I travestimenti dello psicologo abusivo

I
travestimenti
psicologo abusivo
dello
Le scuse dell’abusivo
che compie esercizio
di attività riservate
allo psicologo senza
averne
titolo,
formazione
e
abilitazione
sono
varie,
ma
alcune
ricorrono
altre.
dichiara
più
di
Il
37%
di essere
counselor. Il 19%
sono
pedagogisti
delusi che sconfinano verso la psicologia. Vengono poi, a
distanza naturopati e operatori newage seguaci di dottrine
olistiche, soggetti con un titolo estero non riconosciuto e
gli ultimi psicanalisti che si ostinano ad esercitare la
psicoterapia senza abilitazione.
E’ questo il quadro dei soggetti che vengono segnalati per
esercizio abusivo della professione di Psicologo e su cui
l’Ordine della Lombardia ha aperto un’istruttoria nel periodo
da Settembre 2010 a Marzo 2012. Un buon campione, che arriverà
a cento casi entro il 2012. E che porta con sé una sorpresa.
Il buon “finto psicologo”, lo stregone con laurea fotocopiata,
così improvvido da ingannare davvero pochi non esiste più ed è
invece sostituito da un armamentario “ideologico”.
L’abusivo di oggi usa categorie concettuali vicine a quelle
della psicologia e pretende di esercitare la professione di
psicologo come se la legge 56 neppure esistesse grazie a
titoli fatti in casa o che hanno acquistato da associazioni a
caro prezzo in forma di corsi, magari con la promessa di un
futuribile “riconoscimento”.
La difficoltà degli Ordini è sempre quella di trovare i giusti
strumenti per individuare i comportamenti gravi e per
dimostrare che siano stati messi in atto.
Per questo, vediamo di conoscere meglio le scuse dell’abusivo:
COUNSELING. Grazie a questa “etichetta” anglosassone, la
pratica del sostegno psicologico o della consulenza al
paziente su problemi psicologici ed esistenziali di lieve
entità si sdogana dall’esigenza di una formazione accademica e
viene esercitata da chiunque.
La disciplina si diffonde in USA grazie all’opera di Carl
Rogers e vive in Italia un periodo d’oro dalla metà degli anni
’90 ad oggi con picchi di segnalazione nelle fasi di più acuta
crisi economica. Le centrali operative del counseling passano,
dal 2000 ad oggi da una a quattro.
In Italia il counseling presenta contorni imprecisi e i corsi
durano da un fine settimana a tre anni. Alla diffusione di
questa pratica sono interessati alcuni psicologi disposti a
fini di lucro ad insegnare ai “counselor italiani”. Secondo la
sentenza “Zerbetto” del Tribunale di Milano, il diritto alla
salute dei cittadini dovrebbe prevalere su ogni altra ragione,
e insegnare tecniche psicologiche a non psicologi equivarrebbe
a incentivare l’esercizio abusivo della professione.
Nonostante sul piano scientifico questa professione non abbia
dimostrato di distinguersi in alcun modo dalla psicologia la
giuriusprudenza (di merito) non è sempre concorde, lasciando
spazio alla diffusione epidemica di questa pratica.
PEDAGOGIA [e PSICOPEDAGOGIA] CLINICA. E’ piuttosto frequente
il caso del pedagogista che esce dall’ambito scolastico per
avventurarsi in altri terreni, sconfinando con l’attività di
diagnosi, sostegno e cura riservata allo psicologo. Esiste
però una realtà più specifica che dà origine a diversi casi di
abusivismo: la pedagogia clinica.
Questa realtà nasce per iniziativa del Prof .Dott. Guido Pesci
“padre della pedagogia clinica e della professione di
pedagogista clinico“. In effetti nel 1974 il Pesci che per
inciso oltre ad essere, ovviamente, il primo pedagogista
clinico si definisce anche reflector, psicologo,
psicoterapeuta, psicomotricista funzionale, giornalista
pubblicista, modifica una disciplina nata con il nome di
ortopedagogia in “pedagogia clinica”.
Nel 1997 crea perfino una sorta di Albo cui si possono
iscrivere esclusivamente gli allievi dei suoi Istituti,
divenuti nel frattempo sette su tutto il territorio nazionale.
Due peculiarità: il pedagogista clinico non ha necessariamente
una formazione pedagogica ma può essere laureato in molte
diverse discipline o “avere un curriculum idoneo”; i
pedagogisti clinici hanno registrato il marchio di una serie
notevole di “metodi e strumenti” del tutto “esclusivi” e di
sapore decisamente “psico” tra cui: Colloquio anamnestico;
Psicofiabe; Cyberclinica; Test per l’Attenzione e
Faticabilità; Test Mnesi Immediata; Test Verbale di Maturità
Logica; Protocollo operativo per
manifestazioni ansiose e depressive.
PSICANALISI E PSICANALISI
chiarezza: “la psicanalisi
abbandonato il terreno di
nonché il suo ulteriore
pratica con i malati”.
l’analisi
delle
LAICA. Sigmund Freud lo diceva con
è sorta come terapia (…) non ha mai
origine, e il suo approfondimento,
sviluppo sono ancora legati alla
Così Musatti, il Laplanche Pontalis, lo storico manuale di
Semi. Addirittura per il Perussia (altro tomo “storico”)
quello della psicanalisi e di Freud è “il caso dello
psicoterapeuta per eccellenza, oltre che inventore del
concetto stesso di psicoterapia e di paziente”. Eppure, ancora
oggi, dopo l’accreditamento della SPI come scuola di
psicoterapia nel 1993, ora che la psicanalisi rappresenta
l’oggetto del desiderio di un terzo degli psicoterapeuti del
nostro paese, c’è ancora qualcuno che la esercita senza
autorizzazione alcuna e in maniera del tutto autoreferenziale
sostenendo che la psicanalisi sia formazione, spiritualità,
cultura, anche quando cura le persone con il tipico setting
individuale.
E che quindi sia esercitabile da chiunque abbia sufficiente
ardimento da autoproclamarsi psicanalista e una manciata di
euro per comprare una targa di ottone da appendere alla porta
dello studio. Quella di essere “psicanalista laico” (la
dicitura fa riferimento ad una lettura distorta di un testo di
Freud del 1926) è certo la scusa più raffinata per
giustificare un esercizio abusivo di professione psicologica;
ma che la psicanalisi non sia psicoterapia è falso come
insincera è la posizione di alcuni noti teorici di questa
posizione (ne sono rimasti pochissimi) che si sono iscritti
agli Ordini di riferimento come psicoterapeuti, per poi
lasciare ai loro allievi più giovani e ingenui il rischioso
compito di esercitare la psicanalisi senza autorizzazione.