Appunti relativi alle lezioni del corso di Geometria Riemanniana A.A. 2008/09 A. Lotta 1 Richiami 1. Sia F : M → N un’applicazione differenziabile tra due varietà. Due campi vettoriali X ∈ X(M ) e Y ∈ X(N ) si dicono F -relati se per ogni x ∈ M si ha (dF )x (Xx ) = YF (x) . In tal caso scriveremo: X →F Y. Richiamiamo le seguenti proprietà: a) X →F Y e X 0 →F Y 0 ⇒ [X, X 0 ] →F [Y, Y 0 ]. b) Si supponga che F sia surgettiva. Allora se due campi Y1 e Y2 in X(N ) sono F -relati ad uno stesso campo X ∈ X(M ), allora Y1 = Y2 . c) Se F : M → M è un diffeomorfismo, per ogni campo X ∈ X(M ) vi è uno ed un solo campo F -relato ad X, che si denota con F∗ X e si chiama push-forward di X mediante F . Esso si definisce come segue: (F∗ X)p = (dF )F −1 (p) (XF −1 (p) ). 2. Sia G un gruppo di Lie e sia g = Lie(G). Si denoti per ogni X ∈ Te G con X L ∈ g il corrispondente campo vettoriale invariante a sinistra. Se F : G → G0 è un omomorfismo di gruppi di Lie, allora risulta per ogni X ∈ Te G: X L →F dFe (X)L . (1) 1 3. Sia G un gruppo di Lie. Ricordiamo che dati due vettori X, Y ∈ Te G, risulta: [X L , Y L ] = [X, Y ]L . In questa relazione il bracket al primo membro è quello di X(G), mentre il bracket a secondo membro è quello indotto su Te G dall’isomorfismo lineare X ∈ Te G 7→ X L ∈ g. Fermo restando il significato di tali brackets, riguardo i campi invarianti a destra, sussiste invece la seguente relazione: [X R , Y R ] = −[X, Y ]R . (2) Per dimostrarla, denotiamo con (G0 , ∗) il gruppo opposto di G, la cui varietà soggiacente è la stessa, mentre l’ operazione di gruppo ∗ è definita da: a ∗ b = ba. L’applicazione F : G → G0 definita da F (a) = a−1 , dove l’inverso è fatto rispetto alla struttura di gruppo di G, è un isomorfismo di gruppi di Lie. Denotiamo con dF il differenziale di F nel punto e. È facile verificare che dF = −Id : Te G → Te G. Osserviamo inoltre che dato Z ∈ Te G0 , il corrispondente campo invariante a sinistra in G0 coincide con quello invariante a destra Z R in G. Pertanto applicando la (1): X L →F dF (X)R . ovvero X L →F (−X R ). (3) Allora per ogni X, Y ∈ Te G risulta [X L , Y L ] →F [−X R , −Y R ] = [X R , Y R ]. D’altra parte ancora per (3) [X, Y ]L →F −[X, Y ]R per cui [X R , Y R ] e −[X, Y ]R risultano F -relati allo stesso campo vettoriale di G, e quindi l’asserto. 4. Un’applicazione differenzabile F : M → N si dice di rango costante se tale è il rango di dFx : Tx M → TF (x) N al variare del punto x ∈ M . In particolare se dFx è sempre surgettivo, F si dice sommersione, mentre se dFx è sempre ingettivo, F si dice immersione. Sussiste la seguente caratterizzazione locale delle applicazioni a rango costante, per la cui dimostrazione rinviamo a [4] o [5]. 2 Teorema 1.1 Siano M ed N varietà di dimensioni rispettivamente m ed n. Sia F : M → N di rango costante k. Allora per ogni p ∈ M esistono una carta locale (U, ϕ) centrata in p ed una carta locale (V, ψ) centrata in F (p) con F (U ) ⊂ V , rispetto alle quali la rappresentazione locale di F : ϕ(U ) → ψ(V ) è data da: F (x1 , . . . , xm ) = (x1 , . . . , xk , 0, . . . , 0). (4) Nel seguito faremo uso della seguente applicazione del Teorema precedente: Teorema 1.2 Ogni applicazione differenziabile F : M → N di rango costante e surgettiva (risp. ingettiva) è una sommersione (risp. immersione). Dimostrazione. Supponiamo F di rango costante k e surgettiva. Si supponga per assurdo che k < dim(N ). Per ogni punto p ∈ M si scelgano due carte (Up , ϕ) e (Vp , ψ) rispetto alle quali la rappresentazione locale di F sia data da (4). Allora l’immagine F (Up ) è un sottoinsieme di Vp con interno vuoto. Scelto un intorno compatto Kp ⊂ Up di p, risulta che F (Kp ) è compatto in N e con interno vuoto. Poichè M è a base numerabile, possiamo estrarre da {Int(Kp )}p∈M un ricoprimento numerabile {Int(Ki )}i∈N ; consegue che [ M= Ki i da cui N= [ F (Ki ) i il che contraddice il teorema di Baire. Si supponga ora che F sia ingettiva. Allora anche la rappresentazione locale (4) deve essere ingettiva, il che accade sole se k = dim(M ). Notiamo anche il seguente Corollario del teorema 1.1: Corollario 1.3 Sia F : M → N una sommersione surgettiva. Allora a) Per ogni punto q ∈ N esiste una sezione locale di F in un intorno aperto V di q; cioè esiste un’applicazione differenziabilie σ : V → M tale che F ◦ σ = IdV . b) Un’applicazione G : N → Z, dove Z è una varietà qualsiasi, è differenziabile se e solo se tale è G ◦ F . 3 Dimostrazione. a) Scelto p ∈ M tale che F (p) = q, esistono due carte locali (U, ϕ) e (V, ψ) centrate in p e q rispetto alle quali la rappresentazione locale di F è (x1 , . . . , xm ) 7→ (x1 , . . . , xn ) dove m = dim(M ) e n = dim(N ). Scelti due intorni sferici aperti dell’origine BU e BV dello stesso raggio e contenuti rispettivamente in ϕ(U ) ed in ψ(V ), ha senso considerare la funzione (x1 , . . . , xn ) ∈ BV 7→ (x1 , . . . , xn , 0, . . . , 0) ∈ BU che rappresenta un’applicazione differenziabile σ : V 0 → U 0 dove U 0 e V 0 sono ancora intorni aperti di q e p. Tale σ è evidentemente una sezione di F . b) Si assuma che G ◦ F sia differenziabile. Utilizzando la a), non è difficile verificare che ogni punto q ammette un intorno aperto V sul quale G è differenziabile, esibendo G|V come composizione di funzioni differenziabili. 2 Proprietà rilevanti delle azioni differenziabili Sia G un gruppo di Lie che agisce differenziabilmente a sinistra su una varietà X, mediante una fissata azione τ : G × X → X. Utilizzeremo frequentemente la notazione g · x := τ (g, x). Inoltre per ogni g ∈ G denoteremo con τgX : X → X il diffeomorfismo corrispondente a g, ovvero: τgX (x) := g · x ∀x ∈ X. Laddove non vi sia equivoco su quale sia lo spazio in esame, utilizzeremo anche la notazione più semplice τg . Dato un punto xo ∈ X, denoteremo con Gxo ⊂ G il corrispondente sottogruppo di isotropia Gxo := {g ∈ G| τg (xo ) = xo }. Trattandosi di un sottogruppo chiuso, Gxo è un sottogruppo di Lie di G. Supponiamo ora che G agisca anche su un’altra varietà Y . Un’applicazione differenziabile F : X → Y si dirà G-equivariante (relativamente alle azioni in considerazione) se F (g · x) = g · F (x) per ogni x ∈ X. 4 Proposizione 2.1 Se l’azione di G su X è transitiva, ogni applicazione G-equivariante F : X → Y ha rango costante. Dimostrazione. Siano p, q ∈ X. Allora esiste g ∈ G tale che τgX (p) = q. Poichè F è equivariante, risulta F ◦ τgX = τgY ◦ F da cui (dF )q ◦ (dτgX )p = (dτgY )F (p) ◦ (dF )p il che porta alla conclusione essendo τgX e τgY diffeomorfismi. Esempio 2.2 Consideriamo un gruppo ad un parametro di trasformazioni {ϕt }t∈R di una varietà M . Tale gruppo definisce un’azione R × M → M del gruppo (R, +) t · x := ϕt (x). Fissato un punto xo ∈ M la curva γ:R→M tale che γxo (t) = ϕt (xo ) è un’applicazione R-equivariante, laddove si considera l’azione naturale di (R, +) su se stesso per traslazioni. Come applicazione della Proposizione precedente, otteniamo la seguente proprietà: Proposizione 2.3 Se {ϕt } è un gruppo ad un parametro di trasformazioni di una varietà M e xo ∈ M , allora sono equivalenti: a) γ̇xo (0) = 0. b) Per ogni t ∈ R, ϕt (xo ) = xo . Sia ora g l’algebra di Lie di un gruppo G che agisce a sinistra su una varietà M . Fissato un campo vettoriale X ∈ g, possiamo considerare il sottogruppo ad un parametro {exp tX} di G. È immediata conseguenza della definizione di azione che {τexp tX }t∈R costituisce un gruppo ad un parametro di trasformazioni di M . In quanto tale, {τexp tX } genera un campo vettoriale differenziabile che denoteremo con il simbolo X ∗ . Fissato un punto x ∈ M , per la definizione stessa del campo X ∗ , abbiamo che ∗ Xx coincide con il vettore tangente, per t = 0, della curva γ : R → M definita da γ(t) = (exp tX) · x. 5 In simboli d (exp tX)x |t=0 . dt Fissato un punto x ∈ X, per ogni X ∈ g si ha quindi: Xx∗ = (5) Xx∗ = (dFx )e (X) (6) Fx (g) = g · x. (7) dove Fx : G → M è definita da Resta cosı̀ definita un’applicazione X ∈ g 7→ X ∗ ∈ X(M ). (8) che è R-lineare in forza della (6). Teorema 2.4 L’applicazione (8) ha le seguenti proprietà: a) Per ogni X, Y ∈ g risulta: [X, Y ]∗ = −[X ∗ , Y ∗ ] b) Sia X ∈ g e si assuma che esista xo ∈ M tale che Xx∗o = 0. Allora X ∈ Lie(Gxo ). c) Siano a ∈ G e x ∈ M . Allora per ogni X ∈ g risulta (dτa )x (Xx∗ ) = (Ad(a)X)∗ax . (9) d) Per ogni a ∈ G e per ogni X ∈ g il push-forward (τa )∗ X ∗ del campo X ∗ è dato da: (τa )∗ X ∗ = (Ad(a)X)∗ . Dimostrazione. a) Poichè l’azione τ : G × M → M è un’applicazione surgettiva, è sufficiente provare che i due campi vettoriali [X, Y ]∗ e −[X ∗ , Y ∗ ] sono τ -relati ad uno stesso campo vettoriale su G × M . A questo scopo, verifichiamo dapprima che per ogni X ∈ g, X ∗ è τ -relato al campo invariante a destra X R di G, pensato come campo di G × M , il quale opera come segue: (a, x) ∈ G × M 7→ (XaR , 0) ∈ T(a,x) (G × M ). 6 Fissiamo infatti (a, x) ∈ G × M . Si tratta di verificare che, per ogni (a, x): R ∗ dτ(a,x) (X(a,x) ) = Xax . (10) Calcoliamo il primo membro di questa uguaglianza. Posto R := Ra × IdM , dove Ra : G → G è la traslazione a destra in G relativa ad a, risulta: R dτ(a,x) (X(a,x) ) = dτ(a,x) (dR(e,x) (X, 0)) = d(τ ◦ R)(e,x) (X, 0). ∗ D’altra parte sappiamo da (6) che Xax coincide con (dFax )e (X). A questo punto per giustificare (10) è sufficiente osservare che la funzione Fax : G → X altri non è che una funzione parziale di τ ◦ R, precisamente: Fax (g) = (τ ◦ R)(g, x). Ciò premesso, dati X, Y ∈ g, otteniamo che [X ∗ , Y ∗ ] è τ -relato al campo [X R , Y R ], che a sua volta coincide con −[X, Y ]R , il quale è τ -relato a −[X, Y ]∗ . Abbiamo quindi che [X ∗ , Y ∗ ] e −[X, Y ]∗ sono entrambi τ -relati allo stesso campo di G × M , da cui l’asserto. b) Consideriamo la curva γ : R → M definita da γ(t) = τexp tX (xo ). Se Xx∗o = 0, abbiamo che τexp tX (xo ) = xo per ogni t ∈ R tenendo conto della Proposizione 2.3. Ciò significa che exp tX ∈ Gxo per ogni t, il che comporta X ∈ Lie(Gxo ). c) Tenendo conto del fatto che la curva γ(t) = (exp tX) · x soddisfa γ(0) = x e γ̇(0) = Xx∗ possiamo calcolare (dτa )x (Xx ) come segue: (dτa )x (Xx ) = = = = = d τa (γ(t)) dt | t=0 d a(exp tX)x dt | t=0 d a(exp tX)a−1 (ax) dt | t=0 d exp(tAd(a)X)(ax) dt | t=0 (Ad(a)X)∗ax . d) La c) esprime il fatto che X ∗ →τa (Ad(a)X)∗ da cui l’asserto. 7 Corollario 2.5 Sia G un gruppo di Lie che agisce differenziabilmente a sinistra su una varietà M . Fissato xo ∈ M , si consideri l’applicazione F := Fxo : G → M . Risulta: Ker(dF )e = h dove h è l’algebra di Lie del sottogruppo di isotropia H := Gxo . Se inoltre l’azione è transitiva, F è una sommersione e dim(M ) = dim(G) − dim(H). Dimostrazione. Abbiamo (dF )e (X) = Xx∗o , per cui se X ∈ Ker(dF )e , allora X ∈ h per la b) del Teorema precedente. Viceversa, se X ∈ h, allora per ogni t ∈ R risulta che exp(tX) ∈ H, il che significa che τexp tX (xo ) = xo per ogni t. Dunque, tenendo conto della definizione di X ∗ , abbiamo Xx∗o = 0 in forza di b) ⇒ a) della Proposizione 2.3. Se l’azione è transitiva, F è surgettiva. Inoltre F è manifestamente G-equivariante laddove si consideri anche l’azione di G su se stesso per tralsazioni a sinistra. Quindi F ha rango costante e pertanto è una sommersione per il Teorema 1.2. . 3 Una caratterizzazione degli spazi omogenei Sia G un gruppo di Lie che agisce su un una varietà M . Il seguente risultato permette di introdurre una struttura differenziabile canonica sull’insieme delle orbite M/G, sotto opportune ipotesi. Definizione 3.1 Un’azione a sinistra τ : G × M → M si dice • libera se per ogni g ∈ G g 6= e, τg : M → M non ha punti fissi. • propria se l’applicazione (g, x) ∈ G × M → (g · x, x) ∈ M × M è propria, ovvero la controimmagine di ogni compatto di M × M è compatta in G × M. Definizioni perfettamente analoghe si danno per le azioni a destra. Teorema 3.2 Sia G un gruppo che agisce differenzabilmente, liberamente e propriamente su una varietà M . Allora l’insieme delle orbite M/G ha un’unica struttura di varietà tale che la proiezione canonica π : M → M/G sia una sommersione. Inoltre dim(M/G) = dim(M ) − dim(G). 8 La dimostrazione è omessa (si veda ad es. [4]). Applichiamo questo risultato ad un caso particolare: sia H ⊂ G un sottogruppo chiuso di un gruppo di Lie G. Corollario 3.3 Se H ⊂ G è un sottogruppo chiuso, allora l’insieme quozionte G/H ha un’unica struttura di varietà differenziabile che rende la proiezione canonica π : G → G/H una sommersione. Rispetto a tale struttura, dim(G/H) = dim(G) − dim(H). Dimostrazione. L’insieme quoziente G/H è l’insieme delle orbite per l’azione G × H → G di H mediante traslazioni a destra (si tratta di un’azione a destra). Tale azione è chiaramente libera. Proviamo che è propria. Dobbiamo mostrare che la funzione Φ : G × H → G × G definita da Ψ(g, h) = (gh, g) è propria. Sia K ⊂ G×G un compatto e sia (hn , gn ) una successione di elementi di Ψ−1 (K). Allora dalla successione (gn hn , gn ) si può estrarre un successione (gkn hkn , gkn ) che converge ad un elemento di K. Entrambe le successioni {an } = {gkn hkn } e {bn } = {gkn } di G sono pertanto convergenti, e quindi tale è hkn avendosi hkn = b−1 k n ak n ed inoltre il limite appartiene ad H perchè H è chiuso. Consegue che {an } converge in G × H da cui l’asserto. La varietà G/H prende il nome di spazio omogeneo del gruppo G. Proposizione 3.4 Sia G/H uno spazio omogeneo e sia π : G → G/H la proiezione canonica. Allora Ker(dπ)e = h dove h è l’algebra di Lie di H. Dunque (dπ)e induce un isomorfismo lineare: h ≡ To (G/H), o := π(e) = H. Dimostrazione. Si tratta di applicare il Corollario 2.5 all’azione naturale G× G/H → G/H: g · [g 0 ] := [gg 0 ] per la quale Fo = π. Passiamo ora a studiare ora le azioni transitive. Vogliamo provare che le varietà su cui un gruppo G agisce transitivamente sono, a meno di diffeomorfismi, tutte e sole gli spazi omogenei G/H con H ⊂ G sottogruppo chiuso. 9 Teorema 3.5 Sia G un gruppo di Lie che agisce transitivamente a sinistra su una varietà M . Fissato xo ∈ M , sia H = Gxo il corrispondente sottogruppo di isotropia. Allora la bigezione F : G/H → M tale che F ([g]) = g · xo è un diffeomorfismo. Dimostrazione. È sufficiente osservare che F è differenziabile perchè tale è F ◦π : G → M . Inoltre F è evidentemente G-equivariante. Pertanto F ha rango costante e sicomme è bigettiva, è sia una sommersione che un’immersione. Allora F è un diffeomorfismo in forza del teorema di invertibilità locale. 4 La rappresentazione di isotropia di uno spazio omogeneo Sia G un gruppo di Lie che agisce transitivamente a sinistra su una varietà M . Diremo allora che M è uno spazio G-omogeneo, corentemente con quanto esposto nel paragrafo precedente (cf. il Teorema 3.5). Manterremo le notazioni utilizzate in precedenza. Fissato un punto xo ∈ M , sia H = Gxo . Si dà la seguente: Definizione 4.1 La rappresentazione di isotropia dello spazio omogeneo M relativa al punto xo è l’omomorfismo ρ : H → GL(Txo M ) definito da ρ(a) = (dτa )xo . Si denoti con h l’algebra di Lie di H. Ricordiamo che h = Ker(dF )e dove F : G → M è la sommersione definita da F (g) = g · xo . Dunque (dF )e induce un isomorfismo lineare λ : g/h → Txo M. Risulta λ([X]) = Xx∗o 10 ∀X ∈ g. (11) Teorema 4.2 Sia M uno spazio G-omogeneo e sia xo ∈ M . La rappresentazione di isotropia relativa a xo è equivalente alla rappresentazione aggiunta Ad : H → GL(g/h). In questo enunciato, Ad : H → GL(g/h) è ottenuta, per passaggio al quozione della restrizione al sottogruppo H della rappresentazione aggiunta di G, Ad : G → GL(g). Ciò ha senso in quanto Ad(a)(h) ⊂ h per ogni a ∈ H. Dimostrazione. L’affermazione del Teorema è conseguenza della (9) in quanto per ogni a ∈ H e per ogni X ∈ g: ρ(a)(λ(X)) = (dτa )xo (Xx∗o ) = (Ad(a)X)∗xo = λ(Ad(a)X). 5 Metriche invarianti Sia M un G-spazio omogeneo. Si fissi xo ∈ M e si ponga H = Gxo . Denotiamo al solito con F la sommersione Fxo definita da (7). Definizione 5.1 Una metrica Riemanniana g su M si dice omogenea per l’azione di G (o G-omogenea) se per ogni a ∈ G, τa è un’isometria. Teorema 5.2 Vi è una corrispondenza biunivoca tra le metriche Riemanniane Ginvarianti g su M ed i prodotti scalari Ad(H)-invarianti h , i : g/h × g/h → R, cioè tali che h Ad(a)Z, Ad(a)W i = h Z, W i ∀a ∈ H ∀Z, W ∈ g/h. (12) Tale corrispondenza è data g 7→ gxo attraverso l’isomorfismo (11) tra g/h e Txo M . Dimostrazione. Sia g una metrica G-invariante e si denoti con h , i il prodotto scalare su g/h indotto da gxo mediante λ. Risulta che h , i è Ad-invariante perchè ciascun diffeomorfismo τa con a ∈ H è un’isometria; in particolare (dτa )xo è un’isometria lineare di Txo M . Tenendo conto del Teorema 4.2, ciò equivale alla (12). Fissiamo ora un prodotto scalare h , i su g/h che soddisfi (12). Vogliamo costruire una metrica g tale che gxo ≡ h , i. A questo scopo, definiamo gxo come l’unico prodotto scalare su Txo M che rende λ un’isometria, e per ogni x = a · xo , poniamo gx := (dτa−1 )∗x (gxo ). 11 Osserviamo che la definizione di gx dipende solo dal punto x e non dalla scelta di a per rappresentare x nella forma axo . Questo segue dall’ipotesi di Ad(H)-invarianza del prodotto scalare, tenendo ancora conto dell’equivalenza tra rappresentazione aggiunta e rappresentazione di isotropia. Resta da provare che g è effettivamente una metrica Riemanniana, ovvero che g(X, Y ) è una funzione differenziabile per ogni X, Y ∈ X(M ). Dopo ciò è chiaro che si tratta dell’unica metrica G-invariante tale che gxo ≡ h , i. Notiamo ora che per provare la differenziabilità di g, stante la G-invarianza, è sufficiente lavorare su un opportuno intorno aperto U di xo , e provare la differenziabilità della metrica indotta su U . Sia {Ei } una base di g/h; posto Ei = [Xi ], con Xi ∈ g, i vettori {(Xi )∗xo } sono linearmente indipendenti. Esiste pertanto un intorno aperto U di xo tale che {(Xi )∗x } risultino indipendenti per ogni x ∈ U . Pertanto ogni campo vettoriale Z ∈ X(U ) è una combinazione X Z= fi (Xi )|U con coefficienti funzioni differenziabili fi : U → R. Dunque basta dimostrare che g(Xi∗ , Xj∗ ) è differenziabile su U . Proviamo allora in generale che g(X ∗ , Y ∗ ) è differenziabile per arbitrari X, Y ∈ g. Risulta infatti, per ogni a ∈ G, utilizzando la (9): g(X ∗ , Y ∗ )(axo ) = gaxo (Xx∗o , Yx∗o )gxo ((dτa−1 )Xx∗o , (dτa−1 )Yx∗o ) = gxo ((Ad(a−1 )X)∗xo , (Ad(a−1 )Y )∗xo ) = h [Ad(a−1 )X], [Ad(a−1 )Y ] i) dunque g(X ∗ , Y ∗ )(axo ) = h Ad(a−1 )[X], Ad(a−1 )[Y ] i. ∗ ∗ (13) ∗ ∗ Questo calcolo mostra che g(X , Y ) ◦ F è differenziabile e quindi tale è g(X , Y ). Riguardo il problema di esistenza di metriche invarianti, citiamo il seguente risultato per la cui dimostrazione, che utilizza l’integrale di Haar su un gruppo compatto, rinviamo a [1]: Teorema 5.3 Sia M = G/H uno spazio omogeneo. Esiste una metrica Riemanniana G-invariante su M se e solo se il sottogruppo Ad(H) ⊂ GL(g/h) ha chiusura compatta in GL(g/h). Il seguente è invece un risultato di unicità: Teorema 5.4 Sia M = G/H uno spazio omogeneo. Si supponga che la rappresentazione di isotropia sia irriducibile. Se g1 e g2 sono due metriche G-invarianti allora g2 = λg1 per qualche λ ∈ R+ . Inoltre ogni metrica G-invariante è Einstein. 12 Dimostrazione. La dimostrazione è basata sul seguente: Lemma 5.5 Sia ρ : V → GL(V ) una rappresentazione reale di un gruppo G e si supponga che lo spazio vettoriale V ammetta un prodotto scalare h, i invariante rispetto a ρ. Si assuma che ρ sia irriducibile. Allora ogni forma bilineare simmetrica ρ-invariante b : V × V → R è un multiplo di h, i. Dimostrazione del Lemma. Sia F : V → V l’endomorfismo simmetrico di (V, h, i) definito da: hf (v), wi = b(v, w) (14) per ogni v, w ∈ V . Il Teorema spettrale garantisce che lo spettro di f è non vuoto. Sia W un autospazio di f . Affermiamo che W è un sottospazio invariante per la rappresentazione ρ. Infatti, utilizzando la (14) e l’invarianza sia di h, i che di b rispetto a ρ, si verifica facilmente che per ogni a ∈ G: ρ(a) ◦ f = f ◦ ρ(a). Allora il sottospazio W , essendo f -invariante, è invariante per ciascun automorfismo ρ(a). Per l’ipotesi di irriducibilità, W = V , per cui f = λId per qualche λ ∈ R, o equivalentemente b = λ h, i. La dimostrazione del Teorema 5.4 segue dall’osservazione che fissato il punto xo ∈ M tale che Gxo = H, abbiamo che (g1 )xo = λ(g2 )xo essendo entrambi i prodotti scalari invarianti per la rappresentazione di isotropia ρ. Questo è sufficiente a garantire (g1 ) = λ(g2 ) stante la G-invarianza delle metriche (cf. il Teorema 5.2). Sia poi g una metrica G-invariante e sia S il tensore di Ricci. Poichè S è invariante per isometrie, segue che Sxo è invariante per ρ. Quindi Sxo = λgxo per qualche λ ∈ R e ancora per la G-invarianza segue S = λg. Come applicazione abbiamo la seguente caratterizzazione della metrica canonica di una sfera: Teorema 5.6 La metrica standard della sfera Sn è l’unica metrica O(n+1)-invariante, a meno di riscalamento. Dimostrazione. È sufficiente mostrare che la rappresentazione di isotropia ρ relativa all’azione standard τ : O(n + 1) × Sn → Sn ed al punto xo = (1, 0, . . . , 0) è irriducibile. Infatti, affermiamo che ρ è equivalente alla rappresentazione naturale (identica) O(n) → GL(n). Ciò può verificarsi in due modi: 13 a) Calcolo diretto. Si osservi che lo spazio tangente Txo Sn =< xo >⊥ dove il complemento ortogonale è fatto rispetto al prodotto scalare standard di Rn+1 . Il sottogruppo di isotropia H è costituito dalle matrici del tipo: 1 0 ··· 0 0 .. . a 0 dove a ∈ O(n). Ora, fissata a ∈ O(n + 1) il diffeomorfismo τa : Sn → Sn è la restrizione alla sfera dell’operatore lineare x 7→ ax di Rn+1 e pertanto è identificabile col proprio differenziale in ogni punto. In altri termini ρ(a)(v) = av per ogni v ∈ Txo Sn . Ciò rende manifesto il fatto che ρ è equivalente alla rappresentazione identica di O(n). b) Calcolo della rappresentazione aggiunta Ad : H → GL(g/h). Nel caso in esame g = o(n + 1) mentre h è la sottoalgebra isomorfa a o(n) costituita dalle matrici del tipo 0 0 ··· 0 0 .. . A 0 con A ∈ o(n). Allora lo spazio g/h è isomorfo al sottospazio m di o(n + 1) costituito dalle matrici del tipo 0 −t v X= (15) v 0 dove v ∈ Rn (vettore colonna). Infatti, abbiamo g = h ⊕ m. Ricordando che Ad : O(n) → Aut(o(n) opera come segue Ad(a)(Z) = aZa−1 non è difficile verificare che Ad(a)(m) ⊂ m per ogni a ∈ H, il che comporta che la rappresentazione Ad : H → GL(g/h) è equivalente a Ad : H → GL(m). Ora, se 14 a ∈ H abbiamo 0 −at v 0 . ρ(a)X = av Pertanto riotteniamo ancora quanto affermato in precedenza. A questo punto per completare la dimostrazione del Teorema resta da provare che la rappresentazione identica O(n) → GL(n) è irriducibile. Infatti, sia W ⊂ Rn sia un sottospazio proprio. Scelto un vettore unitario v 6∈ W e scelto un vettore unitario u ∈ W esiste a ∈ O(n) tale che a · u = v. Quindi W non è invariante per l’azione e pertanto essa è irriducibile. 6 Metriche invarianti su spazi riduttivi Definizione 6.1 Un G-spazio omogeneo M = G/H, H = Gxo , si dice riduttivo se h ammette un sottospazio supplementare m ⊂ g che sia invariante per la rappresentazione Ad : H → GL(g), ovvero Ad(a)(m) ⊂ m ∀a ∈ H. (16) g=h⊕m (17) Le decomposizione è detta decomposizione riduttiva dell’algebra g. Con riferimento ad una decomposizione riduttiva (17), si denoteranno, per ogni X ∈ g, con Xh e Xm le componenti di X ottenute per proiezione rispettivamente su h e su m. Osserviamo che vi è un isomorfismo naturale: g/h ∼ = m. e quindi un isomorfismo, denotato ancora con λ : m → Txo M (18) dato da X ∈ m 7→ Xx∗o ∈ Txo M. Si denoterà inoltre ancora con Ad : H → GL(m) la rappresentazione indotta in modo naturale dalla rappresentazione aggiunta di G. 15 Osservazione. La condizione (16) implica la seguente: [U, X] ∈ m (19) per ogni X ∈ m e per ogni U ∈ h. Se H è connesso, allora (16) e (19) sono equivalenti. Infatti, (16) implica (19) perchè dAd = ad. Viceversa, si ricordi che, se H è connesso, allora esso è generato da qualunque intorno aperto dell’origine; in particolare scelto un intorno aperto W del vettore nullo in h sul quale exp : W → exp(W ) è un diffeomorfismo, risulta che ogni a ∈ H può scriversi nella forma a = exp(X1 ) · · · exp(Xk ) per opportuni Xi ∈ W . Consegue: Ad(a) = eadX1 ◦ · · · ◦ eadXk . Ora, se è vera (19), abbiamo che per ogni U ∈ h, adXk (m) ⊂ m e quindi anche eadU (m) ⊂ m. Corollario 6.2 Si supponga che M sia un G-spazio omogeneo riduttivo. Si fissi una decomposizione riduttiva (17). Vi è una corrispondenza biunivoca tra le metriche Riemanniane su M G-invarianti g ed i prodotti scalari Ad(H)-invarianti h , i sul sottospazio m, cioè tali che h Ad(a)X, Ad(a)Y i = h X, Y i ∀a ∈ H ∀X, Y ∈ m (20) Tale corrispondenza è data g 7→ gxo attraverso l’isomorfismo (18) tra m e Txo M . Osservazione. Se H è connesso, la condizione (12) è equivalente a richiedere che per ogni h [U, X], Y i + h X, [U, Y ] i = 0 (21) per ogni X, Y ∈ m e per ogni U ∈ h. La dimostrazione ciò è simile a quella dell’osservazione precedente e sul fatto che l’algebra di Lie del gruppo ortogonale O(m, h , i) è costituita dagli endomorfismi m → m antisimmetrici. Data una metrica G-invariante g su M , intendiamo determinare la corrispondente connessione di Levi-Civita ∇. Tale connessione è anch’essa G-invariante, in quanto invariante per isometrie. Dunque è sufficiente ottenere un’espressione per ∇xo : Txo M × X(M ) → Txo M . Tale operatore è locale, per cui è sufficiente restringersi ad un intorno V di xo su cui X(V ) è generato dai campi fondamentali X ∗ , X ∈ m. 16 Teorema 6.3 Sia M uno spazio G-omogeneo riduttivo dotato di una metrica Ginvariante g. Sia ∇ la connessione di Levi-Civita di g. Si fissi una decomposizione riduttiva (17). Allora, tenendo conto dell’isomorfismo (18) risulta, per ogni X, Y ∈ m: 1 ∇X Y ∗ = − [X, Y ]m + U (X, Y ) (22) 2 dove U : m × m → m è l’applicazione bilineare determinata da: 2h U (X, Y ), Z i := h [Z, X]m , Y i + h X, [Z, Y ]m i. (23) Dimostrazione. La dimostrazione è basata sulla formula di Koszul: 2g(∇X ∗ Y ∗ , Z ∗ ) = X ∗ g(Y ∗ , Z ∗ ) + Y ∗ g(Z ∗ , X ∗ ) − Z ∗ g(X ∗ , Y ∗ ) + g([X ∗ , Y ∗ ], Z ∗ ) − g([Y ∗ , Z ∗ ], X ∗ ) + g([Z ∗ , X ∗ ], Y ∗ ). Calcoliamo il valore di ambo i membri nel punto xo . Esplicitiamo dapprima gli addendi del tipo X ∗ g(Y ∗ , Z ∗ ). La formula (13) applicata nel caso riduttivo può riscriversi g(Y ∗ , Z ∗ )(axo ) = h (Ad(a−1 )Y )m , (Ad(a−1 )Z)m i. Pertanto X ∗ g(Y ∗ , Z ∗ )(xo ) = Xx∗o g(Y ∗ , Z ∗ ) d = h (Ad(exp(tX)−1 )Y )m , (Ad(exp(tX)−1 )Z)m i dt |t=0 = −h [X, Y ]m , Z i − h Y, [X, Z]m i dove abbiamo utilizzato il fatto che dAd = ad. D’altra parte, applicando la proprietà a) nel Teorema 2.4 abbiamo, per quel che riguarda gli addendi del tipo g([X ∗ , Y ∗ ], Z ∗ ): g([X ∗ , Y ∗ ], Z ∗ )(xo ) = −g([X, Y ]∗ , Z ∗ )(xo ) = −h [X, Y ]m Zi. (24) Tenendo presente queste relazioni e sostituendo nella formula di Koszul perveniamo a 2h ∇X Y ∗ , Zi = −h [X, Y ]m , Zi + h [Z, X]m , Y i + h X, [Z, Y ]m i da cui l’asserto. Definizione 6.4 Uno spazio Riemanniano G-omogeneo riduttivo si dice naturalmente riduttivo se l’operatore U definito dalla (23) è nullo. Il significato geometrico di questa definizione è dato dal seguente risultato: 17 Teorema 6.5 Sia M = G/H dove H = Gxo , uno spazio Riemanniano omogeneo riduttivo. Allora M è naturalmente riduttivo se e solo se tutte e sole le geodetiche massimali con punto iniziale xo sono le curve γX : t 7→ exp(tX) · xo al variare di X ∈ m. Dimostrazione. Si tratta di provare che U = 0 se e solo se per ogni X ∈ m γX è geodetica. Fissato X ∈ m, la curva γ := γX è geodetica se e solo se ∇γ̇ γ̇ = 0. (25) Notiamo che il campo fondamentale X ∗ è un’estensione del campo tangente γ̇, in quanto γ è la curva integrale di X ∗ passante per xo . Pertanto la (25) è equivalente a (∇X ∗ X ∗ )γ(t) = 0 ∀t ∈ R. (26) Ora, affermiamo che questa condizione è equivalente a (∇X ∗ X ∗ )xo = 0 (27) Infatti, per ogni t ∈ R, poichè la connessione di Levi-Civita è invariante per isometrie, abbiamo (τexp(tX) )∗ (∇X ∗ X ∗ ) = ∇(τexp(tX) )∗ X ∗ (τexp(tX) )∗ X ∗ . D’altra parte, applicando la proprietà d) del Teorema 2.4, risulta che (τexp(tX) )∗ X ∗ = (Ad(exp(tX))X)∗ = (ead(tX) (X))∗ = X ∗ e pertanto concludiamo che per ogni t ∈ R: (τexp(tX) )∗ (∇X ∗ X ∗ ) = ∇X ∗ X ∗ . A questo punto è semplice dedurre che la (27) implica la (26). Per concludere la dimostrazione del Teorema è sufficiente osservare che, tenendo conto dell’identificazione tra Txo M ed m, la (27) equivale a U (X, X) = 0. Quindi le curve γX sono tutte geodetiche se e solo se U (X, X) = 0 per ogni X ∈ m. Poichè U (X, Y ) = U (Y, X), per polarizzazione si conclude che le curve γX sono tutte geodetiche se e solo se U = 0. A titolo di esempio, calcoliamo le gedetiche della sfera Sn ⊂ Rn+1 , dotata della metrica standard indotta dalla metrica Euclidea. Tale metrica è chiaramente invariante per l’azione naturale del gruppo O(n + 1). Denotiamo con {ei } la base canonica di Rn+1 . Fissato sulla sfera il punto xo = e1 , 18 vediamo che l’algebra di Lie g = o(n + 1) di O(n + 1) ammette la decomposizione riduttiva g=h⊕m dove h ≡ o(n) è l’algebra di Lie del sottogruppo di isotropia O(n + 1)xo , mentre m è il sottospazio costituito dalle matrici del tipo (15). Abbiamo quindi l’isomorfismo λ : m → Txo Sn previsto dalla teoria svolta sopra. D’altra parte Txo Sn è naturalmente identificabile con il sottospazio vettoriale hxo i⊥ di Rn+1 , ovvero è descritto dall’equazione x1 = 0. Tenendo conto di ciò, verifichiamo che l’isomorfismo λ nel caso in esame è dato da 0 −t v ∈ m 7→ (0, v1 , . . . , vn ) ∈ Txo Sn . λ:X= (28) v 0 Infatti, la funzione F := Fxo : O(n + 1) → Sn è ora data da F (a) = ae1 = a(1) dove a(1) denota la prima colonna di a. Pertanto F è la restrizione a O(n + 1) di un’applicazione lineare Mn+1 (R) → Rn+1 . Quindi abbiamo ancora (dF )In+1 (A) = A(1) per ogni A ∈ o(n + 1) e quindi particolarizzando per A = X ∈ m concludiamo che Xx∗o = (0, v1 , . . . , vn ) e quindi la (28). La descrizione esplicita di λ mostra che la metrica standard di Sn è quella che corrisponde, nel senso specificato dal Corollario 6.2 al prodotto scalare su m: < X, Y >= X(1) · Y(1) dove X, Y ∈ m e · è il prodotto scalare standard di Rn+1 . Il lettore controlli che effettivamente si tratta di un prodotto scalare Ad(H)-invariante, ricordando che Ad(h)X = hXh−1 , oppure, sfruttando il fatto che H ≡ O(n) è connesso, utilizzando il criterio (21). Ora, si verifica agevolmente utilizzando il bracket tra matrici [A, B] = AB − BA che [m, m] ⊂ h (29) per cui, in base alla (23), risulta U = 0, ovvero la sfera è uno spazio Riemanniano omogeneo naturalmente riduttivo. La proprietà (29) è comune ad una classe molto ampia di spazi omogenei, detti spazi simmetrici di cui la sfera è un esempio fondamentale. Rimandiamo il lettore interessato al Capitolo XI di [3] per una trattazione di tali spazi. 19 A questo punto possiamo determinare le geodetiche massimali di Sn , sfruttando il Teorema 6.5. Determiniamo esplicitamente la geodetica γe2 con punto iniziale xo e vettore tangente e2 . Si tratta di calcolare exp(tX) dove X = λ−1 (e2 ) è la matrice 0 −1 0 · · · 0 1 0 0 · · · 0 0 0 0 · · · 0 X= . .. .. .. .. . . . . 0 0 0··· 0 Ora, è facile verificare utilizzando direttamente la definizione di esponenziale di matrici che 0 −t cos(t) − sin(t) exp = t 0 sin(t) cos(t) pertanto cos(t) − sin(t) 0 · · · 0 sin(t) cos(t) 0 · · · 0 0 exp(tX) = 0 .. . In−1 0 0 e quindi γe2 (t) = (cos(t), sin(t), 0, . . . , 0). Dunque γe2 è la circonferenza massimale ottenuta interescando Sn con il piano per l’origine avente giacitura < e1 , e2 >. Osserviamo che stante l’omoegeneità della metrica per l’azione di O(n + 1), quanto ottenuto permette di concludere che le circonferenze massimali sono tutte e sole le geodetiche (massimali) di Sn rispetto alla metrica standard. Concludiamo dando una formula per il calcolo del tensore di curvatura di una metrica omogenea, sempre nel caso riduttivo. Ricordiamo che, detto R il tensore di curvatura di tipo (1, 3) di una varietà Riemanniana, fissato un punto xo , per ogni X, Y ∈ Txo M , Rxo (X, Y ) denota l’endomorfismo di Txo M definito da Z 7→ R(X, Y, Z). Teorema 6.6 Sia M uno spazio G-omogeneo riduttivo dotato di una metrica Ginvariante g. Sia ∇ la connessione di Levi-Civita di g. Si fissi una decomposizione riduttiva (17). Allora, posto R := Rxo , tenendo conto dell’isomorfismo (18) risulta, per ogni X, Y ∈ m: 20 R(X, Y ) = [Λ(X), Λ(Y )] − Λ([X, Y ]m ) − ad[X,Y ]h . (30) dove Λ : m → End(m) è l’operatore definito da 1 Λ(X)(Y ) = U (X, Y ) + [X, Y ]m . 2 Per una dimostrazione corente con le notazioni di queste note, si veda ad es. [2]. Ci limitiamo ad osservare che, per pervenire alla (30) sfruttando l’espressione della connessione di Levi-Civita (22), la maggiore difficoltà è calcolare la determinazione nel punto xo dei campi del tipo ∇X ∗ ∇Y ∗ Z ∗ con X, Y, Z ∈ m. Si tratta di esplicitare il campo ∇Y ∗ Z ∗ lungo la curva integrale exp(tX) · xo di X ∗ . Si invita il lettore ad utilizzare la formula (30) per fornire una prova del fatto che la sfera Sn dotata della metrica standard è uno spazio a curvatura costante pari ad 1. 21 Riferimenti bibliografici 1. Gallot, S.; Hulin, D.; Lafontaine, J. Riemannian geometry. Universitext. Springer-Verlag, Berlin, 1987. 2. Hicks, N. J. On the curvature of an invariant connexion. Boll. Un. Mat. Ital. (4) 3 (1970), 768–772. 3. Kobayashi, S; Nomizu, K. Foundations of differential geometry. Vol. II. Interscience Tracts in Pure and Applied Mathematics, No. 15, John Wiley & Sons, Inc., New York-London-Sydney 1969 4. Lee, John M. Introduction to smooth manifolds. Graduate Texts in Mathematics, 218. Springer-Verlag, New York, 2003. 5. Postnikov, M. Smooth manifolds. Lectures in geometry. Semester III. Translated from the Russian by Vladimir Shokurov. “Mir”, Moscow, 1989. 22