Methodologies and Scenarios Solo le tecnologie possono salvare la scuola Domenico Parisi Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione, CNR [email protected] Parole chiave: Simulations, learning, seeing and doing Abstract La scuola e in genere le organizzazioni educative sono tra le istituzioni più conservative della società. La società cambia molto velocemente ma la scuola e i modi di apprendere a scuola sono gli stessi da secoli. Per questo molti sono convinti che la scuola come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi sia giunta alla fine. Il cambiamento sociale più importante per la scuola è la comparsa delle nuove tecnologie digitali dell’informazione e della comunicazione: visualizzazioni, animazioni, interfacce interattive, simulazioni, computer games, Internet, realtà virtuale condivisa. Queste tecnologie, e in particolare le simulazioni, permettono di imparare non leggendo o ascoltando parole ma vedendo e facendo, ad esempio variando i parametri di una simulazione e osservando i risultati di queste variazioni. Le istituzione educative sono chiuse alle nuove tecnologie perchè le nuove tecnologie determinerebbero una completa trasformazione dell’intero sistema educativo. Ma l’uso delle nuove tecnologie nella scuola permetterebbe di ridurre la distanza, oggi molto grande, tra i ragazzi che sono “nativi digitali” e la scuola, di spingere lo sviluppo di queste tecnologie verso direzioni più positive sia dal punto di vista cognitivo che da quello sociale, e di avere una scuola che funziona realmente per tutti i ragazzi e tutte le ragazze. Journal of e-Learning and Knowledge Society — Vol. 5, n. 2, giugno 2009 (pp. 33 - 40) — Methodologies and Scenarios - Vol. 5, n. 2, giugno 2009 1 La fine della scuola come la conosciamo Le strutture di formazione sono le più conservatrici tra le istituzioni sociali. Si conservano identiche a sé stesse da quando esistono. La società è cambiata e continua a cambiare da ogni punto di vista ma le strutture che hanno il compito di formare i nuovi cittadini rimangono le stesse e usano le stesse modalità di apprendimento da secoli, se non da millenni. In questo scritto parleremo della scuola ma il nostro discorso si applica ugualmente a tutte le strutture e attività di formazione, dall’università alla formazione professionale, dalla formazione dei manager alla riqualificazione e alla formazione permanente. Nella scuola i contenuti dell’insegnamento sono gli stessi da secoli, sono gli stessi i metodi con i quali vengono insegnati, è la stessa l’infrastruttura fisica e organizzativa fatta di edifici, aule, programmi, orari, scansioni temporali. Sono le stesse le figure professionali, insegnanti, direttori e presidi. È lo stesso il quadro economico dentro il quale la scuola opera, con la maggior parte delle risorse che provengono dallo stato e che sono destinate nella maggior parte agli stipendi degli insegnanti e con gli editori scolastici che stampano e vendono libri. È lo stesso il quadro sociale a cui fa riferimento la scuola, quello di una società fatta di elite e di popolo; è la scuola ad essere disegnata per le elite. È possibile che una scuola, che rimane così identica a sé stessa, funzioni in una società che è cambiata così tanto e che continua a cambiare così velocemente? La scuola non deve formare per la società? Non deve avere come obiettivo che i nuovi cittadini funzionino nella società nella quale vivranno e diano il loro contributo a tale società? Com’è possibile, allora, che la scuola resti la stessa e continui a funzionare in una società che cambia? E in effetti la scuola non funziona. Ci sono eccezioni, ma sono eccezioni. La regola generale è che la scuola rende tutti scontenti. Sono scontenti gli insegnanti, che non riescono più a insegnare quello che debbono insegnare e addirittura non riescono a farsi riconoscere come insegnanti dai ragazzi. Sono scontenti i genitori, che vedono che i loro figli non imparano quello che debbono imparare a scuola. Sono scontenti i ragazzi, che la scuola oggi semplicemente non la capiscono. I ragazzi, nella loro maggioranza, non amano mai molto la scuola perché la scuola li obbliga a fare quello che a loro non va tanto di fare. Il problema oggi è diverso. Oggi i ragazzi la scuola la vivono come una cosa estranea, di cui non capiscono il senso. E’ scontenta la società, che vede la scuola che non riesce a dare ai nuovi cittadini quella formazione, dal punto di vista dei contenuti, delle abilità e dei comportamenti che si aspetta che la scuola dia loro e non riesce a svolgere la sua importante funzione di ridurre le differenze nelle possibilità di partenza dei ragazzi. La scontentezza è così radicale e generale e, nello stesso tempo, è così diffusa la convinzione che la scuola non possa cambiare che oggi un analista dei sistemi scolastici a 34 Domenico Parisi - Solo le tecnologie possono salvare la scuola livello internazionale come Norberto Bottani pensa che la scuola così come la conosciamo sia giunta alla sua fine. 2 Le nuove tecnologie digitali creano una “nuova ecologia della mente” Sono molti i cambiamenti avvenuti nella società di cui la scuola dovrebbe tenere conto e di cui invece non riesce a tenere conto. Ma il cambiamento più importante è la comparsa e la diffusione sempre più grande nella società delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione che, nella seconda metà del Novecento, sono diventate digitali e hanno fatto un grande salto in avanti rispetto alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione precedenti, cioè libri, giornali, cinema, radio, televisione. Si tratta di tecnologie che hanno a che fare proprio con quello di cui si occupa la scuola: ricevere, produrre, usare, comunicare informazioni, pensare, apprendere, interagire con gli altri. Le nuove tecnologie digitali oggi invadono tutta la società ma non hanno nessun posto nella scuola. Fuori della scuola tutti le usano; nel lavoro, nelle organizzazioni, nel sistema economico, nella vita di tutti i giorni per cercare, ricevere, diffondere informazioni, per interagire con gli altri, per giocare e per altre forme di intrattenimento, nell’arte e nella ricerca scientifica e tecnologica. La scuola invece è un’enclave in cui queste tecnologie semplicemente non entrano. Com’è possibile che una scuola così funzioni? I ragazzi a scuola apprendono leggendo libri e interagendo con un insegnante che parla, fa lezione e li interroga, e le sole tecnologie che esistono nella scuola sono i libri, i quaderni, le penne e le matite. Invece, appena escono dal portone della scuola, trovano che le nuove tecnologie invadono tutta la società, e anche la loro vita. La situazione è cambiata negli ultimi anni. Nel 1997 un professore di gestione aziendale americano, Don Tapscott, scrisse un libro intitolato “Growing up digital”, ovvero “crescere digitali”, crescere in una cultura digitale (Tapscott, 1997). Nel 2008 lo stesso autore ha pubblicato un altro libro intitolato “Grown up digital”, che vuol dire “cresciuti digitali”, cresciuti in una cultura digitale (Tapscott, 2008). Ciò che è successo nei dodici anni che sono passati tra un libro e l’altro è che quella che era una possibilità è diventata una realtà. Dodici anni fa cominciava la diffusione generalizzata delle nuove tecnologie digitali; il computer, Internet, i computer games, la realtà virtuale, ma la maggior parte dei ragazzi ancora non aveva accesso a queste tecnologie. Oggi le cose sono cambiate. I ragazzi che escono dalla scuola hanno trascorso gli anni appena conclusi interagendo in ogni momento (fuori dalla scuola) con queste tecnologie, e questo ha cambiato il loro modo di comunicare, di informarsi, di pensare, di parlare, di scrivere, di interagire con gli altri, preparandoli a lavori ricchi di tali tecnologie e a una società dominata da esse. Come fanno questi ragazzi a non sentire una grande distanza da una scuola che di queste tecnologie non sa 35 — Methodologies and Scenarios - Vol. 5, n. 2, giugno 2009 niente e non le usa per fare scuola? 3 Le opportunità che le nuove tecnologie digitali offrono alla scuola Ma le nuove tecnologie digitali pongono un problema di cambiamento alla scuola non solo perché non è possibile che ci sia una distanza così grande tra quello di cui i ragazzi fanno esperienza a scuola e quello di cui fanno esperienza appena usciti dalla scuola. Queste tecnologie non pongono solo un problema alla scuola, ma le offrono anche una opportunità: una grande opportunità. Le nuove tecnologie digitali rendono possibili nuove forme di apprendimento che sarebbero di grande aiuto alla scuola. La caratteristica più importante delle nuove tecnologie dal punto di vista dell’apprendimento è che esse rendono possibile imparare vedendo e facendo, e non più soltanto ascoltando e leggendo, cioè attraverso il solo linguaggio (Parisi, 2000). Nella scuola il linguaggio verbale, specie quello scritto, è il grande canale di comunicazione, di trasmissione culturale, di apprendimento, di lavoro mentale. Quando diciamo che la scuola non è cambiata da quando esiste, cioè da duemila e cinquecento anni, la prima cosa che vogliamo dire è che non è cambiata nella scuola la centralità assoluta del linguaggio verbale. Nella scuola si impara attraverso il linguaggio. I contenuti del sapere sono descritti e spiegati a parole, e i ragazzi capiscono e imparano (o dovrebbero capire e imparare) ascoltando o leggendo queste parole. Ora, non c’è nessun dubbio che il linguaggio offre importanti vantaggi dal punto di vista dell’apprendere, del pensare, dell’astrarre, dell’interagire e discutere con gli altri. Ma il linguaggio ha anche molte limitazioni, specialmente in una scuola che, come quella di oggi, è per tutti i ragazzi; non solo per i ragazzi delle elite sociali (come era la scuola del passato) e per ragazzi abituati alle nuove tecnologie (che tendono ad essere visive e interattive, non verbali). I limiti del linguaggio riguardano il capire quello che viene detto o scritto, dato che imparare attraverso il linguaggio presuppone che si possegga bene il linguaggio (cosa che non succede per molti ragazzi), il ricordare quello che si è ascoltato o letto e l’utilizzare quello che si è ascoltato o letto per metterlo in collegamento con quello che già si sa, andando oltre un apprendimento di sole parole. Soprattutto riguardano la motivazione a imparare, che resta il problema principale della scuola, specialmente oggi che le ragioni per fare le cose devono venire da dentro ai ragazzi e non possono facilmente essere imposte dall’esterno. Le visualizzazioni, le animazioni, gli ambienti interattivi, le simulazioni, i computer games, soprattutto quelli fatti non solo per divertire ma per imparare, cioè i cosiddetti “serious games”, la realtà virtuale, i robot, permettono di imparare vedendo le cose, e non ascoltando o leggendo descrizioni e spiegazioni verbali delle cose, soprattutto permettono di imparare agendo sulle cose e os- 36 Domenico Parisi - Solo le tecnologie possono salvare la scuola servando le conseguenze delle proprie azioni. L’uso delle nuove tecnologie che appare più interessante, più innovativo, quello che ha le maggiori potenzialità di cambiare il modo in cui si impara a scuola, è quello basato sulle simulazioni al computer. Una simulazione riproduce nel computer non soltanto come appaiono le cose (per questo bastano le visualizzazioni e le animazioni) ma riproduce quello che sta dietro alle cose, i meccanismi e i processi che stanno dietro a quello che si vede e spiegano quello che si vede, cioè spiegano i fenomeni che dobbiamo conoscere e capire (Parisi, 2001). Interagire con una simulazione non significa soltanto dare un comando al computer che cambia quello che si vede. Significa agire su questi meccanismi e questi processi e vedere i risultati delle proprie azioni. E’ questo che permette di capire le cose, non solo di vederle. Perché imparare interagendo con le simulazioni può essere un cambiamento radicale per la scuola? L’uso delle simulazioni può avere per l’apprendimento gli stessi effetti rivoluzionari che l’adozione del metodo sperimentale ha avuto per la scienza. La scienza moderna è decollata quando ha smesso di essere filosofia, cioè qualcosa fatta soltanto di parole, analisi verbali, ragionamenti e discussioni, ed è diventata scienza sperimentale. Nel laboratorio sperimentale lo scienziato osserva le cose direttamente con i propri occhi, non ne ascolta o legge descrizioni e spiegazioni, e soprattutto manipola le condizioni in cui le cose avvengono e osserva le conseguenze delle sue manipolazioni. Oggi le nuove tecnologie digitali permettono di applicare questa stessa metodologia all’apprendimento. Apprendere nei laboratori reali, quelli di fisica o di chimica che esistono da tempo nella scuola, non è la soluzione sia per ragioni economiche e organizzative sia perché molti dei fenomeni su cui si deve imparare a scuola semplicemente non si possono portare nel laboratorio reale. Invece tutto si può apprendere all’interno di un laboratorio sperimentale virtuale. Lo studente osserva visualizzazioni/animazioni/simulazioni di ogni tipo di fenomeni, fisici, chimici, biologici, comportamentali, sociali, perfino concettuali e astratti. Egli cambia le condizioni e i fattori che hanno una influenza su questi fenomeni, e vede quali sono le conseguenze di questi suoi cambiamenti. Il carattere attivo e non verbale dell’apprendimento fa sì che lo studente capisca meglio la natura dei fenomeni, li ricordi meglio, li colleghi meglio con quello che già sa, e soprattutto sia più motivato a imparare, specialmente se viene messo di fronte a sfide simili a quelle dei computer games. In più, con Internet l’apprendimento può avvenire in modo sociale, cioè interagendo con altri studenti, con insegnanti, tutor e esperti. Un altro dei cambiamenti di cui la scuola non riesce a tenere conto è quello che dovrebbe tradursi in modificazioni dei contenuti dell’insegnamento. Cambiamenti nei contenuti di insegnamento sarebbero necessari non solo perchè la ricerca fa continui progressi ma perché avvengono importanti cambiamenti nella società. Oggi il sistema economico è diventato una parte molto importante 37 — Methodologies and Scenarios - Vol. 5, n. 2, giugno 2009 della società e condiziona la vita di tutti. Eppure la scuola non si preoccupa di dare una conoscenza e una comprensione del funzionamento del sistema economico a tutti i futuri cittadini, con la conseguenza paradossale che, i cittadini, sono chiamati a votare per eleggere governanti che dovranno decidere proprio su questioni economiche che solo pochi dei loro elettori conoscono e capiscono. La scienza economica resta una disciplina specialistica accessibile solo a coloro che ha seguito studi universitari ed in particolare una laurea in economia. Invece le simulazioni e altre tecnologie digitali come i computer games e la realtà virtuale condivisa permetterebbero di rendere interessanti e comprensibili i fenomeni economici e finanziari di base e le loro conseguenze per la vita delle persone e per la società. 4 Perché le nuove tecnologie digitali non entrano nella scuola? Perché le tecnologie non entrano nella scuola? Perché di scuola e nuove tecnologie si parla e si scrive da decenni ma non succede niente e la scuola continua a funzionare come funziona da sempre? La scuola, come abbiamo detto all’inizio, è l’istituzione più conservatrice della società, e il suo conservativismo si rivela qui come altrove. Ma qui si rivela più che altrove perché l’uso delle nuove tecnologie come strumenti di apprendimento cambierebbe il sistema complessivo della scuola, la sua “cultura”, la sua organizzazione in senso sia fisico che sociale, le competenze e le figure professionali, il quadro economico. Il passaggio dall’apprendere attraverso il linguaggio verbale all’apprendere attraverso il vedere e il fare significa togliere al linguaggio verbale il suo ruolo centrale nell’apprendimento e nel funzionamento della mente, che è costitutivo nella “cultura” della scuola. E poi, se i sistemi di apprendimento sono tecnologici e non sono più i libri e in genere i testi verbali, chi li produce e li controlla deve avere altre competenze rispetto a chi produce e controlla libri e testi verbali; e questo è un altro colpo alla “cultura” della scuola. L’uso delle tecnologie digitali come strumenti di apprendimento cambia anche molto altro della scuola. I vincoli fisici e organizzativi (edifici, aule, orari, corsi, programmi, testi, ecc.) si allentano in quanto le nuove tecnologie rendono possibile imparare dovunque, in qualunque momento, a chiunque qualunque cosa, in qualunque modo. Le competenze professionali cambiano anche in un altro senso perché molte delle funzioni di fornire contenuti, di valutare progressi, di indirizzare l’apprendimento vengono automatizzate passando dagli insegnanti ai sistemi tecnologici, e gli insegnanti possono così concentrarsi sulla formazione sociale e del carattere dei ragazzi. Con Internet l’apprendimento diventa più sociale rispetto alla socialità che si può realizzare in una classe senza compromettere l’ordine e la disciplina. In Internet l’apprendimento si realizza attraverso l’interazione tra gli studenti e l’interazione tra 38 Domenico Parisi - Solo le tecnologie possono salvare la scuola gli studenti e gli insegnanti, i tutor e gli esperti. Anche il quadro economico della scuola cambia in quanto cambiano le competenze professionali che sono richieste nella scuola. Cambia la formazione di queste competenze, cambia la destinazione delle risorse pubbliche per la scuola, in quanto una parte delle risorse destinate agli stipendi degli insegnanti viene dirottato sulla produzione e sviluppo dei sistemi tecnologici di apprendimento. Cambia il tipo di aziende che producono per la scuola, che non sono più soltanto le normali case editrici. E poi, cosa forse ancora più importante, il sistema educativo si differenzia e si colloca in modo diverso all’interno della società, per cui non è più lo stato l’unico suo sostenitore. Perciò la risposta alla domanda sul perché le tecnologie non entrano nella scuola è che, questo ingresso, avrebbe come conseguenza un cambiamento radicale di tutto il sistema scuola, e nessuno vuole o sa anche solo immaginare un cambiamento radicale di questo tipo. Eppure non si riesce a vedere un futuro della scuola senza che le tecnologie digitali svolgano un ruolo centrale e questo anche perché l’ingresso delle tecnologie digitali avrebbe altre conseguenze positive per la società. Chiudiamo parlando di tre di queste conseguenze positive. 5 Tre conseguenze positive dell’ingresso delle nuove tecnologie digitali nella scuola La diffusione delle nuove tecnologie digitali dell’informazione e della comunicazione ha creato una vera e propria “nuova ecologia della mente”, cioè un nuovo ambiente in cui la mente sta e con cui interagisce, e i risultati per la mente di questa nuova “ecologia” non sono necessariamente positivi. Ad esempio ci si chiede se “Google ci rende stupidi” e si scrivono libri come Distracted (Jackson, 2008) e The dumbest generation (Bauerlein, 2009) che discutono le possibili conseguenze negative delle nuove tecnologie per la mente di chi le usa. Questo è un argomento che richiede una trattazione a parte, ma qui vogliamo soltanto accennare al ruolo che dovrebbe avere la scuola nell’affrontare questo problema. La scuola non avrebbe solo il compito di sfruttare i potenziali vantaggi delle nuove tecnologie per l’apprendimento ma anche quello di contribuire allo sviluppo di tecnologie digitali che abbiano conseguenze positive e non negative sulla mente di chi le usa, dato che ha a che fare con bambini e ragazzi la cui mente si va formando proprio all’interno di questa “nuova ecologia della mente”. La seconda conseguenza positiva di un ingresso delle nuove tecnologie digitali nella scuola è che esse potrebbero svolgere un ruolo nel riavvicinare i ragazzi alla scuola. Più sopra abbiamo parlato del fatto che oggi i ragazzi vedono la scuola come qualcosa di estraneo, anzi si può dire che semplicemente 39 — Methodologies and Scenarios - Vol. 5, n. 2, giugno 2009 non la vedono. Questo non è dovuto soltanto al fatto che la scuola ignora le nuove tecnologie digitali che invece oggi costituiscono una parte sempre più importante del mondo dei bambini e dei ragazzi. E’ dovuto anche all’individualismo estremo delle società di oggi, che mira a togliere ogni vincolo esterno e ogni “autorità” che limiti l’individuo, e la scuola è un sistema di vincoli e di “autorità” sui ragazzi. I ragazzi non accettano più di imparare dagli adulti. Fare entrare le nuove tecnologie digitali nella scuola, sostituendo gli insegnanti con sistemi tecnologici per l’apprendimento dei contenuti permetterebbe in qualche modo di aggirare questo problema. Gli insegnanti non apparirebbero più ai ragazzi come la fonte delle conoscenze, e le modalità di apprendimento somiglierebbero di più alle modalità di comunicare e di interagire a cui i ragazzi sono abituati fuori della scuola. Forse allora la scuola apparirebbe ai ragazzi meno estranea di adesso. La terza conseguenza positiva di una scuola in cui i ragazzi apprendono attraverso le nuove tecnologie è che una scuola così potrebbe aspirare a essere una buona scuola per tutti i ragazzi, una buona scuola di massa, e non una scuola nata per le elite che, senza cambiare, è diventata una (cattiva) scuola di massa. Sono le nuove tecnologie digitali come strumenti di apprendimento che con la loro flessibilità, con il loro appello a una maggiore varietà di abilità e di motivazioni dei ragazzi, con la loro vicinanza alla società in cui vivono i ragazzi quando non sono a scuola, possono rendere “possibile far coesistere l’istruzione di massa con un’istruzione su misura” (Bottani, 1986). Bibliografia Bauerlein, M. (2009), The dumbest generation, New York, Tarcher. Bottani, N. (1986), La ricreazione è finita, Bologna, Il Mulino. Jackson, M. (2008), Distracted, New York, Prometheus Books. Parisi, D. (2000), Scuol@it, Milano, Mondatori. Parisi, D. (2001), Simulazioni, Milano, Il Mulino. Tapscott, D. (1997), Growing up digital, New York, McGraw-Hill. Tapscott, D. (2008), Grown up digital, New York, McGraw-Hill. 40