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NUMERI
OTTAVIO M. D’ANTONA, PIETRO CODARA
1. Introduzione
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’uso dei numeri non è una prerogativa della razza umana, ma è condivisa, anche se in ben piccola parte, dai nostri
antenati. Infatti poche decine di anni fa, ricercatori americani riuscirono a far
eseguire a degli scimpanzé dei semplici ordini del tipo: “Portami due banane”, “Vai
a prendermi un mango” e “Portami tre mele”. Per quantità superiori però anche i
più diligenti del gruppo di studio facevano confusione: quattro, nove o . . . tanti era
sempre lo stesso (Crichton, 2003). Sarà un caso, ma una volta il grande Accademico
di Francia, Marcel Paul Schutzenberger, mi parlò di una popolazione del continente
australiano (1) la cui aritmetica si limitava a un, deux, trois, . . . , beaucoup.
Per rappresentare i numeri gli antichi romani inventarono gli appositi segni (2)
che tutti conosciamo:
I, II, III, IV, V, V I, . . . , X
per 1, 2, · · · , 10, e poi L per 50, C per 100, D per 500 ed M per 1000. Stranamente
però i Romani non avevano un simbolo per lo zero (3). Al proposito mi permetto
di segnalare la mia “personalissima” convinzione che questa circostanza sia una
non indifferente concausa del fatto che una civiltà del genere non elaborò un solo
risultato matematico. Tante superbe realizzazioni di ingegneria idraulica, ma in
matematica . . . zero!
Comunque sia, non è sorprendente che i primi numeri con cui abbiamo avuto a
che fare fin da bambini siano chiamati naturali. Il simbolo normalmente usato per
indicarli globalmente è N. Abbiamo cosı̀ introdotto l’insieme dei numeri naturali:
.
N = {0, 1, 2, 3, . . . } .
E già qui, abbiamo un piccolo problema. Infatti in altri settori delle scienze, lo
stesso simbolo, N, indica un insieme diverso. Questo:
{1, 2, . . . } .
A detta del matematico olandese De Bruijn (4), questa confusione sarebbe dovuta
all’inesistente autore di svariati e importantissimi trattati di matematica della metà
del secolo scorso.
Date: 18 novembre 2009.
1
In effetti la cosa è comune a molte altre popolazioni primitive.
2
Cosa che invece non fecero gli antichi greci i quali usavano le lettere dell’alfabeto.
3E invece i Maya sı̀, come si può vedere nella pagina iniziale del sito del corso.
4A pag. 4 delle dispense di un suo corso di Analisi combinatoria (Nienhuys, 2009), l’autore
scrive: Due to the confusion caused by N. Bourbaki about the natural numbers, we feel obliged to
define: N0 = {0, 1, 2, ...} and N1 = {1, 2, 3, ...}.
1
2
OTTAVIO M. D’ANTONA, PIETRO CODARA
A questo punto però la nostra proposta operativa è la seguente. In questo
capitolo assumeremo che anche lo zero sia un numero naturale, mentre in seguito
cambieremo la nostra scelta.
2. I numeri naturali
Uno dei concetti di base dei linguaggi di programmazione è quello di tipo di
dato. Questa non è certo la sede per discutere l’argomento, ma a noi basterà sapere
che un tipo di dato è individuato da un insieme di elementi e dalla specifica delle
operazioni che su di essi si possono fare. Noi l’insieme ce lo abbiamo, N, ma non
abbiamo precisato quali operazioni si possono fare con i naturali. Beh, rimediamo
subito: le operazioni che si possono fare con questi numeri sono due: la somma e
la moltiplicazione.
L’idea è che se n ed m sono due numeri naturali, sicuramente lo saranno anche
n + m ed nm. In altre parole con queste operazioni . . . non si esce dal seminato!
Mentre invece 2 − 33 e 11/19 non sono certo elementi dell’insieme N.
Dal punto di vista algebrico c’è subito un’osservazione da fare. In N ci sono due
numeri . . . speciali: lo zero e l’uno. Infatti lo zero è l’unico numero naturale che
gode di questa proprietà:
n+0=n=0+n ,
e uno è l’unico numero naturale che gode di quest’altra:
m·1=m=1·m ,
qualunque siano n, m ∈ N. È come se, per cosı̀ dire, un intero non si accorgesse
di essere sommato a 0 oppure di essere moltiplicato per 1. Per questo motivo
si dice che 0 è l’elemento neutro della somma e che 1 è l’elemento neutro della
moltiplicazione. Per completezza aggiungiamo che (N, +, 0) e (N, ·, 1) sono due
esempi di una struttura algebrica chiamata monoide commutativo. Sistemata (beh,
si fa per dire) la questione algebrica, non possiamo concludere il paragrafo senza
porci una domanda, all’apparenza ingenua: quanti sono i numeri naturali?
Probabilmente tutti vorrebbero rispondere: infiniti! E la cosa è senz’altro giusta,
ma sicuramente non è abbastanza precisa per i nostri scopi. Infatti scopriremo ben
presto che di infiniti ce ne sono di vari tipi e, per cosı̀ dire, di varie taglie. Il tipo
di infinità che si addice ai numeri naturali ha un nome: infinità numerabile.
Ma andiamo con ordine. Dato un insieme di oggetti, si dice che la sua cardinalità
(o anche, ma più raramente, il suo ordine) è il numero dei suoi elementi, degli oggetti
che lo costituiscono. Se S è un insieme, la sua cardinalità è quasi sempre indicata
scrivendo |S|. Ad esempio, se L è l’insieme dei numeri del lotto, allora
|L| = 90 .
Se con B indichiamo l’insieme di quei giovanotti che qualche anno fa cantavano
canzoni di successo come ad esempio Yesterday, Yellow Submarine oppure Father
McKenzie, allora avremo
|B| = 4 .
E ancora: |{0, 1, 2, . . . , 90}| = 91 e cosı̀ via. Quindi la domanda che ci siamo posti
qualche riga indietro può essere simbolicamente formulata scrivendo:
|N| = ?
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Ora, la cosa interessante è che per rispondere a domande relative alla cardinalità di
insiemi finiti c’è sempre un numero naturale che costituisce la risposta. Può darsi
che uno non la conosca esattamente o che non se la ricordi, ma a domande sulla
cardinalità di insiemi finiti la risposta è sempre un numero naturale, un elemento
di N. Quanti sono i versi dell’Iliade? 15693. Quanti sono i canti dell’Odissea? 24.
E quelli della Divina commedia? 100 (prologo compreso).
Molto bene, ma . . . ma quale sarà il numero naturale che si presta a rispondere
alla domanda
|N| = ?
Nessuno! Nessuno? Certo: nessuno per il buon motivo che ogni numero naturale
esprime una quantità finita. Grande quanto si vuole, ma pur sempre finita. Ed ecco
che siamo al vero problema: se vogliamo dare una risposta numerica alla domanda
che abbiamo formulato in più modi, dobbiamo fare uno sforzo di fantasia. Spesso,
nella storia delle scienze, i grandi passi in avanti sono stati dei piccoli passi di
semplificazione (5), ma alcune (rare) volte sono stati dei veri e propri balzi nel
futuro! E qui, siamo proprio in presenza di uno di questi snodi: visto che non esiste
un numero naturale che possa esprimere la numerosità di N . . . inventiamone uno
nuovo!!! Cosı̀ è stato fatto e il nome scelto per il battesimo del neonato numero è
ℵ0 (si legge: ALEF CON ZERO o anche ALEF ZERO)(6). Ed ecco che possiamo
completare simbolicamente la nostra domanda scrivendo
|N| = ℵ0 .
Bene, abbiamo fatto un passo importante, ma . . . è tutto qui? A ben vedere, in
fondo, non abbiamo fatto altro che scegliere un glifo piuttosto che un altro. Possibile
che sia cosı̀ importante? Il dubbio è più che legittimo: in effetti lo spessore culturale
di questo passo non risiede nella specifica scelta del simbolo, ma nell’essere stati
capaci di andare oltre quello che abbiamo sempre avuto davanti agli occhi.
Per vedere alcune conseguenze di questo passo proviamo, ancora una volta, con
delle domande. Ad esempio: “Quanti sono i numeri (naturali) pari? Quanti quelli
dispari? Qual è la cardinalità dell’insieme dei numeri primi?”
|P AR| =?
|DIS| =?
|P RI| =?
In un certo senso siamo tornati al punto di prima. Anche in questo caso ci rendiamo
conto che nessun numero naturale può rispondere a queste domande e, ancora
una volta, ci verrebbe voglia di rispondere che quei tre insiemi contengono infiniti
elementi. E ancora una volta la risposta è esatta, ma a ben vedere siamo di fronte
ad un altro, nuovo problema: come si confrontano due insiemi infiniti? Nel caso
finito tutto è facile (7). Se voglio sapere se ha più lettere l’alfabeto italiano o quello
inglese, mi basta contarle. Ma che dire di |P AR| e di |DIS|? Hanno più elementi
di N? Ne hanno di meno? Ecco il motivo del nostro imbarazzo: non abbiamo un
metodo per confrontare la numerosità degli insiemi infiniti.
5Questa è una parafrasi dell’affermazione di G.-C. Rota (Vigevano, 1932, Cambridge, 1999):
Lo sviluppo della matematica è segnato da successive tappe di semplificazione. (D’Antona, 1985,
Prefazione)
6ℵ è il nome della prima lettera dell’alfabeto ebraico e ovviamente coincide con la prima lettera
dell’alfabeto arabo e di quello greco.
7Beh, proprio tutto . . .
4
OTTAVIO M. D’ANTONA, PIETRO CODARA
3. Contare senza numeri?
Dunque la situazione è questa: ci siamo accorti che il nostro modo di contare
gli elementi degli insiemi finiti non si può estendere al caso infinito. E il motivo è
chiaro: nel caso finito abbiamo i numeri naturali che si offrono come candidati per
la risposta, ma per insiemi come N, P AR o DIS . . . mancano i volontari. Quindi,
se vogliamo proseguire dobbiamo inventare un modo di contare che non sfrutti la
disponibilità dei numeri naturali.
Facciamo un tentativo di tipo . . . astrologico (sarà buffo, ma da qualche parte
dobbiamo pur incominciare). Diciamo allora che LU N sia l’insieme delle fasi lunari,
.
LU N = {P rimoQuarto, LunaP iena, U ltimoQuarto, LunaN uova}
e che M OS sia l’insieme dei famosi Moschettieri creati dalla fantasia di A. Dumas,
D’Artagnan compreso:
.
M OS = {Aramis, Athos, P orthos, D0 Artagnan} .
Ora immaginiamo di lavorare ad una teoria astrologica secondo cui ad ogni fase
lunare corrisponda un momento particolarmente propizio per uno dei nostri amici
moschettieri. Ad esempio potremmo considerare questa tabella
P rimoQuarto
LunaP iena
U ltimoQuarto
LunaN uova
Aramis
Athos
D0 Artagnan
P orthos
che ci dice che nel Primo Quarto il più fortunato è Aramis, durante la Luna
Piena lo è Athos, nell’Ultimo Quarto il favore della sorte va a D’Artagnan mentre va a Porthos quando c’è la Luna Nuova. Fatta questa premessa, possiamo
. . . dimenticarci astrologia e romanzi d’appendice per concentrarci sul nostro problema, cioè sul fatto che la tabella appena vista ha stabilito una (8) corrispondenza
biunivoca tra gli elementi dei due insiemi LU N e M OS. Ciò significa che ad ogni
fase lunare vien fatto corrispondere uno (ed uno solo) dei personaggi di Dumas e
viceversa. In termini matematici tale corrispondenza è data da una coppia di funzioni legate tra loro da una particolare proprietà. La prima funzione, che potremmo
chiamare AST RO, assegna ad ogni fase lunare un diverso moschettiere, mentre la
seconda, che potremmo chiamare ORT SA, assegna ad ogni moschettiere una diversa fase lunare. Ma la proprietà che caratterizza questa coppia di funzioni e
che la rende una corrispondenza biunivoca è che, come suggerito dai loro nomi,
queste due funzioni sono l’una l’inversa dell’altra. Ad esempio visto che AST RO
associa Aramis al P rimoQuarto, allora ORT SA sarà obbligata ad assegnare il
P rimoQuarto ad Aramis. In simboli
AST RO(P rimoQuarto) = Aramis
OST RA(Aramis) = P rimoQuarto .
In sostanza, una corrispondenza biunivoca tra due insiemi, diciamo X e Y , stabilisce un accoppiamento singolo, univoco e completo tra elementi di X ed elementi
di Y . Ecco un altro esempio, caso mai ce ne fosse bisogno:
GianniRivera − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − −M ILAN
8Una tra le 24 possibili.
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5
SandroM azzola − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − IN T ER
OmarSivori − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − −JU V EN T U S
Tutto molto bello, ma - direte voi - cosa c’entra questo siparietto calcistico con
il nostro intrigante problema? Come possono l’Astrologia o un prolifico romanziere
francese aiutarci a contare . . . senza numeri? Domande legittime, cui è ora di dare
una risposta. E la risposta ce l’abbiamo proprio sotto agli occhi! Ma aspettiamo
ancora un momento.
Supponiamo che un buontempone vi chieda di stabilire una corrispondenza biunivoca tra l’insieme, LU N , delle fasi lunari e quello dei Nanetti di Biancaneve.
Cosa gli rispondereste? Non so voi, ma io - visti i suoi interessi - potrei suggerirgli
di andarsi a leggersi le Centurie di Nostradamus oppure La bella addormentata nel
bosco.
La risposta al nostro problema consiste nell’incontrovertibile fatto che si può
stabilire una corrispondenza biunivoca tra due insiemi se e soltanto se quei due
insiemi sono . . . equinumerosi, ovvero se hanno lo stesso numero di elementi. In
altre parole una corrispondenza biunivoca tra due insiemi è il certificato della loro
equinumerosità. Ed ora il punto focale: questa circostanza è veramente la soluzione
del problema per la semplice ragione che è possibile stabilire corrispondenze biunivoche anche tra insiemi infiniti. Pertanto, anche per coppie di insiemi infiniti, noi
assumeremo l’esistenza di corrispondenze biunivoche come certificato di equinumerosità. Per concretezza mostriamo subito che |N| e |P AR| sono equinumerosi,
ovvero che
|N| = |P AR| .
Sia f : N → P AR una funzione che assegna ad ogni numero naturale il suo doppio:
n 7→ 2n ,
e sia g : P AR → N una funzione che assegna ad ogni numero naturale pari la sua
metà:
m
.
m 7→
2
È immediato verificare che la coppia (f, g) è una corrispondenza biunivoca tra gli
insiemi N e P AR. Infatti (1) dato un numero naturale, diciamo n, esiste un unico
numero naturale pari che sia il doppio di n e contemporaneamente ogni numero
naturale pari è il doppio di un numero naturale (9); inoltre (2) dato un numero
naturale pari, diciamo m, esiste un unico numero naturale che sia la metà di m e
contemporaneamente ogni numero naturale (pari o dispari che sia) è la metà di un
numero naturale pari (10). Per di più è immediato vedere che
g(f (n)) = g(2n) = n
per ogni n ∈ N, e che
m
)=m
2
per ogni m ∈ P AR, cioè f e g sono l’una l’inversa dell’altra.
dimostrato che
|N| = |P AR| ,
f (g(m)) = f (
9Pertanto la f è iniettiva e suriettiva
10Pertanto la g è iniettiva e suriettiva
Abbiamo cosı̀
6
OTTAVIO M. D’ANTONA, PIETRO CODARA
ovvero, in soldoni, che ci sono tanti numeri naturali quanti numeri pari. In altre
parole, anche la cardinalità di P AR è ℵ0 .
La cosa può sembrare strana e per commentarla conviene considerare una semplice e importantissima definizione: un insieme è detto numerabile quando lo si
può mettere in corrispondenza biunivoca con N. In effetti questa definizione è il
commento annunciato: vediamo perché. Se le parole hanno un senso, un insieme
numerabile è un insieme che può essere . . . enumerato, ossia un insieme del quale si
può dire qual’ è il suo primo, secondo, terzo elemento e cosı̀ via.
Facciamo riferimento a P AR che per ora, a parte N stesso, è l’unico insieme
numerabile che conosciamo. È chiaro che possiamo enumerare P AR scrivendo
p0 = 0, p1 = 2, p2 = 4, p3 = 6, · · · , pn = 2m, · · ·
In effetti la corrispondenza biunivoca (f, g) tra N e P AR è sintetizzata nella scrittura pn = 2n (mentre la corrispondenza biunivoca tra N e sé stesso è raccolta nella
scrittura pn = n).
Esercizi 3.1. (1) Dimostrate che anche la cardinalità di DIS è ℵ0 . (2) Dimostrate
che ci sono tanti numeri naturali quanti numeri naturali maggiori di 2.
Per poter formulare correttamente il prossimo esercizio è necessario introdurre
qualche nuovo concetto. Tra gli oggetti (matematici) che più frequentemente vengono usati in informatica ci sono le stringhe di caratteri (11). Dato un alfabeto,
cioè un insieme finito e non vuoto i cui elementi sono chiamati simboli, le stringhe
che si possono costruire con quell’alfabeto sono le giustapposizioni di un numero
finito dei suoi simboli. Ad esempio, ottavio è una stringa dell’alfabeto italiano (che
tra l’altro ci chiarisce che le ripetizioni sono ammesse), mentre newyork non lo è.
Notiamo poi che tra le stringhe se ne considera anche una un po’ speciale perché
. . . è priva di caratteri (in fondo anche 0 è un numero naturale). Questa stringa,
comunemente indicata con λ (ma a volte anche con ) si chiama stringa vuota o
nulla. Fissato un alfabeto, diciamo ∆, si indica con ∆∗ l’insieme di tutte le stringhe
finite, costruite con i simboli di ∆ (dunque la lunghezza delle stringhe di ∆∗ deve
essere un numero naturale). Ecco, ad esempio, le sette più corte stringhe binarie:
λ, 0, 1, 00, 01, 10, 11 ,
dove, ovviamente, per stringa binaria ne indichiamo una costituita con l’alfabeto
binario: {0, 1}.
Esercizi 3.2. (1) Quante sono le stringhe costruibili con un alfabeto unario, cioè
costituito da un solo simbolo? (2) Dimostrate che |{0, 1}∗ | = ℵ0 . (3) Dimostrate
che ∆∗ è un insieme numerabile, qualunque sia |∆|. (4)+ Spesso l’insieme ∆∗ è
detto il monoide libero delle parole (qui, le parole sono le stringhe costruite con i
simboli di ∆). Si tratta infatti di un monoide, ma non commutativo. Può il lettore
individuare una ragionevole operazione tra stringhe? E quale sarà l’elemento neutro
di tale operazione?
11Mentre scrivo queste pagine sto usando (e insieme a me milioni di segretarie sparse per il
pianeta) un diffusissimo word processor che non è altro che un programma per il trattamento delle
stringhe di caratteri che costituiscono un testo.
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4. Numeri interi e numeri razionali
All’inizio del paragrafo precedente avevamo osservato che, in generale, con i
numeri naturali non si possono fare le sottrazioni, nel senso che 2 − 33 non è un
numero naturale. I numeri (interi) negativi,
−1, −2, −3, · · ·
sono la (semplice) risposta al problema. Oggi, l’insieme dei numeri interi
N ∪ {−1, −2, −3, · · · } = {0, ±1, ±2, ±3, · · · }
è quasi universalmente indicato con il simbolo
Z,
dall’iniziale del sostantivo (femminile) tedesco Zahl. Casomai ce ne fosse bisogno,
ricordiamo che la generica forma di un numero intero è ±n (dove n è un numero
naturale). Pertanto ogni numero intero esprime una quantità finita: positiva o
negativa che sia, ma pur sempre finita! Per il momento non abbiamo nulla da
aggiungere su questi numeri, ma prima di proseguire è di rigore proporre al lettore
il seguente
Esercizio 4.1. Quanti sono i numeri interi?
Se l’introduzione dei numeri negativi ha risolto il problema della sottrazione tra
numeri naturali, i razionali risolvono quello della divisione tra numeri naturali (e
anche tra interi).
Definizione 4.1. Un numero razionale è una coppia (p, q) dove p è un qualunque
numero intero e q è un numero intero non nullo. Inoltre, le coppie (p, q) ed (r, s)
per cui risulti ps = qr definiscono lo stesso numero razionale.
Nella pratica, la coppia (p, q) che denota un numero razionale viene scritta in
forma di frazione:
p
q
e le quattro operazioni aritmetiche che possiamo liberamente fare con questi numeri
vengono svolte con le ben note regole delle frazioni:
ps ± qr
p r
pr
p r
p s
ps
p r
± =
,
· =
,
: = · =
.
q
s
qs
q s
qs
q s
q r
qr
Esercizio 4.2. Definite le quattro operazioni aritmetiche sui razionali espressi come
coppie di numeri interi: (p, q).
Il simbolo oggi comunemente usato per indicare l’insieme dei numeri razionali è
Q
che richiama il concetto di quoziente, cioè in sostanza di frazione (12). La struttura
algebrica {Q, +, ×, 0, 1} si chiama anello degli interi (13) e costituisce il terreno in
cui si gioca la partita dell’aritmetica.
Esercizio 4.3. Siano p e q due numeri razionali. Mostrate che
razionale compreso tra p e q.
p+q
2
è un numero
12Ma ancora alla fine dell’800, i padri fondatori dell’Analisi matematica e tra questi Dedekind
- di cui ci occuperemo tra breve - usavano la lettera R, dal latino ratio, cioè rapporto.
13Corpo, Dedekind, Zahlkörper
8
OTTAVIO M. D’ANTONA, PIETRO CODARA
Ed ora una domanda che non poteva mancare: quanti sono i numeri razionali?
Bene, non so quanto sorprendente voi lo troviate, ma anche Q è un insieme numerabile! Vediamone prima una giustificazione intuitiva, necessariamente imprecisa
e per di più parziale. Parziale perché - ma solo per semplicità - qui ci limitiamo a
considerare soltanto i razionali positivi, ma l’estensione a tutto Q è facile.
L’idea è di considerare una tabella, che in gergo si chiama matrice, costituita da
un’infinità numerabile di righe e colonne. La nostra tabella avrà la riga 1, la riga 2,
e cosı̀ via; e anche la colonna 1, la colonna 2, eccetera. In generale potremo dunque
parlare della i-esima riga e della j-esima colonna, dove i e j sono arbitrari numeri
naturali. Sarebbe quindi umanamente (ma anche informaticamente) impossibile
scriverla effettivamente tutta. E infatti non abbiamo nessuna intenzione di farlo:
ne considereremo soltanto quanto ci basta per intuire una esplicita enumerazione
dei numeri razionali positivi. Il primo passo per realizzarla consiste nello scrivere
nella generica posizione (i, j) della nostra matrice il numero ji .
1
1
2
3
..
.
i
..
.
2
3
···
j
···
i/j
..
.
Dovrebbe essere chiaro che in questo modo ogni numero razionale positivo (nessuno escluso) troverà il suo posto nella matrice e che ad ogni casella della matrice
(nessuna esclusa) corrisponderà un numero razionale positivo. Molto bene, ma
. . . abbiamo un problema, anzi due. Il primo è che questa associazione non è univoca. Ad esempio, a tutte le caselle della diagonale principale (quelle con i = j)
corrisponderà sempre e soltanto il numero 1. E allora cambiamo il nostro obiettivo:
costruiremo una corrispondenza biunivoca tra i numeri naturali e le coppie (ordinate) di numeri naturali, cioè gli elementi dell’insieme N × N. Resta comunque un
altro problema: come fare ad enumerare le caselle della nostra tabella? Qui il fatto
è che non possiamo certo scegliere di numerare ingenuamente le caselle iniziando da
quelle della prima riga! Se la tabella avesse un numero finito di elementi potremmo
farlo, ma qui . . . non arriveremmo mai ad assegnare una posizione (cioè un numero
naturale) neanche alla prima casella della seconda riga. E allora, seguendo un’idea
che risale a Georg Cantor (14), procediamo a zig-zag (15) come suggerito in Fig. 1.
In questo modo potremo assegnare ad ogni casella un numero naturale, quello che
compete a quella casella nella enumerazione che corrisponde alla seguente funzione:
hi, ji =
(i + j)(i + j + 1)
+j .
2
14Georg Ferdinand Ludwig Phillip Cantor nacque a San Pietroburgo nel 1845 e morı̀ ad Halle,
vicino a Lipsia, nel 1918. Fu allievo di Kummer e di Weierstrass.
15
Il nome inglese di questa tecnica è dove tailing.
NUMERI
9
Figura 1. Dove tailing.
0
1
2
..
.
i
..
.
0
1
2
···
(0, 0) (0, 1) (0, 2)
(1, 0) (1, 1) (1, 2)
(2, 0) (2, 1)
j
···
(i, j)
..
.
Ad esempio si vede che la casella per la coppia (1, 2) è
(1 + 2)(1 + 2 + 1)
+2=8 .
2
Inoltre la funzione h·, ·i può essere invertita. Per determinare la coppia (n, m)
che si trova in posizione z, rispetto alla enumerazione di Cantor, calcoliamo prima
√
−1 + 8z + 1
w2 + w
w=b
c
e poi
t=
.
2
2
A questo punto si ottiene m = z − t ed n = w − m. Per un esempio poniamo
z = 9 e otteniamo prima
√
−1 + 8 + 1
w=b
c
2
Dunque, sapendo che N è un sottoinsieme proprio di Q e cheQ è un sottoinsieme
proprio di N × N:
N⊂Q⊂N×N
e avendo dimostrato che anche N×N è un insieme numerabile, possiamo scrivere:
ℵ0 = |N| = |N × N = ℵ0 .
In conclusione abbiamo dimostrato che anche Q è un insieme numerabile:
|Q| = ℵ0 .
Esercizio 4.4. Dimostrare che l’insieme dei numeri irrazionali compresi tra 0 e 1 ha
la stessa cardinalità di quello dei razionali maggiori di 1.
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5. Oltre i razionali
In queste ultime pagine, abbiamo fatto un bel progresso: siamo partiti da quei
numeri che sono adatti ad indicare la cardinalità di insiemi finiti di oggetti, siamo
arrivati agli interi e poi ai razionali. I tre insiemi corrispondenti, N, Z e Q, sono
tre insiemi infiniti che hanno la stessa cardinalità: ℵ0 . Tuttavia non abbiamo certo
contemplato tutti i numeri possibili: basta pensare al nostro vecchio amico π, che
non è un intero, e neppure un razionale (16). Esaminiamo l’argomento. Tutti sanno
che non esiste una . . . bicicletta razionale, cioè un’ipotetica bicicletta con le seguenti
proprietà: (1) L, la lunghezza dei tubolari delle sue ruote, misurata in centimetri,
è un numero intero, e (2) R, la lunghezza dei suoi raggi, misurata in centimetri, è
un numero intero. Se fosse possible costruire tale mezzo di locomozione avremmo
provato che . . . π è un numero razionale (e avremmo anche fatto un bel dispetto
a Pitagora che ci aveva provato in tutti i modi, ma senza successo). Infatti la
geometria che abbiamo studiato nelle Medie ci insegna che
L
=π .
2R
Questa non è certo una prova rigorosa, ma basta a farci venire il sospetto - molto
ben fondato - che, oltre ai razionali, esistano degli altri numeri, numeri che non si
possano esprimere come rapporto √
di numeri interi. Per trasformare i sospetti in
realtà, proviamo a dimostrare che 2 non è un numero razionale.
√
Supponiamo per un attimo che 2 sia un numero razionale. È evidente che, se
cosı̀ fosse, allora esisterebbero due numeri interi, diciamo p e q, tali che
√
p
2= .
q
Supponiamo anche che la frazione p/q sia ridotta ai minimi termini (cioè che
non la si possa ulteriormente semplificare, ovvero che p e q siano primi tra loro).
Elevando al quadrato entrambi i membri dell’uguaglianza appena scritta avremmo:
p2 = 2q 2 .
Potremmo quindi dedurre che p2 è un numero pari (il doppio di q 2 ) e di conseguenza che anche p è un numero pari. Dunque possiamo scrivere p = 2h, per
qualche h naturale e positivo. Quindi otteniamo
(2h)2 = 4h2 = 2q 2 ,
da cui deduciamo
2h2 = q 2 ,
ovvero che anche q 2 e di conseguenza lo stesso q sono pari. Ma di fatto questa
conclusione contraddice la nostra ipotesi iniziale, cioè che la frazione p/q fosse
ridotta ai minimi termini per il buon motivo che ora la potremmo semplificare
(dividendo numeratore e denominatore per 2).
√
Cosa è successo? Abbiamo fatto un’ipotesi (la razionalità di 2) e ne abbiamo
dedotto una contraddizione (sulla semplificabilità di p/q), cioè l’assurdo risultato
che p/q fosse ridotta ai minimi termini e nello stesso tempo semplificabile. Nell’ambito della logica classica questa situazione (detta dimostrazione per assurdo)
16La cosa venne dimostrata da Lambert nel 1761.
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ci obbliga a negare la verità dell’ipotesi√che ha generato la contraddizione. In
conclusione abbiamo dimostrato (17) che 2 non è un numero razionale.
In realtà l’esistenza di numeri che non sono razionali è testimoniata da quei
numeri che hanno un’espansione decimale illimitata e non periodica. A questi si
dà il nome di numeri irrazionali, ma curiosamente non c’è un simbolo ufficiale
(e
√
neanche semiufficiale) che indichi il loro insieme. Come abbiamo visto, π e 2 sono
due esempi di irrazionali.
Una piccola divagazione, prima di proseguire. La dimostrazione che uno specifico
numero sia irrazionale è, in genere, molto difficile. Ad esempio a tutt’oggi non si
sa se π + e (e è la base dei logaritmi naturali) è irrazionale.
Esercizio 5.1. Sapendo che due numeri sono irrazionali, si può dedurre che anche
la loro somma lo è? Esibire, se possibile, un esempio di due numeri irrazionali la
cui somma è razionale.
In un prossimo paragrafo faremo un cenno alla definizione intrinseca di questi
numeri, ma per ora limitiamoci a considerare il fatto che il simbolo
R
indica l’insieme di tutti i numeri razionali e di tutti i numeri irrazionali, ovvero
l’insieme dei numeri reali.
Avere un’intuizione corretta e completa di questi enti matematici, di questi oggetti del pensiero è molto difficile (se non impossibile). Un modo di conquistare tale
intuizione sta nel pensare ai numeri reali come ai punti di una retta: una tradizione
consolidata da qualche secolo. Tra breve ci occuperemo di tutte quelle proprietà
strutturali dell’insieme R che sono fondamentali per trattare gli argomenti classici
dell’Analisi matematica, ma per ora . . . torniamo alla nostra solita domanda: quanti
sono i numeri reali?
Ovviamente, ci basta scrivere
N⊂Z⊂Q⊂R
per vedere che i numeri reali sono infiniti, ma questa volta vedremo che . . . R non
è un insieme numerabile!
La dimostrazione di quest’affermazione costituisce il celebrato Teorema di Cantor (detto anche di Bernstein - Cantor). In questa sede ne diamo una versione leggermente ristretta e semplificata, ma sostanzialmente equivalente. Nello specifico
dimostriamo che l’insieme dei numeri reali compresi tra 0 e 1 non è numerabile.
Il nostro procedimento si basa sulla numerazione binaria ovvero su un modo
di scrivere i numeri usando soltanto due cifre: 0 e 1. L’idea non è assolutamente
nuova (18) ma dall’avvento dei calcolatori elettronici (cioè da poche decine d’anni) la
numerazione binaria ha assunto uno status più che invidiabile. Per non appesantire
la trattazione, è meglio rinunciare alla sua definizione, ma in cambio . . . chiediamo
al lettore un atto di fede, gli chiediamo cioè di credere che tutti, ma proprio tutti, i
numeri reali positivi, ma minori di 1 si possano scrivere in questa forma:
0, σ
17E la dimostrazione si può adattare alla radice quadrata di qualunque numero naturale (che
non sia un quadrato perfetto, ovviamente).
18Caramuel
12
OTTAVIO M. D’ANTONA, PIETRO CODARA
dove σ è una stringa finita o infinita (19) di cifre binarie: 0 e 1. Ad esempio,
chiediamo al lettore di credere che
0, 1
0, 01
0, 11
sono, rispettivamente, la rappresentazione binaria di 1/2, di 1/4 e di 3/4. Ovviamente abbiamo scelto tre esempi di numeri razionali. Ed il motivo è semplice:
anche nella numerazione binaria i numeri irrazionali hanno un numero infinito, e
non periodico, di cifre binarie (cioè soltanto 0 o 1) a destra della virgola. Tali cifre
si chiamano bit, dall’inglese binary digit cioè, appunto, cifra binaria. Ciò detto, ci
apprestiamo a dimostrare che l’insieme dei numeri reali positivi e minori di 1 non
è numerabile. In simboli, la nostra tesi è:
|{x ∈ R : 0 < x < 1}| =
6 ℵ0 .
Anche in questo caso svolgeremo una dimostrazione per assurdo. Supporremo
che l’insieme dei numeri reali positivi e minori di 1, che d’ora in avanti indicheremo con (0, 1), sia numerabile. Sotto tale ipotesi sarà dunque possibile stabilire
una corrispondenza biunivoca tra gli elementi di quell’insieme e i numeri naturali.
Esisterà quindi una enumerazione di tutti quegli elementi, ad esempio
x0 , x1 , x2 , · · ·
Ovviamente tale enumerazione è anche una enumerazione delle stringhe 0, σ che
costituiscono la loro rappresentazione binaria. Ad esempio esisterà un numero
naturale, diciamo n, che rappresenterà la posizione assunta da 0, 125 (cioè 1/8) in
quella enumerazione (20). Quindi in tale ipotetica enumerazione avremo
xn = 0, 001
e avremo anche
bn,0 = bn,1 = 0, bn,2 = 1, e poi bn,m = 0, per m = 3, 4, · · ·
Analogamente a quanto fatto nella precedente dimostrazione definiamo anche
qui una matrice con una infinità numerabile di righe e di colonne. In ciascuna delle
sue righe scriveremo i bit bi,0 , bi,1 , . . . ) della stringa σi del numero che corrisponde
a quella riga nell’enumerazione che abbiamo supposto esistere (e nel caso di numeri
razionali, faremo seguire infinite cifre 0 a destra dell’ultima cifra 1).
(0, 1)
x0
x1
x2
..
.
xn
xn+1
..
.
0
1
2
b0,0
b1,0
b2,0
..
.
0
b0,1
b1,1
b2,1
..
.
0
b0,2
b1,2
b2,2
..
.
1
bn+1,0
..
.
bn+1,1
..
.
bn+1,2
..
.
···
···
···
···
..
.
0
···
..
.
b0,n
b1,n
b2,n
n+1
b0,n+1
b1,n+1
b2,n+2
···
···
···
···
···
0
···
0
bn+1,n
..
.
bn+1,n+1
..
.
···
0
···
..
.
n
19Pertanto σ non è necessariamente un elemento di {0, 1}∗ .
20Si noti che non stiamo facendo nessuna ipotesi sulla struttura dell’enumerazione. L’unica
cosa che abbiamo fatto è stato supporne l’esistenza.
NUMERI
13
Ed ora siamo al punto forte della dimostrazione! Quindi, prima di sferrare il
colpo di grazia, facciamo il punto della situazione. Abbiamo fatto l’ipotesi (di cui,
ovviamente, vogliamo provare l’assurdità) che l’insieme (0, 1) sia numerabile. Sotto
tale ipotesi abbiamo costruito la nostra tabella le cui righe sono una enumerazione
di tutti gli elementi di (0, 1).
Sia ora δ = b0,0 b1,1 b2,2 · · · la infinita stringa binaria i cui bit sono, ordinatamente,
gli elementi della diagonale principale della matrice che abbiamo costruito. Sia poi
δ̄ la infinita stringa binaria i cui caratteri sono, ordinatamente, il contrario di quelli
di δ, ovvero δ̄ è ottenuta da δ semplicemente scambiando i valori 0 in 1 e viceversa
(21). Se per esempio δ iniziasse con la sequenza
00001111001101010 · · ·
allora la sequenza iniziale di δ̄ sarebbe:
11110000110010101 · · ·
Ora l’aspetto importante è che δ̄ è una stringa binaria infinita e, come tale, è la
codifica uno dei numeri di (0, 1). Ma . . . quale?
Potrebbe ad esempio essere il numero reale che si trova nella duecentoquindicesima posizione della nostra ipotetica enumerazione? Ovvero è possibile che
x215 = δ̄ ?
No! Non è possibile che x215 sia δ̄ perché queste due stringhe differiscono in
almeno una posizione: esattamente la posizione 215. Infatti questa posizione appartiene alla diagonale principale della matrice. Dunque se, per avventura, il carattere nella duecentoquindicesima posizione della stringa x215 fosse 1, allora sarebbe
1 anche il carattere nella posizione 215 della stringa δ. Quindi, proprio per come
abbiamo costruito la stringa δ̄, nella posizione 215 della stringa δ̄ avremmo 0. E,
per lo stesso motivo, se x215,215 fosse 0, allora nella posizione 215 della stringa δ̄
avremmo 1.
In sostanza abbiamo dimostrato che non può esistere una enumerazione effettiva
dei numeri razionali. In altre parole abbiamo dimostrato che R non è numerabile!
Esercizio 5.2. Spesso per capire bene una definizione, un concetto è utile pensare
al loro opposto. E spesso è anche cosı̀ con le dimostrazioni. Noi abbiamo appena
mostrato che l’insieme di tutte le stringhe binarie (finite o infinite che siano) non
è numerabile. D’altra parte, nell’esercizio (??), avevamo suggerito che l’insieme
(0, 1)∗ è numerabile. Perché non si può applicare la tecnica della dimostrazione
precedente per dedurre che (0, 1)∗ sia numerabile? In particolare, qual è il passo
che non regge nel caso di (0, 1)∗ ?
6. L’insieme delle parti
Dato un insieme finito di oggetti, come si fa ad ottenerne uno . . . più grande?
Non chiediamoci, per ora, quanto grande vogliamo che sia il nuovo insieme, ma
cerchiamo piuttosto come fare ad ottenerlo. Replicarlo, ad esempio, non servirebbe.
Vediamo perché. Se prendessimo l’insieme M OS dei moschettieri di Dumas e lo
unissimo a se stesso otterremmo ancora lo stesso M OS:
M OS ∪ M OS = M OS .
21In informatica questa operazione si chiama complementazione o anche negaazione.
14
OTTAVIO M. D’ANTONA, PIETRO CODARA
Quattro erano, quei moschettieri, e quattro restano, anche se li nominiamo due
volte (22). Per fare un altro tentativo potremmo allora considerare l’insieme delle
coppie di elementi di un insieme. Questa costruzione (molto importante in svariati
settori della matematica) porta il nome di prodotto cartesiano. Ad esempio, dato
l’insieme {a, b} potremmo costruire il prodotto cartesiano di {a, b} per se stesso ed
ottenere
.
{a, b} × {a, b} = {(a, a), (a, b), (b, a), (b, b)} .
Ecco! Ce l’abbiamo fatta: il nuovo insieme ha più elementi di {a, b}. E ancora:
si possono costruire ben 9 coppie di nipotini di Zio Paperino. In effetti, il numero
di elementi del prodotto cartesiano di un insieme con n elementi per un insieme
con m è esattamente n · m. Giusto, però non basta, e per un buon motivo: se S è
un insieme infinito, allora
|S × S| = |S| .
In altre parole, è pur vero che il prodotto cartesiano di due insiemi finiti ha più
elementi dei suoi fattori (23) (24), ma ciò non è più vero se gli insiemi sono infiniti. E
la cosa non ci deve stupire: in fondo i numeri razionali sono una specie di prodotto
cartesiano dei naturali per se stessi, e abbiamo visto che |Q| = ℵ0 .
E allora? Allora per soddisfare la nostra mania di grandezza, si fa per dire, dobbiamo ricorrere ad una nuova operazione sugli insiemi: la costruzione dell’insieme
potenza di un insieme.
Per illustrare questo concetto è praticamente indispensabile chiarire la semplice
nozione di sottoinsieme. In modo formale possiamo dire quanto segue.
Definizione 6.1. Siano S ed A due insiemi. Si dice che A è un sottoinsieme di S,
e si scrive A ⊆ S, se
x ∈ A =⇒ x ∈ S .
Eh sı̀: le definizioni formali sono proprio aride (per lo meno a prima vista). In
sostanza, dato un insieme S, un suo sottoinsieme è un qualunque insieme i cui
elementi siano anche elementi di S. Quindi, in particolare, si ha
S⊆S
per qualunque insieme S. Questo è facile da ricordare: ogni insieme è sottoinsieme
di se stesso. Un’altra possibile descrizione dei sottoinsiemi recita: dato un insieme
S, se ne può costruire un sottoinsieme considerando quegli elementi di S che hanno
una data proprietà. Ad esempio possiamo affermare che
.
A − M OS = {Aramis, Athos} ⊆ M OS
nel senso che Aramis ed Athos costituiscono un sottoinsieme, che abbiamo chiamato A − M OS, dell’insieme dei moschettieri di Dumas. Quale? Quello dei moschettieri il cui nome inizia per A.
22La formalizzazione di questa semplice considerazione costituisce la proprietà di idempotenza
dell’operazione di unione insiemistica.
23Con una due sole eccezione. Quale?
24E anche considerare gli insiemi delle terne, o delle quaterne di oggetti di un dato insieme
non risolverebbe il nostro problema.
NUMERI
15
Questo esempio suggerisce una riflessione importante. In realtà noi abbiamo
costruito A − M OS specificando una proprietà che alcuni dei moschettieri dovevano
avere per poter far parte di quel sottoinsieme (25). Ad esempio, a partire da R,
possiamo ottenere l’insieme dei razionali come quel sottoinsieme di numeri reali
i cui elementi sono il rapporto di due numeri interi. Interessante. Ma proviamo
allora a definire l’insieme dei moschettieri che . . . hanno guidato una motocicletta.
DISEGN OAM AN OLIBERA!
O.K. è un po’ strano, ma non si vede perché non lo si possa fare. E comunque
la risposta è semplicissima: l’insieme dei moschettieri che hanno guidato una motocicletta è un insieme privo di elementi. Tale insieme, ovviamente unico nel suo
genere, viene detto insieme vuoto ed è indicato dal simbolo
∅
(che non è la lettera greca Φ). Fatta questa necessaria premessa, rimandiamo
ad altra sede la descrizione di altre proprietà degli insiemi e torniamo al nostro
problema iniziale.
Definizione 6.2. Dato un insieme qualsiasi (finito, infinito oppure anche vuoto), il suo insieme potenza, detto anche insieme delle parti, è l’insieme di tutti i
sottoinsiemi dell’insieme dato. L’insieme delle parti dell’insieme S viene indicato
scrivendo
P(S)
oppure
2S .
Formalmente si ha
2S = {A : A ⊆ S} .
Per un semplicissimo esempio consideriamo un generico insieme di tre elementi,
diciamo S = {a, b, c}, e iniziamo l’elenco dei suoi sottoinsiemi a partire da quelli
composti da un solo elemento (26):
{a} ,
{b} ,
{c} .
e
Poi scriviamo quelli composti da due elementi:
{a, b} ,
{a, c} ,
e
{b, c},
poi il più grande, cioè S, che è sottoinsieme di se stesso, e infine l’immancabile
. . . insieme vuoto (27). Riassumendo abbiamo che
2S = {∅, {a}, {b}.{c}, {a, b}, {a, c}, {b, c}, {a, b, c}} .
Ecco che, a partire da un insieme di 3 elementi, ne abbiamo uno di 8 elementi. E
l’insieme delle parti dell’insieme delle fasi lunari contiene ben 16 elementi, mentre
l’insieme potenza di un singoletto è costituito da due elementi: l’insieme vuoto e
il singoletto stesso. Estrapolando questi tre esempi si può derivare la importante
formula che ci fornisce il numero di sottoinsiemi di un insieme, diciamo S, che
contenga n elementi:
(1)
|2S | = 2n .
25Ed effettivamente un assioma della teoria degli insiemi (in tedesco Aussonderungaxiom) ci
garantisce che in tal modo, cioè specificando particolari proprietà degli elementi di un insieme
dato, si possono ottenere nuovi insiemi a partire da quell’insieme.
26Un insieme del genere si chiama singoletto (in inglese singleton).
27Questa non è una battuta: l’insieme vuoto è sottoinsieme di qualunque insieme!
16
OTTAVIO M. D’ANTONA, PIETRO CODARA
Esercizio 6.1. Costruite l’insieme potenza dell’insieme vuoto e verificate la formula
appena data.
Ora, come sta diventando abituale, proseguiamo con una domanda: nello specifico ci chiediamo quale sia la differenza tra la (1) e la seguente elegantissima
formula:
(2)
|2S | = 2|S| .
Forse il primo commento che si può fare è che, strettamente parlando, la (1)
non ha nessuna speranza di essere applicata al caso di insiemi infiniti. Perché? Ma
per il buon motivo che n è un numero naturale che quindi esprime una quantità
finita. D’altra parte è anche vero che non sembra assolutamente facile applicare
la (2) ad un insieme infinito. Perché? Ma per l’ottima ragione che non abbiamo
a disposizione un volontario per il suo membro di sinistra: se |S| è una quantità
infinita, quale numero potrebbe candidarsi ad essere
|2S | ???
In effetti la questione è anche più seria di quanto possa sembrare. Scartata
l’ipotesi di rispondere alla triplice domanda con un numero naturale, l’unica carta
che potremmo giocare è ℵ0 , ma purtroppo il prossimo teorema (28) ci impedisce
anche questa mossa.
Teorema 6.1. Sia S un insieme qualsiasi (finito, infinito oppure anche vuoto).
Allora
(3)
|2S | > |S| .
Dunque il segno di maggiore stretto che compare nella formula qui sopra ci
impedisce di proporre ℵ0 come cardinalità dell’insieme delle parti di N.
E allora? Allora potremmo ripetere quello che avevamo fatto quando non sapevamo valutare la cardinalità di N. La soluzione era stata l’invenzione di ℵ0 , e
qui potremmo inventare . . . ℵ1 . Questa è in effetti la trovata con cui la comunità
matematica ha risolto il problema. Possiamo dunque scrivere:
ℵ1 = |2N | .
Esercizio 6.2 (+). Dimostrate che l’insieme di tutti i sottoinsiemi finiti di N è un
insieme numerabile.
Ma - qualcuno potrebbe chiedere - che fine hanno fatto i numeri reali? Giustissimo. Ed ecco la pronta risposta: l’insieme delle parti di N può essere messo in
corrispondenza biunivoca con l’insieme dei numeri reali. In altre parole è possibile costruire una bijezione tra questi due insiemi. E, come ben sappiamo, la cosa
implica che
|R| = ℵ1 .
E cosı̀ come esiste un nome specifico per gli insiemi equicardinali con N (che,
ricordiamo, si chiamano numerabili ), di ogni insieme che è in corrispondenza biunivoca con l’insieme dei numeri reali si dice che ha la potenza del continuo.
28Una dimostrazione di questo risultato può essere trovata nel nostro testo di riferimento
(Anichini e Conti, 2008, Pag. 89)
NUMERI
17
Siamo cosı̀ praticamente arrivati alla fine di questa carrellata che ha riguardato
. . . i numeri. Certo non tutti i numeri possibili: ad esempio qui il grande assente è
l’unità immaginaria e la sua corte di numeri complessi. Ma possiamo giustificarci
precisando che in questa sede ci siamo occupati di quei numeri che si possono
incontrare andando a spasso per la retta reale.
E per finire . . . due considerazioni (su temi che vanno ben oltre la portata di
queste pagine).
La prima riprende il vecchio adagio che recita: non c’è il due senza il tre. In
altre parole, già che abbiamo inventato (29) ℵ0 e ℵ1 . . . perché non proseguire? In
effetti la cosa si può fare: basta considerare l’insieme dei sottoinsiemi dei numeri
reali e attribuirgli ℵ2 come cardinalità.
La seconda considerazione, invece di andare verso l’enormemente grande, ci porta
a metà strada tra i numeri naturali e i numeri reali. Cosa c’è, dal punto di vista
della cardinalità, tra N ed R? Più precisamente la domanda è se esista un insieme
che abbia cardinalità maggiore di ℵ0 e minore di ℵ1 . Ebbene, a tutt’oggi nessuno
ha saputo rispondere a questa domanda, anche se tendenzialmente si pensa che la
risposta sia negativa. La cosiddetta ipotesi del continuo formulata da G. Cantor ancora lui - ritiene, appunto, che non esista un insieme con cardinalità maggiore di
ℵ0 e minore di ℵ1 .
7. La retta reale. Nozioni di base
Praticamente tutti i concetti relativi ai tradizionali corsi di Analisi 1, di cui
il nostro è un sottoinsieme proprio, sono basati sull’analogia tra R, l’insieme dei
numeri reali, e la retta reale. In nome di questa analogia, nel seguito useremo
in modo intercambiabile le locuzioni numero reale e punto della retta reale(30). In
questa sede non vogliamo illustrare la questione in tutta la sua profondità. In prima
istanza, ci limitiamo alla intuizione che ci suggerisce la stretta corrispondenza tra
gli elementi di R e i punti di una retta.
Qui e nei prossimi paragrafi forniamo quelle specifiche nozioni che ci consentono
di sviluppare il nostro programma didattico. Fino a contrario avviso, indicheremo
con A un sottoinsieme non vuoto dei numeri reali. In simboli:
∅ 6= A ⊆ R .
Definizione 7.1. Un numero reale, diciamo M , è detto una limitazione superiore
di A (o anche maggiorante per A) se ogni elemento di A è minore o uguale ad M ,
in simboli:
a ∈ A =⇒ a ≤ M .
Se un insieme ammette una limitazione superiore, allora è detto limitato superiormente, e superiormente illimitato in caso contrario.
29L’impiego di questa parola è piuttosto ingenuo, ma non vogliamo certo entrare nel secolare
problema con cui si sono misurati i più grandi filosofi: gli enti matematici sono inventati o scoperti?
30È curioso che fu proprio l’abuso di questa analogia a spingere Richard Dedekind a cercare
prima e poi, finalmente (nel 1858), a formulare una definizione di numero irrazionale in termini
puramente numerici (e non geometrici).
18
OTTAVIO M. D’ANTONA, PIETRO CODARA
In modo del tutto analogo si definiscono le nozioni di limitazione inferiore, minorante, e insieme inferiormente limitato o illimitato. Per quanto banale, è importate segnalare espressamente che a maggioranti e a minoranti per un insieme
non è richiesto di essere elementi di tale insieme. Ad esempio il numero 19 è una
limitazione superiore dell’insieme dei numeri reali negativi. Per un altro esempio,
l’insieme degli inversi dei numeri primi che si scrivono con due cifre,
1
1 1
P RI h−1i (2) = { , , · · · , } ,
97 91
11
è limitato superiormente da 1, da π e anche da 1947. Altro esempio: P RI h−1i (2) è
inferiormente limitato: 0 è un suo minorante, ma anche 1/100 lo è.
Esercizio 7.1. Dimostrare che se A possiede un maggiorante, allora ne possiede
infiniti.
Definiamo ora una coppia di nozioni molto simili alle precedenti.
Definizione 7.2. Sia M AX un elemento di A. (1) Se ogni elemento di A è minore
di M AX, allora si dice che M AX è il massimo di A. (2) Sia M IN un elemento di
A. Se ogni elemento di A è maggiore di M IN , allora si dice che M IN è il minimo
di A.
Fissiamo subito le idee. Se un insieme ha un massimo (che deve essere un suo
elemento), allora è limitato superiormente. Da chi? Ma dal suo massimo, tanto
per dire. Ma anche dal suo massimo aumentato di π (che non è un elemento
dell’insieme). Per un altro esempio, diciamo che P RI h−1i sia l’insieme infinito degli
inversi dei numeri primi (qui il numero di cifre non conta). Ebbene P RI h−1i ha
massimo, cioè 1/2, ma non ha minimo. Tuttavia P RI h−1i è limitato inferiormente:
qualunque numero reale non positivo è un minorante di P RI h−1i .
Esercizi 7.2. Dimostrate i seguenti teoremi. (1) Ogni insieme finito e non vuoto
ha massimo. (2) Sia M AX massimo di A. Se x è un elemento di A per cui
a≤x,
per ogni a ∈ A, allora x = M AX. (3) Sia M AX massimo di A e sia M una
limitazione superiore di A. Allora A è limitato superiormente (anche) da
M AX + M
.
2
Uno dei precedenti esercizi suggeriva che un insieme limitato superiormente (31)
ammette infiniti maggioranti. La domanda che ci poniamo è se di tali infiniti
valori ne esista uno più piccolo di tutti gli altri. La risposta, positiva, costituisce il
cosiddetto Teorema della completezza di R:
Ogni insieme non vuoto di numeri reali che sia superiormente (inferiormente)
limitato ammette una minima limitazione superiore (inferiore). Tali valori sono
detti, rispettivamente estremo superiore ed estremo inferiore dell’insieme.
Il più semplice, e chiaro degli esempi, è probabilmente quello dell’insieme {x ∈
R : 0 < x < 1} che è privo sia di massimo sia di minimo. Tuttavia si vede bene che
0 è il massimo dei suoi minoranti e che 1 è il minimo dei suoi maggioranti. Dunque
0 e 1 sono, rispettivamente, estremo inferiore e superiore di {x ∈ R : 0 < x < 1}.
31Considerazioni analoghe valgono per le limitazioni inferiori.
NUMERI
19
Figura 2. I divisori di 24.
Figura 3. La famiglia.
Incidentalmente, val la pena di annotare le espressioni least upper bound e greatest lower bound, abbreviate rispettivamente in l.u.b. e g.l.b., con cui la letteratura
anglosassone indica i termini appena introdotti. Va anche detto che tali concetti,
fondamentali per l’analisi matematica, sono altrettanto importanti in settori ben
diversi quali la teoria degli insiemi parzialmente ordinati. Qui, ovviamente, non
possiamo nemmeno fare un excursus al proposito, ma ci limitiamo a segnalare che,
pur senza saperlo, tutti noi abbiamo avuto a che fare con questi concetti. E fin dalla
scuola elementare! Infatti, rispetto alla divisibilità, il minimo comune multiplo di
due interi è la loro minima limitazione superiore. Analogamente il massimo comun
divisore di due interi è la loro massima limitazione inferiore.
È anche importante osservare che, in generale, l’esistenza di una massima limitazione inferiore (o di una minima limitazione superiore) è tutt’altro che cosa scontata. Per esemplificare la situazione, prendiamo in esame una ipotetica famiglia
composta da papá, mamma e da due figli gemelli: Antonio e Benedetta. Per semplicità abbrevieremo questi personaggi con le lettere P , M , A e B. La figura 3
mostra questa famiglia ordinate secondo la relazione essere figlio. Ora chiediamoci:
esiste una minima limitazione superiore all’insieme {A, B}? E una massima limitazione inferiore all’insieme {P, M }? Questo esempio, in sostanza, ci ha detto che
limitazioni superiori e inferiori possono non esistere per motivi di . . . abbondanza.
20
OTTAVIO M. D’ANTONA, PIETRO CODARA
Invece nel caso dei numeri razionali il motivo è proprio l’opposto. Ad esempio
consideriamo l’insieme
.
SQRT 2 = {x ∈ Q : x > 0, x2 < 2} .
È chiaro che SQRT 2 sarà composto da coppie (irriducibili) di interi positivi,
(p, q), per cui risulti
2
p
<2
q
ovvero
p √
< 2 = 1.41421356 . . .
q
È altresı̀ chiaro che SQRT 2 conterrà gli elementi la sequenza crescente di valori:
14
141
1414
14142
141421
1414213
,
,
,
,
,
, ...
10
100
1 000
10 000
100 000
1 000 000
È pur vero che ciascuno di questi valori (32) approssima sempre meglio la radice
quadrata di 2, ma per ciascuno di essi si può costruire un’approssimazione ancora
migliore, aggiungendo
opportunamente al numeratore un’altra cifra dell’espansione
√
decimale di 2 e moltiplicando il denominatore per 10. In effetti, come la teoria ci
assicura, l’insieme SQRT 2, in quanto insieme
√ non vuoto di numeri reali, è dotato
di limitazione superiore che però è proprio 2: un ben noto numero irrazionale.
Comunque non si creda che i razionali siano i . . . cugini di campagna! Ad esempio
ogni numero reale può essere approssimato con precisione a piacere da un numero
razionale. Questa è una conseguenza del fatto che tra due numeri reali ci sono
infiniti numeri razionali. La descrizione tecnica di questa proprietà è l’affermazione
che i razionali sono densi nei reali.
8. Aperti o chiusi?
In questo paragrafo ci occupiamo di insiemi di numeri reali, ovvero di insiemi di
punti della retta reale. I concetti qui esposti sono della massima importanza per lo
studio dell’analisi (e anche di altri campi della matematica).
Definizione 8.1 (Intervallo). Siano a e b due numeri reali e sia a < b. L’insieme
.
(a, b) = {x ∈ R : a < x < b}
è detto un intervallo aperto. L’insieme
.
(a, b) = {x ∈ R : a ≤ x ≤ b}
è detto un intervallo chiuso. Gli insiemi
.
(a, b] = {x ∈ R : a < x ≤ b} e
.
[a, b) = {x ∈ R : a ≤ x < b}
sono detti, rispettivamente un intervallo semiaperto a sinistra (e chiuso a destra),
e intervallo semiaperto a destra (e chiuso a sinistra).
Dunque, in generale, gli intervalli sono particolari insiemi di numeri reali individuati da due numeri reali, ma si può considerare anche il caso di intervalli del
tipo [a, a] (che, come il lettore può verificare, sono chiusi). Si noti che l’intervallo
(a, a) coincide con l’insieme vuoto. Per ora non ci pronunciamo sul fatto che (a, a)
32E chi obbiettasse che non si tratta di coppie irriducibili di interi positivi è invitato a sostituire
7/5 al primo valore, 707/500 al terzo e cosı̀ via.
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sia aperto o chiuso. Va anche ricordato che i simboli (−∞, b) e (a, +∞) indicano,
rispettivamente, gli intervalli
{x ∈ R : x < b}
e
{x ∈ R : x > a} ,
33
dove a e b sono due arbitrari numeri reali ( ). Altrettanto vale per il simbolo
(−∞, +∞) che indica l’intero R. Anche in questo caso lasciamo in sospeso la
questione della eventuale chiusura, o apertura, di R.
Esercizio 8.1. Dimostrate la seguente affermazione. Sia V un insieme non vuoto di
numeri reali e siano x e y due suoi elementi con x ≤ y. Allora V è un intervallo se
e soltanto se tutti gli elementi compresi tra x e y sono elementi di V . Formalmente
V è un intervallo se e soltanto se
{r ∈ R : x ≤ r ≤ y} ⊆ V .
Proseguiamo l’esposizione con una domanda: cosa si ottiene facendo l’unione di
due intervalli? Come spesso accade, la risposta dipende dai casi. Ad esempio
(−2, 3) ∪ [−1, 4) = (−2, 4)
e
(−π, 2] ∪ [2, π) = (−π, π) ,
sono intervalli aperti, ma [−3, 0)∪(0, 5] non è certo un intervallo (34). Come vedremo
tra un attimo, per caratterizzare l’unione di due (o più) intervalli occorre generalizzare il concetto di intervallo. Ma per fare ciò conviene introdurre gli intorni, che
sono un particolare tipo di intervalli.
Definizione 8.2 (Intorno). Sia r un arbitrario numero reale e δ un numero reale
positivo. L’intervallo (r − δ, r + δ) viene indicato con Iδ (r) ed è detto un intorno
di r, oppure anche un δ intorno di r.
Si vede quindi che un intorno di un numero reale r è un intervallo simmetrico
(35) incentrato attorno ad r. In modo un po’ impreciso possiamo pensare ad un
intorno come ad un disco monodimensionale. Per questo motivo, a volte diremo
che r è il centro dell’intorno Iδ (r) e che δ è il suo raggio.
Esercizio 8.2. Siano a e b due numeri reali e sia a < b. Verificate che l’intervallo
(a, b) è un intorno. Qual è il suo centro? Qual è il suo raggio?
A questo punto siamo pronti ad introdurre un concetto della massima importanza in molti rami della matematica, come ad esempio la geometria e la topologia.
Definizione 8.3 (Insieme aperto). Un insieme A (di numeri reali) è detto aperto
se per ogni suo punto x esiste un intorno di x interamente contenuto in A.
Prima di proseguire, facciamo subito due osservazioni di natura . . . linguistica. È
uso comune indicare gli insiemi aperti mediante l’aggettivo sostantivato (36) aperto.
Quindi, ad esempio, potremo tranquillamente dire che l’intervallo (0, π) è un aperto. La seconda osservazione è invece una citazione dal testo Essential Topology di
Crossley (2005) in cui l’autore utilizza una felice immagine allegorica per definire
33Idem dicasi per gli analoghi simboli (−∞, b] e [a, +∞). Si noti che qui parliamo volutamente
di simboli per ricordare il fatto che abbiamo definito gli intervalli a partire da due numeri reali.
34Se, dopo averci pensato bene, il lettore non ne fosse perfettamente convinto . . .
35In realtà questa è una scelta nostra: altri autori non richiedono la simmetria.
36È lo stesso fenomeno che si verifica con l’uso dell’aggettivo sostantivato (femminile) variabile
per indicare una quantità variabile.
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OTTAVIO M. D’ANTONA, PIETRO CODARA
gli intorni (37): . . . we can think of (x − δx , x + δx ) as a breathing space for the
point x. So an open set is one in which every point has some breathing space.
Quindi un insieme aperto garantisce ad ognuno dei suoi punti lo spazio sufficiente
per . . . respirare. È chiaro allora perché un intervallo come (2, 3] non è un aperto:
il povero numero 3 è schiacciato contro la parentesi quadra e non riesce neanche
a respirare. Più seriamente, (2, 3] non è un aperto perché nessun intorno di 3
è contenuto in esso. Infatti, per qualunque δ > 0, l’intorno Iδ (3) conterrà, ad
esempio, il punto 3 + δ/2 che ovviamente non è un elemento di (2, 3].
Ed ora possiamo sistemare la questione lasciata in sospeso per ∅ e per R: questi
due insiemi sono (intervalli) aperti! Tipicamente le due motivazioni della loro apertura sono diametralmente opposte. L’insieme vuoto è un aperto perché, essendo
. . . vuoto, non c’è nessun suo elemento che non soddisfi la definizione (8.3). Mentre
R è un aperto perché . . . contiene tutti i numeri reali: in particolare, qualunque
intervallo sarà interamente contenuto in R.
Ed ora è la volta dei chiusi.
Definizione 8.4 (Insieme chiuso). Un insieme A ⊆ R è detto chiuso se il suo
complemento R − A, è un aperto.
Ecco ora alcuni esempi. L’intervallo (1, 5] non è un insieme chiuso perché nel
suo complemento,
R − (1, 5] = (−∞, 1] ∪ (5, +∞) ,
c’è il numero 1 che non ha spazio . . . per respirare (quindi R − (1, 5] non è aperto). D’altra parte (1, 5] non è neanche un aperto (questa volta è il 5 a non avere
. . . breathing space). Vediamo dunque che ci sono sottoinsiemi di R che non sono
né aperti né chiusi.
Ma la storia non finisce qui. Infatti abbiamo appena visto che ∅ ed R sono due
aperti, ma . . . essendo l’uno il complemento dell’altro, sono anche chiusi! In inglese
si dice che questi due insiemi sono . . . clopen (38).
Esercizi 8.3. (1) Dimostrate che ogni singoletto {x} è chiuso. (2) Dimostrate che
N (ed ogni suo sottoinsieme) è chiuso.
9. Unione e intersezione di aperti
Come abbiamo visto, non è immediato caratterizzare l’unione di due intervalli.
Vediamo dei casi che si commentano da soli:
(−2, 3) ∪ (1, 4) = (−2, 4) ,
(−1, 0] ∪ (0, 5) = (−1, 5) ,
[−∞, 3) ∪ (3, ∞) = R − {3} ,
ma
[0, 3) ∪ [2, 4] = [0, 4] ,
[−∞, 3) ∪ [3, ∞) = R .
La situazione è variegata, ma cerchiamo un po’ di regolarità svolgendo un semplice esercizio. Siano a < b < c < d quattro numeri reali. Allora
.
U = (a, b) ∪ (c, d)
è un insieme aperto (non certo un intervallo). Per la dimostrazione osserviamo
subito che per ogni u ∈ U esistono soltanto due possibilità:
u ∈ (a, b)
oppure
u ∈ (c, d) .
37In inglese: neighborhood.
38Purtroppo non c’è (ancora) una bella traduzione di questo neologismo.
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Se siamo nel primo caso consideriamo l’intervallo
a+u u+b
,
2
2
che, ovviamente contiene u ed interamente contenuto in U . Altrimenti consideriamo l’intervallo
c+u u+d
,
2
2
che, ovviamente contiene u ed è interamente contenuto in U . Dunque U un aperto.
Bene: è stato facile, ma la situazione non è ancora soddisfacente. E il motivo
è che fin qui ci siamo posti la domanda sbagliata. Quella giusta è: cosa succede
se facciamo l’unione di due aperti? Ora risposta è una sola: otteniamo un aperto!
Anzi otteniamo un aperto anche se facciamo l’unione di tre, quattro, . . . aperti, ma
anche di più . . .
Teorema 9.1. L’unione infinita di aperti è un aperto.
Esercizio 9.1. Usando la legge di De Morgan, dimostrate che l’unione di due chiusi
è un chiuso.
Per le intersezioni invece, c’è un risultato meno forte: l’intersezione finita di
aperti è un aperto, ma, in generale, non è cosı̀ per le intersezioni infinite.
10. I punti di accumulazione
A differenza di quanto trattato nel paragrafo precedente qui tocchiamo un tema
centrale per il nostro corso.
Definizione 10.1 (Punto di Accumulazione). Sia A ⊆ R. Un numero reale x è
detto punto di accumulazione per A se in ogni intorno di x vi sono infiniti elementi
di A.
Vediamo subito un esempio. Sia R+ l’insieme dei numeri reali positivi:
.
R+ = {x ∈ R : x < 0} = (0, +∞) .
È immediato vedere che −273, 15 (cioè il valore in gradi centigradi dello Zero
assoluto) non è un punto di accumulazione per R+ . Basta infatti mostrare un
intorno dello Zero assoluto in cui non ci siano infiniti elementi di R+ . E uno di
questi intorni potrebbe essere (−274, −273). Anzi, in questo intorno non solo non
ci sono infiniti elementi di R+ , ma non ce n’è neanche uno:
(−274, −273) ∩ R+ = ∅ .
Invece π e 1947 sono, ovviamente, punti di accumulazione per R+ . Ora, al di
là di questi semplici casi, è della massima importanza rendersi conto che anche 0
è un punto di accumulazione per R+ . Perché questo esempio è cosı̀ importante?
Perché il fatto che 0 ∈
/ R+ ci ricorda che un punto di accumulazione per un insieme
non è necessariamente un elemento di quell’insieme. Ad esempio, 1 è punto di
accumulazione per (1, 2) (che non lo contiene), ma è di accumulazione anche per
[0, 1] (che lo contiene). Inoltre vale la pena di notare che agli intorni che contengono
1 non si chiede di essere interamente contenuti in [0, 1] (cosa che sarebbe impossibile,
visto che [0, 1] è chiuso), ma che la loro intersezione con [0, 1] contenga infiniti punti.
Attenzione: non è sufficiente che tale intersezione non sia vuota.
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OTTAVIO M. D’ANTONA, PIETRO CODARA
Esercizio 10.1. Dimostrate che un qualunque insieme finito di numeri reali è privo
di punti di accumulazione.
Un’importante relazione tra insiemi chiusi e punti di accumulazione sta nel fatto
che si può dimostrare quanto segue: un insieme è chiuso se e soltanto se contiene
tutti i suoi punti di accumulazione.
Esercizio 10.2. Confrontate il precedente esercizio con l’esercizio (8.3).
Si dà il caso che se un insieme non è chiuso, allora . . . lo si può chiudere.
Definizione 10.2. Sia A ⊆ R e sia α(A) l’insieme dei punti di accumulazione di
A. L’insieme
.
Ā = α(A) ∪ A
è detto la chiusura di A.
La chiusura di un intervallo individuato da due numeri reali a e b è l’intervallo
[a, b]. La chiusura di un chiuso è un chiuso e infine:
Q̄ = R .
Esercizio 10.3. Tenuto conto del fatto che un insieme è chiuso se e soltanto se
coincide con la sua chiusura, la relazione appena ottenuta implica che Q non è
chiuso. Perché?
Riferimenti bibliografici
Anichini G.; Conti G. (2008). Analisi Matematica. Vol. 1. Pearson Education Italia.
Crichton M. (2003). Congo. Gli Elefanti Thriller. Garzanti Libri.
Crossley M. D. (2005). Essential Topology. Springer Undergraduate Mathematics
Series. Springer.
D’Antona O. (1985). L’ABC dell’Analisi Combinatoria. Clup, Milano. Prefazione
di G.-C. Rota.
Nienhuys J. W. (2009).
De Bruijns Combinatorics.
Electronic Edition.
http://www.cs.ccu.edu.tw/ hunglc/combinatorics.pdf.
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