Storia – 3
Il periodo che andremo ad affrontare adesso è forse il più importante e
affascinante della storia romana. Assisteremo infatti al declino del sistema
repubblicano e alla nascita dell'impero. Questo accadrà in poco più di un secolo e
sarà interessante osservare come, formalmente, l'ordinamento politico non cambierà:
Ottaviano Augusto, il primo imperatore, in realtà, non possiede tale titolo.
Con Mario e Silla inizia un processo di protagonismo, tanto che si può
benissimo parlare di età di Mario e Silla, poiché queste due figure, contravvenendo
spesso alle regole repubblicane, riformeranno profondamente la Repubblica a loro
immagine e somiglianza. Con loro la figura del “generale-condottiero-padre” diventa
sempre più forte. I loro eserciti si sentiranno sempre più legati al comandante e
sempre meno alla Repubblica.
L'homo novus: Caio Mario e la riorganizzazione dell'esercito.
Dopo anni di relativa pace, Roma si ritrovò in pericolo quando nel 113 a. C. ci
furono delle migrazioni di popoli originari della Danimarca: i Cimbri e i Tèutoni.
Questi popoli attirarono la simpatia delle tribù locali sottomesse ai romani che. al loro
passaggio, vi si univano, ribellandosi alla Repubblica. L'esercito romano, in un primo
momento non sembrava in grado di contrastare adeguatamente l'avanzata dal nord.
Oltre al fronte settentrionale si aprì anche uno meridionale quando Giugurta, re
di Numidia, nel 112 a. C. ruppe l'antica alleanza con Roma e fece uccidere tutti i
mercanti italici che si erano stabiliti nella capitale del suo impero (un impero che
comprendeva, grosso modo, quel territorio che va dal Marocco alla Tunisia). Fu
quindi dichiarata una guerra contro Giugurta, ma, nonostante la superiorità militare
dell'esercito, Roma non riuscì a vincere il nemico. Questo fu dovuto a un clima di
generale demotivazione e corruzione nelle file dell'esercito (Giugurta corrompeva
spesso i generali romani con lauti doni).
Il Senato decise allora di
conferire il comando delle
operazioni militari a Caio
Mario che venne eletto
console nel 107 a. C.
Mario fu considerato un
homo novus in quanto
nessuno della sua famiglia
aveva prima di lui ricoperto
la carica di console e lui non
era nemmeno nato a Roma,
ma ad Arpino, nel Lazio.
Tuttavia era molto ricco e si
era legato alla nobiltà
sposando
una
donna
dell'antica
gens
Julia.
Nonostante le umili origini aveva fatto una brillante carriera militare in Africa e in
Spagna. Sia per via della sua abilità militare che per le umili origini era l'idolo dei
populares.
“Non posso mostrare come garanzia i ritratti, nemmeno i trionfi o il consolato dei
miei antenati, ma, se la circostanza lo richiede, mostrerò le lance, il vessillo, le falere,
altri doni militari, inoltre le cicatrici sul corpo. Questi sono i miei ritratti, questa la
nobiltà, non lasciata in eredità come quella di quelli, ma che io guadagnai con i miei
numerosissimi sforzi e pericoli. Non sono ornate le mie parole: ne faccio poco conto.
L’abbondante valore mostra loro le stesse; quelli hanno bisogno dell’abilità retorica,
per nascondere nel discorso i fatti disonesti. E non imparai la letteratura Greca […]
Ma sono esperto in quelle cose che sono di gran lunga più utili allo stato: battere il
nemico, guidare il presidio, nulla temere se non la sgradevole diceria, soffrire
ugualmente l’inverno e l’estate, dormire a terra, tollerare al medesimo tempo bisogno
e fatica. Con questo insegnamento io esorterò i soldati” (discorso attribuito a Mario)
Il primo intervento di Mario riguardò la riorganizzazione dell'esercito. Estese
la possibilità di arruolarsi nelle legioni anche ai più poveri, i proletari (che significa
'coloro che possiedono solo la prole, cioè i figli' ). In questo modo riuscì a creare un
esercito più ampio, costituito da uomini che, non avendo alcuna proprietà di cui
tornare a occuparsi, desideravano passare la vita sotto le armi. I soldati divennero così
professionisti, pagati e addestrati solo per combattere.
La nuova organizzazione dell'esercito sortì gli effetti sperati: Giugurta venne
sconfitto (105 a. C.). Nello stesso anno i Cimbri però sconfissero l'esercito sul fronte
settentrionale. A questo punto il Senato prese una decisione che cambiò per sempre il
corso della storia romana: nominò nuovamente Mario console. Questo
contravveniva alle regole: per prima cosa Mario non era presente a Roma nel
momento della sua nomina, ma soprattutto contravveniva alle regole del cursus
honorum. Infatti il cursus prevedeva almeno due anni tra una magistratura e l'altra.
Ma il pericolo fu avvertito così grave che Mario fu eletto console per ben cinque
volte consecutive!
Mario ottenne grandi vittorie e riuscì a conquistare il territorio della Gallia
Meridionale, l'attuale Provenza.
Mitridate e l'ascesa di Silla.
Le vittorie di Mario erano vittorie del partito dei populares. Tuttavia questa
situazione non durò lungo. Il nuovo pericolo, per Roma, adesso arrivava da Oriente.
Mitridate VI, re del Ponto (una regione nel nord dell'odierna Turchia), dichiarò
guerra a Roma. Il conflitto iniziò con la strage di ottantamila cittadini romani e italici.
Mitridate si presentò agli occhi delle popolazioni orientali come il vincitore di Roma
e suscitò grande entusiasmo. Ovunque passasse trovava sempre nuovi popoli pronti
ad unirsi alla sua lotta, sbaragliando legioni su legioni. Acclamato come “il
liberatore” creò non poco scompiglio nei territori della Repubblica.
Fu a questo punto che il Senato incaricò il console Lucio Cornelio Silla di
provvedere alla controffensiva. Silla era un aristocratico, sulla cinquantina, non molto
ricco ma orgoglioso delle sue nobili origini, che si era distinto nelle guerre contro
Giugurta, agli ordini di Mario.
La prima guerra Civile.
A Roma si sapeva bene che una guerra in Oriente significava un bottino
ricchissimo. I populares allora tolsero il comando a Silla e nominarono Mario al suo
posto. A questo punto Silla compì un'azione di inaudita spregiudicatezza: diresse le
sue legioni su Roma, cacciò i senatori fedeli a Mario, nominò un console di sua
fiducia e poi ripartì per la missione militare. A Roma esisteva un confine simbolico, il
pomerium, una specie di perimetro esterno entro cui era proibito entrare con le armi e
l'esercito. Silla l'aveva violato, dando avvio a una prassi sgradevole di “marce su
Roma”, che avrà seguito anche nel Novecento con la marcia fascista (anche se, in
realtà, Mussolini non vi prese parte, ma arrivò il giorno dopo in treno da Napoli).
Silla sbarcò l'esercito in Grecia, saccheggiò Atene e poi si diresse in Turchia
dove sconfisse Mitridate (84 a.C.).
Il ritorno di Silla a Roma: dalle liste di proscrizione alle riforme.
Nel frattempo Mario era morto (86 a. C.), ma i suoi seguaci avevano ripreso il
potere a Roma e avevano fatto strage di ottimati. Silla tornò a Roma nell'83 a. C. e,
dopo aver ripreso il potere, si scagliò contro la fazione dei populares. Egli redasse
delle liste di proscrizione, cioè degli elenchi contenenti i nomi dei seguaci di Mario.
Ne fece uccidere 4700, confiscò loro i beni e le spartì tra i suoi fedeli. Per premiare i
veterani che avevano combattuto con lui (aveva 23 legioni) distribuì un'enorme
quantità di territorio, sequestrato alle città che avevano sostenuto Mario.
Si fece nominare dittatore a vita (82 a. C.) cosa vietata dal cursus e in soli tre
anni trasformò la repubblica, costruendo un sistema di potere aristocratico. Fece
alcune riforme:
1) Contro i popolari smussò la figura del Tribuno della Plebe dichiarando
che le loro proposte di legge dovessero essere preventivamente approvate dal senato
prima di poter essere votate alle assemblee.
2) abolì la censura e scelse lui stesso tra i suoi amici i nuovi senatori, che
passarono da 300 a 600.
3)Per evitare nuove marce su Roma, estese il pomerium fino a tutta la terraItalia (a nord il confine era segnato dai fiumi Magra e Rubicone). Questo confine non
poteva essere superato da eserciti armati senza il permesso del Senato. Vedremo, con
Cesare, ritornare il pomerium e il fiume Rubicone.
Nel 79 a. C., convinto di aver provveduto al ripristino della forma aristocratica
originaria dello Stato. Ma si sbagliava.