•• XII LE NOSTRE INIZIATIVE MERCOLEDÌ 12 MARZO 2014 Scuola Media San Giovanni Bosco - Fara Gera D’Adda (BG) LA REDAZIONE - CLASSE 2^B : Edoardo Albertelli, Francesco Arcidiacono, Andrea Bassani, Alice Basso, Martino Bonora, Silvia Colnaghi, Roberta Dossi, Bouchaib El Bounadi, Saliou Faye, Martina Ferrandi, Giada Frizzo, Robert Gal, Alessandro Gemini, Laura Graziano, Simone Liberti, Davide Licini, Valerio Martino, Lorenzo Meschio, Eleonora Mombelli, Roberta Montagna, Giorgia Piccolo, Matteo Reseghetti, Samuele Russo, Davide Scotti, Marco Serra, Valentina Spagnoli, Alessia Viscuso. DOCENTE : Angela Pedroncelli «Noi siamo quello che mangiamo» Il cibo è cultura e deve essere valorizzato Stop ai surgelati e agli sprechi inutili, riscopriamo il gusto del naturale IL COMMENTO Le nostre regole per stare meglio PRENDENDO in considerazione la tradizione culinaria del nostro territorio, abbiamo desunto alcuni consigli fondamentali per migliorare le nostre abitudini alimentari: ad esempio coltivare un orto personale può essere stimolante ed entusiasmante: mangiare ciò che si coltiva, riconoscere la varietà di frutti ed ortaggi è un’esperienza nuova. «LA COSA più bella di Tokio è McDonald’s, la cosa più bella di Stoccolma è McDonald’s; la cosa più bella di Firenze è McDonald’s; Pechino e Mosca non hanno ancora nulla di bello». L’affermazione provocatoria di Andy Wahrol, esponente della pop artdegli anni Sessanta appare estremamente attuale. La cultura americana della “Minestra in scatola Campbell”, mitico monumento del cibo industriale legato alla propaganda pubblicitaria e destinato a chi non ha tempo di cucinare, si è insinuata in Europa sin dal secondo Dopoguerra. Camuffati dai colori scintillanti della confezione, cibi quasi mai naturali e appetitosi, ma preferibilmente conservati, disidratati e surgelati, invadono le nostre tavole da decenni. ca di possibilità come la nostra. Le abitudini culinarie dei nostri nonni sono state irrimediabilmente contaminate e arricchite dalla conoscenza di nuove tradizioni alimentari grazie all’incontro di culture provenienti da tutta Europa, dagli imperi coloniali e dall’America durante le guerre mondiali. La possibilità di acquistare nuove qualità di cibo ha conferito varietà alla nostra dieta, fino a quel momento legata prevalentemente alle colture del territorio. Tuttavia questa grande ricchezza ci è sfuggita di mano: la varietà degli alimenti resa possibile da una comunica- zione sempre più veloce si è trasformata nell’omologazione del sapore di cibi prodotti industrialmente, impoveriti del loro gusto naturale. È il risultato della cultura del “tutto e subito”. Il cibo proveniente da ogni angolo del mondo, trattato con additivi chimici, conservanti, coloranti e aromi artificiali, si conserva più a lungo e noi lo conserviamo sempre meno. Ciò ha influito negativamente sulle nostre abitudini alimentari, nutrendo oltremodo la cultura dello spreco. Il periodo di crisi economica che stiamo attraversando ci offre l’opportunità di riscoprire la nostra identità, partendo dalla conoscenza del territorio in cui viviamo, imparando dai nostri nonni a nutrirci di ciò che noi stessi possiamo produrre. “Noi siamo quello che mangiamo”: vogliamo davvero assomigliare alla “Minestra in scatola Campbell”, prodotto artificiale, incolore e insapore, ma dall’involucro accattivante? La natura produce alimenti vivi, colorati, profumati, carichi di energia solare ed elettricità! Possiamo scegliere il nostro futuro: il cibo è cultura e in quanto tale inventa e modifica il mondo. SEGUIRE la stagionalità di frutta e verdura garantisce oltre alla sicurezza ed alla genuinità un notevole risparmio. Controllare sempre l’elenco degli ingredienti riportato sulle confezioni degli alimenti: anche i cibi pubblicizzati come naturali spesso contengono conservanti, additivi o dolcificanti industriali È IL RISULTATO più agghiacciante della cultura legata alla velocità, alla quantità a discapito della qualità, all’indifferenza nei confronti del naturale legame dell’uomo con la terra e alla perdita di contatto con la nostra identità. Eppure l’affermazione “noi siamo quello che mangiamo” dovrebbe essere ormai assimilata da una cultura ric- DEDICARE più tempo alla cucina: evitando prodotti pronti, precotti e surgelati che spingono a mangiare più in fretta e di più, potrebbe farci scoprire che cucinare può diventare una grande passione! Riscoprire sapori antichi: conoscere i sapori della terra e della tradizione potrebbe farci assaporare antiche ricette gustose! Bastano poche e semplici mosse per migliorare il nostro benessere psico-fisico! Alla ricerca degli antichi sapori della nostra terra NOSTRA INCHIESTA A SCUOLA DI BUONA CUCINA E SAGGEZZA DAI NONNI PER COMPRENDERE come le abitudini alimentari degli italiani siano cambiate in pochi decenni, abbiamo intervistato i nostri nonni. Possiamo imparare da loro a riprendere contatto con il territorio in cui viviamo, partendo dal cibo. Si consumavano tre pasti al giorno, «solo qualche volta potevamo permetterci uno spuntino con pane e burro o polenta e zucchero», ricordano alcuni. Ci si svegliava verso le 6,30: come prima colazione si beveva latte, accompa- gnato da pane, polenta oppure biscotti fatti in casa. IL PRANZO e la cena prevedevano, invece, polenta bergamasca, considerato un «cibo povero», o formaggi fatti in casa; chi possedeva l’orto cucinava per cena zuppe con verdure fresche. Si consumavano anche uova sode e i cosiddetti «rognù», ovvero i reni, oppure la trippa. I dolci erano fatti in casa: preferibilmente torta di mele, salame al cioccolato o gustose marmellate. Solo durante le festività le tavole dei nostri nonni offrivano una maggiore varietà di alimenti: immancabili riso allo zafferano, gallina bollita con patate lesse, tacchino e panettone. «Il cibo avanzava raramente» ricordano i nostri nonni, ma quando questo accadeva, «veniva riciclato e consumato in un secondo momento, oppure dato al bestiame». Impariamo da loro a ridurre il consumo e lo spreco di cibo, adottando anche abitudini alimentari più sane per il nostro organismo.