COMUNICATO STAMPA Scoperta la molecola che `firma` la gravità

COMUNICATO STAMPA
Scoperta la molecola
che ‘firma’ la gravità del tumore alle ovaie
Lo studio, coordinato dall’Istituto ‘Mario Negri’, dimostra l’esistenza della ‘firma molecolare’
Milano, 22 Febbraio 2011 - Sull’ultimo numero della prestigiosa rivista medica Lancet Oncology,
un articolo, on line in data odierna, frutto di uno studio ‘made in Italy’, dimostra come la misura di
alcune piccole molecole di RNA, denominate micro-RNA, permetta di stabilire quali siano le
pazienti con carcinoma dell’ovaio in stadio 1 che guariranno e quelle che presenteranno una
recidiva del tumore e avranno quindi una sopravvivenza ridotta a causa della malattia.
Lo studio, che è stato eseguito in 144 pazienti con un’osservazione di nove anni dalla
diagnosi, è stato coordinato ed effettuato nei laboratori del Dipartimento di Oncologia
dell’Istituto Mario Negri, diretti da Maurizio D’Incalci e si è avvalso di una collaborazione con i
reparti di Oncologia Ginecologica dell’Ospedale San Gerardo di Monza – Università Milano
Bicocca, diretti da Costantino Mangioni e dal gruppo dell’Ospedale Sant’Anna di Torino,
Università di Torino, diretto da Dionyssios Katsaros. L’analisi dei dati è stata coordinata da
Duccio Cavalieri del Dipartimento di Farmacologia dell’Università di Firenze e da numerosi
bioinformatici e statistici del Mario Negri di Milano, dell’Università di Padova e della
Fondazione Edo Tempia di Biella.
Lo studio dimostra che esiste quello che i ricercatori chiamano “firma molecolare”, che
definisce la prognosi, cioè la sopravvivenza delle pazienti. In particolare, per una di queste piccole
molecole di RNA denominata miR-200c l’associazione è molto forte e confermata statisticamente
su due serie di pazienti del tutto indipendenti.
Secondo il giovane ricercatore Sergio Marchini, che è il principale responsabile della parte
biologica di questo studio, e di Maurizio D’Incalci: “Questi dati sono di grande importanza per
gettare le basi per effettuare le terapie più appropriate nei diversi pazienti con carcinoma
dell’ovaio allo stadio 1, sulla base del rischio di recidiva. Inoltre si intravede la possibilità di
sviluppare nuove terapie più efficaci in gruppi selezionati di pazienti con questa malattia”.
“Una parte importante della ricerca oncologica - aggiunge Maurizio D’Incalci - è oggi
indirizzata alla identificazione di metodi per predire la prognosi, cioè la sopravvivenza dei pazienti,
così da poter intensificare le cure specificamente in quei pazienti per i quali si prevede un
andamento della malattia meno favorevole. Le maggiori conoscenze di biologia molecolare dei
tumori e l’impiego di nuove tecnologie sta aprendo la strada all’identificazione di “biomarcatori
molecolari” che possono consentirci una diagnosi più precoce e più precisa, e/o di prevedere
l’andamento della malattia e a volte l’efficacia della terapia.
Lo studio è stato possibile attraverso un finanziamento della Fondazione Cariplo, della
Fondazione Nerina e Mario Mattioli Onlus e della Associazione Italiana per la Ricerca sul
Cancro (AIRC).
La ricerca sul tumore alle ovaie ha visto recentemente scendere in campo ACTO Onlus, presieduta
da Flavia Villevieille Bideri. Un’Associazione nata nel Febbraio 2010 su iniziativa di un gruppo di
donne colpite da carcinoma ovarico per sostenere, tra l’altro, la ricerca di medici e scienziati, tra cui
Maurizio d’Incalci (Istituto Mario Negri) e Nicoletta Colombo (Istituto Europeo di Oncologia - IEO), di
diverse discipline che si occupano di questa patologia che, ogni anno, in Italia, colpisce circa 5.000
donne. Solo nel 25 per cento dei casi il tumore ovarico viene diagnosticato in una fase precoce,
quando - con un intervento chirurgico corretto - le possibilità di guarigione sono intorno all’80-90 per
cento. ll restante 75 per cento delle pazienti, invece, scopre il tumore in stadio già avanzato, quando
ha intaccato anche altri organi dell'addome. Di queste pazienti, solo il 30-40 per cento guarisce,
mentre il 60 per cento può solo sperare di trasformare il tumore in una malattia cronica con cui
convivere, con un'aspettativa di vita che, per lo più, si aggira intorno ai tre anni. Il più diffuso tipo di
cancro ovarico è il tumore epiteliale (circa il 90% dei casi dei tumori ovarici) e colpisce soprattutto le
donne dopo la menopausa. Circa il 70% dei casi vengono diagnosticati in fase avanzata. Un altro tipo
è rappresentato dal tumore germinale, che ha origine nelle cellule interne dell'ovaio che concorrono
nello sviluppo della cellula uovo (ovocita). Colpisce le donne di tutte le età con una leggera
prevalenza nelle donne in età fertile. Costituisce circa il 5% dei casi ed è spesso meno aggressivo
rispetto le forme epiteliali. Infine, una terza tipologia è rappresentata dal tumore stromale, che ha
origine dalle cellule preposte alla produzione della gran parte degli ormoni femminili (estrogeni e
progesterone). Rappresenta il 5 % dei casi e viene più facilmente diagnosticato nello stadio iniziale.
Per ulteriori informazioni per la stampa:
Ufficio Stampa Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri
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