaria ex art. 52 comma 5bis d.lgs. 131/1986; (iii) pagamento, oltre alle spese di gestione e condominiali, dell’IMU come abitazione diversa da quella principale; (iv) rischio di futura plusvalenza ai fini IRES, tanto più ove l’acquisto sia oggi avvenuto ad un prezzo relativamente basso. Alla luce del complesso delle considerazioni svolte, si può allora concludere che, nell’esempio ora al vaglio, l’unica soluzione che può concretamente fare uscire dallo stallo è rappresentata, nella maggior parte dei casi, da una doppia operazione buy to rent, in primo luogo dall’aspirante compratore da Alfa srl in favore di un terzo (individuato il più delle volte dalla medesima società) e, in secondo luogo, dalla stessa società Alfa srl in favore del proprio aspirante compratore che ha nel frattempo alienato ad un terzo il suo precedente immobile. 4. La scelta tra vendita con riserva della proprietà ex artt. 1523 ss. c.c., vendita con patto di riscatto ex art. 1500 ss. c.c. e vendita con condizione risolutiva di inadempimento ex art. 1353 ss. c.c. 4.1. Teorica riconducibilità delle operazioni buy to rent a tre distinti istituti giuridici. Le operazioni buy to rent, la cui opportunità si ritiene di avere individuato attraverso gli esempi considerati nel precedente paragrafo (e dei numerosi altri che l’esperienza professionale suggerisce), devono, al pari delle operazioni di rent to buy considerate nel paragrafo 2, essere ricondotte a precisi schemi giuridici. Senza alcuna pretesa di esaustività, si indicano come schemi giuridici a tale fine astrattamente idonei: I/la vendita con riserva di proprietà ex artt. 1523 ss. c.c.; 14 II/la vendita con patto di riscatto ex artt. 1500 ss. c.c.; III/la vendita con condizione risolutiva, unilaterale nell’interesse del venditore, di inadempimento dell’obbligazione di pagamento del prezzo ex artt. 1353 ss. c.c. L’idoneità astratta di ciascuno di tali tre schemi deriva dal fatto che, in tutti e tre i casi, l’istituto è idoneo a garantire al venditore a credito una tutela reale, ovvero recuperatoria del bene venduto nell’ipotesi di definitivo inadempimento da parte del compratore. Tutti e tre gli schemi, inoltre, per il fatto di evitare lo schema della locazione, presentano il vantaggio, rispetto alle operazioni rent to buy sopra considerate, di fare sì che, in caso di risoluzione del contratto per inadempimento e di mancata riconsegna del bene da parte del compratore possessore, il venditore creditore della prestazione di consegna potrà fare valere, pure in mancanza di titolo esecutivo notarile, un provvedimento giudiziale d’urgenza, non dovendo cimentarsi con le più complesse procedure speciali in tema di sfratto del conduttore per morosità. 4.2. Inidoneità pratica del primo e del secondo istituto. I tre schemi menzionati non sono tuttavia egualmente competitivi. Invero, quanto al primo dei tre istituti menzionati, se le esigenze che possono orientare le parti verso uno schema buy to rent sono quelle emergenti dai due esempi fatti, o quelle del tutto simili che potrebbero ricavarsi dai numerosi altri esempi ad essi assimilabili che possono essere fatti, lo schema richiederà necessariamente, per potere essere preferito rispetto agli schemi più tradizionali del rent to buy, la loro compatibilità con un immediato trasferimento della proprietà, nel caso di specie della vendita con riserva della proprietà insussistente. La riserva della proprietà in capo al venditore è, già sul piano lessicale, la negazione di tale necessario immediato trasferimento del bene: invero - data per scontata l’estendibilità dello schema del riservato dominio anche ai beni immobili, in ciò confortati dalla legislazione speciale oltre che dalla prassi negoziale, così superando l’obiezione che potrebbe essere posta sulla base della collocazione sistematica degli artt. 1523 ss. c.c. all’interno della sezione dedicata alla vendita di cose mobili - se non sono mancate in dottrina ricostruzioni dell’istituto secondo cui il diritto riservato in capo al venditore non è una proprietà in senso tecnico, bensì uno specifico e nominato diritto reale di garanzia, la posizione dominante, addirittura consolidata a livello di prassi operativa e di giurisprudenza, oltre che l’unica compatibile con la disciplina fiscale dell’istituto contenuta nelle due norme citate nel primo paragrafo, è quella secondo cui l’espressione impiegata dal legislatore deve essere interpretata nel suo significato letterale, con la conseguenza che la vendita ex artt. 1523 ss. c.c. non è idonea determinare il trasferimento immediato del diritto in capo al compratore. Inoltre, quanto al secondo dei tre istituti menzionati, se lo schema della vendita con patto di riscatto non solleva dubbi in merito all’immediatezza del trasferimento della 15 proprietà, esso appare per altri motivi scarsamente adattabile alle mutevoli e flessibili esigenze delle operazioni di buy to rent. Storicamente, l’istituto di cui agli artt. 1500 ss. c.c. è nato, in una società precapitalistica e quindi statica, per dare al venditore, in ipotesi contraente forte, una sicura possibilità recuperatoria in caso di successivo pentimento rispetto alla vendita stessa; successivamente, quando lo sviluppo dei traffici giuridici ha reso non più plausibile che un compratore accetti di comprare sottostando al diritto potestativo del venditore di pentirsi e così recuperare il bene, l’istituto è stato piegato ad una funzione di mera garanzia, surrogando nella sostanza operazioni di mutuo con garanzia commissoria; successivamente ancora, quando la Corte di Cassazione, negli Anni Ottanta del secolo scorso, ha ritenuto, anche con due pronunce a sezioni unite del 1989, che il divieto di cui all’art. 2744 c.c. trovi applicazione anche alle vendite immediatamente traslative, fulminando di nullità tale impiego in funzione di garanzia dell’istituto di cui agli artt. 1500 ss. c.c., l’istituto medesimo è praticamente scomparso dalla pratica degli affari. Ogni tentativo di rimettere in pista tale istituto grazie alle nuove esigenze del buy to rent sembra, a sua volta, destinato all’insuccesso. Infatti, se la tutela reale garantita dal contratto è fuori discussione (a differenza di quanto accadrebbe nel caso della vendita con patto o opzione di retrovendita, che ha, come è noto, carattere esclusivamente obbligatorio), non altrettanto fuori discussione è la compatibilità delle norme all’uopo dettate dal legislatore con le esigenze pratiche delle operazioni di buy to rent. Ci si riferisce, in particolare, alle norme di cui agli artt. 1501 e 1502 comma 1 c.c., ritenute tutte imperative da parte della consolidata dottrina. L’art. 1500 c.c., infatti, impone alle parti della vendita, nel primo periodo del suo primo comma, di limitare il tempo per l’esercizio del diritto di riscatto ad un termine massimo, in caso di beni immobili, di cinque anni dalla data di conclusione del contratto, con l’espressa menzione, nel secondo comma, del carattere perentorio e non prorogabile di tale termine massimo, con l’ulteriore conseguenza, sancita dal secondo periodo del primo coma, che se le parti convengono un termine più lungo, esso si riduce a quello legale massimo di cinque anni: ne deriva che l’intero istituto diviene scarsamente adatto per un tipo di operazioni, come quelle buy to rent oggetto delle presenti riflessioni, caratterizzate da una maggiore lunghezza dei tempi, essendo chiaro che il rischio che il compratore si assume adottando un tale schema richiede, viene da dire per sua natura, uno spatium temporis più ampio dei cinque anni, tale da dare al compratore stesso una ragionevole prospettiva di potere acquisire, per le proprie prospettive di reddito o ereditarie, oppure, più facilmente, per la sperata ripresa degli impieghi bancari in tale settore, la disponibilità del capitale necessario per saldare il prezzo complessivamente dovuto al venditore. 16 Ne consegue che la durata delle operazioni buy to rent si avvicinerà a quella dei mutui ipotecari prima casa (nelle prime esperienze in materia, il periodo per il pagamento oscilla tra i quindici e i venticinque anni) piuttosto che al termine massimo quinquennale di cui all’art. 1501 c.c. Inoltre, anche il disposto dell’art. 1502 comma 1 c.c., a sua volta imperativo, appare scarsamente compatibile con le esigenze del buy to rent: la prescrizione secondo cui il venditore che esercita il diritto di riscatto è tenuto a rimborsare al compratore, unitamente alla parte di prezzo già versata, anche le spese ed ogni altro pagamento legittimamente fatto per la vendita e l’amministrazione o il miglioramento del bene (ivi incluse, deve ritenersi, le spese di mediazione eventualmente sostenute) espone il venditore stesso ad un rischio che non sembra sostenibile nell’economia dell’operazione, in cui, come si è visto nel paragrafo precedente, occorrerà potere distribuire tutti i rischi nella maniera più equa possibile tra entrambe le parti. Ne consegue che la sola esistenza dell’art. 1502 comma 1 c.c., intesa quale norma imperativa, se da un lato conferma l’originaria funzione a sostegno del recupero del bene venduto a seguito di riscatto per pentimento da parte del venditore, dall’altro lato spiazza definitivamente l’impiego dell’istituto in una logica buy to rent, ovvero destinata per la sua stessa natura a garantire una equa distribuzione tra ambedue le parti di tutti i sacrifici, e che, per tale ragione, richiede flessibilità di tutti gli elementi contrattuali, risultando incompatibile con forti norme di protezione della singola parte in ipotesi debole, quale è indubbiamente la norma ora al vaglio. 4.3. Necessità di inquadrare le operazioni buy to rent all’interno della vendita sotto condizione risolutiva di inadempimento del compratore. Se così stanno le cose, l’autonomia privata, per praticare efficacemente gli schemi del buy to rent dovrà, nella sostanza, impiegare l’istituto generale della vendita sotto condizione risolutiva unilaterale nell’interesse del venditore, in cui l’evento dedotto in condizione coincide con l’inadempimento qualificato, così come determinato dalle stesse parti, da parte del compratore. Prima di entrare, nei prossimi due paragrafi, nel merito delle concrete modalità attraverso le quali le parti potranno confezionare l’evento dedotto in condizione risolutiva, in relazione ai principali rischi ai quali il venditore (ma, entro certi limiti, anche il compratore) che pone in essere un’operazione buy to rent risulta in concreto esposto, è tuttavia opportuno dedicare qualche osservazione in merito alla piena compatibilità con l’ordinamento giuridico di una condizione di inadempimento. E’ noto infatti che, fino a circa quindici anni fa, la dottrina, più che la giurisprudenza, era in maggioranza orientata a ritenere che l’evento dedotto in condizione dovesse essere “estrinseco” al contratto, ovvero non coincidente con la prestazione di alcuna delle obbligazioni principali delle parti che nel contratto stesso trovavano la loro fonte. 17 A parte il forte dogmatismo di tale ricostruzione, che si fondava in ultima istanza sulla distinzione di tipo pandettistico tra elementi essenziali ed elementi accidentali del contratto (il ragionamento era nella sostanza il seguente: poiché la condizione è un elemento accidentale occorre, se la si vuole tenere distinta dagli elementi essenziali, che l’evento dedotto con coincida mai con una delle prestazioni, quale appunto il pagamento del prezzo, che costituiscono elemento essenziale del contratto), ormai difficilmente spendibile nell’attuale contesto giuridico assai più aperto, per fortuna, ad una valutazione sostanziale dei vari interessi in gioco, ciò che poteva dare una qualche attendibilità alla tesi dell’illegittimità della deduzione dell’inadempimento del pagamento del prezzo in condizione risolutiva poteva essere, casomai, la ritenuta necessità che l’autonomia privata non interferisse con le norme dettate dal legislatore, a loro volta in ipotesi imperative, in tema di conseguenze dell’inadempimento. In tale ultima ottica, la deduzione dell’inadempimento di un’obbligazione fondamentale del contratto in condizione risolutiva poteva porsi illegittimamente in concorrenza con la disciplina delle garanzie reali, e in particolare con quella dell’ipoteca. Tuttavia, tale lettura “panpubblicistica” dell’istituto dell’inadempimento, oltre che in conflitto con altre norme indubbiamente idonee ad incidere per scelta dello stesso legislatore sugli effetti dell’inadempimento medesimo (si pensi all’art. 1229 c.c.), appare oggi difficilmente sostenibile, dal momento che la Corte di Cassazione, con una serie di sentenze emesse a partire dalla metà degli Anni Novanta, ormai confluite in una giurisprudenza che appare non solo abbondante, ma addirittura granitica, in quanto priva di recenti precedenti contrari, ha ritenuto di dovere espressamente aprire a tale manifestazione dell’autonomia privata, così superando non solo l’argomento dottrinale tradizionale fondato sulla distinzione tra elementi essenziali ed elementi accidentali del contratto, ma anche, seppure implicitamente, respingendo il più insidioso argomento da ultimo citato che poteva essere addotto contro la legittimità di tale tipo di condizioni volontarie ex artt. 1353 ss. c.c. . La questione, in tale contesto giurisprudenziale, diviene allora quella di verificare, alla luce dei diversi interessi meritevoli di protezione che sono in gioco, come strutturare, di volta in volta, l’evento condizionale e la modalità (unilaterale o bilaterale, ovvero nell’interesse di una sola delle parti o di entrambe) di funzionamento della condizione stessa. 4.4. La centralità pratica della natura unilaterale o bilaterale della condizione. Nei prossimi due paragrafi, pertanto, si prenderanno in considerazione, relativamente alle condizioni apposte alle vendite buy to rent, prima la condizione al servizio dei soli interessi del venditore, che verrà pertanto configurata come unilaterale nel suo esclusivo interesse, e poi gli interessi specifici del compratore che possono trovare emersione nel medesimo meccanismo condizionale accanto ai citati 18 interessi del venditore stesso, così orientando le parti stesse a configurare questo secondo tipo di condizione come bilaterale, ovvero nell’interesse di entrambe le parti e non di una sola di esse. Come è noto, infatti, la giurisprudenza e la dottrina sono ormai ferme nel distinguere le condizioni apposte ad un contratto ex artt. 1353 ss. c.c., si tratti di condizioni risolutive (come nel caso di specie) oppure di condizioni sospensive, in condizioni unilaterali e condizioni bilaterali nel senso da ultimo esposto, con la conseguenza che, mentre la condizione bilaterale è rinunciabile o modificabile solo in presenza di un accordo di entrambe le parti contrattuali, la condizione unilaterale, a sua volta modificabile con il consenso di entrambe le parti, è tuttavia rinunciabile unilateralmente dalla sola parte nel cui esclusivo interesse è stata apposta, e ciò anche nel silenzio del contratto in merito a tale facoltà (la giurisprudenza si spinge addirittura oltre, ammettendo che, pure nel silenzio del contratto, tale condizione unilaterale sia rinunciabile dalla parte nel cui esclusivo interesse è stata apposta non solo in fase di pendenza, ma anche a seguito della sua mancanza o del suo avveramento, purché entro un congruo termine). 5. Clausole a tutela del venditore in tema di recupero sia della proprietà del bene venduto, sia del suo integro possesso. 5.1. Una tutela del venditore da garantire in ogni caso. Chi vende con immediato trasferimento della proprietà senza ottenere contestualmente il saldo prezzo, o garanzia personale equivalente (fideiussione bancaria a prima richiesta e senza eccezioni), deve garantirsi una tutela reale al fine di evitare che il compratore possa perdere a sua volta la proprietà del bene e rendersi successivamente inadempiente senza possedere un adeguato patrimonio in funzione di garanzia. L’ordinamento giuridico, a quest’ultimo fine, mette a disposizione del venditore non ancora interamente pagato l’istituto dell’ipoteca legale di cui all’art. 2817 n. 1) c.c.; tuttavia tale istituto, oltre al costo fiscale pari al due per cento della somma per cui l’ipoteca legale viene iscritta, a titolo di imposta ipotecaria ex art. 6 Tariffa allegata al dpr 347/1990, presenta l’inconveniente di subordinare l’effettiva tutela del venditore divenuto creditore insoddisfatto al successivo fruttuoso esperimento, per un importo idoneo, al netto delle spese di procedura, a coprire l’intero credito comprensivamente ai relativi interessi, dell’esecuzione forzata relativamente al bene ipotecato. Visto lo stato del processo esecutivo nell’attuale contesto economico e giuridico italiano, è giocoforza concludere che, se questa dovesse essere l’unica forma di tutela del venditore a credito, l’istituto del buy to rent sarebbe morto già prima di nascere. 19 La condizione risolutiva di inadempimento del compratore rispetto all’obbligazione di pagamento del prezzo è, dunque, l’istituto destinato a sostituire sia le tradizionali, oggi fuori mercato, garanzie personali bancarie a prima richiesta, sia l’inefficiente istituto legislativo dell’ipoteca legale. Tuttavia, a differenza di tali ultimi due istituti, che hanno l’obiettivo di salvare l’efficacia del contratto di vendita e di soddisfare in denaro la posizione del venditore non pagato, la condizione risolutiva di inadempimento ha come obiettivo di ripristinare la situazione anteriore alla vendita, consentendo al venditore che ha fatto valere la condizione medesima di ritornare pieno proprietario dell’immobile alienato senza subire gli effetti degli eventuali atti pregiudizievoli compiuti o subiti dal compratore dopo il trasferimento a suo favore della proprietà. Infatti, da un lato, ai sensi dell’art. 1360 comma 1 c.c., “gli effetti dell’avveramento della condizione retroagiscono al tempo in cui è stato concluso il contratto, salvo che, per volontà delle parti o per la natura del rapporto, gli effetti dl contratto o della risoluzione debbano essere riportati ad un momento diverso”, mentre, ai sensi dell’art. 1357 c.c., “chi ha un diritto subordinato a condizione sospensiva o risolutiva può disporne in presenza di questa; ma gli effetti di ogni atto di disposizione sono subordinati alla stessa condizione”. Dal combinato disposto di tali due norme, unitamente alle norme in materia di trascrizione immobiliare (cfr. soprattutto l’art. 2655 c.c.), emerge che il ricorso alla condizione, anche risolutiva, consente all’alienante di potere opporre la condizione ai terzi e, in caso di mancanza della condizione sospensiva o di avveramento della condizione risolutiva, di recuperare la proprietà del bene senza subire gli effetti degli atti compiuti o subiti dall’acquirente. Una volta garantita la tutela reale, si tratta di stabilire come confezionare in concreto una condizione risolutiva di inadempimento con riguardo ad un’operazione buy to rent rispetto: (i) all’inadempimento del compratore all’obbligazione dilazionata di pagamento del prezzo, in merito sia alla rilevanza dell’inadempimento ai fini dell’evento risolutivo, sia alle conseguenze restitutorie che ne derivano in capo all’alienante che ha già riscosso parte del prezzo; (ii) alla violazione del dovere di comportamento in buona fede durante la fase di pendenza della condizione risolutiva di cui all’art. 1358 c.c., con particolare riguardo all’adeguata custodia del bene sia per ciò che riguarda il possesso del medesimo, sia per ciò che riguarda l’attività di amministrazione incombente sul proprietario (pagamento oneri condominiali, coperture assicurative adeguate, ecc.). Il “dosaggio” dell’evento condizionale con riguardo all’entità dell’inadempimento dell’obbligazione di pagamento del prezzo e, in minore misura, dell’inadempimento dell’obbligazione di custodia come sopra definita costituisce uno di quegli aspetti che deve essere negoziato all’interno dell’operazione buy to rent, essendo inscindibilmente legato all’ammontare complessivo del prezzo pattuito, oltre che 20 all’ammontare di ciascun pagamento periodico ed alla conseguente lunghezza del termine finale di pagamento (essendo evidente che, nella trattativa, di fronte alla richiesta del venditore di avere una condizione risolutiva a lui più favorevole, il compratore potrebbe richiedere un abbassamento del prezzo complessivo o, più realisticamente, visto che il buy to rent vuole proprio evitare siffatto abbassamento, una diminuzione della rata periodica con conseguente allungamento del termine per il completamento del pagamento). AI fini dell’inquadramento giuridico della vicenda, per quanto qui interessa, si tratta di stabilire se alla vendita sotto condizione risolutiva di inadempimento testé ipotizzata trovi applicazione, per evitare un aggiramento della normativa dettata dal legislatore per il riservato dominio, non solo la regola generale di cui all’art. 1455 c.c., secondo cui, ai fini della risoluzione del contratto (e quindi anche dell’evento condizionale in parola), occorre che l’inadempimento sia di non scarsa importanza, ma anche la regola specifica di cui all’art. 1525 c.c., secondo cui “nonostante patto contrario, il mancato pagamento di una sola rata, che non superi l’ottava parte dl prezzo, non dà luogo alla risoluzione del contratto e il compratore conserva il beneficio del termine relativamente alle rate successive”. Ritenere che, ai fini della legittimità della condizione risolutiva, occorra fare i conti con il solo art. 1455 c.c., e non anche con l’art. 1525 c.c., significa rischiare che l’intera condizione risolutiva di inadempimento così strutturata sia dichiarata nulla per frode alla legge, laddove la norma da ultimo citata sia considerata, come a chi scrive sembra corretto, anche sulla base della giurisprudenza di legittimità in materia di leasing finanziario ed operativo, un principio generale relativamente ad ogni istituto che prevede dei pagamenti rateizzati. Ne consegue che sarà buona norma prevedere che in nessun caso il mancato tempestivo pagamento di una sola rata inferiore all’ottavo complessivo del prezzo (da intendersi pari, prudenzialmente, alla parte di prezzo ancora da pagare al momento della conclusione del contratto buy to rent) costituirà evento risolutivo del contratto, non essendo per contro necessario, allorché l’inadempimento si estenda a più rate, anche non consecutive, richiedere comunque che esso, complessivamente considerato, superi l’ottava parte del prezzo (sempre come sopra prudenzialmente determinata). Accanto all’inadempimento di non scarsa importanza e distribuito su più rate relativamente all’obbligazione di pagamento del prezzo, l’evento dedotto in condizione risolutiva può altresì estendersi, sempre nell’interesse esclusivo del venditore, all’inadempimento del dovere del compratore di comportarsi secondo buona fede durante la fase di pendenza della condizione risolutiva di cui all’art. 1358 c.c., con particolare riguardo all’adeguata custodia del bene ed ai profili sia materiali sia amministrativi sopra evidenziati. 21 5.2. Alcune ulteriori cautele negoziali consigliabili; il problema della restituzione di caparre ed acconti già riscossi. Inoltre, una condizione risolutiva di inadempimento finalizzata alla tutela degli interessi del venditore deve avere cura di precisare, al fine di una buona tecnica negoziale: (i) che si tratta di condizione unilaterale nell’interesse esclusivo del venditore stesso; (ii) che questi, conseguentemente, può rinunziare alla condizione in qualsiasi momento della fase di pendenza della condizione medesima; (iii) che esso può altresì rinunziarvi entro un breve termine dal suo eventuale avveramento; (iv) quali sono le modalità attraverso le quali tale rinunzia deve essere formalizzata e comunicata alla parte compratrice; (v) in quale modo (normalmente atto pubblico o scrittura privata autenticata ad hoc, al fine di potere eseguire la necessaria annotazione presso i registri immobiliari in forza dell’art. 2655 c.c.) debbano essere fatti constare l’avveramento o, pure nel silenzio dell’art. 2655 c.c. citato sul punto, la mancanza della condizione risolutiva. Infine, il contratto buy to rent dovrebbe avere cura di precisare se si applica la soluzione legale secondo cui, per effetto dell’avveramento della condizione risolutiva, il venditore deve integralmente restituire la parte di prezzo nel frattempo incassata, oppure se, come appare senz’altro legittimo, e nell’interesse del venditore stesso al fine di non depotenziare la condizione risolutiva pattuita nel proprio interesse quando i pagamenti eseguiti hanno già raggiunto un ammontare significativo, riconoscere che una parte del prezzo versato deve essere comunque trattenuta dal venditore stesso sulla base del principio posto per la vendita con riserva della proprietà dall’art. 1526 comma 1 c.c., da ritenersi anche questa volta alla stregua di una regola generale applicabile, anche al di fuori dello specifico schema di cui agli artt. 1523 ss. c.c., quando si abbia una risoluzione in senso ampio (e quindi anche per effetto di una condizione risolutiva ex artt. 1353 ss. c.c.) collegata al mancato pagamento di rate di prezzo. Ritenere che il fondamento del diritto ad un equo compenso disciplinato dall’art. 1526 comma 1 c.c. debba essere comunque rinvenuto in un inadempimento in senso tecnico da parte del compratore e che la condizione risolutiva, sciogliendo definitivamente il contratto ed impedendo comunque l’applicazione di ogni norma in materia di inadempimento, sia inidonea a giustificare tale diritto all’equo compenso, e, più in generale, ogni ius retentionis della somma riscossa sulla base del contratto risolto, significherebbe, da un lato, ragionare in termini formalistici, dal momento che, di fronte all’oggettiva alterazione del sinallagma che ne deriverebbe, non potrebbe non essere comunque riconosciuta al venditore un’azione di arricchimento senza causa ai sensi degli artt. 2041 s. c.c. (con le complicazioni che ne deriverebbero nel sancire - senza diritto per il venditore debitore per effetto della risoluzione della vendita e creditore per effetto dell’ingiustificato arricchimento del compratore ad invocare qualsiasi tipo di compensazione ex artt. 22 1241 ss. c.c. - un obbligo di restituzione seguito dall’azione di una nuova pretesa a riprendersi parte di ciò che si è restituito), dall’altro lato non tenere nel dovuto conto il fatto che la condizione risolutiva in primo luogo non deve essere necessariamente retroattiva, visto il precetto dettato dall’art. 1360 c.c. già sopra richiamato (che, si badi bene limita la retroattività non solo in presenza di volontà delle parti in tale senso, ma anche quando ciò è in contrasto con la natura del rapporto, con la conseguenza che, nel caso di specie, si potrebbe ritenere che proprio il rischio di perdita della parte di corrispettivo già pagata in pendenza della condizione risolutiva valga a ritenere implicitamente derogata la retroattività), in secondo luogo non è necessariamente destinata a travolgere l’intero contratto, ma può essere limitata anche a specifici patti del contratto stesso, secondo la prescrizione generale di cui all’art. 1353 c.c. (con la conseguenza che nulla vieterebbe di precisare che, pure a seguito della condizione risolutiva, nulla osta alla soluti retentio di quella parte di corrispettivo già incassata da parte del venditore). Le riflessioni da ultimo svolte, oltre che sufficientemente solide, si auspica, per giustificare l’applicazione al caso di specie del principio generale di cui all’art. 1526 comma 1 c.c. sopra richiamato pure in assenza di ogni clausola contrattuale che giustifichi la soluti retentio totale o parziale da parte del venditore, consentono di spingere ancora oltre la tutela di quest’ultima parte, laddove la stessa si avvalga degli strumenti di autonomia privata all’uopo previsti dall’ordinamento come testé richiamati. Il venditore, invero, potrebbe desiderare che l’eventuale avveramento della condizione risolutiva di inadempimento, visto l’inconveniente di non poco conto determinato dal fatto che la proprietà dell’immobile ritorna ad esso venditore, non imponga al medesimo la restituzione neppure parziale delle rate di prezzo riscosse, vuoi in forza di una parziale irretroattività della condizione risolutiva stessa ex art. 1360 comma 1 c.c., sia in forza del carve out, disposto specificamente ex art. 1353 c.c. escludendo che la condizione stessa si estenda a tale prestazione o patto, con riguardo al pagamento del corrispettivo eseguito. Ad avviso di chi scrive tali pattuizioni sono del tutto legittime. Le stesse pattuizioni, tuttavia - in ossequio a quella lettura sistematica e non formalistica dell’istituto della condizione risolutiva di inadempimento che si è sopra raccomandata, in forza della quale non si può procedere ad una integrale disapplicazione delle norme dettate dalla legge per l’inadempimento, nella parte in cui le stesse norme assicurano (come nel caso dell’art. 1526 comma 1 c.c.) la tutela del sinallagma contrattuale relativamente alle prestazioni già eseguite in pendenza della condizione medesima, scongiurando ogni successiva azione di arricchimento senza causa da una parte o dall’altra - non potrebbero impedire, sempre ad avviso di chi scrive, che il divieto di restituzione del somme già riscosse convenzionalmente pattuito venga assoggettato alle norme dettate in materia di clausola penale, con 23 particolare riguardo alla sua riduzione giudiziale ex art. 1384 c.c. “se l’ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all’interesse che il creditore aveva all’adempimento”. Il quadro complessivo che emerge dal complesso delle riflessioni svolte legittima una totale apertura nei confronti dell’autonomia privata, della quale le parti che si cimentano con contratti buy to rent dovranno fare attentamente uso, ferma la necessità di individuare dei limiti, dall’una o dall’altra parte (ex art. 1526 comma 1 c.c. a tutela delle ragioni del venditore, ex art. 1384 c.c. a tutela delle ragioni del compratore), per scongiurare manifeste iniquità. 6. Clausole a tutela del compratore in tema di recupero di parte del prezzo pagato. 6.1. L’interesse del compratore a garantirsi la restituzione di parte degli acconti versati in caso di avveramento della condizione risolutiva. L’ultimo punto trattato mette in gioco un possibile interesse anche del compratore inadempiente, che, in assenza di una clausola ad hoc idonea a configurare l’evento condizionale risolutivo in senso anche a lui favorevole, rischia di subire un ingiustificato pregiudizio laddove: (a) si verifichi la condizione risolutiva prevista per inadempimento rilevante dello stesso compratore; (b) il venditore non rinunci tempestivamente ad avvalersi della condizione stessa e, nel contempo, (c) sia insolvente rispetto all’obbligo di restituire l’intero prezzo nel frattempo riscosso, al netto di quell’equo compenso che l’art. 1526 comma 1 c.c. gli consente di trattenere o dell’intera somma che egli, se vi è una clausola contrattuale in tale senso, può per quanto da ultimo detto comunque trattenere (salvo riduzione ex art. 1384 c.c.). Di fronte a tale rischio, la cui entità deve essere come sempre valutata volta per volta, ma che appare in linea di principio rilevante in ogni operazione di buy to rent, in cui il pagamento a rate si prolunga nel tempo ed in cui il valore percentuale del saldo finale appare di solito estremamente ridotto rispetto al prezzo complessivamente pattuito, può essere interesse del compratore introdurre nella contrattazione la propria richiesta che la previsione dell’evento condizionale, ferme tutte le cautele sopra menzionate nell’interesse del venditore, contenga anche la clausola in forza della quale l’effetto risolutivo presuppone, per il suo stesso verificarsi, che vi sia da parte del venditore stesso l’offerta, secondo modalità del pari convenute, di restituzione a favore del compratore che perde il bene di quella parte del prezzo che eccede l’equo compenso per l’uso del bene in pendenza della condizione, ove pattuito. 6.2. Dall’unilateralità alla bilateralità della condizione risolutiva. A sua volta, ove le parti convengano di inserire quest’ultima clausola, dovrà ritenersi, senza possibilità di concludere diversamente neppure laddove il contratto dichiari (erroneamente) che siffatta condizione resta unilaterale nell’interesse 24 esclusivo del venditore, che la condizione assuma i caratteri della condizione bilaterale, alla quale, pertanto, nessuna delle parti potrà unilateralmente rinunciare. Ciò che, infatti, consente di qualificare la condizione come unilaterale oppure come bilaterale, con la differente disciplina che ne consegue, è esclusivamente l’interesse che ne ha determinato sia l’introduzione sia la concreta scelta dell’evento (nel caso di specie, prima del venditore, di garantirsi la tutela reale, poi del compratore, di garantirsi la restituzione dell’eccedenza a lui spettante rispetto agli acconti di prezzo da lui stesso pagati in pendenza della condizione medesima), essendo per contro irrilevante la qualificazione eventualmente data dalle parti stesse nel testo contrattuale in maniera non coerente con gli interessi tutelati dalla condizione introdotta. 7. Riflessioni conclusive dopo due anni di esperienza professionale in materia di contratti rent to buy e buy to rent. 7.1. Quali indicazioni sono emerse dalla prima esperienza professionale in tema di buy to rent? Un istituto dalla diffusione potenziale più ampia di ciò che ci poteva aspettare inizialmente. Le riflessioni svolte nei precedenti paragrafi rappresentano, con l’aggiunta di alcuni aggiornamenti derivanti dalle novità della prassi dell’amministrazione finanziaria, dalle discussioni emerse durante i convegni e, soprattutto, dalla messa a punto di taluni specifici profili suggerita dall’esperienza professionale, il contributo che chi scrive, sollecitato a suo tempo in tale senso da parte delle associazioni degli agenti immobiliari, ha ritenuto di offrire agli operatori nel corso di alcuni convegni svoltisi tra l’ottobre 2012 ed il marzo 2013. Dopo oltre diciotto mesi di applicazione di tali istituti, è opportuno, a giudizio di chi scrive, chiudere le riflessioni al riguardo, nonostante l’assoluta incapacità del legislatore di dare un proprio seppure minimo contributo su un tema divenuto così importante per creare un po’ di interesse nel settore immobiliare, con una nota di ottimismo in merito al possibile ambito applicativo dell’istituto. Le operazioni di rent to buy e, in misura decisamente più marcata, le operazioni di buy to rent non sono destinate a rimanere, come chi scrive aveva pure inizialmente ipotizzato, un mero strumento di nicchia. La platea degli acquirenti interessati è molto più ampia del previsto; ed anche la platea dei venditori interessati, imprenditori e ancora di più privati, è, a bene cercare, a sua volta più ampia del previsto (seppure senz’altro meno ampia di quella degli acquirenti). 7.2. “Enhancing the buy to rent”: l’impiego del preliminare di vendita trascritto e le conseguenti opportune cautele negoziali. La prassi, ad un certo punto, ha cominciato a mescolare la logica del buy to rent sopra illustrata con quella tradizionale del contratto preliminare di vendita; e ciò 25 non solo quando il contratto preliminare prepara un futuro contratto buy to rent, come pure in più casi è avvenuto, ma anche, e soprattutto, quando il contratto preliminare si pone esso stesso come un contratto buy to rent, preparatorio di un contratto definitivo che, invece, si stipulerà soltanto al momento in cui il compratore sarà realisticamente in grado di pagare il saldo prezzo e, quindi, assumerà le caratteristiche di una normale compravendita quietanzata. Sarà dunque il solo contratto preliminare di vendita, in tale logica, a configurare un’operazione di buy to rent, sfruttando quelle caratteristiche che dottrina e giurisprudenza hanno definito - ad avviso di chi scrive impropriamente, in quanto condizionate da una lettura dogmatica del contratto preliminare non corrispondente alla sua reale funzione economica e, in ogni caso, incoerente con la sistematica della legislazione italiana in materia - come “preliminare ad effetti anticipati”. Il compratore, secondo lo schema buy to rent, stipula come promittente compratore un contratto preliminare, in forza del quale, dietro pagamento di una caparra normalmente poco più che simbolica, acquisisce il possesso immediato del bene obbligandosi ad integrare la caparra stessa con pagamenti mensili pari o poco più elevati di quello che, a valore di mercato, sarebbe un canone di locazione, e con diritto (ed obbligo) di stipulare il contratto definitivo solo se i pagamenti sono stati regolari entro una data prestabilita, normalmente pari a tre, o anche sei o nove anni rispetto alla data del preliminare. Tale contratto preliminare sarà trascritto ex art. 2645 bis c.c. e, visto il termine massimo triennale entro il quale la legge ammette gli effetti prenotativi della trascrizione di tale contratto, conterrà una clausola che consente al promittente compratore di anticipare a suo piacimento il termine per la conclusione del contratto definitivo, purché tale ultima stipulazione sia accompagnata dal saldo integrale del prezzo. Il promittente compratore, così procedendo, sa che il proprio acquisto è al sicuro per tre ani da ogni trascrizione pregiudizievole o iscrizione che riguardi il promittente venditore e che, laddove tale trascrizione effettivamente intervenga, egli potrà comunque anticipare la stipulazione del contratto definitivo e fruire quindi dell’efficacia prenotativa della trascrizione del preliminare nonostante tale successiva formalità contro il promittente venditore. In tale caso, il contratto dovrà inoltre prevedere, a tutela del promittente compratore, che il saldo prezzo potrà essere in ogni caso differito secondo le modalità esattamente indicate nel preliminare, introducendosi a tutela del venditore (a questo punto a credito) una condizione risolutiva di inadempimento che, si badi bene, deve essere già prevista nel contratto preliminare se si vuole evitare che lo stesso definitivo sia inidoneo a garantire gli effetti prenotativi derivanti dalla trascrizione del preliminare stesso (garantiti, come è noto, solo se il definitivo è conforme al preliminare a suo tempo stipulato). 26 In tale modo, il preliminare buy to rent si trasforma, per così dire, in definitivo buy to rent con condizione risolutiva, senza perdere gli effetti della trascrizione prenotativa che rende il gravame successivamente iscritto o trascritto contro il promittente venditore inopponibile al promittente compratore divenuto compratore definitivo; il tutto conservando, se ciò corrisponde all’interesse dell’originario promittente compratore, le condizioni di pagamento inizialmente pattuite. Lo schema del preliminare buy to rent a cui farà seguito, quando sarà il momento, un definitivo con prezzo quietanzato appare particolarmente appetibile, e quindi suscettibile di diffusione significativa sul mercato, laddove il pagamento regolare delle mensilità pattuite nel preliminare (non importa se a titolo di integrazione della caparra confirmatoria o di acconto prezzo) sia valutato dal sistema bancario come elemento di merito creditizio per il promittente compratore stesso, al fine di preparare il terreno ad un mutuo ipotecario idoneo a consentire il pagamento del saldo del prezzo e, quindi, la stipulazione anticipata del contratto definitivo (sempre in forza di specifica clausola contenuta nel contratto preliminare trascritto). 27