31/08/2009 Di Diagnostica ti virologica i l i Microscopia Elettronica 106 particelle virali per ml I virus possono essere evidenziati in diversi campioni Feci Rotavirus, Adenovirus Norwalk like viruses Astrovirus, Calicivirus Fluido da vescicole HSV VZV Cute (tamponi) scaricato da www.sunhope.it Papillomavirus, Mollusco contagioso 1 31/08/2009 Problemi con il Microscopio Elettronico • Macchinari costosi • Manutenzione costosa • Necessità di personale specializzato • A volte bassa sensibilità MICROSCOPIO ELETTRONICO Utilizza un fascio di elettroni al posto della luce. Poiché la lunghezza d'onda è inversamente proporzionale alla velocità degli elettroni si può raggiungere un limite di risoluzione di oltre 10000 volte rispetto al microscopio ottico e con un ingrandimento di un milione x potendo vedere anche strutture di dimensioni pari a 0,1 nm. L'immagine formata dagli elettroni non può essere vista direttamente, viene quindi proiettata su uno schermo fluorescente o su una lastra fotografica. Il campione, disperdendo o assorbendo gli elettroni che lo colpiscono,produce un'immagine micrografica in funzione delle differenze di spessore, densità e composizione chimica. Poiché anche le molecole di gas assorbono o riflettono elettroni è necessario lavorare mantenendo la camera interna dello strumento sotto vuoto. scaricato da www.sunhope.it 2 31/08/2009 Microscopio elettronico a trasmissione (TEM). Questo microscopio viene utilizzato per osservare sezioni di cellule molto sottili per rilevare le strutture interne. Il TEM viene anche utilizzato per studiare i virus. virus Microscopio elettronico a scansione (SEM). Questo microscopio serve per fornire immagini tridimensionali delle cellule. scaricato da www.sunhope.it 3 31/08/2009 Electronmicrographs Adenovirus Rotavirus Herpesvirus Particle HSV-22 virus HSV i particle. ti l Note N t that th t all ll herpesviruses have identical morphology and cannot be distinguished from each other under electron microscopy. (Linda Stannard, University of Cape Town, S.A.) scaricato da www.sunhope.it 4 31/08/2009 Adenovirus • ds DNA virus • non-enveloped • At least 47 serotypes are known • classified into 6 subgenera: A to F (Linda Stannard, University of Cape Town, S.A.) Influenza Virus • • • • • RNA virus, ggenome consists of 8 segments enveloped virus, with haemagglutinin and neuraminidase spikes 3 types: A, B, and C Type A undergoes antigenic shift and drift. Type B undergoes antigenic drift only and type C is relatively stable (Courtesy of Linda Stannard, University of Cape Town, S.A.) scaricato da www.sunhope.it 5 31/08/2009 Caso di encefalite virale. Preparato di tessuto cerebrale con presenza di particelle virali del virus herpes simplex di tipo 1 (HSV-1) osservato al microscopio Elettronico. IMMUNOELETTROMICROSCOPIA ELETTRONICA Accoppia una reazione immunologia all’esame al microscopio elettronico. Serve all’evidenziazione delle particelle virali attraverso formazione di aggregati antigene-anticorpo o per identificare sierologicamente i virus. Vengono utilizzati anticorpi specifici, coniugati a oro colloidale (immunogold) in quanto data l’elevata elettrondensità delle particelle di oro colloidale ll id l sii ha h un contrasto t t notevole t l delle d ll strutture t tt che h hanno h reagito con tale coniugato, che diventano identificabili. scaricato da www.sunhope.it 6 31/08/2009 Immunoelettronmicroscopia (IEM) Tecnica dell’immunogold: anticorpi specifici anti-herpesvirus, coniugati a particelle d’oro colloidale, consentono di identificare e di tipizzare le particelle virali presenti nel campione. Sono particolarmente visibili 3 virioni, con envelope, ricoperti da granuli d’oro (punti neri, elettrondensi) che identificano l’avvenuto legame dell’anticorpo con l’antigene specifico scaricato da www.sunhope.it 7 31/08/2009 Isolamento di virus su animali 1) Provenienza -SFP 2) Specie -ospite naturale -topi, cavie, criceti, ratti, gatti, conigli 3) Età - neonati o animali molto giovani g 4) Inoculazione -intracerebrale -sottocutanea -nasale -intramuscolare -intraperitoneale -endovenosa -intradermica Isolamento virale a) Coltura in uova embrionate di pollo b) Coltura su monostrati cellulari scaricato da www.sunhope.it 8 31/08/2009 Coltura in uova embrionate di pollo Rappresentazione schematica dell’uovo embrionato di pollo, al decimo giorno di incubazione. scaricato da www.sunhope.it 9 31/08/2009 Lesioni (pocks) prodotte da poxvirus sulla membrana corion-allantoidea di embrione di pollo POCKS: Vaccinia virus Vaccinia virus scaricato da www.sunhope.it Pocks HSV-1 Herpesvirus 10 31/08/2009 Isolamento Virale Le colture cellulari sono il metodo maggiormente utilizzato per isolare i virus e possono essere di tre tipi: 1. Colture primarie - Monkey Kidney 2. Colture semi-continue - Human embryonic kidney and skin fibroblasts 3 C 3. Colture ltu continue ntinu - HeLa, H L V Vero, H Hep2, p2 LLC-MK2, LLC MK2 MDCK Proceduta per l’allestimento di una coltura in vitro di cellule di rene. scaricato da www.sunhope.it 11 31/08/2009 scaricato da www.sunhope.it 12 31/08/2009 Terreni di coltura -Terreni liquidi -Soluzione acquosa di: zuccheri aminoacidi sali minerali vitamine tampone (bicarbonato di sodio) -CO2 (5%) (tappo aperto) -Siero fetale (10%) -Antibiotici: penicillina streptomicina BHK-21 (linea cellulare fibroblastica) MCF-8 (linea cellulare epiteliale) scaricato da www.sunhope.it 13 31/08/2009 scaricato da www.sunhope.it 14 31/08/2009 Modificazione di un monostrato cellulare in seguito ad infezione virale T: h0 T: h10 T: h24 Effetto citopatico causato dalla crescita dei virus su colture cellulari A) Herpes simplex virus in cellule di rene B) Citomegalovirus in fibroblasti umani; C) Virus respiratorio sinciziale in cellule HEp-2; D) Cellule primarie di rene di coniglio non infette; E) Fibroblasti umani non infetti F) Cellule HEp-2 non infette scaricato da www.sunhope.it 15 31/08/2009 Effetto citopatico Formazione di sincizi in colture cellulari causate da RSV (top), and virus del morbillo (bottom). Sincizio indotto dalla replicazione di un retrovirus sinciziale in una coltura primaria di fibroblasti di embrione di pollo scaricato da www.sunhope.it 16 31/08/2009 Vacuolizzazione citoplasmatica indotta da un togavirus su cellule renali da feto bovino scaricato da www.sunhope.it 17 31/08/2009 Corpi inclusi in cellule infettate da virus a) poxvirus: inclusioni acidofile intracitoplamatiche (corpi del Guarnieri) b) herpesvirus: inclusioni acidofile intranucleari c) reovirus: inclusioni acidofile intracitoplasmatiche perinucleari d) adenovirus: inclusioni basofile intranucleari e) virus della rabbia: inclusioni acidofile intracitoplasmatiche (corpi del Negri) f) morbillivirus: inclusioni acidofile intracitoplasmatiche ed intranucleari b ed f) fusione cellulare con produzione di sincizi Coltura cellulare di rene di scimmia infettata con vaccinia virus: la freccia indica l’inclusione eosinofilica sferoidale intracitoplamatica (corpo del Guarnieri); la zona chiara che circonda l’inclusione è particolarmente caratteristica. caratteristica scaricato da www.sunhope.it 18 31/08/2009 Corpi inclusi intranucleari basofili da adenovirus EMOADSORBIMENTO Reazione di emoadsorbimento prodotta su cellule renali di scimmia, in coltura, infettate con virus influenzale. I globuli rossi, aggiunti alla coltura, rimangono adesi alle emagglutinine virali presenti sulla membrana della cellula infetta. scaricato da www.sunhope.it 19 31/08/2009 ELVIS HSV, linea cellulare geneticamente ingegnerizzata per l’identificazione dell’Herpes simplex virus Le cellule ELVIS sono cellule di rene di hamster che contengono il gene per la beta-galattosidasi sotto il controllo del promoter UL39 dell’HSV. Se l’HSV è presente nel campione, le particelle virali penetrano nelle cellule, e le proteine virali ICP0 e VP16 attivano il promoter UL39, portando alla sintesi della beta-galattosidasi. La presenza di betagalattosidasi viene rilevata mediante l’aggiunta di X-gal, un substrato per l’enzima. L’attività della beta-galattosidasi sull’X-gal porta alla colorazione blu delle cellule ELVIS, visibile al microscopio. Infezione del cervello di topo con un HSV incapace di replicarsi ingegnerizzato in modo da E i Esprimere il gene batterico b tt i per la l beta-galattosidasi b t l tt id i come marcatore. t Un’aliquota di virus (alfa6) è stato iniettato nell’ippocampo di un ratto Sprague-Dawley. Dopo 4 giorni, il ratto viene sacrificato, l’encefalo sezionato, fissato con paraformaldaide e colorato con X-gal, che forma un precipitato blu in presenza dell’enzima. In B: un ingrandimento dell’area indicata con la freccia nella figura A. Le cellule sono state colorate con un colorante di contrasto. Il virus si trova concentrato nelle cellule piramidali e nei loro processi dendritici. scaricato da www.sunhope.it 20 31/08/2009 TITOLAZIONE In molti casi è necessario conoscere oltre al tipo di virus isolato anche la quantità di particelle virali. Le procedure per la titolazione del virus si basano sul rilievo di alcune caratteristiche fisiche, chimiche, biologiche di cui la più importante è l’infettività cioè la capacità di un virus di un virus di produrre effetti visibili nelle cellule ospiti. Titolazione dei virus Titolazione fisica I virioni i i i vengono contatii all microscopio i i elettronico l i mescolati l i con un numero noto di particelle di lattice Titolazione per emagglutinazione Questo metodo utilizza la proprietà di alcuni virus di agglutinare i globuli rossi Titolazione biologica -Metodo delle placche che sfrutta il presupposto che una singola particella virale sia in grado di iniziare un focolaio di infezione -Metodo della diluizione limite – (Dose infettante il 50%) scaricato da www.sunhope.it 21 31/08/2009 TITOLAZIONE FISICA I virioni p possono essere riconosciuti al ME e contati mescolandoli ad un numero noto di particelle di lattice ed eseguendo un conteggio proporzionale su singole gocce di miscela. Però in questo modo non è possibile differenziare le particelle infettive da quelle che non lo sono. Questa tecnica è indaginosa e poco usata. TITOLAZIONE MEDIANTE FENOMENO DI EMOAGGLUTINAZIONE Un virione o una emoagglutinina isolata, si uniscono contemporaneamente a due globuli rossi e funzionano da ponte tra loro; con elevate concentrazioni virali si ottengono così degli aggregati formati da un reticolo di eritrociti legati tra loro dalle particelle virali. Utilizzando questo fenomeno è possibile titolare i virus emoagglutinante, mediante il metodo della diluizione al punto finale cioè: concentrazioni decrescenti di virus sono mescolate ad una quantità standardizzata di globuli rossi e la più alta diluizione di virus capace di provocare emoagglutinazione evidente è detta unità emoagglutinante (UHA). scaricato da www.sunhope.it 22 31/08/2009 Il riconoscimento dell’emoagglutinazione è basato sull’esame sull esame dei globuli rossi dopo sedimentazione; infatti mentre i globuli rossi normali si depositano sul fondo del pozzetto raccogliendosi al centro e formando un dischetto con margini ben definiti, i globuli rossi agglutinati si dispongono in un sottile strato, a margini irregolari, che ricopre tutto il fondo del pozzetto. Emoagglutinazione da virus scaricato da www.sunhope.it 23 31/08/2009 scaricato da www.sunhope.it 24 31/08/2009 Placche da virus METODO DELLE PLACCHE Si basa sulla conta delle lesioni localizzate su un monostrato di cellule sensibili o sulla membrana corion allantoidea dell corion-allantoidea dell’uovo uovo embrionato di pollo prodotte da un virus. Queste lesioni sono proporzionali al numero di unità infettanti presenti nell’inoculum in quanto si assume che una singola particella virale sia in grado di iniziare l’infezione a carico di una cellula p producendo lesioni,, in successivi cicli di replicazione, alle cellule adiacenti. scaricato da www.sunhope.it 25 31/08/2009 Si utilizzano monostrati di cellule in piastre petri o in piastre a pozzetti in cui viene allontanato il terreno e si sostituiscono quantità costanti (0,1-0,2ml) di diverse diluizioni (in base 10) della sospensione virale; si lascia a contatto per 45 min (tempo di adsorbimento) per consentire al virus di aderire alle cellule; si allontana poi l’inoculum e si aggiunge sul monostrato terreno semisolido (agar, carbossimetilcellulosa, composti ggelatinosi). ) In q questo modo,, il virus p può diffondere dalla cellula inizialmente infettata a quelle circostanti dando luogo alle placche. Metodo delle placche (secondo Dulbecco) 1)) 2) 3) 4) 5) Osservare le cellule al microscopio p (piastra (p a 6 ppozzetti)) Lavare le cellule con PBS per 2 volte Inoculare la diluizione virale in base 10 (da 0,2 a 0,5 ml) Incubare a 37°C per 30 minuti Aggiungere ¾ ml di terreno contenente metilcellulosa (o altro agente gelatinoso) 6) Incubare a 37°C per il tempo necessario 7) Colorare e contare le placche NUMERO PLACCHE X RECIPROCO DILUIZIONE X RECIPROCO VOLUME Es.: 35 x 106 x 5 = 1,75 x 108 pfu/ml scaricato da www.sunhope.it 26 31/08/2009 Risultato di una titolazione virale mediante il metodo delle placche HERPESVIRUS PFUs: Diluted Virus Mengo Virus Mutants: S, M, and L Plaques scaricato da www.sunhope.it 27 31/08/2009 METODO DELLA DILUIZIONE LIMITE E’ più rapido del metodo delle placche (entro 48 ore, mentre lo sviluppo di placche richiede da 5g. a 3 sett.), e di più facile esecuzione. Il virus è diluito serialmente (in base 10) e un volume costante è inoculato in un numero stabilito di unità biologiche g ((tessuto-colture,, embrioni di ppollo,, animali). ) Si osserva poi per ogni diluizione, quante unità hanno risposto all’infezione, che può provocare degenerazione delle tessuto-colture, comparsa di effetti citopatici, morte degli embrioni, morte o malattia degli animali. Se il test è eseguito correttamente, le concentrazioni più elevate del virus determinano infezione di tutte le unità inoculate, mentre quelle meno elevate infettano un numero di unità variabile finendo per non infettarne alcuna. Punto finale della titolazione è la diluizione che infetta il 50% delle unità inoculate, e il titolo è espresso in DI50 (d (dose i f tt t all 50%). infettante 50%) scaricato da www.sunhope.it 28 31/08/2009 IDENTIFICAZIONE IN BASE A TECNICHE SIEROLOGICHE ED IMMUNOLOGICHE REAZIONI SIEROLOGICHE: sono utilizzate in clinica medica come supporto diagnostico nei soggetti colpiti da malattie infettive, infettive parassitarie, parassitarie allergie, allergie malattie autoimmuni. Il rilievo della presenza nel siero di sangue del paziente di elevate concentrazioni di anticorpi che reagiscono con preparazioni allestite in laboratorio contenenti antigeni o suoi prodotti derivanti dal microrganismo sospettato indica che il paziente è stato esposto a quel patogeno e che ha reagito immunologicamente. Si esaminano contemporaneamente due campioni di siero: il primo detto siero acuto è prelevato appena inizia la sintomatologia clinica; il secondo detto siero convalescente è prelevato dopo due o tre settimane. . Le reazioni sierologiche sono usate per identificare microrganismi direttamente nei tessuti infetti o dopo il loro isolamento in laboratorio. A tale scopo d devono essere disponibili di ibili sieri i i iperimmuni i i i o anticorpi monoclonali che reagiscono specificamente solo con il patogeno che si ricerca. Il tipo di reazione che si può osservare facendo reagire un antigene con lo specifico anticorpo dipende dallo stato fisico dell'antigene e dalle condizioni sperimentali della prova che si vuole eseguire scaricato da www.sunhope.it 29 31/08/2009 Profilo sierologico tipico di un’infezione acuta Durante una reinfezione le IgM possono essere assenti o con titolo molto basso AGGLUTINAZIONE E PRECIPITAZIONE E' una reazione antigene-anticorpo applicata a scopo sierodiagnostico o per individuare la presenza di agglutinine (anticorpi agglutinanti) nel siero di pazienti. E' importante sottolineare la sostanziale similitudine che sussiste tra reazione di precipitazione (in cui si utilizzano antigeni solubili non legati a cellule) e agglutinazione ( in cui sono necessarie cellule nella loro interezza per formare un reticolo dato dall'unione dell'anticorpo a due cellule contigue). L'agglutinazione permette di individuare anche antigeni solubili multivalenti (antigeni capsulari) avvalendosi di matrici inerti al lattice ( di forma generalmente sferica) coniugate con immunoglobuline specifiche note sensibilizzate (le immunoglobuline sono legate sulla superficie delle sfere) dirette contro un certo antigene. L'agglutinazione si visualizza con formazione di granuli sul fondo della provetta o su particolari cartoncini a fondo scuro. * A differenza dell'agglutinazione, la precipitazione è più rapida (15 min.) anche a temperatura ambiente (20-25°C) ma risente in maggior misura del rapporto ottimale antigene-anticorpo, inoltre non si manifesta quando i sieri campione sono diluiti oltre 10-50 volte scaricato da www.sunhope.it 30 31/08/2009 Grafico della formazione del precipitato. La quantità di anticorpi è costante, mentre la quantità di antigeni aumenta progressivamente. Nel caso di eccesso di antigeni o di anticorpi non si ha alcun precipitato, mentre la precipitazione avviene nella zona di equivalenza. Esempio di una reazione di precipitazione 1 2 3 4 5 6 PRECIPITAZIONE IN GEL DI AGAR U o entrambi Uno t bi i reagenti ti (antigene ( ti ed d anticorpo) ti ) diffondono in gel (agar, agarosio, amido) e danno origine a precipitazione nel punto in cui si incontrano a concentrazione ottimale. Si formano bande ben visibili e separate per cui è possibile identificare i singoli componenti antigenici presenti in una stessa soluzione. scaricato da www.sunhope.it 31 31/08/2009 Immunodiffusione doppia in gel di agarosio Pozzetto centrale: Mix anticorpi contro HSV Pozzetti laterali: Siero di pazienti Risultati: la formazione di una linea bianca diprecipitato indica il riconoscimento tra antigene/anticorpo (reazione positiva). I pazienti 1, 2, 3, 4 e 5 risultano infetti da HSV. Il paziente 6 risulta negativo. Immunodiffusione radiale HSV-1 Gli anticorpi vengono distribuiti uniformemente nel gel di agarosio. In questo test, solo i campioni contenente gli antigeni e caricati nei pozzetti, possono diffondere. Nel momento in cui le molecole antigeniche migrano nel gel, esse si legano agli anticorpi presenti nel gel e nel momento di equivalenza precipitano a formare un anello. Il diametro del’anello permette di risalire allaconcentrazione dell’antigene Diametro di precipitazione scaricato da www.sunhope.it 32 31/08/2009 REAZIONE DI DEVIAZIONE DEL COMPLEMENTO Il complemento, complesso di globuline presenti nel siero, interviene aspecificamente nella risposta immunitaria contro antigeni estranei legandosi al complesso antigene-anticorpo e causando la lisi dell'antigene. Essendo un sistema cronolabile e termolabile, nella utilizzazione diagnostica deve essere sempre utilizzato tili t siero i f fresco ( (generalmente l t di cavia). i ) Le tecniche diagnostiche che utilizzano il complemento si avvalgono di due fasi: Fissazione del complemento 1) Prima fase: siero del paziente da esaminare (contenente anticorpi o antigeni solubili) a cui si aggiunge antigene solubile noto (per rivelare anticorpi) o anticorpo noto (per rivelare antigeni). Dopo incubazione si aggiunge siero fresco di cavia in quantità nota e standardizzata. standardizzata Il complemento si lega al frammento Fc dell'anticorpo soltanto se si forma l'immunocomplesso. scaricato da www.sunhope.it 33 31/08/2009 Fissazione del complemento 2) Seconda fase: ha funzione rivelatrice ed è costituita dal complesso emazie ed anticorpi antiemazie (emolisine). Se precedentemente non si è formato l'immunocomplesso, il complemento è libero e si legherà al complesso emazie-emolisine provocando la lisi delle emazie (reazione negativa, assenza di antigene o anticorpo nel siero del paziente), se invece si è formato l'immunocomplesso, p il complemento p è legato g ad esso e non sarà disponibile per il secondo sistema quindi non si avrà lisi delle emazie (reazione positiva presenza di antigene o anticorpi nel siero del paziente). Fissazione del complemento scaricato da www.sunhope.it 34 31/08/2009 Fissazione del complemento Complement Fixation Test in Microtiter Plate. Rows 1 and 2 exhibit complement fixation obtained with acute and convalescent phase serum specimens, respectively. (2-fold serum dilutions were used) The observed 4-fold increase is significant and indicates recent infection. ELISA ( ENZYME LINKED IMMUNOASSORBENT ASSAY) Le tecniche immunoenzimatiche derivano da quelle radioimmunologiche, ma utilizzano un enzima, al p posto dell'isotopo p radioattivo, come marker dell'anticorpo specifico o dell'anti-gammaglobulina. Permette di rivelare la presenza del microrganismo (antigene) o di anticorpi, utilizzando anticorpi coniugati con enzima (fosfatasi alcalina o perossidasi). L'aggiunta di un substrato cromogeno per l'enzima mette in evidenza l'eventuale presenza di antigene o anticorpo in base all'emissione di colore dovuto all'azione dell'enzima, legato all'anticorpo, sul substrato; la colorazione sarà tanto più marcata quanto maggiore è la quantità di anticorpo coniugato con enzima che si lega al substrato. Nella tecnica ELISA,generalmente gli antigeni sono adsorbiti alle pareti di provette di plastica o pozzetti di piastre microtitre scaricato da www.sunhope.it 35 31/08/2009 Enzyme-linked immunosorbent assay (ELISA) a) Diretta b) Indiretta Enzyme-linked immunosorbent assay Schema di base Immunoassay competitivo scaricato da www.sunhope.it 36 31/08/2009 ELISA for HIV antibody Microplate ELISA for HIV antibody: coloured wells indicate reactivity SIERONEUTRALIZZAZIONE VIRALE Quando un virus è posto a contatto con un siero di un soggetto convalescente l o immunizzato, i i perde d del d l tutto o in parte il potere infettante. Ciò è dovuto, probabilmente, al fatto che gli anticorpi specifici rivestono il virione impedendo l’adsorbimento di questo alla cellula ospite e quindi il passaggio dell’acido dell acido nucleico virale nella cellula. cellula scaricato da www.sunhope.it 37 31/08/2009 Il tasso di anticorpi neutralizzanti nel siero può essere valutato allestendo diluizioni seriali, per raddoppio, del siero mescolate a quantità standard di virus infettante (100 DITC50) a T adatta per un certo tempo (1-2 ore a T ambiente). Le diverse miscele virus-siero sono poi saggiate per rilevarne l’infettività residua mediante titolazione. Titolo finale degli anticorpi neutralizzanti è considerata la più alta diluizione del siero ancora capace di prevenire i fenomeni legati alle proprietà infettanti del virus. scaricato da www.sunhope.it 38 31/08/2009 Immunofluorescenza E' una metodica che consente di identificare i microrganismi presenti nel materiale biologico opp re di individuare oppure indi id are antigeni a localizzazione intracellulare o anticorpi. La metodica si basa sulla marcatura fluorescente degli anticorpi rivelatori osservati poi al microscopio a fluorescenza. Diretta Indiretta Immunofluorescenza Cellule trasfettate con DNA plasmidico Contenente il gene della glicoproteina gL dell’HCMV. La proteina codificata dal gene viene espressa in seguito alla sua trascrizione in mRNA. Le cellule vengono permeabilizzate ed incubate con un anticorpo che riconosce la glicoproteina gL. Tempo 0; Tempo 12h Tempo 24h scaricato da www.sunhope.it 39 31/08/2009 Visualizzazione al microscopio confocale di due glicoproteine dell’HCMV. (IE72 in rosso e pp65 in verde) Cellule aortiche endoteliali primarie sono state infettate con HCMV isolato da paziente ed osservate al microscopio confocale dopo 8 giorni. Associazione della glicoproteina E del VZV ((verde) d ) con la l membrana b di una cellula. ll l Espressione del recettore per la transferrina nella stessa cellula (rosso). Localizzazione di entrambe le proteine e quindi della fluorescenza sugli stessi siti cellulari (giallo). Immunofluorescenza Immunofluorescenza diretta su cellule infettate da rotavirus: l’anticorpo fluoresceinato è legato specificamente ad antigeni virali presenti nel citoplasma. scaricato da www.sunhope.it 40 31/08/2009 Metodi molecolari • M Metodi t di basati b ti sulla ll individuazione i di id i d l genoma del virale. • Rappresentano il futuro della diagnostica virologica. Comunque, nonostante il continuo incremento dei metodi molecolari, nella pratica clinica della diagnostica di laboratorio il loro utilizzo è ancora nettamente inferiore rispetto ai metodi convenzionali. convenzionali Ibridazione molecolare Quando un DNA a doppio filamento viene riscaldato a temperatura superiore alla cosiddetta temperatura di fusione (Tm) le due catene della molecola si separano in seguito alla rottura dei legami ad idrogeno (deboli) che le mantengono appaiate. Se dopo la separazione, il DNA viene raffreddato lentamente in condizioni ambientali favorevoli si ha una riassociazione progressiva delle due eliche detta ibridazione. La riassociazione avviene solo tra due sequenze strettamente complementari che possono essere sia di RNA che di DNA ( DNA/DNA, DNA/RNA). scaricato da www.sunhope.it 41 31/08/2009 Ibridazione molecolare Sistemi per marcare sonde molecolari a) Marcatura radioisotopica b) Marcatura enzimatica c) Marcatura mediante biotina-streptavidina scaricato da www.sunhope.it 42 31/08/2009 Rilievo del genoma virale mediante l’uso di sonde marcate radioattivamente DOT BLOT Ibridizazzione con una sonda a DNA dal genoma di papillomavirus su quantità scalari (a, b, c, d, e) di DNA estratto da un campioni patologici di tre pazienti. Una serie di diluizioni di mRNA campione, il cui titolo è noto, sono allineate su un foglio di nitrocellulosa o nylon. Su una linea parallela sono depositate le diluizioni della soluzione di RNA da dosare. Gli RNA sono immobilizzati ed ibridati con la sonda radioattiva. Dopo lavaggio viene praticata un autoradiografia. L'intensità p delle macchie corrispondenti alle diluizioni della soluzione in cui si trova l'RNA da dosare viene confrontata con quella dei controlli. Risultati: Il segnale radioattivo è proporzionale alla quantità di virus presente nel campione I pazienti 1 e 2 sono positivi. Il paziente 3 risulta negativo Southern blotting: tecnica di analisi del DNA messa a ppunto da Southern nel 1975 per visualizzare i geni o qualsiasi sequenza di DNA genomico, mediante ibridazione con una sonda marcata e specifica, con frammenti di restrizione del DNA separati precedentemente con ll'elettroforesi elettroforesi, denaturati e trasferiti su membrana. scaricato da www.sunhope.it 43 31/08/2009 Southern Blot Il supporto viene poi pretrattato con la soluzione salina priva di sonda (preibridazione) in modo da saturare il supporto e impedire il legame non specifico della sonda marcata prima dell'ibridazione. Si immerge poi per 1030 ore il filtro nella soluzione salina contenente la sonda radioattiva (ibridazione ) a 65°C, si fanno infine una serie di lavaggi per allontanare l'eccesso di sonda che potrebbe dare falsi segnali nell'immagine autoradiografica. La sonda si andrà a legare solo a quella ristretta regione del filtro (banda) dove è fissato il frammento contenente sequenze complementari Tale banda può essere complementari. messa in risalto come segnale autoradiografico su una pellicola da radiologia messa a contatto col filtro oppure una reazione colorimetrica dopo l'utilizzo del sistema avidina-cromogeno per le sonde biotilinate. Southern blot Analisi di diversi ceppi di citomegalovirus Soggetti positivi al CMV possono reinfettarsi con un nuovo ceppo dopo trapianto d’organo X1 ed Y1 = Prima del trapianto X2 ed Y2 = Dopo il trapianto scaricato da www.sunhope.it 44 31/08/2009 Polymerase Chain Reaction • La PCR permette l’amplificazione in vitro (circa 106)di una specifica sequenza bersaglio di DNA, rappresenta una tecnica molto l sensibile. bl • E’ basata su una reazione enzimatica che utilizza degli oligonucleotidi sintetici che si ibridizzano alle estremità della sequenza di acidi nucleici di interesse. • Questi oligonucleotidi agiscono come primers per la Taq polymerase termostabile. Cicli ripetuti (usualmente da 25 a 40) di denaturazione del DNA template (a 94oC), annealing dei primers alla loro sequenza complementare (50oC), C) e l’estensione (72oC) risultano in una produzione esponenziale dello specifico frammento bersaglio. • Rilevamento ed identificazione del prodotto della PCR viene effettuata mediante elettroforesi in gel di agarosio. Polymerase Chain Reaction • Vantaggi della PCR: – Sensibilità estremamente elevata, elevata può rilevare fino a una singola copia di genoma virale. – Facile – Veloce • Svantaggi della PCR: – Facile da contaminare – Necessità di operatori specializzati – Difficolta di quantizzazione. – Un risultato positivo può essere difficile da interpretare, specialmente con I virus latenti (CMV), dove ciascun individuo sieropositivo può avere nel sangue la presenza del virus, presentando o meno sintomatologia specifica. scaricato da www.sunhope.it 45 31/08/2009 Schematic of PCR Each cycle doubles the copy number of the target Polymerase Chain Reaction scaricato da www.sunhope.it 46 31/08/2009 PCR (Primers) La scelta dei primers è una tappa importante nella messa a punto della PCR: 1) la sequenza dei primers non deve permettere la formazione di stem-loop, né l'ibridazione tra primers; 2) la composizione in basi deve essere equilibrata 3) le Tm di due primers non devono essere troppo diverse 4) le sequenze scelte non devono corrispondere a sequenze genomiche ripetute. ripetute 5) la concentrazione degli ioni magnesio (necessari per stabilizzare i nucleotidi) è compresa tra 0,5 e 2,5 mM scaricato da www.sunhope.it 47 31/08/2009 NESTED PCR Consiste nel realizzare due PCR successive utilizzando coppie i di primers i diff differenti, ti con la l seconda d coppia i di primers che contiene una sequenza inclusa in quella che viene amplificata dalla prima coppia di primers. Così, se la banda corrispondente alla prima amplificazione è artefatta, durante la seconda PCR i primers della seconda coppia non potranno ibridarsi e non avrà luogo l amplificazione. l'amplificazione Questa tecnica permette di aumentare nello stesso tempo la specificità e il tasso di amplificazione. E' particolarmente adatta quando la quantità di bersaglio di partenza è bassa. PCR e Multiplex PCR scaricato da www.sunhope.it 48 31/08/2009 Tipizzazione di HSV mediante digestione con endonucleasi di restrizione del prodotto di PCR REAL TIME PCR (PCR Quantitativa) L’analisi PCR quantitativa prevede, come la qualitativa, una prima fase di estrazione del DNA dal campione in analisi. Il DNA, quindi, sottoposto al processo di amplificazione con metodo Real Time PCR. Tale tecnica usa una sonda complementare al bersaglio che inizialmente non emette fluorescenza. Durante l’amplificazione del DNA, l’enzima Taq polimerasi spezza questa sonda e la rende fluorescente. Così è possibile rilevare in tempo reale l’andamento dell’amplificazione del DNA, in quanto al progredire della stessa il segnale fluorescente aumenta. La quantificazione del DNA è allora possibile visto che esiste una diretta correlazione tra il contenuto di DNA bersaglio presente inizialmente nel campione e tempo di inizio emissione fluorescenza. In altre parole, prima parte l’emissione di fluorescenza durante la PCR, tanto maggiore è il contenuto di DNA scaricato da www.sunhope.it 49 31/08/2009 PCR quantitativa-competitiva Un numere crescente di copie target di 144 bp vengono distribuite in una serie di tubi, 250 copie del competitore di 96 bp vengono aggiunte a ciascun tubo. L’intensità delle bande viene misurata mediante un sistema di video, e riportata nel grafico. AMPLICOR HIV-1 (ROCHE) Nella reazione di PCR entrambi i primers sono biotinilati, per cui il prodotto della PCR viene trasferito in piastra da microtitolazione sui cui pozzetti si trova una sonda con una sequenza specifica complementare ad uno dei filamenti amplificati. Il prodotto di amplificazione viene denaturato ed il filamento complementare viene catturato dalla sonda. Dopo lavaggio, viene aggiunto il substrato (perossidasi) e il cambiamento di colore viene letto allo spettrofotometro. scaricato da www.sunhope.it 50 31/08/2009 Quantiplex Branched-chain DNA (Bayer) Il virus dal paziente viene precipitato mediante centrifugazione e trattato per rilasciare l’RNA. L’RNA target viene ibridizzato a numerose sonde presenti nel pozzetto di una piastra per microtitolazione. L’RNA immobilizzato viene in seguito ibridizzato a sequenze ramificate di DNA che vengono a loro volta ibridizzate a sonde coniugate con l’enzima di rivelazione. Infine viene aggiunto un substrato luminescente e la reazione viene letta mediante un luminometro. Questa tecnica non amplifica il target, ma il segnale. NASBA Permette di di amplificare p con la stessa efficacia sia ggli RNA che i DNA. L'amplificazione è ottenuta senza cambiare la temperatura, che viene mantenuta costantemente a 42°C. Qualsiasi sia il tipo di acido nucleico di partenza, il prodotto di amplificazione è insieme DNA e RNA. Come nella tecnica della PCR sono necessari due oligonucleotidi che inquadrano la sequenza da amplificare. Uno dei due deve possedere comunque, nella porzione 5', una sequenza che corrisponde ad un promotore per la T7 RNA polimerasi (estratta da E. coli infettata dal fago T7). scaricato da www.sunhope.it 51 31/08/2009 Nuclisens Nasba (Organon Teknika) La prima tappa corrisponde ad una fase non ciclica che produce un DNA a doppio filamento, di cui una estremità possiede un promotore per la T7 RNA polimerasi. La seconda tappa, che è ciclica, corrisponde alla fase di amplificazione Essa si svolge in tre parti: nel corso della amplificazione. prima, la T7 polimerasi trascrive una serie di di RNA a partire dal promotore T7; nella seconda, gli RNA che sono stati trascritti vengono retro-trascritti in cDNA dalla trascrittasi inversa; nell'ultima tappa del ciclo il filamento di RNA è distrutto dalla Rnasi H, ed il secondo filamento del cDNA viene sintetizzato immediatamente dalla trascrittasi inversa che utilizza il secondo oligonucleotide come primer. Nel corso di questo ciclo vengono così ottenute più copie del DNA di partenza. Esse servono da stampo al ciclo seguente. Il tasso di amplificazione in ogni ciclo è molto superiore a quello della PCR nella quale la quantità di DNA viene semplicemente raddoppiata. Dopo 3 ore di incubazione il tasso di amplificazione è da 106 a 107. Nelle condizioni ottimali la quantità di RNA ottenuta è 100 volte superiore alla quantità di DNA. scaricato da www.sunhope.it 52