I Balcani alle porte dell`Unione europea

MED AND GULF
EXECUTIVE BRIEFING
I Balcani alle porte dell’Unione europea
Prospettive politiche ed economiche
Palazzo Giureconsulti, 22 marzo 2012
Dossier a cura del Programma Mediterraneo dell’ISPI
L’incontro è realizzato nell’ambito del progetto promosso da
I BALCANI ALLE PORTE DELL’UNIONE EUROPEA
PROSPETTIVE POLITICHE ED ECONOMICHE
INDICE DEL DOSSIER
Politica
1.
Balcani: quadro politico-istituzionale
2.
Serbia
3.
Croazia
4.
Albania
5.
Le relazioni con l‟Unione europea
Economia
1.
Quadro economico
2.
Interscambio commerciale
3.
Investimenti diretti esteri
4.
Le relazioni economiche con l‟Italia
5.
Doing Business 2012
6.
Rischio paese
Approfondimenti
1.
La questione del Kosovo
2.
Background storico
3.
Corridoio energetico dell‟Europa?
POLITICA
1. BALCANI: QUADRO POLITICO-ISTITUZIONALE - I
Indipendenza
Albania
Repubblica parlamentare dal 1991.
Primo ministro: Sali Berisha (Pd, dal 2009).
Presidente: Bamir Topi (Pd, dal 2007).
28 novembre 1912
3 marzo 1992
(dichiarata)
Bosnia
Erzegovina
(B.-E.)
Croazia
Macedonia
Assetto istituzionale
14 dicembre 1995
(accordi di Dayton,
cessazione delle
ostilità)
8 ottobre 1991
(entrata in vigore
della dichiarazione)
12 novembre 1995
(accordo di Erdut,
cessazione ostilità)
8 settembre 1991
(dichiarata)
8 aprile 1993
(riconosciuta)
Legislatura unicamerale, durata massima 4 anni.
140 deputati; sistema elettorale misto (maggioritario
al 70%).
Repubblica parlamentare federale, separata in due
entità che godono di forte autonomia (oltre al
distretto autonomo di Brčko): la Federazione di B.-E.
(Fbih) e la Republika Srpska (Rs).
La B.-E. è, di fatto, un protettorato internazionale.
L’Alto rappresentante per la B.-E., nominato dai paesi
in carica del processo di stabilizzazione, è la massima
autorità politica e detiene ampi poteri.
Sotto di lui, la Presidenza federale è esercitata insieme
da 3 presidenti, a rotazione ogni 8 mesi.
La legislatura federale è bicamerale.
Repubblica parlamentare.
Primo ministro: Zoran Milanović (Sph, dal 2011).
Presidente: Ivo Josipović (Sph, dal 2010).
Sistema politico e partitico
Da un ventennio, alternanza tra il Partito
democratico (Pd) e il Partito socialista
(Pssh).
Principali forze in Parlamento:
Alleanza di centro-destra (con Pd): 50%
Alleanza di centro-sinistra (con Pssh): 47%
Governo: alleanza di centro-destra.
Le coalizioni a livello federale sono
altamente instabili. Dal 12 gennaio 2012
Presidente del Consiglio dei ministri è
Vjekoslav Bevanda.
La Camera dei rappresentanti, eletta
direttamente dai cittadini delle due entità
federate, è frammentata tra partiti bosniaci,
serbi e croati.
La Camera dei Popoli, rinnovata ogni due
anni, è composta da membri nominati dai
Parlamenti delle due entità federate.
Ventennio di forte preminenza dell’Unione
democratica croata (Hdz), fino alla crisi di
fine 2011.
Legislatura unicamerale, durata massima 4 anni.
151 deputati; sistema elettorale proporzionale con
clausola di sbarramento al 5%.
Repubblica parlamentare.
Primo ministro: Nikola Gruevski (Vmro–Dpmne, dal
2006).
Presidente: Gjorge Ivanov (Vmro–Dpmne, dal 2009)
Principali forze in Parlamento:
Alleanza di centro-sinistra (con Sph): 53%
Alleanza di centro-destra (con Hdz): 29%
Predominio dell’Unione socialdemocratica
(Sdsm). Dal 2011 il Partito democratico
(Vmro-Dpmne) è al governo, alleato con il
maggiore partito albanese (Dui).
Legislatura unicamerale, durata massima 4 anni.
120 deputati. Sistema elettorale misto (maggioritario
al 70%).
Principali forze in Parlamento:
Vmro-Dpmne e alleati: 47%
Sdsm e alleati: 35%
Dui: 13%.
Ultime elezioni
Parlamentari:
28 giugno 2009
Presidenziali e
parlamentari
federali:
3 ottobre 2010
Parlamentari:
4 dicembre 2011
Parlamentari:
5 giugno 2011
Prossime
elezioni
Presidenziali:
luglio 2012 (indirette)
Parlamentari:
entro il 2013
Presidenziali e
parlamentari federali:
2014
Parlamentari:
entro il 2015
Presidenziali:
2015
Presidenziali:
2014
Parlamentari:
2015
POLITICA
1. BALCANI: QUADRO POLITICO-ISTITUZIONALE - II
Indipendenza
Montenegro
Serbia
Slovenia
3 giugno 2006
1992
(stato successore
della Jugoslavia;
prima federato in
Serbia e
Montenegro)
25 giugno 1991
Assetto istituzionale
Repubblica parlamentare.
Primo ministro: Milo Đukanović (Dps, dal 2008).
Presidente: Filip Vujanović (Dps, dal 2003).
Legislatura unicamerale, durata massima 4 anni.
81 deputati.
Repubblica parlamentare.
Primo ministro: Mirko Cvetković (Ds, dal 2008).
Presidente: Boris Tadić (Ds, dal 2004).
Legislatura unicamerale, durata massima 4 anni.
250 deputati, eletti con sistema proporzionale puro.
Repubblica parlamentare.
Primo ministro: Janez Janša (dal 2012).
Presidente: Danilo Türk (dal 2007).
Legislatura unicamerale, durata massima 4 anni.
90 deputati, eletti con sistema proporzionale puro.
Kosovo
1999
(amministrazione
internazionale,
indipendenza de
facto)
2008
(dichiarata
unilateralmente)
Autoproclamata repubblica parlamentare.
E’ di fatto un protettorato internazionale sotto tutela
delle Nazioni Unite (Unmik) e della missione
europea Eulex. La più alta autorità del paese è il
Rappresentante civile internazionale.
Sotto di lui, il governo locale si è negli anni ricavato
ampi spazi di autonomia.
Legislatura unicamerale, composta da 120 deputati.
Sistema politico e partitico
Il partito di Đukanović ha esercitato prima
dell’indipendenza dalla Serbia ed esercita
tuttora un’enorme influenza sul paese.
Đukanović è stato primo ministro nei periodi
1991-1998 e 2003-2006, mentre tra il 1998 e il
2002 è stato Presidente.
Al termine di una tormentata transizione al
Partito socialista dell’ex presidente Slobodan
Milošević è succeduto, dal 2004, il Partito
democratico (Ds). Rinnovato e più
europeista, assieme ai suoi alleati a tutt’oggi
egemonizza lo scenario politico.
Dal 2004, alternanza tra il Partito
democratico (Sds, centro-destra) e il Partito
socialista (Sd, sinistra). Recenti turbolenze
politiche, in un paese generalmente molto
stabile.
Ultime elezioni
Prossime
elezioni
Parlamentari:
29 marzo 2009
Parlamentari e
presidenziali:
entro il 2013
Parlamentari:
11 maggio 2008
Parlamentari:
4 dicembre 2011
Principali forze in Parlamento:
Centro-sinistra (Ps): 31%
Centro-destra (Sds): 29% Sinistra (Sd): 11%
Il Partito democratico (Pdk), negli anni
Novanta braccio politico dell’esercito di
liberazione (Uçk), è tornato al potere nel 2008
con il Primo ministro Hashim Thaçi. Dal
2010, in seguito a nuove elezioni, Thaçi
presiede un governo di coalizione.
Parlamentari:
12 dicembre 2010
Parlamentari:
6 maggio 2012
Presidenziali:
2013
Presidenziali:
8 ottobre 2012
Parlamentari:
entro il 2015
Presidenziali:
2012
Parlamentari:
entro il 2013
POLITICA
2. SERBIA
In vista delle elezioni parlamentari, previste per il prossimo mese di maggio, la campagna è stata
dominata dal tema della candidatura della Serbia all‟Unione europea e dalla difficile situazione
economica – il tasso di disoccupazione è al 27% e l‟inflazione è scesa sotto le due cifre solo alla fine del
2011. A dispetto del crescente euroscetticismo della popolazione, il 1° marzo la Serbia è riuscita a
ottenere da Bruxelles lo status di candidato all‟Unione, dopo il rifiuto di dicembre 2011. Questo è di
fatto il miglior risultato che il governo di Mirko Cvetković può vantare fino ad ora.
La scena politica serba è dominata da due partiti principali, che attraverso un sistema di coalizioni si
contendono la leadership del paese: il Partito democratico serbo (Pds), attualmente la formazione
parlamentare di maggioranza, e il Partito progressista serbo (Pps), principale forza d‟opposizione.
La crisi economica e alcune debacle internazionali, soprattutto sul terreno della candidatura serba
all‟Unione europea, hanno incrinato la popolarità della coalizione di governo guidata dal Pds, pur non
compromettendone le possibilità di vittoria. Sul terreno economico pesa innanzitutto la crisi delle
economie dei paesi europei. L‟Europa assorbe infatti più del 50% delle esportazioni della Serbia, che ha
subito una forte riduzione della produzione industriale proprio come conseguenza della contrazione
delle economie europee. Inoltre, l‟austerità
imposta dal Fondo monetario internazionale al
budget statale come condizione per la concessione
di un prestito precauzionale di circa un miliardo
di euro ha impedito al governo di poter avviare una
campagna di investimenti per stimolare
l‟economia.
Nonostante ciò, rimangono buone le possibilità del
Pds di essere riconfermato alla guida della Serbia,
anche per l‟incapacità del Pps di proporsi come
vera alternativa di governo. I programmi politici
delle due formazioni sono infatti dominati dal tema
europeo e da quello del Kosovo, sui quali non si
evidenziano particolari differenze di approccio. A
partire dalla dichiarazione di indipendenza nel
2008, il rifiuto serbo al riconoscimento del
Kosovo e la presenza di una grossa minoranza
serba nel nord del paese hanno portato a diversi
episodi di violenza, specialmente lungo la linea di
confine.
Gli scontri avvenuti durante il 2011 sono all‟origine dell‟iniziale veto austriaco e tedesco
sull‟assegnazione dello status di candidato alla Serbia. Nonostante i tentativi di Belgrado di tenere il
tema europeo e quello kosovaro su due piani diversi, da una prospettiva europea i dossier sono
strettamente legati. Infatti l‟Ue considera la soluzione della questione del Kosovo una condizione
importante per il futuro ingresso della Serbia nell‟Unione che, anche per ragioni di convergenza di
Belgrado con gli standard politici ed economici europei, non avverrà prima del 2020.
POLITICA
3. CROAZIA
Il 4 dicembre 2011 si sono svolte in Croazia le elezioni politiche per il rinnovo del parlamento. Le
consultazioni hanno portato a una netta vittoria della coalizione di centro-sinistra guidata dal Partito
social democratico (Psd) e a una sonora sconfitta dello schieramento di centro-destra capitanato
dall‟Unione democratica croata (Udc), alla guida del paese per sedici anni.
Il rovescio elettorale dell‟Udc è stato causato dagli scandali che hanno coinvolto alcuni dei suoi membri
e soprattutto dalle gravi condizioni in cui versa l‟economia croata. La crisi europea ha infatti
pesantemente influenzato la performance economica del paese, provocando una contrazione del tasso di
crescita a causa del forte calo delle esportazioni verso i paesi europei. Allo stesso tempo Bruxelles tiene
sotto stretta osservazione la spesa pubblica e il
bilancio croati, in vista dell‟ingresso di
Zagabria nell‟Unione europea, previsto per il
2013. L‟Ue impone al governo croato uno stretto
controllo della spesa e del deficit volti a ridurre i
forti squilibri che caratterizzano sia il bilancio
pubblico sia le partite correnti. L‟Unione
europea ha inoltre chiesto a Zagabria di
migliorare il proprio sistema fiscale e di tagliare
ulteriormente la spesa pubblica per poter
centrare gli obiettivi previsti dal trattato ed
evitare un rinvio dell‟entrata nell‟Unione
europea, eventualità che potrebbe dimostrarsi
fatale per le sorti del governo guidato dal leader
del Psd Zoran Milanovic.
Il rigore imposto da Bruxelles non consente
tuttavia al governo di esprimere una politica
economica più dinamica sul piano degli
investimenti, rischiando di lasciar languire
ulteriormente l‟economia. A questo proposito è
intervenuta la Banca europea per gli
investimenti con finanziamenti per lo sviluppo
di progetti infrastrutturali. Il governo ha inoltre avviato dei contatti con il Fondo monetario
internazionale che potrebbero portare all‟apertura ufficiale di trattative volte alla concessione di un
prestito in grado di dare respiro alle casse statali.
Le condizioni dell‟economia sono dunque la principale fonte potenziale di instabilità nel paese. Non è
da escludere che un ulteriore esacerbarsi della crisi possa portare a manifestazioni e proteste di piazza.
Cresce inoltre la pressione sul governo per un inasprimento delle norme anti-corruzione e per una
maggiore dinamicità nel campo degli investimenti.
POLITICA
4. ALBANIA
Le elezioni politiche del 2009 hanno portato al potere la coalizione di centro-destra guidata dal Partito
democratico albanese (Pda), il cui leader, Sali Berisha, è diventato capo del governo. A causa della risicata
maggioranza di cui il Pda gode in parlamento (70 seggi su 140) Berisha è stato costretto ad allearsi con il
Movimento socialista per l‟integrazione (Msi), un piccolo partito di centro-sinistra guidato da Ilir Meta, che
in passato è stato membro della maggiore formazione di opposizione, il Partito socialista albanese (Psa). Il
prezzo richiesto dal Msi per l‟apporto del suo piccolo ma determinante gruppo parlamentare (4 seggi) alla
maggioranza di governo è piuttosto alto. Oltre ad alcuni ministeri, infatti, Meta ha preteso per sé anche la
vicepresidenza. Tuttavia, a inizio 2011 è stato costretto a lasciare l‟incarico per poter affrontare un processo
per corruzione a suo carico che si è concluso a gennaio 2012 con la sua assoluzione. Con il suo reintegro nel
governo previsto a breve si ritiene che la
coalizione riesca a giungere alla fine della
legislatura prevista per la metà del 2013.
Tra le sfide che il governo deve affrontare nel suo
ultimo anno e mezzo di mandato, oltre a una
economia stagnante per la crisi finanziaria
internazionale, c‟è anche la spinosa questione
delle riforme legislative e costituzionali
richieste dall‟Unione europea per la concessione
dello status di candidato all‟Albania. Tra queste
vi è il miglioramento del sistema fiscale, riforme
del sistema giudiziario penale e civile, la legge
elettorale e una legislazione anti-corruzione più
efficace. La maggior parte di tali provvedimenti
richiedono una maggioranza parlamentare
qualificata, e quindi l‟apporto anche delle forze di
opposizione. A questo proposito alla fine dello
scorso anno è stato stretto un accordo tra il Pda e
il Partito socialista albanese che prevede una serie
di punti di convergenza per l‟approvazione delle
riforme necessarie a garantire il conferimento
all‟Albania dello status di candidato entro il 2013.
Tale accordo ha però iniziato a vacillare già a gennaio 2012 a causa delle polemiche sorte intorno ad alcuni
episodi di presunta corruzione e brogli elettorali, nonché all‟apertura di un‟inchiesta riguardante il capo della
Guardia repubblicana, Ndrea Prendi, accusato di aver ucciso un manifestante con la sua arma d‟ordinanza
durante le proteste del gennaio 2011, in cui hanno perso la vita 4 persone. L‟inchiesta ha dimostrato le
pesanti interferenze del governo volte a impedire l‟apertura di un procedimento giudiziario nei confronti
delle forze dell‟ordine, nonostante alcuni palesi abusi commessi sui manifestanti. A esacerbare ulteriormente
il clima politico c‟è inoltre la spinosa questione dell‟elezione, prevista per luglio 2012, del nuovo
presidente, carica con pochi poteri ma di grande prestigio, in cui il premier Berisha vorrebbe mettere un
uomo del suo partito. Tale ipotesi è però avversata dall‟opposizione che minaccia ostruzionismo e ricorsi
alla Corte costituzionale se non verrà usato un criterio bi-partisan per l‟elezione del prossimo presidente.
Il clima di scontro su più fronti politici e giudiziari ha portato a un sostanziale stallo delle riforme
economiche e politiche, rendendo l‟ottenimento dello status di candidato entro il 2013 assai improbabile.
POLITICA
5. LE RELAZIONI CON L’UNIONE EUROPEA
Il Consiglio europeo di Feira già nel 2000 aveva stabilito che l‟Unione europea avrebbe considerato tutti
i paesi dei Balcani occidentali come potenziali candidati per l‟adesione. Oltre un decennio più tardi solo
la Slovenia è membro dell‟Ue (dal 2004). Nonostante gli importanti passi avanti compiuti da molti paesi
balcanici sulla strada della ricomposizione delle controversie regionali e della stabilizzazione politica ed
economica, il processo di integrazione all‟Ue ha mostrato non poche difficoltà. Procedendo a velocità
diverse, nell‟ultimo decennio i governi balcanici hanno assunto posizioni di politica estera più
favorevoli all‟accesso nell‟Unione, sforzandosi di adeguare le normative nazionali all‟acquis
comunitario. Dal 2005, in seguito al miglioramento sia dei rapporti reciproci tra i paesi balcanici sia
delle relazioni con l‟Ue, in seno alla Commissione europea la competenza sui Balcani occidentali è stata
trasferita dalla Direzione generale per le relazioni esterne a quella per l‟allargamento.
Oggi il livello di adeguamento e di avvicinamento all‟Ue è differenziato a seconda dei paesi: la Croazia
diventerà membro il 1° luglio 2013, mentre Montenegro, Macedonia e Serbia (quest‟ultima dal 1°
marzo 2012) sono candidati ufficiali all‟adesione. L‟Albania ha inoltrato richiesta formale di apertura
dei negoziati nel 2009, ma la Commissione nel rapporto annuale di ottobre 2011, per la seconda volta,
non ha ritenuto ci fossero le condizioni per concedere lo status di candidato a causa della mancata
implementazione di diverse riforme. Da fine 2010 è però in vigore la liberalizzazione dei visti Schengen
con l‟Albania e la Bosnia-Erzegovina, che segue quella con Serbia, Montenegro e Macedonia (da
dicembre 2009).
Tutti gli stati della regione, salvo il Kosovo (il cui status di paese indipendente è ancora controverso),
hanno siglato Accordi bilaterali di stabilizzazione e associazione con l‟Ue, e solo quelli con la BosniaErzegovina e con la Serbia devono ancora entrare in vigore. In attesa della ratifica da parte di tutti i
membri Ue, Bosnia e Serbia hanno firmato con l‟Unione due accordi commerciali ad interim che
liberalizzano gli scambi bilaterali di merci.
Dal 2001 ad oggi, l‟Ue ha fornito ai paesi dei Balcani occidentali assistenza finanziaria per lo sviluppo e
per l‟adeguamento all‟acquis comunitario per un totale di oltre 10 miliardi di euro attraverso diversi
meccanismi, l‟ultimo dei quali è lo Strumento per l‟assistenza pre-accesso (Ipa, 2007-2013). Anche la
Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) ha contribuito a finanziare progetti nella regione
per oltre 5,5 miliardi di euro.
Malgrado gli evidenti progressi e gli aiuti finanziari provenienti dalle organizzazioni europee, restano
ancora diversi nodi da sciogliere. L‟annosa questione tra Macedonia e Grecia sul nome del paese
balcanico ha creato una situazione di stallo nei negoziati di Skopje con l‟Ue. Inoltre, rimane ancora
irrisolta la questione dello status del Kosovo (si veda Approfondimento 1).
Status
Slovenia
Croazia
Macedonia
Montenegro
Serbia
Albania
Bosnia-Erz.
Kosovo
Membro dal 2004
Candidato dal 2004
Candidato dal 2005
Candidato dal 2010
Candidato dal 2012
No candidato
No candidato
No candidato
Accordo di stabilizzazione e associazione
(firma --> entrata in vigore)
2001 --> 2005
2001 --> 2004
2007 --> 2010
2010 (non ancora in vigore)
2006 --> 2009
2008 (non ancora in vigore)
No
Euro
Sì
No
No
Sì
No
No
No
Sì
ECONOMIA
1. QUADRO ECONOMICO
Le economie dei paesi balcanici sono di dimensioni modeste: se paragonate ai paesi già membri
dell‟Unione europea le più grandi tra queste (Croazia, Slovenia, Serbia) possono essere affiancate alla
Bulgaria, mentre le più piccole tra loro (dalla Bosnia a scendere) non superano il Pil dell‟Estonia.
Inoltre, le stime del Pil pro capite (si veda Fig. 2) sono un evidente indicatore di come il benessere
medio dei cittadini dei paesi balcanici
sia molto distante dai valori medi Fig. 1 – Pil delle economie balcaniche nel 2011
europei.
La crisi finanziaria internazionale e la
crisi economica che l‟ha seguita hanno
avuto pesanti ripercussioni sulle
economie di tutti i paesi dell‟area, sia in
termini di crescita (ad eccezione
dell‟Albania, che ha comunque fatto
registrare un rallentamento, e del
Kosovo), sia in termini di aumento del
debito pubblico (si veda Fig. 4).
Quest‟ultimo, in particolare, dal 2008 si
è ampliato in tutti i paesi dell‟area ed è
più che raddoppiato nel caso della
Slovenia. Oltre a questo, nel 2011 il
deficit montenegrino ha toccato un
preoccupante -25% sul Pil. I livelli di
indebitamento
restano
comunque
contenuti rispetto a quelli dei maggiori
paesi dell‟Europa occidentale.
Fonte: Fmi (stime, in miliardi di dollari).
Per quanto riguarda la crescita (si veda Fig. 3), essa è tornata a mostrare un trend positivo già dal 2010,
attestandosi nel 2011 attorno al tasso medio del 2,5%. Tale convergenza sembra destinata a protrarsi
almeno fino al termine del 2012, anno per il quale il Fondo monetario internazionale prevede una
crescita media del Pil dei paesi dell‟area intorno al 3,2%.
Fig. 2 – Pil pro capite nel 2011
Fonte: Eurostat, Fmi (in dollari).
Fig. 3 – Crescita del Pil dei paesi balcanici, 2009-2012
Fonte: Fmi (2011 e 2012 = stime).
Fig. 4 – Debito pubblico in rapporto al Pil, 2008-2011
Fonte: Fmi.
Fig. 5 – Deficit pubblico in rapporto al Pil, 2011
Fonte: Fmi.
ECONOMIA
2. INTERSCAMBIO COMMERCIALE
L‟Unione europea rappresenta il primo partner
commerciale per i paesi dei Balcani. La scomposizione Tabella 1 – Interscambio commerciale con l’Ue
del dettaglio merceologico rivela che per quasi tutti i
Importazioni
Esportazioni
paesi della regione le importazioni più rilevanti constano (2010)
dall’Ue
verso l’Ue
di macchinari, autoveicoli e prodotti energetici. Le
esportazioni, al contrario, variano considerevolmente di Croazia
68%
53%
paese in paese e si concentrano in alcuni settori. Albania
63%
76%
L‟Albania, ad esempio, esporta prodotti tessili, articoli di Serbia
60%
55%
abbigliamento e calzature per oltre un terzo del valore
59%
66%
complessivo delle sue esportazioni (34,7%), mentre il Macedonia
49%
85%
Montenegro concentra il proprio export nella metallurgia Kosovo
(più del 45%). Croazia e Slovenia, invece, esportano Bosnia-Erz.
45%
54%
soprattutto prodotti chimici e farmaceutici, macchinari, Montenegro
32%
51%
apparecchiature elettriche e autoveicoli (tra il 40% e il Fonte: EIU, Eurostat (in % sull‟interscambio totale).
50% delle loro esportazioni) a dimostrazione del loro
diverso grado di sviluppo economico. L‟Italia figura tra i principali partner commerciali, registrando un avanzo
della bilancia commerciale con questi paesi (si veda Tabella 3 e Economia 4).
Tabella 2 – Interscambio commerciale dei paesi dell’area balcanica, 2010-2011 (in milioni di dollari).
Esportazioni
2010
2011
Importazioni
diff. %
2010
2011
diff. %
Saldo 2011
Albania
1.548
1.909
+23,3%
4.305
4.956
+15,1%
-3.047
Bosnia-Erzegovina
4.937
5.852
+18,5%
9.230
11.049
+19,7%
-5.197
Croazia
12.070
13.007
+7,8%
19.957
21.037
+5,4%
-8.030
Kosovo
225
238
+5,8%
1.666
1.915
+14,9%
-1.677
3.296
4.323
+31,2%
5.241
6.648
+26,8%
-2.325
473
672
+42,1%
2.222
2.499
+12,5%
-1.827
9.819
11.095
+13,0%
16.163
17.456
+8,0%
-6.361
25.993
30.667
+18,0%
-1.540
Macedonia
Montenegro
Serbia
Slovenia
24.394
29.127
+19,4%
Fonte: Economist Intelligence Unit, Statistical Agency of Kosovo.
Tabella 3 – Interscambio commerciale con l’Italia (2010-2011) (in milioni di euro)
Importazioni dall'Italia
2010
Albania
Bosnia-Erz.
878
2011
1.023
Var.
+16,5%
Esportazioni verso l'Italia
2010
526
2011
Var.
598
+13,7%
495
543
+9,7%
421
454
+7,8%
1.896
2.090
+10,2%
1.398
1.404
+0,4%
Macedonia
187
206
+10,2%
251
286
+13,9%
Montenegro
101
104
+3,0%
22
37
+68,2%
Serbia
865
1.061
+22,7%
734
799
+8,9%
3.267
3.616
+10,7%
1.993
2.314
+16,1%
Balcani (escl. Kosovo)
7.689
8.643
+12,4%
5.345
Fonte: Istat (entrambi i dati si riferiscono al periodo gennaio-novembre).
5.892
+10,2%
Croazia
Slovenia
ECONOMIA
3. INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI
Per tutti gli anni Novanta, l‟andamento degli investimenti diretti esteri (Ide)
verso i paesi della regione ha risentito della forte instabilità provocata dal
processo di frammentazione politica. Soltanto la Croazia, uscita
definitivamente dalla guerra nel 1995, ha potuto godere di un flusso
relativamente significativo di investimenti (Fig. 1).
Dal 2000 la situazione degli Ide nella regione è mutata fino all‟esplosione
del periodo 2006-2008, che ha interessato prima la Serbia (la quale dal
2007 ha dovuto fare a meno degli investimenti montenegrini), poi la
Croazia e infine la Slovenia e la Bosnia-Erzegovina. Per buona parte del
decennio, in generale, i flussi di investimento hanno rispecchiato
l‟andamento dei diversi processi di pace (dal 2000, ad esempio, l‟Ue ha
tolto tutte le sanzioni economiche inflitte alla Serbia), dei negoziati
d‟accesso con l‟Unione europea e delle riforme economiche interne.
Tuttavia, la crisi finanziaria internazionale del 2009 ha provocato un crollo
degli Ide verso la regione che sono passati dagli oltre 14 miliardi di dollari
del 2008 a poco più di 5 miliardi di dollari nel 2010.
Tab. 1 – Primi paesi dell’Oecd
per Ide attivi nella regione, 2010
Austria
Italia
Slovenia
Germania
Ungheria
Grecia
Belgio
Francia
Totale
20.603
7.110
5.031
4.794
4.775
3.906
3.058
2.693
55.169
Fonte: Oecd (in mln di dollari).
I grandi investitori verso la regione sono i paesi più vicini tanto per prossimità geografica che per legami
storici. Tra gli investimenti attivi al 2010 in Croazia i più importanti erano austriaci (8,3 miliardi di $),
seguiti da quelli ungheresi (3,4 miliardi di $) e tedeschi (2,8 miliardi di $). L‟Austria era il primo investitore
in Slovenia e in Bosnia-Erzegovina, mentre la Grecia (2,7 miliardi di $) in Serbia e in Macedonia. L‟Italia
detiene invece il primato di investimenti in Albania (3,4 miliardi di $) e, se si considera la regione balcanica
nel suo complesso, si attesta secondo investitore totale. A partire dal 2003 la crescita economica e la
stabilizzazione politica hanno aumentato la propensione all‟investimento internazionale da parte degli attori
economici interni alla regione. Gli investitori sloveni, croati e serbi si sono dimostrati molto attivi: nel
periodo 2007-2008 il flusso di investimenti diretti esteri in uscita dai tre paesi ha superato i 3 miliardi di
dollari. Com‟è prevedibile, tuttavia, gli investitori si sono concentrati sugli altri paesi della regione balcanica
(la Slovenia stessa è il terzo investitore nella regione) e il flusso in uscita si è quasi annullato nel corso dei
due successivi anni di crisi.
Fig. 1 – Flussi di Ide in entrata per paese, 1993-2010 (in miliardi di dollari)
Fonte: Unctad.
ECONOMIA
4. LE RELAZIONI ECONOMICHE CON L’ITALIA
Albania, Serbia e Croazia sono i primi paesi balcanici per volume di investimenti esteri dell‟Italia e per
interscambio commerciale. Per quanto concerne l‟Albania, l‟Italia è prima in assoluto per numero di imprese nel
paese (circa 400, tra imprese italiane o a partecipazione italiana). Gli investimenti sono concentrati
principalmente lungo la costa adriatica: si tratta in larga parte di piccole o medie imprese che operano nel settore
edile (35%), in quello tessile e calzaturiero (21%), nei servizi al commercio (16%) e nell‟industria agroalimentare (8%). Negli ultimi anni accanto ai settori consolidati si è affiancata la penetrazione di gruppi
industriali di dimensioni maggiori, soprattutto nei settori energetico e infrastrutturale. Numerosi, allo stato
attuale, sono i progetti in corso di realizzazione o di prossimo avvio nel settore energetico, in particolare nei
comparti eolico, idroelettrico e del gas. Il valore complessivo di tali progetti si aggira attorno ai 5 miliardi di euro.
In Serbia, invece, il numero di aziende italiane che hanno recentemente deciso di internazionalizzare è triplicato.
In uno studio comparato (Siepa) si sottolinea come, nel decennio 2001/2011, l‟Italia figuri al secondo posto per
valore complessivo di Ide – il 10% del totale – dietro all'Austria. Di questi, oltre i due terzi provengono da grandi
gruppi industriali (Fiat), bancari (Intesa Sanpaolo) o assicurativi (Generali, Fondiaria). In totale, le compagnie
italiane che operano sul territorio serbo sarebbero oltre 400, impiegherebbero circa ventimila dipendenti e
movimenterebbero 2,5 miliardi di euro l‟anno. Analizzando la presenza nei vari settori al primo posto figurano
tessile e abbigliamento (37%), seguiti da metallurgia (12%), finanza e automotive (10% ciascuno). Sempre
secondo il rapporto Siepa, i settori maggiormente in espansione sarebbero l‟automobilistico, il bancario, il tessile
e l‟assicurativo.
In Croazia, l‟Italia è il primo partner commerciale del paese e il settimo investitore al suo interno. I rapporti
commerciali e d‟investimento italo-croati si muovono nel quadro di una collaborazione strategica tratteggiata da
diversi strumenti messi a punto negli ultimi anni. Innanzitutto, il Memorandum di cooperazione bilaterale del
2009, che ha istituito un Comitato di coordinamento dei Ministri italo-croati (annuale). Il Memorandum prevede
tra le altre cose la creazione di un polo di sviluppo nell‟Alto Adriatico. Inoltre, dal 2009 si riunisce annualmente
anche il Forum bilaterale italo-croato, con l‟obiettivo di mettere in comunicazione le imprese che operano su
entrambe le sponde dell‟Adriatico. Per quanto attiene agli investimenti italiani in Croazia, tra il 1993 e il 2011
essi ammonterebbero a circa 1,2 miliardi di euro. L‟Italia si collocherebbe pertanto al settimo posto nella
graduatoria dei paesi investitori nel paese. Secondo alcuni analisti occorrere tuttavia considerare che alcune
imprese italiane che hanno effettuato investimenti in Croazia si sono avvalse di triangolazioni finanziarie.
Prendendo in considerazione il settore bancario ed assicurativo, ad esempio, gli investimenti effettuati dal Gruppo
Intesa Sanpaolo e dalle Assicurazioni Generali sarebbero transitati attraverso Austria e Lussemburgo. Secondo le
stesse fonti, una stima realistica della consistenza complessiva degli investimenti italiani in Croazia supererebbe
dunque i 2 miliardi di euro.
Fig. 1 – Posizione dell’Italia come partner commerciale di ciascun paese della regione (2011)
Importazioni dall'Italia
Esportazioni verso l'Italia
Albania
1°
1°
Croazia
1°
1°
Slovenia
2° (dopo Germania)
2° (dopo Germania)
Serbia
3° (dopo Russia e Germania)
1°
Bosnia-Erzegovina
4° (dopo Croazia, Serbia, Germania)
4° (dopo Germania, Croazia, Serbia)
Montenegro
5° (dopo Serbia, Bosnia-E., Germania, Grecia)
3° (dopo Serbia, Grecia)
Macedonia
5° (dopo Germania, Russia, Grecia, Serbia)
4° (dopo Serbia, Germania, Grecia)
Kosovo
n/a
n/a
Fonte: ONU – Comtrade.
ECONOMIA
5. DOING BUSINESS
Dal 2004 (anno in cui la Banca mondiale ha pubblicato il primo rapporto Doing Business) ad oggi i
paesi della regione balcanica hanno fatto notevoli progressi Tabella 1 – Indice Doing Business
per quanto riguarda la facilità di fare business. I giorni medi
2011
2012
Var.
necessari ad avviare un‟attività nei diversi paesi si sono
34°
+12
22°
notevolmente ridotti: da numeri a due cifre (ad esempio da Macedonia
37°
+0
37°
un minimo di 29 giorni in Croazia ad un massimo di 68 in Slovenia
+0
56°
Bosnia) si è giunti a 3 giorni oggi necessari in Macedonia, 5 Montenegro 56°
in Albania o 6 in Slovenia. Anche il tempo che mediamente Croazia
79°
-1
80°
trascorre tra la domanda e l‟erogazione di un permesso di Albania
77°
-5
82°
costruzione si è ridotto, in alcuni casi in maniera decisa (da Serbia
88°
-4
92°
482 a 181 giorni in Bosnia, da 244 a 117 in Macedonia).
117°
+0
Kosovo
117°
Allo stesso modo, in una scala 0-10 la media regionale Bosnia-Erz. 127°
+2
125°
dell‟indice di protezione degli investimenti è salita da 5 a Fonte: Banca mondiale (su 183 paesi).
6, mentre i giorni medi necessari per importare ed esportare beni si sono gradualmente ridotti
dappertutto. Progressi, seppur minori, sono stati registrati anche per quanto riguarda il tempo che
trascorre prima di ottenere l‟esecuzione forzata di un contratto.
Nell‟ultimo anno i progressi più rilevanti si sono avuti in Macedonia. Quest‟ultima ha attuato una serie
di importanti riforme ed è oggi il primo paese della regione per facilità di fare impresa. Tra le riforme
più importanti messe in atto dalla Macedonia si segnalano la privatizzazione dei processi di
monitoraggio della gestione dei permessi di costruzione, il taglio delle tariffe notarili, la costituzione di
un‟agenzia per il credito all‟impresa e l‟aumento della trasparenza per le procedure di bancarotta.
Ma anche gli altri paesi della regione nel corso del 2011 sono stati interessati, seppure in misura minore,
da riforme. In Bosnia-Erzegovina per avviare un‟attività non è più necessario ottenere un permesso, ma
basta una dichiarazione di inizio attività. In merito ai permessi di costruzione, inoltre, nel 2011 il paese
ha completamente digitalizzato il registro catastale.
In Croazia, l‟agenzia per il credito all‟impresa ha iniziato a raccogliere e distribuire informazioni sulle
aziende. In Montenegro una riforma della fiscalità alle imprese ha snellito le procedure burocratiche,
semplificando il sistema di tassazione. Inoltre, una legge sulla bancarotta ha introdotto nuove procedure,
fissando per queste ultime precisi limiti di tempo e prevedendo la possibilità di cominciare a recuperare
alcuni crediti prima della conclusione dell‟intera procedura di bancarotta.
In Serbia la registrazione delle proprietà è divenuta più rapida con l‟introduzione di una procedura
semplificata, mentre una nuova legge ha introdotto requisiti di professionalità più stringenti per i
curatori fallimentari, regolandone anche il tariffario. In Slovenia, invece, la registrazione della proprietà
è stata facilitata tramite l‟introduzione di procedure online e con la riduzione delle tariffe. Anche per
quanto concerne il commercio oltrefrontiera è adesso possibile presentare online i moduli di
dichiarazione doganale, mentre è stata semplificata e ottimizzata la procedura di riscossione del credito
dai debitori insolventi.
Il peggior risultato dell‟anno è stato fatto segnare dall‟Albania, paese in cui l‟autorità incaricata di
emettere permessi di costruzione non si riunisce da aprile del 2009, bloccando di fatto qualunque
tentativo di costruire legalmente nuovi depositi e magazzini.
ECONOMIA
6. RISCHIO PAESE
Fig. 1 – Valutazione del rischio paese, 2010
Fonte: SACE
Fig. 2 – Valutazione del rischio paese, settembre 2011
Fonte: Euromoney Country Risk
APPROFONDIMENTI
1. LA QUESTIONE DEL KOSOVO
Quando, nel 2008, il parlamento kosovaro ha deciso di adottare una dichiarazione unilaterale di indipendenza, il
Kosovo si trovava sotto amministrazione controllata da quasi un decennio. La regione è di fatto indipendente
dalla Serbia dal 1999; da quando, cioè, la repressione serba del movimento indipendentista kosovaro della
seconda parte degli anni Novanta innescò un controverso intervento aereo della Nato, conclusosi dopo pochi mesi
con il ritiro delle truppe serbe e l‟istituzione di una Missione Onu per l‟amministrazione provvisoria del Kosovo
(Unmik). Malgrado la missione delle Nazioni Unite abbia potuto fare affidamento, per il mantenimento della
sicurezza, su una forza di circa 50.000 soldati Nato, a distanza di tredici anni il processo di stabilizzazione non è
ancora giunto a compimento.
A tutt‟oggi, infatti, nella regione a maggioranza albanese è
ancora in vigore il complesso sistema di amministrazione
provvisoria dell‟Unmik (che dal 2008 ha trasferito molte
delle sue competenze ad una missione dell‟Unione europea,
Eulex), che assegna ampi poteri al Rappresentante speciale
dell‟Onu: quest‟ultimo nomina l‟apparato giudiziario e può
in ogni caso porre il veto sulle disposizioni di legge adottate
dal parlamento. Sotto al Rappresentante speciale si
articolano una serie di istituzioni provvisorie: una
presidenza, un governo e un parlamento.
La Serbia non riconosce l‟indipendenza del Kosovo, che è
invece riconosciuta da 88 paesi: tra questi, 22 dei 27 membri
dell‟Unione europea (fanno eccezione Cipro, Grecia,
Romania, Slovacchia e Spagna). In seguito alla
dichiarazione di indipendenza i rapporti delle autorità
kosovare con la minoranza serba che risiede nel nord del
Kosovo si sono deteriorati. Quest‟ultima ha proclamato
l‟istituzione di un parlamento parallelo e ha
Fonte: http://www.csfederalismo.it
progressivamente consolidato la sua posizione di autonomia
dal governo centrale. Le questioni dello status giuridico
internazionale e dei rapporti con la comunità serba (6% della popolazione totale) si intersecano a quella
dell‟autosufficienza economica, di difficile risoluzione. Il Kosovo, paese tra i più poveri in Europa (il Pil pro
capite si aggira attorno al livello di 5.500 dollari l‟anno), ha infatti conosciuto una crescita nell‟ultimo decennio,
ma la disoccupazione rimane elevata (oltre il 40% della forza lavoro) e l‟economia è fortemente dipendente dal
sostegno finanziario della comunità internazionale e dalle rimesse degli emigrati. Queste ultime costituiscono
quasi il 30% dell‟intero Pil del paese.
Corruzione, crimine organizzato e traffici illeciti, endemici in tutto il paese, aggravano il difficile ambiente
economico. Nel 2010 un rapporto commissionato dal Consiglio d‟Europa ha denunciato i presunti legami del
premier Hashim Thaçi con le mafie kosovare. Negli ultimi mesi del 2011 le relazioni con la regione a
maggioranza serba, attraverso il cui poroso confine con la Serbia passa la gran parte dei traffici illeciti, si sono
fatte più tese, e la questione del controllo delle frontiere è all‟origine delle proteste che in ottobre hanno
paralizzato il nord del Kosovo. A febbraio 2012 un referendum autonomista tenutosi esclusivamente nella
regione settentrionale ha aggravato ulteriormente le tensioni.
Malgrado ciò, nelle relazioni tra Pristina e Belgrado gli ultimi mesi hanno fatto registrare anche importanti passi
avanti, soprattutto in vista dell‟ufficializzazione della Serbia quale paese candidato all‟ingresso nell‟Ue. In
dicembre i due paesi hanno raggiunto un accordo per coordinare in maniera congiunta il tratto di confine comune,
attraverso l‟istituzione di dogane integrate, mentre a fine febbraio Belgrado ha accettato che i delegati kosovari
possano prendere parte agli incontri delle organizzazioni regionali cui partecipano i paesi dei Balcani occidentali,
richiedendo che accanto al nome del paese compaia un asterisco, con una nota in calce che spieghi lo status
ancora conteso della regione.
APPROFONDIMENTI
2. BACKGROUND STORICO
Per più di settant‟anni, tra il 1918 e il
1991, la regione dei Balcani
occidentali è stata occupata da due
soli paesi: la Jugoslavia e l‟Albania.
Con la fine della prima Guerra
mondiale, la capitolazione congiunta
dell‟Austria-Ungheria e dell‟Impero
ottomano consentirono alle potenze
vittoriose di creare una zona di “stati
cuscinetto” che nei trattati di pace
venne inizialmente ripartita tra uno
stato nazionale, l‟Albania, e un‟entità
multietnica, il Regno di Jugoslavia.
Nel secondo dopoguerra l‟intera
regione balcanica venne a trovarsi
all‟estrema periferia occidentale della
sfera d‟influenza sovietica, e il Regno
di Jugoslavia fu convertito in
Repubblica socialista federale (19431992).
Fino alla sua morte nel 1980, il
presidente jugoslavo Tito (in carica
dal 1953) riuscì a tenere a freno le
tensioni interetniche interne alla
Federazione, ma con l‟inizio degli anni Ottanta i rapporti tra le comunità etno-linguistiche si
deteriorarono. Con la fine della guerra fredda e il conseguente „scongelamento‟ politico delle frontiere
europee, gli stati federati uno dietro l‟altro dichiararono la propria indipendenza.
Nel corso degli anni Novanta l‟intera area è stata soggetta a un violento processo di frammentazione
territoriale. Tale processo ha incontrato la netta opposizione della classe politica e dell‟opinione
pubblica serba (dopo la morte di Tito, la Serbia era emersa come l‟entità federata più importante),
sprofondando la regione in un periodo di guerre e, di conseguenza, di grave crisi economica.
L‟instabilità politica regionale, insieme ai tentativi di conversione dal sistema produttivo socialista
all‟economia di mercato, innescarono anche in l‟Albania una grave crisi interna.
I due conflitti più violenti del periodo sono stati quelli che hanno visto contrapposti, da una parte,
l‟attuale Serbia e la Bosnia-Erzegovina (1992-1995) e dall‟altra la Serbia e il Kosovo (1999). Il primo
conflitto, conclusosi con la firma degli accordi di Dayton, il riconoscimento dell‟indipendenza della
Bosnia e l‟ingresso di una forza internazionale di peacekeeping, provocò oltre 100.000 vittime (due
terzi delle quali bosniache), lo sfollamento di oltre due milioni di persone e lasciò nella memoria
collettiva cicatrici indelebili come il massacro di Srebrenica. Il secondo ha visto da subito il controverso
intervento di un attore esterno (la Nato) e l‟ingresso nella regione indipendentista di una forza
multinazionale di stabilizzazione sotto mandato delle Nazioni Unite.
L‟inizio del nuovo millennio ha segnato anche la fine delle guerre nella regione, che per la prima volta
dal 1991 ha conosciuto un lento miglioramento delle condizioni politiche ed economiche.
APPROFONDIMENTI
3. CORRIDOIO ENERGETICO DELL’EUROPA?
I paesi balcanici sono potenzialmente coinvolti in almeno tre progetti di interesse europeo: a) le interconnessioni
tra la parte settentrionale e quella meridionale dell‟Europa centrale per i transiti di gas e petrolio; b) le
interconnessioni elettriche tra l‟Europa centrale e quella sudorientale; c) il corridoio meridionale per
l‟approvvigionamento di gas da paesi extra-europei.
Tra i tre, quest‟ultimo progetto è quello Fig. 1 – Tap (gasdotto)
strategicamente più importante e del quale più si è
discusso negli ultimi anni, in primo luogo per il
suo potenziale strategico di diversificazione degli
approvvigionamenti di metano. La più ambiziosa
delle ipotesi di diversificazione, quella della
costruzione del gasdotto Nabucco che, convogliato
il metano da Azerbaigian, Iraq e Iran, avrebbe
dovuto trasportare in Europa 31 miliardi di metri
cubi di gas all‟anno attraverso la Turchia e buona
parte dei paesi balcanici, sembrerebbe oggi
tramontata. Avanzano invece i negoziati per la
costruzione di South Stream, voluto dalla Russia e Fonte: BBC.
dalla capacità potenziale più che doppia (61
Gmc/a), e di gasdotti di portata minore: l‟interconnettore Turchia-Grecia-Italia (Itgi), che non coinvolge paesi
balcanici, e il Gasdotto Trans-Adriatico (Tap) che invece dovrebbe
Fig. 2 – Ambo (oleodotto)
attraversare l‟Albania. Entrambi i gasdotti, l‟uno alternativo all‟altro,
avrebbero una capacità iniziale di 10 Gmc/a.
Quanto al South Stream, esso attraverserebbe, tra gli altri, anche
Serbia e Slovenia e la sua costruzione potrebbe iniziare già a dicembre
2012. Il gasdotto non offre ai paesi europei importatori di gas
possibilità di diversificazione dalle importazioni russe; i due progetti
minori consentirebbero invece di far giungere in Italia il gas che
transita dalla Turchia e che oggi si ferma in Grecia. In prospettiva,
questo gas sarà fornito in massima parte dall‟Azerbaigian, grazie allo
sviluppo del giacimento offshore Shah Deniz. Un ulteriore progetto di
diversificazione (delle rotte e non dei fornitori) riguarda invece il
petrolio, e ruota attorno a un possibile oleodotto che dal porto bulgaro
Fonte: Trans Adriatic Pipeline project.
di Burgas attraverserebbe la Macedonia per giungere poi in Albania e
poter essere così esportato bypassando gli stretti turchi, oggi congestionati dal traffico di petroliere. L‟oleodotto
Ambo dovrebbe avere una capacità massima di 750 mila barili al giorno, equivalenti a un quarto del totale del
petrolio che è transitato attraverso il Bosforo e i Dardanelli nel 2010.
Fig. 3 – South Stream (gasdotto)
Fonte: South Stream project