INTRODUZIONE In questi ultimi anni sono assurti alle prime pagine dei giornali casi emblematici, quali quello di Pier Giorgio Welby o. ancora più recentemente quello di Eluana Englaro. Sono queste situazioni limite che hanno commosso e fatto discutere sui temi del termine della vita, di quale possa essere la libertà di scelta del paziente riguardo al piano di cure, se questo ha il diritto di scegliere di sospendere una terapia, anche se tale sospensione avrà come esito finale la sua morte e se questo diritto di scegliere possa essere esercitato sia dal paziente ancora capace di intendere e di volere, sia, preventivamente, con le dichiarazioni anticipate di trattamento, dal paziente non più “competente”. Si è sentito spesso parlare, riguardo questi casi emblematici, di “accanimento terapeutico”, di desistenza o insistenza terapeutica, di diritto del paziente al consenso informato. Dietro ai casi limite, che commuovono e occupano le pagine dei quotidiani e i notiziari televisivi, vi sono, nella quotidianità degli ospedali e dei reparti di Terapia Intensiva, centinaia di pazienti al termine della loro vita, su cui vengono prese decisioni di insistenza o di desistenza terapeutica. Le domande alle quali quotidianamente medici, infermieri e in generale tutti gli operatori sanitari devono rispondere sono spesso queste: è stato fatto tutto il possibile? Quando ci si deve fermare? Che cosa è appropriato fare? Quali sono le speranze che continuando la terapia il paziente possa continuare a vivere in condizioni umanamente accettabili? Ma chi giudica qual è l’accettabilità, considerando la grande differenza fra i pareri individuali? Qual è il sottile limite che distingue la speranza di farcela dall’accanimento terapeutico? 1 Sono temi estremamente complessi e difficili da affrontare, ma che necessitano, soprattutto in Italia, di essere approfonditi confrontando i diversi approcci etico deontologici. La necessità di un confronto e di linee guida che aiutino gli operatori sanitari nelle difficili scelte che riguardano i pazienti al termine della vita, ha portato a un dibattito che in questi ultimi mesi ha animato anche le nostre aule parlamentari, in cui si discute sulla legge per le dichiarazioni anticipate di trattamento. Diversi disegni di legge sono stati portati in aula, proprio nel tentativo di colmare una carenza legislativa del nostro ordinamento giuridico. Là dove era carente la giurisdizione, i diversi ordini (dei medici, degli anestesisti e rianimatori, degli infermieri), nei loro codici deontologici hanno trattato questi temi, dando delle indicazioni di comportamento e linee guida che potessero aiutare gli operatori sanitari nelle difficili scelte che quotidianamente devono affrontare. A questo riguardo occorre ricordare che anche la nostra Costituzione dà delle preziose indicazioni in proposito. Nella PARTE I della tesi si affrontano i temi introdotti sopra; in particolare nel capitolo sui riferimenti etici, deontologici e legislativi si mettono in evidenza quali sono gli articoli che trattano questi argomenti nei codici deontologici dei medici, degli infermieri; nelle linee guida della SIAARTI (Società Italiana Anestesisti Rianimatori di Terapia Intensiva); nella Carta degli Operatori Sanitari stilata dal Pontificio Consiglio della Pastorale. Si farà, inoltre, riferimento alla Convenzione di Oviedo1 per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazione della biologia e della medicina e alla Costituzione Italiana. Proprio per approfondire le conoscenze su come si muore negli ospedali, in particolare nelle Terapie Intensive; su quali sono le decisioni che 1 Oviedo, 4 aprile 1997; ratificata dall’Italia con la Legge del 28 marzo 2001, n. 145 2 vengono prese sui pazienti al termine della loro vita, se queste sono scelte di non avvio di determinate terapie o di sospensione delle stesse; su chi sono i soggetti che prendono queste decisioni; su quali basi e con quali motivazioni vengono prese queste decisioni e soprattutto in che misura, là dove possibile, viene richiesta e rispettata la volontà del paziente, sono state eseguite diverse ricerche, sia a livello nazionale, che a livello internazionale, in particolare europeo. Nel capitolo 1.4 verranno illustrati quali sono gli studi di maggior rilievo, che sono stati condotti recentemente. In particolare si farà riferimento a uno dei primi studi condotti in Europa negli anni 2000-2001: “Medical end-of-life decisions: attitudes and practices in six European countries” (Eureld), i cui risultati sono stati pubblicati nel 2003 dalla rivista “The Lancet” e lo si confronterà con la recente indagine promossa dalla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri e realizzata dal Cspo–Istituto Scientifico per la Prevenzione Oncologica di Firenze e dall’Ordine dei medici di Firenze, nel secondo trimestre del 2007, denominato Itaeld. Obiettivo di questi due studi era conoscere le pratiche dei medici nell’assistenza ai loro pazienti alla fine della vita e le loro opinioni su questi temi. Tra i risultati più significativi, che verranno approfonditi nel capitolo, possiamo già anticipare che in Italia circa in un decesso su quattro il medico interviene nella fase finale della vita, confermando la medicalizzazione del processo del morire, già evidenziato nello studio Eureld; inoltre la comunicazione e l’informazione ai pazienti e ai parenti è, come risulta anche dallo studio Eureld, minore come pratica in Italia rispetto ad altri Paesi Europei, così come risulta minore rispetto ad altri Paesi Europei l’offerta di supporto delle cure palliative, anche per la disomogenea disponibilità di questa opportunità. 3 A livello nazionale, la ricerca più recente è quella svolta dal GIVITI (Gruppo Italiano per la Valutazione degli Interventi in Terapia Intensiva), che comprende una ricerca qualitativa, che ha coinvolto sei reparti di Terapia Intensiva e una ricerca epidemiologica che ha coinvolto 84 reparti su tutto il territorio nazionale. Il questionario elaborato dal GIVITI per la ricerca è stato utilizzato per questa tesi di laurea, che ha come obiettivi quello appunto di indagare, nel più ridotto contesto del reparto di Terapia Intensiva dell’ospedale Cardinal Massaia di Asti: l’epidemiologia delle decisioni e delle pratiche di fine vita; la variabilità dei comportamenti; la partecipazione del paziente e dei familiari alle decisioni. Il questionario, che nella ricerca del GIVITI era stato somministrato ai medici, è stato da me somministrato agli infermieri del reparto dell’ospedale di Asti. L’obiettivo di questa tesi, oltre a quelli esposti in precedenza è anche quello di valutare qual è il coinvolgimento degli infermieri nel piano di cura e nelle decisioni che riguardano il paziente al termine della vita e di sensibilizzarli sull’importanza del loro coinvolgimento in questi processi decisionali, soprattutto per quanto riguarda il loro ruolo, richiamato anche dal Codice Deontologico degli Infermieri, di tutela nei riguardi dell’assistito, anche al termine della vita. Nella PARTE II della tesi verranno illustrati più nel dettaglio i materiali e metodi utilizzati dal GIVITI per svolgere la ricerca sopra menzionata e quali quelli utilizzati per svolgere la ricerca presso il reparto di Terapia Intensiva di Asti. Verrà illustrato il questionario somministrato agli infermieri dell’Unità Operativa e il campione di pazienti sui quali si sono potuti elaborare i dati. Il paragrafo riguardante i risultati della ricerca è suddiviso in due parti: una prima parte analizza le risposte al questionario distribuito presso la Terapia Intensiva di Asti; nella seconda parte vengono messi a confronto i risultati ottenuti dalle risposte ai questionari distribuiti agli infermieri, con quelli ottenuti a livello nazionale nella ricerca svolta dal GIVITI, in cui i 4 questionari erano stati compilati dai medici delle 84 Terapie Intensive che hanno partecipato al progetto. La PARTE III della tesi è infine dedicata alle conclusioni e alle considerazioni finali. 5