attaccamento insicuro e disorganizzato come fattori di rischio

ATTACCAMENTO INSICURO E DISORGANIZZATO COME FATTORI DI RISCHIO
Il legame tra attaccamento insicuro e rischio patologico può risiedere
nelle regioni cerebrali che dipendono, per la loro maturazione, dai
pattern di comunicazione che si sviluppano nelle prime fasi di vita e che
nello stesso tempo svolgono un ruolo centrale nella regolazione e
nell’integrazione di vari processi: attenzione, memoria, percezione,
emozione.
ATTACCAMENTO INSICURO E DISORGANIZZATO COME FATTORI DI RISCHIO
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Attaccamento, mentalizzazione e funzione riflessiva

L’assunto di base stabilisce che il processo psicologico sottostante la
comprensione delle menti - chiamato di volta in volta “monitoraggio
cognitivo” (Main, 1991); “mentalizzazione” (Fonagy,1991); “teoria
della mente” (Baron-Cohen, 1995) – sia una conquista evolutiva
intrapsichica e interpersonale, assolta compiutamente solo nel
contesto di una relazione d’attaccamento sicura attraverso complessi
processi linguistici e semilinguistici (Fonagy et al., 1995).
Ne
consegue che l’attaccamento sicuro sia un buon predittore
concorrente della capacità meta-cognitiva del bambino negli ambiti
della memoria, della comprensione e della comunicazione.
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
Ogni pattern dell’attaccamento si declina nelle sue componenti
somatiche, emozionali, comportamentali in relazione ai diversi livelli
di flessibilità e integrazione con cui il soggetto elabora e in rapporto
alle diverse competenze metacognitive che riesce a mettere in gioco.

Il contetto di mentalizzazione (Fonagy et al., 2002) è la capacità di
essere attenti agli stati mentali propri e altrui e di usare queste
conoscenze come guida all’interazione, in parte implicita e in parte
inconsapevole.

La capacità di mentalizzazione ha le sue radici nella funzione
riflessiva che permette di vedere gli esseri umani come esseri dotati
di una vita psichica ed è la capacità di non rispondere solo sulla base
del comportamento osservabile, ma di interpretare il proprio e altrui
comportamento in termini di sottostanti stati mentali (Morton, Frith,
1995).
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La funzione riflessiva consente ai bambini di concepire le credenze
altrui, sensazioni, atteggiamenti, desideri, speranze, conoscenze,
immaginazione (Fonagy, 2001). La consapevolezza di questi aspetti
rende comprensibile e prevedibile il comportamento dell’altro, ma
consente anche di attivare flessibilmente, scegliendola tra molteplici
rappresentazioni di sé-altro, la rappresentazione più appropriata in un
dato contesto relazionale.

La capacità di esplorare il significato delle azioni altrui è connessa in
maniera cruciale alla capacità del bambino di etichettare e dare un
significato alla propria esperienza. Questa capacità può dare un
contributo decisivo alla regolazione affettiva, controllo degli impulsi,
automonitoraggio ed esperienza di sé come soggetto agente (Fonagy,
2001).
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Il termine affettività mentalizzata descrive la capacità di avvertire i
propri sentimenti e simultaneamente riflettere sul loro significato.
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Attaccamento
insicuro-evitante:
l’evitamento
può
essere
considerato comunque una strategia organizzata che permette al
bambino di mantenere la maggiore vicinanza possibile senza andare
incontro al rifiuto diretto o alla disorganizzazione del comportamento
(Main, 1981).

Vi è un ricorso eccessivo del parte del bambino a comportamenti di
autoregolazione che si consolidano nel tempo in una qualità
disfunzionale affettiva individuale dove l’espressione emozionale e i
comportamenti di attaccamento sono ridotti, repressi o falsificati
(Cassidy, Kobak, 1988).

La contraddizione del sistema comportamentale dell’attaccamento e
comportamento esplicito ha una corrispondenza anche a livello del
mondo rappresentazionale.
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Durante lo sviluppo, la disattivazione progressiva di una serie di
comportamenti si associa all’esclusione dalla consapevolezza conscia
di emozioni come la paura, il dolore, la tristezza e di informazioni
potenzialmente contraddittorie (Bolwby, 1980).

Il bambino costruisce un modello operativo interno in cui il modello
idealizzato del sé e/o dell’altro viene mantenuto coerente senza la
possibilità di essere trasformato e le rappresentazioni di esperienze
come il rifiuto vengono escluse dalla consapevolezza o alterate in
modo da risultare compatibili con il modello conscio.

Contraddizioni tra memoria implicita ed esplicita si ritrovano nelle
narrazioni delle interviste dell’AAI dove gli individui distanzianti
presentano una contraddizione tra memoria semantica ed episodica
(Hesse, 2008).
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
Il distanziamento affettivo, la pseudoautosufficienza, la negazione
dell’importanza delle relazioni o l’idealizzazione del sé e dei genitori,
come anche la negazione dei bisogni e degli affetti negativi possono
caratterizzare l’esperienza affettiva dei bambini e adolescenti che
hanno un attaccamento insicuro-evitante.

Le difficoltà nella regolazione affettiva possono comportare, nel corso
dello sviluppo, una predisposizione ai cosiddetti disturbi
esternalizzanti, aggressività, disturbo oppositivo, disturbo della
condotta, riscontrato in diversi studi longitudinali sia in età scolare,
sia in adolescenza ed età adulta, come anche una predisposizione al
disturbo di personalità antisociale (Bakermans-Kranenburg, van
Ijzendoorn, 2009).
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L’attaccamento insicuro-ambivalente

L’attenzione esclusiva e preoccupata per le relazioni, insieme
all’eccessivo livello di ansia, rappresenta spesso un ostacolo per
questi bambini nel raggiungimento dell’autonomia e della fiducia in se
stessi, dal momento che la loro preoccupazione principale rimane
legata alle figure di attaccamento, dalle quali sono eccessivamente
dipendenti.

Le strategie amplificanti in termini di regolazione affettiva
predispongono allo sviluppo di disturbi internalizzanti, come ansia,
depressione, ritiro.
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L’attaccamento disorganizzato

I bambini disorganizzati vanno incontro con maggiore frequenza a una
disregolazione affettiva prolungata, disfunzionale sia sul piano
interpersonale che su quello intrapsichico.

La disregolazione può essere osservata livello somatico, affettivo,
comportamentale, cognitivo e relazionale. Sul piano somatico, per
esempio, si è visto che i bambini D oltre al battito cardiaco
accelerato, sperimentano livelli più elevati di cortisolo non solo
durante la SS, ma anche molto tempo dopo.

Questa alterata reattività neurofisiologica sembrerebbe implicata
anche nella minore competenza sociale e nel maggiore
comportamento esternalizzante (Hart, Gunnar, Cicchetti, 1995).
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
Le alterazione della serotonina si ritiene possano danneggiare il
funzionamento del sistema inibitorio comportamentale e portare al
discontrollo degli impulsi e alle esplosioni incontrollate di aggressività
e impulsività che spesso rappresentano i correlati psicopatologici a
lungo termine dell’attaccamento D (Jacobvitz, Hazen, 1999).

I MOI possono dar luogo a strutture di significato multiple,
contraddittorie e reciprocamente dissociate perché emozioni di
paura, di aggressione e di conforto possono susseguirsi come memorie
implicite e compromettere lo sviluppo di un senso di sé coerente e
integrato (Liotti, 1999) o rendere difficile la costruzione di una sintesi
significativa e coerente delle esperienze di attaccamento, delle
funzioni integrative della memoria.
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
A fronte della perdita di controllo comportamentale sperimentata
nelle interazioni precoci con adulti spaventanti, i comportamenti
disorganizzati della prima infanzia subiscono una trasformazione
nell’età scolare: i bambini assumono un comportamento controllante,
dove cercano di controllare attivamente il genitore.

Possono utilizzare strategie controllanti-punitive, in cui il bambino
tende a umiliare, mettere in imbarazzo, oppure controllanticaregiving, in cui il bambino si mostra premuroso e protettivo verso il
genitore con una evidente inversione di ruolo.

Di fronte ad una maggiore organizzazione del comportamento nel
tempo, il sistema di attaccamento rimane disorganizzato a livello
rappresentazionale.

I bambini D sembrano sviluppare più frequentemente comportamenti
di esternalizzazione nel periodo prescolare, come condotte oppositive
o comportamenti ostili-aggressivi all’età di 7 anni e difficoltà nella
relazione con i pari.
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COGNIZIONE E AFFETTIVITA’
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Le configurazioni evitanti utilizzano strategie che si organizzano
interno agli esiti attesi (prevenire quello che accadrà), minimizzando
la consapevolezza delle emozioni, facendo ciò che viene rinforzato,
evitando ciò che viene punito, facendo prevalere le informazioni
cognitive.

Nelle configurazioni resistenti, le strategie sono guidate da sensazioni
somatiche, legate all’intensità percepita, manca la percezione del
futuro e la guida al comportamento è data da ciò che si avverte
momento per momento (Crittenden, 1999).

Cognizione e affettività possono essere distorte o omesse per
sviluppare le strategie di mantenimento della prossimità ottimale in
relazione alle caratteristiche della figura di attaccamento.
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
La cognizione viene distorta quando un aspetto di una relazione
causale complessa viene enfatizzato escludendone altri (enfatizzare
solo le buone qualità di un genitore arrabbiato e ostile può aumentare
la volontà di un bambino di obbedire alle esigenze del genitore
riducendo la probabilità di proteste che potrebbero metterlo in
pericolo).

L’affettività viene distorta quando un solo sentimento viene
esagerato escludendo altri eventualmente presenti (un bambino che si
sente in collera, impaurito e desideroso di conforto si concentra
unicamente sulla sua collera, che manifesta come unico segnale
emotivo).
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Quando le informazioni (affettive o cognitive) non sono predittive del
comportamento del caregiver o del contesto possono essere eliminate
senza ulteriori elaborazioni mentali: affettività o cognitività omessa o
scartata; quando le informazioni predicono l’opposto di ciò che
appare – sorrisi che coprono la collera o contesti apparentemente
sicuri che sono pericolosi – si parla di cognitività e affettività false.
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Nel disturbo da deficit d’attenzione/iperattività i sintomi presentano
un’evidente situazionalità e connessione con alcuni atteggiamenti
genitoriali, una straordinaria espressività emozionale e un’ostentata
drammaticità: iperattività e distraibilità hanno una chiara funzione
coercitiva e di controllo diretto sulla figura di attaccamento;

In altri casi osserviamo forme di distraibilità e modalità ipercinetiche
niente affatto situazionali ed espressive, con il carattere di una
massiva e dolorosa pervasività dell’agire quotidiano, dove è possibile
il fare compulsivo per non sentire, caratteristico delle modalità di
elaborazione dell’informazione di un’organizzazione difesa del sé
(Ciotti, Lambruschi, 2004, p. 102).
DISTURBI PSICOSOMATICI
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Il modello più utilizzato per spiegare i disturbi psicosomatici è quello
di Lazarus sul meccanismo dello stress, che fa riferimento ai concetti
di appraisal (la valutazione soggettiva della gravità degli eventi) e di
capacità di coping (le risorse e le strategie che la persona ha a
disposizione per affrontare la situazione e che possono essere
funzionali e disfunzionali): la valutazione della situazione critica come
minacciosa per la sopravvivenza dell’individuo attiva le reazioni
fisiologiche legate alle situazioni di reale pericolo fisico, ma
l’impossibilità di risolvere la situazione problematica e il permanere
degli stati di attivazione genera effetti a cascata sullo stato di salute.
disturbi somatoformi dei bambini

Nel caso dei disturbi somatoformi dei bambini, la teoria
dell’attaccamento costituisce una chiave essenziale per la
comprensione del sintomo somatico.

Infatti, se i sintomi sono la strategia che l’individuo ha trovato per
regolare lo stato di relazione con le figure di attaccamento e nel
contempo mantenere il senso di sé, questo vale anche nel caso dei
disturbi somatoformi, il cui valore relazionale sarà differente in base
alla qualità della relazione esistente tre il b. e le figure di
attaccamento.
disturbi somatoformi dei bambini
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Nei pattern relazionali ansioso-resistenti (prima infanzia) e
coercitivi (età prescolare e scolare) il sintomo somatico costituisce la
forma in cui il bambino tende a controllare, in modo immediato e
diretto, la relazione.

«viene costruito, amplificato e utilizzato dal bambino con lo scopo di
appesantire il legame con una figura di attaccamento percepita come
discontinua. Una figura tuttavia il cui universo mentale può essere
attraversato appoggiandosi ad alcune sue specifiche priorità emotive
e cioè alla sua evidente reattività ai segnali di disagio fisico e di
malattia» (Ruggerini, Lambruschi et al., 2004).
Disturbi somatoformi dei bambini

Quando la sensibilità materna ai segnali di disagio emotivo è scarsa,
ma la reattività è elevata e immediata in presenza dei segnali di
malessere fisico, la strada all’emergere del disturbo è presto
tracciata.

Alta emotività, allarme, tendenza ad enfatizzare e amplificare i
fenomeni, per esempio nel modo in cui i sintomi vengono raccontati al
terapeuta, caratterizzano tutto il nucleo familiare:
Disturbi somatoformi dei bambini
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«Nelle organizzazioni coercitive si struttura una sorta di
specializzazione sugli affetti, con scarse capacità di ordinamento
concettuale e semantico dell’esperienza: questi individui hanno
appreso che lo stato di relazione non può essere conservato dando
rilievo all’informazione cognitiva, considerando i nessi logici e
temporali, le relazioni causa-effetto tra eventi, nel loro contesto
relazionale ha sempre dominato l’imprevedibilità per cui la possibilità
di stabilizzare minimamente il proprio contesto di accudimento-cura
passa attraverso l’espressione intensa e immediata degli stati
affettivi» (Ruggerini, Lambruschi et al., 2004).
Disturbi somatoformi dei bambini
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Nei pattern relazionali evitanti (difesi in età prescolare e scolare) i
disturbi somatici sono più pervasivi, persistenti nel tempo e poco
ancorati alle variazioni del comportamento dei genitori o alle
variazioni del contesto.
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È come se il corpo del bambino fosse completamente disinvestito e i
sintomi fisici semplicemente delle contrarietà minori che i genitori si
trovano obbligati a gestire.
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In queste situazioni è meno importante l’analisi situazionale, mentre
è importante soprattutto riscostruire la storia dei sintomi fisici, che
spesso sono legati ad importanti eventi della vita (di frequente
caratterizzati dal tema della perdita), ma che vengono connotati
come scarsamente rilevanti.
disturbi somatoformi dei bambini
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Il piano emotivo è poco o per nulla integrato, i contenuti affettivi
tendono ad essere accantonati (se ciò avvenisse porterebbe la
consapevolezza della sofferenza).
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Anche in questo caso è tutto il sistema familiare che funziona in modo
prevalentemente cognitivo, «i sintomi sembrano qui configurarsi come
l’esito complesso e doloroso di un lungo e pervasivo processo di
addestramento interpersonale all’accantonamento, all’inibizione degli
stati affettivi e delle disposizioni all’azione a essi collegate»
(Ruggerini, Lambruschi et al., 2004).

In questo caso si tratta di lavorare clinicamente perché un corpo
spento possa essere di nuovo abitato dalle emozioni e dagli affetti.