La teoria dell’attaccamento di Bowlby Una delle teorie sull’infanzia più conosciute ed applicate è quella dell’attaccamento, sviluppata da Bowlby tra il 1958 e 1963. L’autore definisce "attaccamento" la tendenza dell'essere umano a strutturare solidi legami affettivi con particolari persone, la cui perdita causa profondi turbamenti emotivi e disturbi della personalità, sia nel bambino che nell'adulto. Nel definire le funzioni del comportamento di attaccamento, Bowlby ha abbracciato una spiegazione di tipo evoluzionistico, attingendo agli studi etologici sul comportamento istintivo delle altre specie animali. Secondo l’autore, in modo simile a quanto accade ai piccoli di altre specie che, in un periodo critico dello sviluppo subiscono un imprinting potente, automatico e irreversibile che li lega a chi si prende cura di loro, il neonato si attacca intensamente a chi si prende cura di loro, sia da un punto di vista comportamentale sia dal punto di vista emotivo. Il comportamento di attaccamento si sviluppa per mantenere una prossimità nei confronti della figura di attaccamento ed evitare così i pericoli. Il comportamento complementare a quello di attaccamento del bambino è il "prendersi cura" del genitore, che si esprime come disponibilità, comprensione e intervento quando insorgono difficoltà per il piccolo. Se qualcosa non funziona in questo primo prezioso scambio relazionale, il bambino potrà mettere in atto comportamenti che possono aiutarlo a difendersi, anche se in modo disfunzionale, per la sua crescita e il suo benessere futuro. L'indisponibilità dell'adulto di riferimento, da cui il bambino dipende per la sua protezione e sopravvivenza, creerà nel bambino una vulnerabilità verso la paura della perdita dell'altro. Lo stile e il comportamento di attaccamento di una persona nel corso della vita può dipendere dallo stile di attaccamento che il bimbo ha avuto con la madre da piccolo e si può in certi casi tramandare al proprio figlio/a. La strange situation, implementata da Ainsworth nel 1969 ha consentito di individuare per la prima volta nel 1971 in bambini di 12 mesi tre pattern comportamentali organizzati di risposta a episodi di brevi separazioni e successive riunioni nei confronti di un genitore in un ambiente nuovo: sicuro, insicuro evitante, insicuro ambivalente. - Attaccamento sicuro. Il bambino ha fiducia nella disponibilità della figura parentale in situazioni di pericolo e questo lo rende tranquillo nello spingersi ad esplorare le novità. Questo schema è prodotto da un genitore che nei primi anni del bambino sia stato disponibile e pronto a rispondere alle sue richieste di protezione. - Attaccamento insicuro-evitante. Il bambino insicuro-evitante non ha fiducia che la figura di attaccamento risponderà alle sue richieste di aiuto, anzi si aspetta di essere rifiutato. Ha sperimentato più volte la difficoltà ad accedere alla figura di attaccamento e ha imparato progressivamente a farne a meno. Così facendo, il bambino costruisce le proprie esperienze facendo esclusivo affidamento su se stesso, senza l’amore ed il sostegno degli altri, ricercando l’autosufficienza anche sul piano emotivo. - Attaccamento insicuro-ambivalente. Il bambino insicuro-ambivalente non ha la certezza che il genitore risponderà alle richieste di aiuto. Ha sperimentato l'imprevedibilità della figura di attaccamento, e tenta di mantenere con lei una vicinanza strettissima, rinunciando a qualsiasi movimento esplorativo autonomo. A livello cognitivo, per evitare l'imprevedibilità, si muovono soltanto nel conosciuto, da cui sia bandita ogni novità. Successivamente, riesaminando i bambini che non rientravano in nessuna delle categorie precedenti, fu introdotto un altro stile di attaccamento che è quello insicuro disorganizzato. - Attaccamento disorganizzato-disorientato. Si realizza quando la figura di attaccamento è sperimentata come minacciosa. Il caregiver è spaventato/spaventante. Il bambino è portato a leggere sul volto della figura di attaccamento se nell'ambiente esistano pericoli oppure no; nel caso della madre spaventata/spaventante egli riceve costantemente un messaggio di pericolo, e poiché non trova nell'ambiente alcun motivo che lo confermi, la madre diventa fonte di minaccia. Quando il genitore suscita paura nel bambino, questo subisce il crollo delle strategie comportamentali perché non può avvicinarsi (come fanno i sicuri e gli ambivalenti) né distogliere l’attenzione (come gli evitanti) e né fuggire. Quindi, mentre gli altri adottano strategie ben definite, questi bambini sono incapaci di attivare una strategia che consenta di alleggerire la tensione legata all’attaccamento. Questo pattern si riscontra più frequentemente in bambini maltrattati fisicamente o trascurati fortemente dai genitori. Ma si verifica anche in bambini il cui genitore ha esperienze di perdita o traumi non risolti.