Già dal tempo dei Gracchi a Roma si avanzavano proposte d

La Repubblica romana fu il sistema di governo della città di Roma nel periodo compreso tra il 509 a.C. e il 27
a.C.,
nacque a seguito di contrasti interni che portarono alla fine del governo etrusco e finisce con la fine di un lungo
periodo di guerre civili che Quella della Repubblica rappresentò una fase lunga, complessa e decisiva della storia
romana: costituì un periodo di enormi trasformazioni per Roma, che da piccola città stato quale era alla fine del VI
secolo a.C. divenne Impero..
In questo periodo si inquadrano la maggior parte delle grandi conquiste romane nel Mediterraneo e in Europa,
solo che i più alti comandi, come quello dell'esercito e il potere giudiziario, furono assegnati a due consoli, mentre
per quanto riguarda l'ambito religioso, prerogative regie furono attribuite al pontefice massimo. Con la progressiva
crescita di complessità dello Stato romano si rese necessaria l'istituzione di altre cariche
(edili, censori, questori, tribuni della plebe) che andarono a costituire le magistrature.
Per ognuna di queste cariche venivano osservati tre principi: l'annualità, ovvero l'osservanza di un mandato di un
anno (faceva eccezione la carica di censore, che poteva durare fino a 18 mesi), la collegialità, ovvero
l'assegnazione dello stesso incarico ad almeno due uomini alla volta, ognuno dei quali esercitava un potere di
mutuo veto sulle azioni dell'altro, e la gratuità.
Il secondo pilastro della repubblica romana erano le assemblee popolari, che avevano diverse funzioni,come
eleggere i magistrati e di votare le leggi. La loro composizione era diversa da assemblea ad assemblea; tra queste
l'organo più importante erano i comizi centuriati, in cui il peso nelle votazioni era proporzionale al censo, secondo
un meccanismo (quello della divisione delle fasce censitarie in centurie) che rendeva preponderante il peso delle
famiglie patrizie.
Il terzo fondamento politico della repubblica era il Senato, già presente nell'età della monarchia. Costituito da 300
membri, capi delle famiglie patrizie ed ex consoli, aveva la funzione di fornire pareri e indicazioni ai magistrati,
indicazioni che poi divennero vincolanti. Approvava inoltre le decisioni prese dalle assemblee popolari.
Nel 405 a.C., iniziò il decennale assedio di Veio
Veio fu conquista, con grande bottino per i romani, che con questa vittoria posero le basi della propria supremazia
sull'altra sponda del Tevere, fino ad allora controllata da popolazioni etrusche. Ma proprio la questione della
suddivisione del bottino, molto ricco e da dividere tra soldati, cittadini, erario e templi, avrebbe portato ulteriori
divisioni all'interno della città.
Durante i 10 anni di assedio, a Roma non mancarono i consueti attacchi dei Volsci,
Consolidata la propria egemonia sull'Italia centro-meridionale, Roma arrivò a scontrarsi con le città della Magna
Grecia e con la potente Taranto: con il pretesto di soccorrere la città di Turi, minacciata, Roma violò
intenzionalmente un patto stipulato con Taranto nel 303 a.C., scatenando la guerra.
i Tarentini decisero di invocare l'aiuto del re d'Epiro Pirro, che, giunto in Italia nel 280 a.C. con un esercito
composto anche da numerosi elefanti, riuscì a sconfiggere i Romani, seppure a costo di gravissime perdite
ma fu duramente sconfitto a Maleventum nel 275 a.C. e costretto a tornare oltre l'Adriatico. Taranto, dunque, fu
nuovamente assediata nel 275 a.C. e costretta alla resa nel 272 a.C.: Roma era così potenza nell'Italia
peninsulare, a sud dell'Appennino Ligure e Tosco-Emiliano.
Fino a questo momento Roma e Cartagine non si erano mai scontrate, al contrario avevano più volte rinnovato dei
trattati di amicizia ed alleanza tra loro, che definivano le rispettive zone di influenza.
Siccessivamente, però, data la politica espansionistica di entrambe uno scontro fù inevitabile e roma ne uscì
vincitrice.
Altra conquista importante è rappresentata dalla gallia cisalpina, prima in mano celtica.
Le riforme dei Gracchi (133 a.C. – 121 a.C)
Il periodo che va dalle agitazioni gracchiane alla dominazione di Silla, segnò l'inizio della crisi che, quasi un
secolo dopo, portò la repubblica aristocratica al tracollo definitivo.
L'espansione così grande e repentina nel bacino del Mediterraneo aveva, infatti, costretto la Repubblica ad
affrontare problemi enormi e di vario genere: le istituzioni romane erano fino ad allora concepite per amministrare
un piccolo stato; adesso le province si stendevano dall'Iberia, all'Africa, alla Grecia, all'Asia Minore.
A partire dalla riforma agraria proposta dal tribuno della plebe Tiberio Sempronio Gracco nel 133 a.C., gli scontri
politici divennero sempre più gravi, producendo una serie di dittature, guerre civili e temporanee tregue armate nel
corso del secolo successivo. Gli intenti di Tiberio erano sostanzialmente conservatori.
L'aristocrazia senatoria, arroccandosi in una migliore difesa dei propri interessi particolari, ostacolò inizialmente
Tiberio, corrompendo un altro tribuno della plebe, Ottavio, che tuttavia venne dichiarato decaduto dalla carica dallo
stesso Tiberio, che lo accusò di aver agito contro gli interessi della plebe. Per superare l'opposizione del collega
tribuno, attuata mediante il veto alle sue proposte di riforma, Tiberio, contrariamente agli usi tradizionali, si
presentò nel 132 a.C. alle elezioni per essere ri-eletto al tribunato e poter completare le sue riforme. A questo
punto, temendo un'ulteriore deriva in senso popolare del governo della Repubblica, durante le convulse fasi
antecedenti le elezioni dei tribuni della plebe, una banda di senatori, guidati da Scipione , attaccò Tiberio
al Campidoglio e lo uccise.
Otto anni dopo, Caio Sempronio Gracco, eletto tribuno della plebe dell'anno 123 a.C., riprese l'azione politica del
fratello, spingendola su posizioni sempre più popolari ed anti-nobiliari, cercando di procurarsi il favore, oltre che
dei proletari, anche dei "soci" italici (emarginati politicamente dalle conquiste) e della classe equestre. Come il
fratello, sempre contro le consuetudini, anche Gaio si presentò l'anno successivo per concorrere all'elezione al
tribunato, carica alla quale fu eletto, rendendosi promotore di una forte battaglia politica di opposizione alla classe
senatoriale. Nel 121 a.C. non riuscì però a farsi eleggere per la terza volta al tribunato, e ad impedire così la
politica di restaurazione dei privilegi senatoriali operata dalla nuova classe politica. Per opporsi a questo nuovo
corso, Gaio non esitò ad operare come "agitatore politico" esternamente alle istituzioni pubbliche, cosa questa che
alla fine gli valse la messa in accusa come nemico della repubblica. Abbandonato dai molti dei suoi sostenitori, si
fece uccidere da un suo servo sul Gianicolo.
Giugurta, i Germani e Gaio Mario (112 a.C. – 100 a.C.)
Negli anni successivi la politica
romana fu caratterizzata sempre più dal radicalizzarsi della lotta tra il partito degli ottimati e quello dei popolari. In
questo contesto irruppe nella storia romana un homo novus, cittadino romano proveniente però dalla provincia:
Gaio Mario.
Mario, dopo essersi distinto per le sue capacità militari in Spagna, rientrò a Roma con l'intento di costruirsi una
propria carriera politica, il così detto cursus honorum, che lo portasse al consolato. Riuscì ad ottenere le cariche
di questore, tribuno della plebe e pretore.
Nel 109 a.C. partì per l'Africa come legato di Quinto Cecilio Metello, a cui il Senato aveva affidato la guerra
contro Giugurta, non giudicando soddisfacente l'andamento di questa.
Nel 108 Mario tornò a Roma per concorrere al consolato, al quale fu eletto nel 107 a.C. anche grazie alle accuse
di incapacità militare che rivolse ai patrizi, Metello in primis. Come console riuscì a farsi affidare la conduzione
della guerra contro Giugurta, che sconfisse nel 105 a.C. Roma occupò così la Numidia.
Mentre Mario portava vittoriosamente a termine la guerra in Africa, Roma stava subendo pesanti sconfitte da parte
delle tribù germaniche dei Cimbri e dei Teutoni. Nel 107 a.C. l'esercito di Lucio Cassio Longino fu sconfitto, e lo
stesso generale ucciso in battaglia, nella Gallia Narbonense. Ma fu la tremenda sconfitta del 105 a.C. ad Aurasio,
dove perirono circa 120 000 romani tra soldati ed ausiliari, che gettò i romani nel panico.
In questo clima di paura Mario, visto come unico generale in grado di organizzare l'esercito contro i germani,
venne eletto console per ben cinque volte consecutive, dal 104 al 100 a.C., fino a che la minaccia dell'invasione
germanica non fu sventata con le vittorie ad Aquae Sextiae e a Vercelli. Contro Teutoni e Cimbri Mario utilizzò il
nuovo, formidabile esercito nato dalla sua riforma avviata nel 107 a.C. A differenza di quello precedente, formato
da cittadini-contadini ansiosi di tornare ai propri campi una volta finite le campagne belliche, questo era un esercito
stanziale e permanente di volontari arruolati con ferma quasi ventennale, ovvero un esercito di professionisti
attratti non solo dal salario, ma anche dal miraggio del bottino e dalla promessa di una terra alla fine del servizio. I
proletari ed i nullatenenti vi si arruolarono in massa. Non era tanto un esercito di cittadini motivati dal senso del
dovere, ma piuttosto di militari legati dallo spirito di corpo e dalla fedeltà al capo
In tutto questo periodo, sia contro Giugurta che contro i Germani, Mario ebbe come legato un giovane nobile, di
cui apprezzava le capacità militari: Lucio Cornelio Silla.
Guerra sociale (91 a.C.-88 a.C.)
Già dal tempo dei Gracchi a Roma si avanzavano proposte d'estensione dei diritti di cittadinanza anche ad altri
popoli italici fino ad allora federati, ma i tentativi non ebbero successo. La speranza degli alleati italici era che a
Roma prevalesse il partito di coloro che volevano concedere agli alleati italici la cittadinanza romana.
Ma quando nel 91 a.C. il tribuno Marco Livio Druso, che stava preparando una proposta di legge per concedere la
cittadinanza agli alleati fu ucciso, ai più apparve chiaro che Roma non avrebbe concesso spontaneamente la
cittadinanza. Fu l'inizio della guerra che dal 91 a.C. all'88 a.C. vide combattersi gli eserciti romani e quelli italici.
Gli ultimi a cedere le armi ai Romani, capeggiati tra gli altri da Silla e Gneo Pompeo Strabone, padre del
futuro Pompeo Magno, furono i Sanniti. Alla fine della guerra, però, gli italici della penisola, nonostante la sconfitta,
riuscirono a ottenere l'agognata cittadinanza romana.
Dittatura di Silla (88 a.C.-78 a.C.)
In Senato lo scontro politico tra le due fazioni avverse, quella degli ottimati che aveva trovato il suo "campione
militare" nel nobile Lucio Cornelio Silla, e quella dei mariani guidata dal generale ed "uomo nuovo" Gaio Mario, si
stava sempre più radicalizzando, non trovando le due fazioni più alcun terreno di concordia comune sugli elementi
fondanti dello Stato, come la cittadinanza, la suddivisione delle sempre maggiori ricchezze che affluivano a Roma
e il controllo dell'esercito, che si stava trasformando da esercito cittadino in esercito di professionisti.
Questa tensione, fino a che Gaio Mario rimase in vita, si risolse sempre nella lotta per l'ottenimento del consolato
per i candidati della propria parte politica. Morto Mario, e trovandosi Quinto Sertorio in Spagna, forse l'unico tra i
mariani che potesse contrastare militarmente Silla, Publio Cornelio, al ritorno dalla vittoriosa guerra in oriente,
ritenne di poter forzare la mano e con l'esercito in armi si marciò contro Roma nell'82 a.C. Qui, a Porta Collina, fu
sconfitto da Silla che ottenne quindi la vittoria decisiva nella guerra civile contro i mariani.
Per consolidare la sua vittoria Silla si fece eleggere dittatore a vita e iniziò una vasta e sistematica persecuzione
nei confronti dei rappresentanti della parte avversa (le liste di proscrizione sillane) da cui il giovane Giulio Cesare,
nipote di Gaio Mario, riuscì a stento a sottrarsi.
Fino a che morì, nel 78 a.C., l'unica seria opposizione che continuò ad essere condotta contro Silla, fu quella
condotta da Sertorio dalla Spagna.
Altro personaggio degno di nota è stato pompeo
Pompeo non solo era riuscito a distruggere Mitridate (nel 63 a.C.), ma anche a battere Tigrane il grande, re
di Armenia, con cui in seguito fissò dei trattati. Pompeo impose una riorganizzazione generale ai re delle nuove
province orientali, tenendo intelligentemente conto dei fattori geografici e politici connessi alla creazione di una
nuova frontiera di Roma in oriente. Le ultime campagne militari avevano così ridotto il Ponto, la Cilicia campestre,
la Siria (Fenicia, Coele e Palestina) a nuove province romane, mentre Gerusalemme era stata conquistata.
Il mondo romano si avviava a divenire troppo vasto e complesso per le istituzioni della Repubblica; la debolezza di
queste ultime, ed in particolare del senato (e della classe aristocratica da esso rappresentata) divenne già
evidente nelle circostanze del primo triumvirato, un accordo informale con cui i tre più potenti uomini di
Roma, Cesare, Crasso e Pompeo, si spartivano le sfere d'influenza e si garantivano reciproco appoggio (60
a.C.) Questo accordo privato, chiamato dagli storici primo triumvirato,
l’ ultimo triumvirato è stato formato da Ottaviano Antonio e Lepido.
La battaglia di Azio sancì la fine della Repubblica e l'inizio dell'Impero romano. Augusto, infatti, pur mantenendo
formalmente alcune istituzioni repubblicane, di fatto trasformò il nuovo stato romano in una monarchia, pur
nell'apparenza del principato.