E. ARTOM (Torino - ItaUa) INTORNO ALL`INSEGNAMENTO DELL

E. ARTOM (Torino - ItaUa)
INTORNO ALL'INSEGNAMENTO DELL'ARITMETICA E DELL'ALGEBRA
La lettura dei programmi d'esame, o dei testi di matematica deUe scuole
medie di tutti i paesi dà l'impressione che chi esce da queste debba essere
fornito di una notevole coltura matematica; eppure è noto che buona parte
deUe persone cosidette colte ricorda di matematica poco più, e talvolta anche
meno, di quel che ha imparato neUe scuole elementari. Se questa discordanza
fosse solo dovuta al fatto che la matematica imparata neUa scuola media viene
dimenticata presto per mancanza di uso e di interesse, sarebbe poco male; io
ho però la convinzione che, anche durante gU studi medi, le persone aUe quaU
aUudevo non abbiano mai imparato la matematica che studiavano.
Escludendo daUe mie considerazioni il campo geometrico, anche perchè più
spesso se ne discorre, incomincio coU'affermare — cosa che ad alcuno potrà
parere a tutta prima esagerata — che molti giovani giungono aUe sogUe deU'Università senza aver acquistato una chiara conoscenza nemmeno deUe operazioni
fondamentaU deU'aritmetica e talvolta neppure deUa serie naturale dei numeri.
È ben vero che nei casi più comuni deUa vita pratica (compra-vendita; calcolo
del resto di un pagamento; sconti e interessi ecc.) sanno cavarsela; ma ciò
avviene soltanto perchè neUe scuole elementari hanno fatto migUaia e migUaia
di esempi. E la pazienza eroica dei maestri elementari è messa perciò a ben
dura prova! Ma appena si presenta un caso veramente nuovo, quei certi giovani sono imbarazzati : basta pensare — cito i primi esempi che mi vengono in
mente — al computo deUa somma degU angoU esterni di un triangolo, quando
già si conosca queUa degU interni; aUe prime proprietà deUe progressioni aritmetiche e geometriche; ai principi di anaUsi combinatoria; aUe dimostrazioni
per induzione completa; se il professore o il Ubro di testo non espongono in
modo espUcito e completo i ragionamenti od i calcoU da fare, pochi, troppo
pochi alunni sanno procedere.
Questo prova che essi non sono arrivati aUa chiara conoscenza dei primi
elementi deU'aritmetica.
L'ignoranza deU' aritmetica del numero intero è certamente la più grave fra
queUe che dovrò lamentare, ma non è la sola. Da essa discende la difficoltà
neU' imparare il calcolo letterale, poiché in molti giovani permane la confusione
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fra addendo, fattore, esponente,.... e in conseguenza le proprietà di un'operazione
vengono attribuite ad un'altra fino al termine del Uceo.
Le operazioni suUe frazioni, che dovrebbero essere state imparate definitivamente fin dai primi anni, vanno spiegate un'altra volta nel calcolo letterale,
per essere poi dimenticate subito, sicché la risoluzione deU'equazione di primo
grado, che dovrebbe richiedere un paio di teoremi e la facüe discussione, porta
via dei mesi, dopo i quaU certi alunni hanno imparato macchinalmente a risolvere
deUe compUcate equazioni, ma finiscono, quando debbono sommare deUe frazioni,
col ridurle aUo stesso denominatore, sommare i numeratori e.... trascurare U
denominatore.
Si arriva poi, bene o male, al calcolo dei radicali, che sarebbe una sempUcissima cosa se, come al soUto, non si dovesse ritornare ai principi di aritmetica.
E così avviene che noi dobbiamo proporre deUe serie interminabiU di esercizi,
fra i quaU i più buffi, che si trovano proposti in molti Ubri e, purtroppo, sono
necessari, sono quelli suUe addizioni e sottrazioni di radicali! TaU esercizi
mi fanno pensare ad un Ubro di sintassi latina ad uso dei Ucei, dove sia proposta
una serie di esercizi intitolata: la consecutio temporum per i verbi della
prima coniugazione!
Ma un insegnante di latino troverebbe serio insegnare
la sintassi a giovani che per appUcarne ciascuna regola dovessero sempre ristudiare da capo tutta la morfologia?
Lo studio deU'equazione di secondo grado dovrebbe consistere essenzialmente
neU'artifizio eucUdeo, mediante il quale l'incognita viene presentata nel quadrato
di un binomio di primo grado e, ai fini pratici, neUa formola risolutiva; ma
ecco che la soUta zavorra deUe scuole medie, un po' troppo numerosa, si trova
persino imbarazzata a sostituire i valori speciaU aUe lettere deUa formola, e così
il tempo che dovremmo impiegare in notevoU appUcazioni viene in gran parte
assorbito da pueriU risoluzioni di equazioni!
Ultimo fra gU argomenti d'algebra deUe nostre scuole classiche è la teoria
deUa funzione esponenziale e dei logaritmi, che per alunni ben preparati dovrebbe
presentare una sola difficoltà, il teorema d'esistenza del logaritmo. Invece questo
passa in seconda Unea, mentre i soUti alunni deboU si affannano a studiare i
teoremi sul logaritmo di un prodotto, di un quoto, di una potenza e poi si
fermano aUo scogUo deU'interpolazione, che pure, prescindendo daUo studio dei
Umiti entro i quaU è lecita, dovrebbe presentarsi spontanea a chiunque abbia
un po' d'intuito aritmetico.
Ho trascurato di accennare fin qui aUa teoria dei numeri reaU, perchè,
evidentemente, essa è vuota di significato per i giovani dei quaU ho parlato
finora e quindi non può lasciare alcuna traccia nel loro spirito, in qualunque
modo sia stata spiegata.
Ma nel Uceo scientifico, dove giovani che imparino con troppo stento la
nostra discipUna non dovrebbero trovarsi, lo studio dei numeri reaU ha un'im-
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dell'aritmetica
e dell'algebra
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portanza capitale, anche come necessaria preparazione aUo studio deU'anaUsi, e
non solo perchè non si potrebbe parlare di Umiti senza possedere i numeri reaU,
ma anche perchè i metodi di dimostrazione che servono neUa teoria dei numeri
reaU ritornano nei teoremi sui Umiti. E solo se i detti metodi sono stati ben
assimilati in precedenza, l'alunno può, nei teoremi d'anaUsi, fermare l'attenzione
su ciò che vi si trova di veramente nuovo e non esaurire la propria capacità
di attenzione neUo studio degU artifizi di dimostrazione. Notiamo che l'insegnamento dei principi di anaUsi deve neUe nostre scuole condurre gU alunni ad
avere una chiara idea di quel che sono i Umiti, le derivate, gl'integraU anche
se, solo in pochissimi casi, sapranno calcolarU e farne uso. Ad approfondirne
lo studio penseranno i professori universitari : noi, che disponiamo di maggior
tempo e siamo in più diretto contatto cogU alunni, dobbiamo condurU a sapere
che cosa sono questi enti e come, col loro mezzo, si precisino tanti concetti,
che si presentano ad ogni passo in geometria ed in fisica. Ma dobbiamo aver
cura che quel poco che insegnamo sia preciso e rigoroso; non avvenga che in
un medesimo corso di matematica, nel quale si è svolta tutta la teoria dei numeri
reaU, prima di osar parlare di ^3, o la teoria deUa rettificazione deUa circonferenza, prima di parlare deUa sua lunghezza, si scavalchino poi con disinvoltura
questioni assai meno intuitive a proposito dei principi d'analisi! E si noti che,
se i capitoU precedenti sono stati ben appresi e particolarmente le teorie deUe
disuguagUanze e dei numeri reali, non vi sono più difficoltà gravi per procedere
correttamente. AUa peggio qualche proposizione intuitiva potrà essere enunciata
coUa dichiarazione espUcita che se ne omette la dimostrazione.
A proposito di dimostrazioni di aritmetica e d'algebra vorrei aggiungere
un'osservazione. Credo che neUa scuola media le si possono raggruppare in
due classi : neU' una queUe che gettano una viva luce suUa proposizione proposta
e ne faciUtano la comprensione e il ricordo; neU'altra queUe che servono a
persuadere l'alunno deUa verità deUa proposizione, deUa quale però egli aveva
già capito perfettamente il significato e l'uso. Queste ultime sono evidentemente,
sotto l'aspetto didattico, meno importanti e buona parte di esse sono queUe che
rientrano neUa parte A dei nostri programmi di maturità. Esse si riducono
spesso a semplici calcoU, che da un alunno ben avviato potrebbero essere improvvisati, al più col suggerimento di qualche opportuno artifizio.
Che cosa possiamo ricavare da queste considerazioni? Se l'aritmetica e l'algebra vengono insegnate in modo ben graduato, ogni capitolo racchiude in sé ben
poche nuove difficoltà, sicché l'alunno anche mediocre deve passare facilmente
da un capitolo al successivo. Ora, poiché siamo matematici, ragioniamo da matemateci e appUchiamo il principio d'induzione completa aUa classe dei capitoU
da studiare. Per concludere che l'alunno mediocre può imparare bene tutta la
materia, visto che può passare facümente da un capitolo al successivo, bisognerebbe poter affermare che egU ha imparato bene il primo capitolo, cioè l'aritmetica
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più elementare. Là sta la base di tutto. Dobbiamo rinforzare lo studio deUe operazioni deU'aritmetica e deUe appUcazioni di esse. I giovani che non le possiedono arrivano al termine del Uceo senza aver capito nuUa di nuUa; queUi che
conoscono veramente bene l'aritmetica elementare arrivano invece aUa maturità
avendo trovato lo studio deU'algebra facile, utile ed anche gradito.