35 Capitolo 4 Il decadimento alfa

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Capitolo 4
Il decadimento alfa
4.1 Il Decadimento alfa
L’emissione di particelle α da parte di vari radionuclidi rappresenta una delle prime
scoperte della fisica moderna: nel 1908 Rutherford dimostrò che tale radiazione è
costituita da nuclei di 4He. Tra i componenti delle famiglie radioattive troviamo
circa 30 emettitori α. La maggior parte degli isotopi creati artificialmente con
numero di massa maggiore del Piombo sono emettitori α. Non vi sono emettitori α
con A<146 ( 146
62 Sm ). Questo è spiegato dall’andamento dell’energia di legame B/A in
funzione di A. L’energia di legame B/A per lo 4He vale 7.07 MeV (contro i 2.57 e
2.83 MeV per lo 3He ed il 3H rispettivamente, e di 5.33 MeV per il 6Li ecc. ecc.).
Pertanto emettendo α un sistema nucleare guadagna in energia di legame solo se si
trova nella zona al di là del massimo della curva B/A: in questa regione il valore di
B/A aumenta al diminuire di A (e quindi all’emissione di particelle α). Questo non è
però più vero quando ci si avvicina al massimo (e a maggior ragione a sinistra del
massimo), dove l’emissione α non è più un fenomeno che permetta guadagno di
energia. Il decadimento α è energeticamente possibile quando :
∆E= M(Z,A)-M(Z-2,A-4)-M(2,4) > 0
L’eccesso di energia ∆E rappresenta in pratica l’energia cinetica della particella α.
Infatti, considerando il nucleo a riposo nell’istante del decadimento:
0=pα + P’ → pα = - P’
Tα + T’ = ∆E
Dove le variabili accentate si riferiscono al nucleo residuo.
pα2
p2  1
P' 2
1 
 = ∆E
+
= α 
+
2mα 2M'
2  mα M' 
pα2 
mα 
M'
essendo mα << M’.
Tα = ∆E
≈ ∆E ,
1 +
 = ∆E
2mα 
M' 
M' +m α
In generale l’energia delle particelle alfa emesse varia tra 4 e 9 MeV ed i tempi di
dimezzamento dei nuclei che le emettono variano tra 1010 y e 10-7 s. Confrontando
energia delle particelle alfa e tempo di dimezzamento si nota che ad energie più
basse corrispondono tempi di dimezzamento più lunghi e viceversa: questa è una
regola generale osservata e studiata fin dal 1911 da Geiger e Nuttal, che
formularono la seguente legge: per una stessa serie radioattiva, il logaritmo della
costante di decadimento λ dipende linearmente dal logaritmo dell’energia delle
particelle alfa emesse:
lnλ = A + BlnE
La relazione originaria trovata era del tipo:
lnλ = a + blnR
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dove R indica il percorso (range) delle particelle alfa in un mezzo assorbitore: ma
poichè, come vedremo nel seguito, il range è legato all’energia da una legge del tipo:
R = En (e quindi lnR ∝ lnE), si vede che le due relazioni sono del tutto equivalenti.
Se si raggruppano radionuclidi α-emettitori appartenenti agli stessi elementi si
ottengono i risultati riportati nelle figure 4.1 e 4.2
La regola di Geiger e Nuttal fu trovata fenomenologicamente, ma può essere
dedotta rigorosamente attraverso la meccanica quantistica: anzi, le teoria del
dacadimento α fu uno dei primi successi dell’applicazione della meccanica
quantistica ad un problema di fisica nucleare (1928, Gamow, Condon e Gurney).
Possedendo questa energia cinetica ∆E in eccesso, le particelle α dovrebbero
lasciare il nucleo in un tempo dell’ordine di : t ≈ R/vα dove R rappresenta il nucleo e
vα la velocità della particella. Anche per la minima energia cinetica osservata Tα = 4
MeV, il calcolo numerico fornisce il valore:
mα
R
=
⋅R =
vα
2Tα
mα c 2 R
⋅ =
2Tα c
3727 10 −12
⋅
= 7 ⋅ 10 −22 s
2 ⋅ 4 3 ⋅ 10 10
T1/2 (s)
t=
Fig 4.1 : relazione tra energia cinetica delle particelle α e T1/2
36
Viceversa le vite medie dei radionuclidi α-emettitori possono essere anche
dell’ordine del miliardo di anni. Se si analizza l’andamento dell’energia potenziale
U(r) in funzione della distanza, si ottiene un andamento del tipo riportato in figura
4.3, dove R rappresenta il raggio nucleare; per r<R prevalgono le forze nucleari
(schematizzate come una buca di potenziale costante), mentre per r>R le forze
nucleari, a causa del loro cortissimo range, sono inefficaci e prevale il campo
colombiano, il cui potenziale ha il tipico andamento del tipo 1/r. La particella alfa,
immersa nella materia nucleare, si trova nella zona con r<R. Se si misura la sua
energia cinetica Tα una volta emessa dal nucleo (e quindi per r → ∞), abbiamo visto
che si trovano valori compresi tra 4 e 9 MeV. Viceversa, l’altezza della barriera
zZe 2
colombiana vale: UC (r = R ) =
R
per z=2, Z=90, R=10 fm, e ricordando che e2=1.44 MeV⋅fm, si ottiene: UC ≈ 30 MeV,
quindi UC >> Tα.
Fig 4.2 : andamento di λ in funzione del range R delle particelle α
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Fig 4.3 : andamento dell’energia potenziale α-nucleo in funzione della distanza r
Nasce allora il problema inverso: classicamente la particella α non potrebbe mai
lasciare il nucleo, e non esisterebbero nuclei α-emettitori. Questo paradosso fu
risolto da Gamow e da Condon e Gurney (1929), i quali, trattando quantisticamente il
problema, mostrarono l’esistenza di una probabilità di fuga finita anche nel caso in
cui la meccanica classica avrebbe predetto una barriera assolutamente
insormontabile, cioè stabilità nucleare.
4.2 L’effetto tunnel quantistico
Nel caso generale l’equazione di Schroedinger per il moto della particella α si scrive
nel seguente modo:
r
r
h2 2 r
−
∇ ψ(r ) + V (r)ψ(r ) = Eψ(r )
2mα
Separando le variabili si può scrivere:
r
ψ(r ) = ρ(r) ⋅ Θ(ϑ) ⋅ Φ (ϕ) , e se si scrive:
differenziale radiale seguente:
d2u(r) 2mα 
h2l(l + 1) 

 ⋅ u(r) = 0
(
)
+
−
−
T
V
r
α
dr2
2mαr2 
h2 
ρ(r) =
u(r)
r
, si arriva all’equazione
La quantità: h l(l + 1) rappresenta il momento angolare L con il quale la particella α
lascia il nucleo. Vediamo, con un ragionamento semi-classico, quanto vale L. Il
massimo parametro d’urto Lmax con il quale la particella può uscire dal nucleo è
appunto il raggio nucleare.
L = h l(l + 1) ≈ hl ≤ Lmax = pαR, dove pα rappresenta il momento della particella.
Pertanto si ricava:
38
2mα Tα R
2mα c 2 Tα R
pα R
=
=
h
h
hc
per Tα = 5 MeV e R=10 fm, si ottiene: l ≤ 11. l però non può assumere qualsiasi
valore: infatti, a causa del principio di conservazione del momento angolare, deve
essere: J = Ja + J’ , avendo indicato con J e J’ i momenti angolari totali del nucleo
padre e figlio e con Ja il momento angolare totale della particella α.
Considerando la regola di addizione dei momenti angolari in meccanica quantistica, si
ha:
|J’-J| ≤ Jα ≤ J’+J
dove Ja = Ia + lα rappresenta lo spin totale della particella α, somma del suo spin
intrinseco Ia e del suo momento angolare orbitale lα. Essendo Ia = 0, risulta che lα
può avere solo questo intervallo di valori:
|J’-J| ≤ l α ≤ J’+J
l≤
ed in genere, a causa di questa limitazione, risulta lα = 0, 1, 2.
Comunque, anche considerando il massimo valore ottenuto dal conto precedente,
h 2 l(l + 1)
risulta che il termine di “barriera centrifuga”
calcolato per r = R vale, al
2mα r 2
più:
pα2R2
h2l(l + 1)
= Tα= 5 MeV
≤
2mαR2
2mαR2
e risulta quindi ben minore di VC(R) = 26 MeV.
Nella trattazione semplificata che segue trascureremo il contributo della barriera
centrifuga (considerando quindi lα = 0). L’equazione di Schroedinger si riscrive
d2 u(r) 2mα
allora nella forma più semplice:
+ 2 (Tα − V (r )) ⋅ u(r) = 0
dr 2
h
Consideriamo come primo passo una barriera di potenziale più semplice (vedi figura
4.4) , descritta da:
V(r) = 0 altrove.
V(r) = V0 per R < r < R1
V
Tα
1
2
R
3
R1
Fig 4.4 : schematizzazione di una barriera quantistica ad altezza
costante
39
r
Se consideriamo il moto di una particella α avente una energia cinetica Tα < V0,
l’equazione di Schroedinger nelle zone 1, 2 e 3 prende la forma:
d 2 u 2m α
d 2 u 2m α
(regioni
1
e
3)
+
T
⋅
u
=
0
+
(Tα − V0 ) ⋅ u = 0 (regione 2)
α
h
h
dr 2
dr 2
La soluzione risulta:
r
r
u1 = exp  i ⋅ 2mαTα  + B ⋅ exp  − i ⋅ 2mαTα 
h
h


r
u3 = a ⋅ exp  i ⋅ 2mαTα 
h

r
r
u2 = α ⋅ exp  2mα (V0 − Tα )  + β ⋅ exp  − 2mα (V0 − Tα ) 
h
h


Abbiamo posto uguale all’unità il coefficiente dell’onda incidente sulla barriera in
quanto, ai fini della probabilità di penetrazione della barriera, ha importanza solo
l’ampiezza relativa delle onde. Abbiamo inoltre considerato nella regione 3 solo
l’onda che si sposta verso r crescente (la particella α si allontana dal nucleo). La
penetrabilità della barriera D è data da:
u32 ⋅ v3
u32
Φ3
D=
= 2
= 2 = a2
Φ1
u1 inc ⋅ v1
u1 inc
Φ1 e Φ3 rappresentano il flusso quantistico di particelle α nelle regioni 1 e 3 (nel
verso di r crescente), mentre v1 = v3 rappresenta la velocità delle particelle α nelle
rispettive regioni 1 e 3.
Le quattro costanti B, α, β ed a, sono determinate dalle condizioni di continuità
della funzione u e della sua derivata prima nei punti di dicontinuità del potenziale.
Sviluppando i calcoli si ottiene:
 2

D = exp  −
2mα (V0 − Tα ) ⋅ (R1 − R )
 h

il risultato può essere esteso ad una barriera di altezza variabile V(r). Nel caso di
potenziale colombiano:
 2 RT

 zZe2

− Tα  ⋅ dr
D = exp  − ∫ 2mα 
 h R

 r

zZe 2
dove RT è la distanza alla quale si annulla il radicando: RT =
Tα
Svolgendo l’integrale si ottiene la penetrabilità D, che esprimiamo nel seguente
Rp
R
dove: g = B =
modo: D = exp (− 2 ⋅ g ⋅ γ )
2mαB
h
h
zZe 2
zZe 2
dove B è l’altezza della barriera: B =
=
R
r0 A1 / 3
e γ è dato da: γ =
40
 T 
B
T
⋅ acos  α  − 1 − α
Tα
B
 B 
La penetrabilità della barriera è legata alla costante di decadimento λ. Infatti D
esprime la probabilità di attraversamento della barriera per urto, λ rappresenta la
probabilità di attraversamento per unità di tempo. Le due quantità sono legate dalla
relazione:
λ = ν⋅D
v
dove ν rappresenta la frequenza degli urti contro la barriera ed e’ dato da: ν = α ,
2R
dove vα è la velocità della particella α nel nucleo. In una trattazione più rigorosa si
dovrebbe scrivere:
λ = P⋅ν⋅D
dove P rappresenta la probabilità che all’interno del nucleo si formi una particella α
in seguito alle interazioni tra protoni e neutroni. Il calcolo di P è molto complicato e
comunque a tutt’oggi una sua valutazione esatta non esiste.. Noi assumiamo P=1, che
è comunque una stima realistica per nuclei ad alto A, specie per i nuclei pari-pari.
Per particelle α di energia cinetica pari a 4 MeV, il valore numerico di ν è:
v
β c
2Tα
c
ν= α = α =
⋅
= 10 20 ÷ 10 21 s −1
2
2R 2R
mα c 2R
Esplicitando D:
 2 RT

λ = ν ⋅ D = ν ⋅ exp  − ∫ 2mα (V (r) − Tα ) ⋅ dr = ν ⋅ exp [ϕ(Tα )]
 h R

che si riscrive:
ln λ = ln ν + ϕ(Tα ) , che in forma generale si scrive:
ln λ = A + B ⋅ Tα
dove A e B sono costanti che non variano (o variano pochissimo) con Z. Questa
espressione coincide con la relazione trovata sperimentalmente da Geiger e Nuttal
la teoria di Gamow rappresentò il primo grande successo della meccanica
quantistica.
Per la verità Geiger e Nuttal trovarono una espressione leggermente diversa: lnλ =
A + B’⋅lnTα. Ma nel range di variabilità dell’energia cinetica delle particelle α le
espressioni sono del tutto equivalenti (vedi figura 4.5).
La dipendenza trovata spiega come mai l’intervallo di variazione di λ è molto
maggiore dell’intervallo di variazione dell’energia cinetica. Spiega inoltre anche
l’esistenza di un limite inferiore per l’energia cinetica della particella α. Una
variazione del 10% in Tα cambia la costante di disintegrazione di un fattore 103. Per
Tα < 2 MeV la vita media diventa talmente lunga che è praticamente impossibile
rivelare particelle α. Questo spiega anche il fatto che non esistono in pratica nuclei
α–radioattivi per Z < 82, dove il ∆E risulta minore di 2 MeV.
41
Fig. 4.5 Andamento delle funzioni
e del loro rapporto (
42
Tα (
) tra 4 e 9 MeV
) , ln(Tα) (
)
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