MED AND GULF EXECUTIVE BRIEFING I Balcani alle porte dell’Unione europea Prospettive politiche ed economiche Palazzo Giureconsulti, 22 marzo 2012 Dossier a cura del Programma Mediterraneo dell’ISPI L’incontro è realizzato nell’ambito del progetto promosso da I BALCANI ALLE PORTE DELL’UNIONE EUROPEA PROSPETTIVE POLITICHE ED ECONOMICHE INDICE DEL DOSSIER Politica 1. Balcani: quadro politico-istituzionale 2. Serbia 3. Croazia 4. Albania 5. Le relazioni con l‟Unione europea Economia 1. Quadro economico 2. Interscambio commerciale 3. Investimenti diretti esteri 4. Le relazioni economiche con l‟Italia 5. Doing Business 2012 6. Rischio paese Approfondimenti 1. La questione del Kosovo 2. Background storico 3. Corridoio energetico dell‟Europa? POLITICA 1. BALCANI: QUADRO POLITICO-ISTITUZIONALE - I Indipendenza Albania Repubblica parlamentare dal 1991. Primo ministro: Sali Berisha (Pd, dal 2009). Presidente: Bamir Topi (Pd, dal 2007). 28 novembre 1912 3 marzo 1992 (dichiarata) Bosnia Erzegovina (B.-E.) Croazia Macedonia Assetto istituzionale 14 dicembre 1995 (accordi di Dayton, cessazione delle ostilità) 8 ottobre 1991 (entrata in vigore della dichiarazione) 12 novembre 1995 (accordo di Erdut, cessazione ostilità) 8 settembre 1991 (dichiarata) 8 aprile 1993 (riconosciuta) Legislatura unicamerale, durata massima 4 anni. 140 deputati; sistema elettorale misto (maggioritario al 70%). Repubblica parlamentare federale, separata in due entità che godono di forte autonomia (oltre al distretto autonomo di Brčko): la Federazione di B.-E. (Fbih) e la Republika Srpska (Rs). La B.-E. è, di fatto, un protettorato internazionale. L’Alto rappresentante per la B.-E., nominato dai paesi in carica del processo di stabilizzazione, è la massima autorità politica e detiene ampi poteri. Sotto di lui, la Presidenza federale è esercitata insieme da 3 presidenti, a rotazione ogni 8 mesi. La legislatura federale è bicamerale. Repubblica parlamentare. Primo ministro: Zoran Milanović (Sph, dal 2011). Presidente: Ivo Josipović (Sph, dal 2010). Sistema politico e partitico Da un ventennio, alternanza tra il Partito democratico (Pd) e il Partito socialista (Pssh). Principali forze in Parlamento: Alleanza di centro-destra (con Pd): 50% Alleanza di centro-sinistra (con Pssh): 47% Governo: alleanza di centro-destra. Le coalizioni a livello federale sono altamente instabili. Dal 12 gennaio 2012 Presidente del Consiglio dei ministri è Vjekoslav Bevanda. La Camera dei rappresentanti, eletta direttamente dai cittadini delle due entità federate, è frammentata tra partiti bosniaci, serbi e croati. La Camera dei Popoli, rinnovata ogni due anni, è composta da membri nominati dai Parlamenti delle due entità federate. Ventennio di forte preminenza dell’Unione democratica croata (Hdz), fino alla crisi di fine 2011. Legislatura unicamerale, durata massima 4 anni. 151 deputati; sistema elettorale proporzionale con clausola di sbarramento al 5%. Repubblica parlamentare. Primo ministro: Nikola Gruevski (Vmro–Dpmne, dal 2006). Presidente: Gjorge Ivanov (Vmro–Dpmne, dal 2009) Principali forze in Parlamento: Alleanza di centro-sinistra (con Sph): 53% Alleanza di centro-destra (con Hdz): 29% Predominio dell’Unione socialdemocratica (Sdsm). Dal 2011 il Partito democratico (Vmro-Dpmne) è al governo, alleato con il maggiore partito albanese (Dui). Legislatura unicamerale, durata massima 4 anni. 120 deputati. Sistema elettorale misto (maggioritario al 70%). Principali forze in Parlamento: Vmro-Dpmne e alleati: 47% Sdsm e alleati: 35% Dui: 13%. Ultime elezioni Parlamentari: 28 giugno 2009 Presidenziali e parlamentari federali: 3 ottobre 2010 Parlamentari: 4 dicembre 2011 Parlamentari: 5 giugno 2011 Prossime elezioni Presidenziali: luglio 2012 (indirette) Parlamentari: entro il 2013 Presidenziali e parlamentari federali: 2014 Parlamentari: entro il 2015 Presidenziali: 2015 Presidenziali: 2014 Parlamentari: 2015 POLITICA 1. BALCANI: QUADRO POLITICO-ISTITUZIONALE - II Indipendenza Montenegro Serbia Slovenia 3 giugno 2006 1992 (stato successore della Jugoslavia; prima federato in Serbia e Montenegro) 25 giugno 1991 Assetto istituzionale Repubblica parlamentare. Primo ministro: Milo Đukanović (Dps, dal 2008). Presidente: Filip Vujanović (Dps, dal 2003). Legislatura unicamerale, durata massima 4 anni. 81 deputati. Repubblica parlamentare. Primo ministro: Mirko Cvetković (Ds, dal 2008). Presidente: Boris Tadić (Ds, dal 2004). Legislatura unicamerale, durata massima 4 anni. 250 deputati, eletti con sistema proporzionale puro. Repubblica parlamentare. Primo ministro: Janez Janša (dal 2012). Presidente: Danilo Türk (dal 2007). Legislatura unicamerale, durata massima 4 anni. 90 deputati, eletti con sistema proporzionale puro. Kosovo 1999 (amministrazione internazionale, indipendenza de facto) 2008 (dichiarata unilateralmente) Autoproclamata repubblica parlamentare. E’ di fatto un protettorato internazionale sotto tutela delle Nazioni Unite (Unmik) e della missione europea Eulex. La più alta autorità del paese è il Rappresentante civile internazionale. Sotto di lui, il governo locale si è negli anni ricavato ampi spazi di autonomia. Legislatura unicamerale, composta da 120 deputati. Sistema politico e partitico Il partito di Đukanović ha esercitato prima dell’indipendenza dalla Serbia ed esercita tuttora un’enorme influenza sul paese. Đukanović è stato primo ministro nei periodi 1991-1998 e 2003-2006, mentre tra il 1998 e il 2002 è stato Presidente. Al termine di una tormentata transizione al Partito socialista dell’ex presidente Slobodan Milošević è succeduto, dal 2004, il Partito democratico (Ds). Rinnovato e più europeista, assieme ai suoi alleati a tutt’oggi egemonizza lo scenario politico. Dal 2004, alternanza tra il Partito democratico (Sds, centro-destra) e il Partito socialista (Sd, sinistra). Recenti turbolenze politiche, in un paese generalmente molto stabile. Ultime elezioni Prossime elezioni Parlamentari: 29 marzo 2009 Parlamentari e presidenziali: entro il 2013 Parlamentari: 11 maggio 2008 Parlamentari: 4 dicembre 2011 Principali forze in Parlamento: Centro-sinistra (Ps): 31% Centro-destra (Sds): 29% Sinistra (Sd): 11% Il Partito democratico (Pdk), negli anni Novanta braccio politico dell’esercito di liberazione (Uçk), è tornato al potere nel 2008 con il Primo ministro Hashim Thaçi. Dal 2010, in seguito a nuove elezioni, Thaçi presiede un governo di coalizione. Parlamentari: 12 dicembre 2010 Parlamentari: 6 maggio 2012 Presidenziali: 2013 Presidenziali: 8 ottobre 2012 Parlamentari: entro il 2015 Presidenziali: 2012 Parlamentari: entro il 2013 POLITICA 2. SERBIA In vista delle elezioni parlamentari, previste per il prossimo mese di maggio, la campagna è stata dominata dal tema della candidatura della Serbia all‟Unione europea e dalla difficile situazione economica – il tasso di disoccupazione è al 27% e l‟inflazione è scesa sotto le due cifre solo alla fine del 2011. A dispetto del crescente euroscetticismo della popolazione, il 1° marzo la Serbia è riuscita a ottenere da Bruxelles lo status di candidato all‟Unione, dopo il rifiuto di dicembre 2011. Questo è di fatto il miglior risultato che il governo di Mirko Cvetković può vantare fino ad ora. La scena politica serba è dominata da due partiti principali, che attraverso un sistema di coalizioni si contendono la leadership del paese: il Partito democratico serbo (Pds), attualmente la formazione parlamentare di maggioranza, e il Partito progressista serbo (Pps), principale forza d‟opposizione. La crisi economica e alcune debacle internazionali, soprattutto sul terreno della candidatura serba all‟Unione europea, hanno incrinato la popolarità della coalizione di governo guidata dal Pds, pur non compromettendone le possibilità di vittoria. Sul terreno economico pesa innanzitutto la crisi delle economie dei paesi europei. L‟Europa assorbe infatti più del 50% delle esportazioni della Serbia, che ha subito una forte riduzione della produzione industriale proprio come conseguenza della contrazione delle economie europee. Inoltre, l‟austerità imposta dal Fondo monetario internazionale al budget statale come condizione per la concessione di un prestito precauzionale di circa un miliardo di euro ha impedito al governo di poter avviare una campagna di investimenti per stimolare l‟economia. Nonostante ciò, rimangono buone le possibilità del Pds di essere riconfermato alla guida della Serbia, anche per l‟incapacità del Pps di proporsi come vera alternativa di governo. I programmi politici delle due formazioni sono infatti dominati dal tema europeo e da quello del Kosovo, sui quali non si evidenziano particolari differenze di approccio. A partire dalla dichiarazione di indipendenza nel 2008, il rifiuto serbo al riconoscimento del Kosovo e la presenza di una grossa minoranza serba nel nord del paese hanno portato a diversi episodi di violenza, specialmente lungo la linea di confine. Gli scontri avvenuti durante il 2011 sono all‟origine dell‟iniziale veto austriaco e tedesco sull‟assegnazione dello status di candidato alla Serbia. Nonostante i tentativi di Belgrado di tenere il tema europeo e quello kosovaro su due piani diversi, da una prospettiva europea i dossier sono strettamente legati. Infatti l‟Ue considera la soluzione della questione del Kosovo una condizione importante per il futuro ingresso della Serbia nell‟Unione che, anche per ragioni di convergenza di Belgrado con gli standard politici ed economici europei, non avverrà prima del 2020. POLITICA 3. CROAZIA Il 4 dicembre 2011 si sono svolte in Croazia le elezioni politiche per il rinnovo del parlamento. Le consultazioni hanno portato a una netta vittoria della coalizione di centro-sinistra guidata dal Partito social democratico (Psd) e a una sonora sconfitta dello schieramento di centro-destra capitanato dall‟Unione democratica croata (Udc), alla guida del paese per sedici anni. Il rovescio elettorale dell‟Udc è stato causato dagli scandali che hanno coinvolto alcuni dei suoi membri e soprattutto dalle gravi condizioni in cui versa l‟economia croata. La crisi europea ha infatti pesantemente influenzato la performance economica del paese, provocando una contrazione del tasso di crescita a causa del forte calo delle esportazioni verso i paesi europei. Allo stesso tempo Bruxelles tiene sotto stretta osservazione la spesa pubblica e il bilancio croati, in vista dell‟ingresso di Zagabria nell‟Unione europea, previsto per il 2013. L‟Ue impone al governo croato uno stretto controllo della spesa e del deficit volti a ridurre i forti squilibri che caratterizzano sia il bilancio pubblico sia le partite correnti. L‟Unione europea ha inoltre chiesto a Zagabria di migliorare il proprio sistema fiscale e di tagliare ulteriormente la spesa pubblica per poter centrare gli obiettivi previsti dal trattato ed evitare un rinvio dell‟entrata nell‟Unione europea, eventualità che potrebbe dimostrarsi fatale per le sorti del governo guidato dal leader del Psd Zoran Milanovic. Il rigore imposto da Bruxelles non consente tuttavia al governo di esprimere una politica economica più dinamica sul piano degli investimenti, rischiando di lasciar languire ulteriormente l‟economia. A questo proposito è intervenuta la Banca europea per gli investimenti con finanziamenti per lo sviluppo di progetti infrastrutturali. Il governo ha inoltre avviato dei contatti con il Fondo monetario internazionale che potrebbero portare all‟apertura ufficiale di trattative volte alla concessione di un prestito in grado di dare respiro alle casse statali. Le condizioni dell‟economia sono dunque la principale fonte potenziale di instabilità nel paese. Non è da escludere che un ulteriore esacerbarsi della crisi possa portare a manifestazioni e proteste di piazza. Cresce inoltre la pressione sul governo per un inasprimento delle norme anti-corruzione e per una maggiore dinamicità nel campo degli investimenti. POLITICA 4. ALBANIA Le elezioni politiche del 2009 hanno portato al potere la coalizione di centro-destra guidata dal Partito democratico albanese (Pda), il cui leader, Sali Berisha, è diventato capo del governo. A causa della risicata maggioranza di cui il Pda gode in parlamento (70 seggi su 140) Berisha è stato costretto ad allearsi con il Movimento socialista per l‟integrazione (Msi), un piccolo partito di centro-sinistra guidato da Ilir Meta, che in passato è stato membro della maggiore formazione di opposizione, il Partito socialista albanese (Psa). Il prezzo richiesto dal Msi per l‟apporto del suo piccolo ma determinante gruppo parlamentare (4 seggi) alla maggioranza di governo è piuttosto alto. Oltre ad alcuni ministeri, infatti, Meta ha preteso per sé anche la vicepresidenza. Tuttavia, a inizio 2011 è stato costretto a lasciare l‟incarico per poter affrontare un processo per corruzione a suo carico che si è concluso a gennaio 2012 con la sua assoluzione. Con il suo reintegro nel governo previsto a breve si ritiene che la coalizione riesca a giungere alla fine della legislatura prevista per la metà del 2013. Tra le sfide che il governo deve affrontare nel suo ultimo anno e mezzo di mandato, oltre a una economia stagnante per la crisi finanziaria internazionale, c‟è anche la spinosa questione delle riforme legislative e costituzionali richieste dall‟Unione europea per la concessione dello status di candidato all‟Albania. Tra queste vi è il miglioramento del sistema fiscale, riforme del sistema giudiziario penale e civile, la legge elettorale e una legislazione anti-corruzione più efficace. La maggior parte di tali provvedimenti richiedono una maggioranza parlamentare qualificata, e quindi l‟apporto anche delle forze di opposizione. A questo proposito alla fine dello scorso anno è stato stretto un accordo tra il Pda e il Partito socialista albanese che prevede una serie di punti di convergenza per l‟approvazione delle riforme necessarie a garantire il conferimento all‟Albania dello status di candidato entro il 2013. Tale accordo ha però iniziato a vacillare già a gennaio 2012 a causa delle polemiche sorte intorno ad alcuni episodi di presunta corruzione e brogli elettorali, nonché all‟apertura di un‟inchiesta riguardante il capo della Guardia repubblicana, Ndrea Prendi, accusato di aver ucciso un manifestante con la sua arma d‟ordinanza durante le proteste del gennaio 2011, in cui hanno perso la vita 4 persone. L‟inchiesta ha dimostrato le pesanti interferenze del governo volte a impedire l‟apertura di un procedimento giudiziario nei confronti delle forze dell‟ordine, nonostante alcuni palesi abusi commessi sui manifestanti. A esacerbare ulteriormente il clima politico c‟è inoltre la spinosa questione dell‟elezione, prevista per luglio 2012, del nuovo presidente, carica con pochi poteri ma di grande prestigio, in cui il premier Berisha vorrebbe mettere un uomo del suo partito. Tale ipotesi è però avversata dall‟opposizione che minaccia ostruzionismo e ricorsi alla Corte costituzionale se non verrà usato un criterio bi-partisan per l‟elezione del prossimo presidente. Il clima di scontro su più fronti politici e giudiziari ha portato a un sostanziale stallo delle riforme economiche e politiche, rendendo l‟ottenimento dello status di candidato entro il 2013 assai improbabile. POLITICA 5. LE RELAZIONI CON L’UNIONE EUROPEA Il Consiglio europeo di Feira già nel 2000 aveva stabilito che l‟Unione europea avrebbe considerato tutti i paesi dei Balcani occidentali come potenziali candidati per l‟adesione. Oltre un decennio più tardi solo la Slovenia è membro dell‟Ue (dal 2004). Nonostante gli importanti passi avanti compiuti da molti paesi balcanici sulla strada della ricomposizione delle controversie regionali e della stabilizzazione politica ed economica, il processo di integrazione all‟Ue ha mostrato non poche difficoltà. Procedendo a velocità diverse, nell‟ultimo decennio i governi balcanici hanno assunto posizioni di politica estera più favorevoli all‟accesso nell‟Unione, sforzandosi di adeguare le normative nazionali all‟acquis comunitario. Dal 2005, in seguito al miglioramento sia dei rapporti reciproci tra i paesi balcanici sia delle relazioni con l‟Ue, in seno alla Commissione europea la competenza sui Balcani occidentali è stata trasferita dalla Direzione generale per le relazioni esterne a quella per l‟allargamento. Oggi il livello di adeguamento e di avvicinamento all‟Ue è differenziato a seconda dei paesi: la Croazia diventerà membro il 1° luglio 2013, mentre Montenegro, Macedonia e Serbia (quest‟ultima dal 1° marzo 2012) sono candidati ufficiali all‟adesione. L‟Albania ha inoltrato richiesta formale di apertura dei negoziati nel 2009, ma la Commissione nel rapporto annuale di ottobre 2011, per la seconda volta, non ha ritenuto ci fossero le condizioni per concedere lo status di candidato a causa della mancata implementazione di diverse riforme. Da fine 2010 è però in vigore la liberalizzazione dei visti Schengen con l‟Albania e la Bosnia-Erzegovina, che segue quella con Serbia, Montenegro e Macedonia (da dicembre 2009). Tutti gli stati della regione, salvo il Kosovo (il cui status di paese indipendente è ancora controverso), hanno siglato Accordi bilaterali di stabilizzazione e associazione con l‟Ue, e solo quelli con la BosniaErzegovina e con la Serbia devono ancora entrare in vigore. In attesa della ratifica da parte di tutti i membri Ue, Bosnia e Serbia hanno firmato con l‟Unione due accordi commerciali ad interim che liberalizzano gli scambi bilaterali di merci. Dal 2001 ad oggi, l‟Ue ha fornito ai paesi dei Balcani occidentali assistenza finanziaria per lo sviluppo e per l‟adeguamento all‟acquis comunitario per un totale di oltre 10 miliardi di euro attraverso diversi meccanismi, l‟ultimo dei quali è lo Strumento per l‟assistenza pre-accesso (Ipa, 2007-2013). Anche la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) ha contribuito a finanziare progetti nella regione per oltre 5,5 miliardi di euro. Malgrado gli evidenti progressi e gli aiuti finanziari provenienti dalle organizzazioni europee, restano ancora diversi nodi da sciogliere. L‟annosa questione tra Macedonia e Grecia sul nome del paese balcanico ha creato una situazione di stallo nei negoziati di Skopje con l‟Ue. Inoltre, rimane ancora irrisolta la questione dello status del Kosovo (si veda Approfondimento 1). Status Slovenia Croazia Macedonia Montenegro Serbia Albania Bosnia-Erz. Kosovo Membro dal 2004 Candidato dal 2004 Candidato dal 2005 Candidato dal 2010 Candidato dal 2012 No candidato No candidato No candidato Accordo di stabilizzazione e associazione (firma --> entrata in vigore) 2001 --> 2005 2001 --> 2004 2007 --> 2010 2010 (non ancora in vigore) 2006 --> 2009 2008 (non ancora in vigore) No Euro Sì No No Sì No No No Sì ECONOMIA 1. QUADRO ECONOMICO Le economie dei paesi balcanici sono di dimensioni modeste: se paragonate ai paesi già membri dell‟Unione europea le più grandi tra queste (Croazia, Slovenia, Serbia) possono essere affiancate alla Bulgaria, mentre le più piccole tra loro (dalla Bosnia a scendere) non superano il Pil dell‟Estonia. Inoltre, le stime del Pil pro capite (si veda Fig. 2) sono un evidente indicatore di come il benessere medio dei cittadini dei paesi balcanici sia molto distante dai valori medi Fig. 1 – Pil delle economie balcaniche nel 2011 europei. La crisi finanziaria internazionale e la crisi economica che l‟ha seguita hanno avuto pesanti ripercussioni sulle economie di tutti i paesi dell‟area, sia in termini di crescita (ad eccezione dell‟Albania, che ha comunque fatto registrare un rallentamento, e del Kosovo), sia in termini di aumento del debito pubblico (si veda Fig. 4). Quest‟ultimo, in particolare, dal 2008 si è ampliato in tutti i paesi dell‟area ed è più che raddoppiato nel caso della Slovenia. Oltre a questo, nel 2011 il deficit montenegrino ha toccato un preoccupante -25% sul Pil. I livelli di indebitamento restano comunque contenuti rispetto a quelli dei maggiori paesi dell‟Europa occidentale. Fonte: Fmi (stime, in miliardi di dollari). Per quanto riguarda la crescita (si veda Fig. 3), essa è tornata a mostrare un trend positivo già dal 2010, attestandosi nel 2011 attorno al tasso medio del 2,5%. Tale convergenza sembra destinata a protrarsi almeno fino al termine del 2012, anno per il quale il Fondo monetario internazionale prevede una crescita media del Pil dei paesi dell‟area intorno al 3,2%. Fig. 2 – Pil pro capite nel 2011 Fonte: Eurostat, Fmi (in dollari). Fig. 3 – Crescita del Pil dei paesi balcanici, 2009-2012 Fonte: Fmi (2011 e 2012 = stime). Fig. 4 – Debito pubblico in rapporto al Pil, 2008-2011 Fonte: Fmi. Fig. 5 – Deficit pubblico in rapporto al Pil, 2011 Fonte: Fmi. ECONOMIA 2. INTERSCAMBIO COMMERCIALE L‟Unione europea rappresenta il primo partner commerciale per i paesi dei Balcani. La scomposizione Tabella 1 – Interscambio commerciale con l’Ue del dettaglio merceologico rivela che per quasi tutti i Importazioni Esportazioni paesi della regione le importazioni più rilevanti constano (2010) dall’Ue verso l’Ue di macchinari, autoveicoli e prodotti energetici. Le esportazioni, al contrario, variano considerevolmente di Croazia 68% 53% paese in paese e si concentrano in alcuni settori. Albania 63% 76% L‟Albania, ad esempio, esporta prodotti tessili, articoli di Serbia 60% 55% abbigliamento e calzature per oltre un terzo del valore 59% 66% complessivo delle sue esportazioni (34,7%), mentre il Macedonia 49% 85% Montenegro concentra il proprio export nella metallurgia Kosovo (più del 45%). Croazia e Slovenia, invece, esportano Bosnia-Erz. 45% 54% soprattutto prodotti chimici e farmaceutici, macchinari, Montenegro 32% 51% apparecchiature elettriche e autoveicoli (tra il 40% e il Fonte: EIU, Eurostat (in % sull‟interscambio totale). 50% delle loro esportazioni) a dimostrazione del loro diverso grado di sviluppo economico. L‟Italia figura tra i principali partner commerciali, registrando un avanzo della bilancia commerciale con questi paesi (si veda Tabella 3 e Economia 4). Tabella 2 – Interscambio commerciale dei paesi dell’area balcanica, 2010-2011 (in milioni di dollari). Esportazioni 2010 2011 Importazioni diff. % 2010 2011 diff. % Saldo 2011 Albania 1.548 1.909 +23,3% 4.305 4.956 +15,1% -3.047 Bosnia-Erzegovina 4.937 5.852 +18,5% 9.230 11.049 +19,7% -5.197 Croazia 12.070 13.007 +7,8% 19.957 21.037 +5,4% -8.030 Kosovo 225 238 +5,8% 1.666 1.915 +14,9% -1.677 3.296 4.323 +31,2% 5.241 6.648 +26,8% -2.325 473 672 +42,1% 2.222 2.499 +12,5% -1.827 9.819 11.095 +13,0% 16.163 17.456 +8,0% -6.361 25.993 30.667 +18,0% -1.540 Macedonia Montenegro Serbia Slovenia 24.394 29.127 +19,4% Fonte: Economist Intelligence Unit, Statistical Agency of Kosovo. Tabella 3 – Interscambio commerciale con l’Italia (2010-2011) (in milioni di euro) Importazioni dall'Italia 2010 Albania Bosnia-Erz. 878 2011 1.023 Var. +16,5% Esportazioni verso l'Italia 2010 526 2011 Var. 598 +13,7% 495 543 +9,7% 421 454 +7,8% 1.896 2.090 +10,2% 1.398 1.404 +0,4% Macedonia 187 206 +10,2% 251 286 +13,9% Montenegro 101 104 +3,0% 22 37 +68,2% Serbia 865 1.061 +22,7% 734 799 +8,9% 3.267 3.616 +10,7% 1.993 2.314 +16,1% Balcani (escl. Kosovo) 7.689 8.643 +12,4% 5.345 Fonte: Istat (entrambi i dati si riferiscono al periodo gennaio-novembre). 5.892 +10,2% Croazia Slovenia ECONOMIA 3. INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI Per tutti gli anni Novanta, l‟andamento degli investimenti diretti esteri (Ide) verso i paesi della regione ha risentito della forte instabilità provocata dal processo di frammentazione politica. Soltanto la Croazia, uscita definitivamente dalla guerra nel 1995, ha potuto godere di un flusso relativamente significativo di investimenti (Fig. 1). Dal 2000 la situazione degli Ide nella regione è mutata fino all‟esplosione del periodo 2006-2008, che ha interessato prima la Serbia (la quale dal 2007 ha dovuto fare a meno degli investimenti montenegrini), poi la Croazia e infine la Slovenia e la Bosnia-Erzegovina. Per buona parte del decennio, in generale, i flussi di investimento hanno rispecchiato l‟andamento dei diversi processi di pace (dal 2000, ad esempio, l‟Ue ha tolto tutte le sanzioni economiche inflitte alla Serbia), dei negoziati d‟accesso con l‟Unione europea e delle riforme economiche interne. Tuttavia, la crisi finanziaria internazionale del 2009 ha provocato un crollo degli Ide verso la regione che sono passati dagli oltre 14 miliardi di dollari del 2008 a poco più di 5 miliardi di dollari nel 2010. Tab. 1 – Primi paesi dell’Oecd per Ide attivi nella regione, 2010 Austria Italia Slovenia Germania Ungheria Grecia Belgio Francia Totale 20.603 7.110 5.031 4.794 4.775 3.906 3.058 2.693 55.169 Fonte: Oecd (in mln di dollari). I grandi investitori verso la regione sono i paesi più vicini tanto per prossimità geografica che per legami storici. Tra gli investimenti attivi al 2010 in Croazia i più importanti erano austriaci (8,3 miliardi di $), seguiti da quelli ungheresi (3,4 miliardi di $) e tedeschi (2,8 miliardi di $). L‟Austria era il primo investitore in Slovenia e in Bosnia-Erzegovina, mentre la Grecia (2,7 miliardi di $) in Serbia e in Macedonia. L‟Italia detiene invece il primato di investimenti in Albania (3,4 miliardi di $) e, se si considera la regione balcanica nel suo complesso, si attesta secondo investitore totale. A partire dal 2003 la crescita economica e la stabilizzazione politica hanno aumentato la propensione all‟investimento internazionale da parte degli attori economici interni alla regione. Gli investitori sloveni, croati e serbi si sono dimostrati molto attivi: nel periodo 2007-2008 il flusso di investimenti diretti esteri in uscita dai tre paesi ha superato i 3 miliardi di dollari. Com‟è prevedibile, tuttavia, gli investitori si sono concentrati sugli altri paesi della regione balcanica (la Slovenia stessa è il terzo investitore nella regione) e il flusso in uscita si è quasi annullato nel corso dei due successivi anni di crisi. Fig. 1 – Flussi di Ide in entrata per paese, 1993-2010 (in miliardi di dollari) Fonte: Unctad. ECONOMIA 4. LE RELAZIONI ECONOMICHE CON L’ITALIA Albania, Serbia e Croazia sono i primi paesi balcanici per volume di investimenti esteri dell‟Italia e per interscambio commerciale. Per quanto concerne l‟Albania, l‟Italia è prima in assoluto per numero di imprese nel paese (circa 400, tra imprese italiane o a partecipazione italiana). Gli investimenti sono concentrati principalmente lungo la costa adriatica: si tratta in larga parte di piccole o medie imprese che operano nel settore edile (35%), in quello tessile e calzaturiero (21%), nei servizi al commercio (16%) e nell‟industria agroalimentare (8%). Negli ultimi anni accanto ai settori consolidati si è affiancata la penetrazione di gruppi industriali di dimensioni maggiori, soprattutto nei settori energetico e infrastrutturale. Numerosi, allo stato attuale, sono i progetti in corso di realizzazione o di prossimo avvio nel settore energetico, in particolare nei comparti eolico, idroelettrico e del gas. Il valore complessivo di tali progetti si aggira attorno ai 5 miliardi di euro. In Serbia, invece, il numero di aziende italiane che hanno recentemente deciso di internazionalizzare è triplicato. In uno studio comparato (Siepa) si sottolinea come, nel decennio 2001/2011, l‟Italia figuri al secondo posto per valore complessivo di Ide – il 10% del totale – dietro all'Austria. Di questi, oltre i due terzi provengono da grandi gruppi industriali (Fiat), bancari (Intesa Sanpaolo) o assicurativi (Generali, Fondiaria). In totale, le compagnie italiane che operano sul territorio serbo sarebbero oltre 400, impiegherebbero circa ventimila dipendenti e movimenterebbero 2,5 miliardi di euro l‟anno. Analizzando la presenza nei vari settori al primo posto figurano tessile e abbigliamento (37%), seguiti da metallurgia (12%), finanza e automotive (10% ciascuno). Sempre secondo il rapporto Siepa, i settori maggiormente in espansione sarebbero l‟automobilistico, il bancario, il tessile e l‟assicurativo. In Croazia, l‟Italia è il primo partner commerciale del paese e il settimo investitore al suo interno. I rapporti commerciali e d‟investimento italo-croati si muovono nel quadro di una collaborazione strategica tratteggiata da diversi strumenti messi a punto negli ultimi anni. Innanzitutto, il Memorandum di cooperazione bilaterale del 2009, che ha istituito un Comitato di coordinamento dei Ministri italo-croati (annuale). Il Memorandum prevede tra le altre cose la creazione di un polo di sviluppo nell‟Alto Adriatico. Inoltre, dal 2009 si riunisce annualmente anche il Forum bilaterale italo-croato, con l‟obiettivo di mettere in comunicazione le imprese che operano su entrambe le sponde dell‟Adriatico. Per quanto attiene agli investimenti italiani in Croazia, tra il 1993 e il 2011 essi ammonterebbero a circa 1,2 miliardi di euro. L‟Italia si collocherebbe pertanto al settimo posto nella graduatoria dei paesi investitori nel paese. Secondo alcuni analisti occorrere tuttavia considerare che alcune imprese italiane che hanno effettuato investimenti in Croazia si sono avvalse di triangolazioni finanziarie. Prendendo in considerazione il settore bancario ed assicurativo, ad esempio, gli investimenti effettuati dal Gruppo Intesa Sanpaolo e dalle Assicurazioni Generali sarebbero transitati attraverso Austria e Lussemburgo. Secondo le stesse fonti, una stima realistica della consistenza complessiva degli investimenti italiani in Croazia supererebbe dunque i 2 miliardi di euro. Fig. 1 – Posizione dell’Italia come partner commerciale di ciascun paese della regione (2011) Importazioni dall'Italia Esportazioni verso l'Italia Albania 1° 1° Croazia 1° 1° Slovenia 2° (dopo Germania) 2° (dopo Germania) Serbia 3° (dopo Russia e Germania) 1° Bosnia-Erzegovina 4° (dopo Croazia, Serbia, Germania) 4° (dopo Germania, Croazia, Serbia) Montenegro 5° (dopo Serbia, Bosnia-E., Germania, Grecia) 3° (dopo Serbia, Grecia) Macedonia 5° (dopo Germania, Russia, Grecia, Serbia) 4° (dopo Serbia, Germania, Grecia) Kosovo n/a n/a Fonte: ONU – Comtrade. ECONOMIA 5. DOING BUSINESS Dal 2004 (anno in cui la Banca mondiale ha pubblicato il primo rapporto Doing Business) ad oggi i paesi della regione balcanica hanno fatto notevoli progressi Tabella 1 – Indice Doing Business per quanto riguarda la facilità di fare business. I giorni medi 2011 2012 Var. necessari ad avviare un‟attività nei diversi paesi si sono 34° +12 22° notevolmente ridotti: da numeri a due cifre (ad esempio da Macedonia 37° +0 37° un minimo di 29 giorni in Croazia ad un massimo di 68 in Slovenia +0 56° Bosnia) si è giunti a 3 giorni oggi necessari in Macedonia, 5 Montenegro 56° in Albania o 6 in Slovenia. Anche il tempo che mediamente Croazia 79° -1 80° trascorre tra la domanda e l‟erogazione di un permesso di Albania 77° -5 82° costruzione si è ridotto, in alcuni casi in maniera decisa (da Serbia 88° -4 92° 482 a 181 giorni in Bosnia, da 244 a 117 in Macedonia). 117° +0 Kosovo 117° Allo stesso modo, in una scala 0-10 la media regionale Bosnia-Erz. 127° +2 125° dell‟indice di protezione degli investimenti è salita da 5 a Fonte: Banca mondiale (su 183 paesi). 6, mentre i giorni medi necessari per importare ed esportare beni si sono gradualmente ridotti dappertutto. Progressi, seppur minori, sono stati registrati anche per quanto riguarda il tempo che trascorre prima di ottenere l‟esecuzione forzata di un contratto. Nell‟ultimo anno i progressi più rilevanti si sono avuti in Macedonia. Quest‟ultima ha attuato una serie di importanti riforme ed è oggi il primo paese della regione per facilità di fare impresa. Tra le riforme più importanti messe in atto dalla Macedonia si segnalano la privatizzazione dei processi di monitoraggio della gestione dei permessi di costruzione, il taglio delle tariffe notarili, la costituzione di un‟agenzia per il credito all‟impresa e l‟aumento della trasparenza per le procedure di bancarotta. Ma anche gli altri paesi della regione nel corso del 2011 sono stati interessati, seppure in misura minore, da riforme. In Bosnia-Erzegovina per avviare un‟attività non è più necessario ottenere un permesso, ma basta una dichiarazione di inizio attività. In merito ai permessi di costruzione, inoltre, nel 2011 il paese ha completamente digitalizzato il registro catastale. In Croazia, l‟agenzia per il credito all‟impresa ha iniziato a raccogliere e distribuire informazioni sulle aziende. In Montenegro una riforma della fiscalità alle imprese ha snellito le procedure burocratiche, semplificando il sistema di tassazione. Inoltre, una legge sulla bancarotta ha introdotto nuove procedure, fissando per queste ultime precisi limiti di tempo e prevedendo la possibilità di cominciare a recuperare alcuni crediti prima della conclusione dell‟intera procedura di bancarotta. In Serbia la registrazione delle proprietà è divenuta più rapida con l‟introduzione di una procedura semplificata, mentre una nuova legge ha introdotto requisiti di professionalità più stringenti per i curatori fallimentari, regolandone anche il tariffario. In Slovenia, invece, la registrazione della proprietà è stata facilitata tramite l‟introduzione di procedure online e con la riduzione delle tariffe. Anche per quanto concerne il commercio oltrefrontiera è adesso possibile presentare online i moduli di dichiarazione doganale, mentre è stata semplificata e ottimizzata la procedura di riscossione del credito dai debitori insolventi. Il peggior risultato dell‟anno è stato fatto segnare dall‟Albania, paese in cui l‟autorità incaricata di emettere permessi di costruzione non si riunisce da aprile del 2009, bloccando di fatto qualunque tentativo di costruire legalmente nuovi depositi e magazzini. ECONOMIA 6. RISCHIO PAESE Fig. 1 – Valutazione del rischio paese, 2010 Fonte: SACE Fig. 2 – Valutazione del rischio paese, settembre 2011 Fonte: Euromoney Country Risk APPROFONDIMENTI 1. LA QUESTIONE DEL KOSOVO Quando, nel 2008, il parlamento kosovaro ha deciso di adottare una dichiarazione unilaterale di indipendenza, il Kosovo si trovava sotto amministrazione controllata da quasi un decennio. La regione è di fatto indipendente dalla Serbia dal 1999; da quando, cioè, la repressione serba del movimento indipendentista kosovaro della seconda parte degli anni Novanta innescò un controverso intervento aereo della Nato, conclusosi dopo pochi mesi con il ritiro delle truppe serbe e l‟istituzione di una Missione Onu per l‟amministrazione provvisoria del Kosovo (Unmik). Malgrado la missione delle Nazioni Unite abbia potuto fare affidamento, per il mantenimento della sicurezza, su una forza di circa 50.000 soldati Nato, a distanza di tredici anni il processo di stabilizzazione non è ancora giunto a compimento. A tutt‟oggi, infatti, nella regione a maggioranza albanese è ancora in vigore il complesso sistema di amministrazione provvisoria dell‟Unmik (che dal 2008 ha trasferito molte delle sue competenze ad una missione dell‟Unione europea, Eulex), che assegna ampi poteri al Rappresentante speciale dell‟Onu: quest‟ultimo nomina l‟apparato giudiziario e può in ogni caso porre il veto sulle disposizioni di legge adottate dal parlamento. Sotto al Rappresentante speciale si articolano una serie di istituzioni provvisorie: una presidenza, un governo e un parlamento. La Serbia non riconosce l‟indipendenza del Kosovo, che è invece riconosciuta da 88 paesi: tra questi, 22 dei 27 membri dell‟Unione europea (fanno eccezione Cipro, Grecia, Romania, Slovacchia e Spagna). In seguito alla dichiarazione di indipendenza i rapporti delle autorità kosovare con la minoranza serba che risiede nel nord del Kosovo si sono deteriorati. Quest‟ultima ha proclamato l‟istituzione di un parlamento parallelo e ha Fonte: http://www.csfederalismo.it progressivamente consolidato la sua posizione di autonomia dal governo centrale. Le questioni dello status giuridico internazionale e dei rapporti con la comunità serba (6% della popolazione totale) si intersecano a quella dell‟autosufficienza economica, di difficile risoluzione. Il Kosovo, paese tra i più poveri in Europa (il Pil pro capite si aggira attorno al livello di 5.500 dollari l‟anno), ha infatti conosciuto una crescita nell‟ultimo decennio, ma la disoccupazione rimane elevata (oltre il 40% della forza lavoro) e l‟economia è fortemente dipendente dal sostegno finanziario della comunità internazionale e dalle rimesse degli emigrati. Queste ultime costituiscono quasi il 30% dell‟intero Pil del paese. Corruzione, crimine organizzato e traffici illeciti, endemici in tutto il paese, aggravano il difficile ambiente economico. Nel 2010 un rapporto commissionato dal Consiglio d‟Europa ha denunciato i presunti legami del premier Hashim Thaçi con le mafie kosovare. Negli ultimi mesi del 2011 le relazioni con la regione a maggioranza serba, attraverso il cui poroso confine con la Serbia passa la gran parte dei traffici illeciti, si sono fatte più tese, e la questione del controllo delle frontiere è all‟origine delle proteste che in ottobre hanno paralizzato il nord del Kosovo. A febbraio 2012 un referendum autonomista tenutosi esclusivamente nella regione settentrionale ha aggravato ulteriormente le tensioni. Malgrado ciò, nelle relazioni tra Pristina e Belgrado gli ultimi mesi hanno fatto registrare anche importanti passi avanti, soprattutto in vista dell‟ufficializzazione della Serbia quale paese candidato all‟ingresso nell‟Ue. In dicembre i due paesi hanno raggiunto un accordo per coordinare in maniera congiunta il tratto di confine comune, attraverso l‟istituzione di dogane integrate, mentre a fine febbraio Belgrado ha accettato che i delegati kosovari possano prendere parte agli incontri delle organizzazioni regionali cui partecipano i paesi dei Balcani occidentali, richiedendo che accanto al nome del paese compaia un asterisco, con una nota in calce che spieghi lo status ancora conteso della regione. APPROFONDIMENTI 2. BACKGROUND STORICO Per più di settant‟anni, tra il 1918 e il 1991, la regione dei Balcani occidentali è stata occupata da due soli paesi: la Jugoslavia e l‟Albania. Con la fine della prima Guerra mondiale, la capitolazione congiunta dell‟Austria-Ungheria e dell‟Impero ottomano consentirono alle potenze vittoriose di creare una zona di “stati cuscinetto” che nei trattati di pace venne inizialmente ripartita tra uno stato nazionale, l‟Albania, e un‟entità multietnica, il Regno di Jugoslavia. Nel secondo dopoguerra l‟intera regione balcanica venne a trovarsi all‟estrema periferia occidentale della sfera d‟influenza sovietica, e il Regno di Jugoslavia fu convertito in Repubblica socialista federale (19431992). Fino alla sua morte nel 1980, il presidente jugoslavo Tito (in carica dal 1953) riuscì a tenere a freno le tensioni interetniche interne alla Federazione, ma con l‟inizio degli anni Ottanta i rapporti tra le comunità etno-linguistiche si deteriorarono. Con la fine della guerra fredda e il conseguente „scongelamento‟ politico delle frontiere europee, gli stati federati uno dietro l‟altro dichiararono la propria indipendenza. Nel corso degli anni Novanta l‟intera area è stata soggetta a un violento processo di frammentazione territoriale. Tale processo ha incontrato la netta opposizione della classe politica e dell‟opinione pubblica serba (dopo la morte di Tito, la Serbia era emersa come l‟entità federata più importante), sprofondando la regione in un periodo di guerre e, di conseguenza, di grave crisi economica. L‟instabilità politica regionale, insieme ai tentativi di conversione dal sistema produttivo socialista all‟economia di mercato, innescarono anche in l‟Albania una grave crisi interna. I due conflitti più violenti del periodo sono stati quelli che hanno visto contrapposti, da una parte, l‟attuale Serbia e la Bosnia-Erzegovina (1992-1995) e dall‟altra la Serbia e il Kosovo (1999). Il primo conflitto, conclusosi con la firma degli accordi di Dayton, il riconoscimento dell‟indipendenza della Bosnia e l‟ingresso di una forza internazionale di peacekeeping, provocò oltre 100.000 vittime (due terzi delle quali bosniache), lo sfollamento di oltre due milioni di persone e lasciò nella memoria collettiva cicatrici indelebili come il massacro di Srebrenica. Il secondo ha visto da subito il controverso intervento di un attore esterno (la Nato) e l‟ingresso nella regione indipendentista di una forza multinazionale di stabilizzazione sotto mandato delle Nazioni Unite. L‟inizio del nuovo millennio ha segnato anche la fine delle guerre nella regione, che per la prima volta dal 1991 ha conosciuto un lento miglioramento delle condizioni politiche ed economiche. APPROFONDIMENTI 3. CORRIDOIO ENERGETICO DELL’EUROPA? I paesi balcanici sono potenzialmente coinvolti in almeno tre progetti di interesse europeo: a) le interconnessioni tra la parte settentrionale e quella meridionale dell‟Europa centrale per i transiti di gas e petrolio; b) le interconnessioni elettriche tra l‟Europa centrale e quella sudorientale; c) il corridoio meridionale per l‟approvvigionamento di gas da paesi extra-europei. Tra i tre, quest‟ultimo progetto è quello Fig. 1 – Tap (gasdotto) strategicamente più importante e del quale più si è discusso negli ultimi anni, in primo luogo per il suo potenziale strategico di diversificazione degli approvvigionamenti di metano. La più ambiziosa delle ipotesi di diversificazione, quella della costruzione del gasdotto Nabucco che, convogliato il metano da Azerbaigian, Iraq e Iran, avrebbe dovuto trasportare in Europa 31 miliardi di metri cubi di gas all‟anno attraverso la Turchia e buona parte dei paesi balcanici, sembrerebbe oggi tramontata. Avanzano invece i negoziati per la costruzione di South Stream, voluto dalla Russia e Fonte: BBC. dalla capacità potenziale più che doppia (61 Gmc/a), e di gasdotti di portata minore: l‟interconnettore Turchia-Grecia-Italia (Itgi), che non coinvolge paesi balcanici, e il Gasdotto Trans-Adriatico (Tap) che invece dovrebbe Fig. 2 – Ambo (oleodotto) attraversare l‟Albania. Entrambi i gasdotti, l‟uno alternativo all‟altro, avrebbero una capacità iniziale di 10 Gmc/a. Quanto al South Stream, esso attraverserebbe, tra gli altri, anche Serbia e Slovenia e la sua costruzione potrebbe iniziare già a dicembre 2012. Il gasdotto non offre ai paesi europei importatori di gas possibilità di diversificazione dalle importazioni russe; i due progetti minori consentirebbero invece di far giungere in Italia il gas che transita dalla Turchia e che oggi si ferma in Grecia. In prospettiva, questo gas sarà fornito in massima parte dall‟Azerbaigian, grazie allo sviluppo del giacimento offshore Shah Deniz. Un ulteriore progetto di diversificazione (delle rotte e non dei fornitori) riguarda invece il petrolio, e ruota attorno a un possibile oleodotto che dal porto bulgaro Fonte: Trans Adriatic Pipeline project. di Burgas attraverserebbe la Macedonia per giungere poi in Albania e poter essere così esportato bypassando gli stretti turchi, oggi congestionati dal traffico di petroliere. L‟oleodotto Ambo dovrebbe avere una capacità massima di 750 mila barili al giorno, equivalenti a un quarto del totale del petrolio che è transitato attraverso il Bosforo e i Dardanelli nel 2010. Fig. 3 – South Stream (gasdotto) Fonte: South Stream project