UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA - TOR VERGATA FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN SCIENZE INFERMIERISTICHE ED OSTETRICHE Glossario in Cure Palliative Studente: Rizzo Alessandro DOCENTE: Prof.ssa Cesarina Prandi Anno Accademico 2007-2008 Cure Palliative: Termine composta da: 1. Cure => Cura 2. Palliative => Palliativo CURA Etimologia: Deriva dal latino cura 1) s. f. “interessamento sollecito e costante per qualcuno o qualcosa” (av. 1321, Dante) 2) s. f. “persona o cosa che è oggetto di particolari sollecitudini, di premure, di attenzioni” (1532, L. Ariosto), 3) s. f. “diligenza, impegno, sollecitudine, zelo” (av. 1321, Dante), 4) s. f. “attività, occupazione in cui si è impegnati a fondo” (1354, I. Passavanti) 5) s. f. “insieme di medicamenti e rimedi per il trattamento d'una malattia’ (sec. XIV, Pietro Ispano volgar.), 6) s. f. “comunità di fedeli, delimitata per territorio o nazionalità, a cui è preposto per il governo spirituale un sacerdote” (1656-57, S. Pallavicino). Derivati: curabile, agg. ‘che si può curare’ (1300 ca., Albertano volgar.), curabilità, s. f. ‘l'essere curabile’ (1828, Fantonetti), curante, agg. ‘che cura’ (sec. XIV, S. Agostino volgar.), curare: • av. tr. “sottoporre un malato ai trattamenti necessari per guarirlo; trattare una malattia, una ferita e sim., per guarirla” (sec. XIII, Pietro Ispano volgar.), “fare oggetto di cura” (av. 1292, B. Giamboni), • intr. “fare in modo, procurare” (av. 1347, B. da S. Concordio), • rifl. “preoccuparsi di qualcuno” (av. 1294, B. Latini), “prendersi cura della propria salute o farsi assistere da un medico” (av. 1471, A. Macinghi Strozzi), curativo, agg. “che ha la funzione di curare una malattia” (sec. XIV, Cur. mal. 1), curato, s. m. “sacerdote che esercita la cura delle anime” (1619, P. Sarpi; le attest. di Fra Giordano e del Libro delle segrete cose delle donne riportate in Crusca 4 e TB sono false: Volpi Fals.), curatore, s. m. “persona incaricata dell'amministrazione degli interessi di chi non è in grado di provvedervi da sé” (1304-08, Dante), Definizione: <cù-ra> s.f. 1) Impegno assiduo e diligente nel perseguire un proposito o nel praticare un’attività, nel provvedere a qualcuno o a qualcosa; premura: dedicare ogni c. alla famiglia, ai propri interessi; c. materne, c. affettuose; aver c. del bestiame; c. colturali, quelle dedicate alle piante coltivate nel corso della loro vegetazione~ Riguardo, attenzione: trattare un ospite con tutte le c.; aver cura di sé, della propria persona, della propria salute~ Accuratezza, diligenza, zelo: lavoro fatto con c.; indagare con la massima c.• L’oggetto delle proprie attenzioni premurose o del proprio impegno: l’unica sua c. è la figlia; non ha altra c. che lo studio• L’attività per la quale si è direttamente impegnati: la c. della casa, dello stato; a cura di, per opera di: nuova edizione a c. di...; la somma è stata raccolta a c. di un comitato• arc. Amministrazione: la c. del patrimonio, dell’erario; anche governo; c. sinistra e c. destra, rispettivamente, il governo delle cose temporali e quello delle cose spirituali: ne’ grandi offici Sempre proposi la sinistra cura (Dante)~ In diritto, sin. di curatela. 2) Il complesso dei mezzi terapeutici e delle prescrizioni mediche relative a determinate malattie o a stati morbosi generali (sin. di terapia): la c. della tubercolosi; c. preventiva, lo stesso che profilassi; casa di c., clinica, sanatorio~ Uso continuato di un farmaco o di un mezzo terapeutico: fare una c. di iodio; la c. delle acque, del sonno~ L’opera prestata dal medico a un ammalato: aver qualcuno in c. (o sotto c.)~ anal. Trattamento cosmetico: c. di bellezza. 3) C. d’anime, il ministero del parroco; onde, anche l’insieme dei fedeli affidati al parroco oppure la casa parrocchiale con la chiesa: una c. vasta, numerosa; quella (viottola) a destra saliva verso il monte, e menava alla cura (Manzoni). 4) lett. Pensiero molesto o tormentoso, affanno, angoscia (per lo più al pl.): Sento gli avversi numi e le secrete Cure che al viver tuo furon tempesta (Foscolo). Sinonimi: Riguardo, rispetto, assistenza, considerazione, interessamento, attenzione, premura, sollecitudine, impegno, precisione, serietà, dedizione, affetto, amore, amorevolezza, diligenza, solerzia, zelo, attività, occupazione, interesse, compito, incarico, amministrazione, direzione, governo, controllo, sorveglianza, gestione, tutela, curatela, terapia, trattamento, rimedio, parrocchia, canonica, ansia, pensiero, preoccupazione, afflizione, angoscia, affanno. Contrari: abbandono, disinteresse, indifferenza, noncuranza, incuria, negligenza, trascuratezza, gioia, pace, serenità. PALLIATIVO Etimologia della parola PALLIATIVO: deriva dal latino pallium/palliare (la vc è giunta a noi attraverso il francese palliatif – 1314) Pallium: mantello greco portato anche a Roma, e in particolare dagli oratori e dai filosofi, come dalle prostitute Palliare: v. tr. “dissimulare sotto falsa apparenza” (av. 1342, D. Cavalca), “coprire con il pallio” da pallium “velo, pallio” 1) s. m. “rimedio che attenua i sintomi della malattia, senza intervenire direttamente sulla causa”’ (agg.: 1681, L. Magalotti; falsa l'attest. del Libro della cura delle malattie riportata in Crusca 3,4, TB e Batt.: Volpi Fals.), 2) s. m. “rimedio momentaneo che attenua gli effetti di qulacosa. lasciando intatte le cause” (1784, G. Gorani). Definizione: <pal-lia-tì-vo> agg. e s.m. 1. Medicamento o terapia che si limita a combattere provvisoriamente i sintomi di una malattia~ part. Cure p., quelle volte ad alleviare il dolore e a contrastare i sintomi più invalidanti della malattia nei malati terminali. 2. fig. Di provvedimenti che non risolvono una difficoltà, ma ne allontanano per poco le conseguenze. 3. med. Qualsiasi rimedio (soprattutto medicamenti o trattamenti) atto a calmare il dolore o altri sintomi che si accompagnano a una condizione morbosa, ma privo di per sè di azione terapeutica. Sinonimi: rimedio attenuante, intervento superficiale, mezzo per attenuare, calmante, sedativo, lenimento, rimedio momentaneo, rimedio apparente, ripiego Contrari: cura energica, cura efficace, terapia efficace, rimedio profondo, intervento radicale Definizione di Cure Palliative Esistono numerose definizioni di Cure Palliative, a livello internazionale e nazionale. Qui di seguito alcune definizioni autorevoli citandone le fonti: 1. (DEVOTO-OLI 2007 - Vocabolario della lingua italiana di Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, Le Monnier, Firenze - Edumond Le Monnier S.p.A.) Cure palliative “quelle volte ad alleviare il dolore e a contrastare i sintomi più invalidanti della malattia nei malati terminali”. 2. (National Council for Hospice and Palliative Care Services WHO-OMS 1990 modificata dalla Commissione ministeriale per le cure palliative 1999). “Le cure palliative si occupano in maniera attiva e totale dei pazienti colpiti da una malattia che non risponde più a trattamenti specifici e la cui diretta conseguenza è la morte. Il controllo del dolore, di altri sintomi e degli aspetti psicologici, sociali e spirituali è di fondamentale importanza. Lo scopo delle cure palliative è il raggiungimento della miglior qualità di vita possibile per i pazienti e le loro famiglie. Alcuni interventi palliativi sono applicabili anche più precocemente nel decorso della malattia, in aggiunta al trattamento oncologico.” Le cure palliative • affermano la vita e considerano il morire come un evento naturale • non accelerano né ritardano la morte • provvedono al sollievo dal dolore e dagli altri disturbi • integrano gli aspetti psicologici e spirituali dell’assistenza • aiutano i pazienti a vivere in maniera attiva fino alla morte • sostengono la famiglia durante la malattia e durante il lutto 3. (European Association for Palliative Care - EAPC) “Le cure palliative sono la cura attiva e globale prestata al paziente quando la malattia non risponde più alle terapie aventi come scopo la guarigione. Il controllo del dolore e degli altri sintomi, dei problemi psicologici, sociali e spirituali assume importanza primaria. Le cure palliative hanno carattere interdisciplinare e coinvolgono il paziente, la sua famiglia e la comunità in generale. Provvedono una presa in carico del paziente che si preoccupi di garantire i bisogni più elementari ovunque si trovi il paziente, a casa, o in ospedale. Le cure palliative rispettano la vita e considerano il morire un processo naturale. Il loro scopo non è quello di accelerare o differire la morte, ma quello di preservare la migliore qualità della vita possibile fino alla fine”. 4. (Commissione Ministeriale per le cure palliative, 1999) Le cure Palliative sono caratterizzata dalla: • globalità dell’intervento terapeutico che, avendo per obiettivo la qualità della vita residua, non si limita al controllo dei sintomi fisici ma si estende al sostegno psicologico, relazionale, sociale e spirituale; • valorizzazione delle risorse del malato e della sua famiglia oltre che del tessuto sociale in cui sono inseriti; • molteplicità delle figure professionali e non professionali che sono coinvolte nel piano di cura; • pieno rispetto dell’autonomia e dei valori della persona malata; • forte integrazione e il pieno inserimento nella rete dei servizi sanitari e sociali; • intensità delle cure che devono essere in grado di dare risposte pronte ed efficaci al mutare dei bisogni del malato; • continuità della cura fino all’ultimo istante; • qualità delle prestazioni erogate. 5. (V. Ventafridda 1993) “Per Medicina o Cure Palliative si intende la disciplina che propone di migliorare la qualità della vita dei malati in fase terminale. La M.P. riconosce la morte come un processo naturale che non va accelerato né rallentato”. Le principali caratteristiche delle Cure Palliative consistono nei seguenti punti: • sono focalizzate sulla qualità della vita del malato e considerano il morire un processo naturale; • • • • • non affrettano né pospongono la morte; provvedono al sollievo del dolore e degli altri sintomi soggettivi del paziente; integrano nella cura del paziente gli aspetti psicologici, sociali, culturali e spirituali; offrono sistemi di supporto per rendere il più possibile attiva la vita del paziente fino alla morte; offrono un sistema di supporto per aiutare la famiglia durante la malattia della persona e durante il lutto; • sono multidisciplinari nella loro operatività • le indagini sono ridotte al minimo e i trattamenti sono diretti al controllo dei sintomi e non a quello della malattia; • la radioterapia, la chemioterapia e la chirurgia hanno un posto nella cure palliative, esse vengono usate per garantire benefici sintomatologici in assenza di svantaggi che abbiano un peso sulla buona qualità di vita. 6. (CONFERENZA STATO-REGIONI Repertorio Atti n. 1665 del 13 marzo 2003) “Le cure palliative costituiscono una serie di interventi terapeutici ed assistenziali finalizzati alla cura attiva, totale, di malati la cui malattia di base non risponde più a trattamenti specifici.” 7. OMS 2002) "la cura palliativa è… un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare le problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di una identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e delle altre problematiche di natura fisica, psicosociale e spirituale." Il luogo privilegiato in cui praticare le Cure Palliative è il domicilio del malato o, in alternativa, un ambiente simile ad una casa, l’Hospice, dove il malato possa sentirsi a suo agio, vicino a tutte le sue cose, alle sue abitudini, circondato dai suoi affetti. Cicely Saunders è considerata l'ispiratrice e la fondatrice della moderna assistenza ai malati terminali. A lei dobbiamo il prototipo dell'hospice, quel St. Christopher's Hospice di Londra da lei reso perfettamente funzionante nel 1967. Nata nel 1918 in una famiglia borghese, primogenita di tre fratelli, Cicely avrà difficoltà nell'inserimento scolastico a causa del suo temperamento indipendente, della sua intelligenza e del carattere timido e tendente all'isolamento. Sentendo forte dentro di sé la vocazione a prendersi cura dei malati, la Saunders si iscrive alla scuola per infermiere, dove supera brillantemente gli esami e dove dimostra da subito le sue grandi abilità pratiche ed organizzative. Purtroppo un doloroso mal di schiena, causato in parte dalla scoliosi, le impedisce, una volta diplomata, di esercitare la professione infermieristica tanto desiderata. Per non abbandonare la cura dei malati, intraprende l'attività di assistente sociale, sempre provando nostalgia per il lavoro infermieristico in corsia. Basilare per il prosieguo della sua carriera è l'esperienza che Cicely svolge al St. Luke, una casa di accoglienza per moribondi. Al St. Luke la direzione è illuminata. L'assistenza ai pazienti è personalizzata: ogni malato vede riconosciuti la propria individualità e il proprio microcosmo di emozioni ed affetti. Diversa rispetto all'ospedale è la somministrazione degli antidolorifici: qui il dolore viene combattuto con efficacia somministrando analgesici ad intervalli regolari. La Saunders comprende tuttavia, orientata in questo da una forte fede religiosa, come non sia sufficiente alleviare soltanto il dolore fisico, ma occorra non di meno soddisfare le esigenze spirituali ed emotive dei ricoverati. Matura in lei la consapevolezza che un grande sforzo deve essere avviato per lenire la disperazione dei malati terminali e che i malati cronici abbisognano di un'assistenza specializzata, meno tecnologica forse, ma altrettanto complessa e qualificante di quella prestata nelle unità di terapia intensiva. Approccio palliativo: Termine composta da: 1. Approccio => approcciare 2. Palliativo APPROCCIO/APPROCCIARE Etimologia: Deriva dal fr. Approcer, der. del latino tardo appropiare, der. di propr “vicino”, col pref. ad-\ secoda metà del XIII secolo. 1. s. m. “insieme di apprestamenti che consentono agli assedianti di investire al coperto la piazza assediata” (av 1600, B. Davanzati) 2. s. m. “l’accostarsi a qualcuno” /1914. A. Gramsci: LN XLII [1981] 113) Definizione: <ap-proc-cià-re> v.tr. e intr. (appròccio, appròcci, ecc.) 1. tr. Iniziare a esaminare, affrontare: a. un problema, una questione• fam. Avvicinare qualcuno per tentare un approccio, abbordare, agganciare: a. una ragazza. 2. intr. (aus. essere) e intr. pron. (arc.). Avvicinarsi. Sinonimi: avvicinamento, accostamento, abbordaggio, avance (fr.), contatto, prospettiva, criterio, metodo, ottica Contrari: distacco, allontanamento PALLIATIVO Etimologia della parola PALLIATIVO: deriva dal latino pallium/palliare (la vc è giunta a noi attraverso il francese palliatif – 1314) Pallium: mantello greco portato anche a Roma, e in particolare dagli oratori e dai filosofi, come dalle prostitute Palliare: v. tr. “dissimulare sotto falsa apparenza” (av. 1342, D. Cavalca), “coprire con il pallio” da pallium “velo, pallio” 3) s. m. “rimedio che attenua i sintomi della malattia, senza intervenire direttamente sulla causa”’ (agg.: 1681, L. Magalotti; falsa l'attest. del Libro della cura delle malattie riportata in Crusca 3,4, TB e Batt.: Volpi Fals.), 4) s. m. “rimedio momentaneo che attenua gli effetti di qulacosa. lasciando intatte le cause” (1784, G. Gorani). Definizione: <pal-lia-tì-vo> agg. e s.m. 4. Medicamento o terapia che si limita a combattere provvisoriamente i sintomi di una malattia~ part. Cure p., quelle volte ad alleviare il dolore e a contrastare i sintomi più invalidanti della malattia nei malati terminali. 5. fig. Di provvedimenti che non risolvono una difficoltà, ma ne allontanano per poco le conseguenze. 6. med. Qualsiasi rimedio (soprattutto medicamenti o trattamenti) atto a calmare il dolore o altri sintomi che si accompagnano a una condizione morbosa, ma privo di per sè di azione terapeutica. Sinonimi: rimedio attenuante, intervento superficiale, mezzo per attenuare, calmante, sedativo, lenimento, rimedio momentaneo, rimedio apparente, ripiego Contrari: cura energica, cura efficace, terapia efficace, rimedio profondo, intervento radicale Definizione di Approccio Palliativo L’Approccio palliativo, termine originato nel 1990 grazie alla National Council for Hospice and Palliative Care Services WHO-OMS, è come dice l’OMS l’approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare le problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di una identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e delle altre problematiche di natura fisica, psicosociale e spirituale". Ad ogni malato devono essere riconosciuti la propria individualità e il proprio microcosmo di emozioni ed affetti. L’A.P. ha lo scopo di migliorare la qualità della vita residua del malato non più guaribile e di accompagnarlo possibilmente ad una morte serena, dignitosa e senza grandi sofferenze. fino all’ultimo istante di vita, dei sintomi fisici e del dolore, e con attenzione non solo al dolore fisico vero e proprio, ma anche alla sofferenza di tipo psicologico, sociale e spirituale ” a cui è spesso soggetta una persona affetta da una malattia in fase terminale (sia essa una neoplasia o una malattia cronico -degenerativa). Cure di fine vita: Termine composta da: 1. Cure => cura 2. Fine 3. Vita CURA Etimologia: Deriva dal latino cura 1) s. f. “interessamento sollecito e costante per qualcuno o qualcosa” (av. 1321, Dante) 2) s. f. “persona o cosa che è oggetto di particolari sollecitudini, di premure, di attenzioni” (1532, L. Ariosto), 3) s. f. “diligenza, impegno, sollecitudine, zelo” (av. 1321, Dante), 4) s. f. “attività, occupazione in cui si è impegnati a fondo” (1354, I. Passavanti) 5) s. f. “insieme di medicamenti e rimedi per il trattamento d'una malattia’ (sec. XIV, Pietro Ispano volgar.), 6) s. f. “comunità di fedeli, delimitata per territorio o nazionalità, a cui è preposto per il governo spirituale un sacerdote” (1656-57, S. Pallavicino). Derivati: curabile, agg. ‘che si può curare’ (1300 ca., Albertano volgar.), curabilità, s. f. ‘l'essere curabile’ (1828, Fantonetti), curante, agg. ‘che cura’ (sec. XIV, S. Agostino volgar.), curare: • av. tr. “sottoporre un malato ai trattamenti necessari per guarirlo; trattare una malattia, una ferita e sim., per guarirla” (sec. XIII, Pietro Ispano volgar.), “fare oggetto di cura” (av. 1292, B. Giamboni), • intr. “fare in modo, procurare” (av. 1347, B. da S. Concordio), • rifl. “preoccuparsi di qualcuno” (av. 1294, B. Latini), “prendersi cura della propria salute o farsi assistere da un medico” (av. 1471, A. Macinghi Strozzi), curativo, agg. “che ha la funzione di curare una malattia” (sec. XIV, Cur. mal. 1), curato, s. m. “sacerdote che esercita la cura delle anime” (1619, P. Sarpi; le attest. di Fra Giordano e del Libro delle segrete cose delle donne riportate in Crusca 4 e TB sono false: Volpi Fals.), curatore, s. m. “persona incaricata dell'amministrazione degli interessi di chi non è in grado di provvedervi da sé” (1304-08, Dante), Definizione: <cù-ra> s.f. 1) Impegno assiduo e diligente nel perseguire un proposito o nel praticare un’attività, nel provvedere a qualcuno o a qualcosa; premura: dedicare ogni c. alla famiglia, ai propri interessi; c. materne, c. affettuose; aver c. del bestiame; c. colturali, quelle dedicate alle piante coltivate nel corso della loro vegetazione~ Riguardo, attenzione: trattare un ospite con tutte le c.; aver cura di sé, della propria persona, della propria salute~ Accuratezza, diligenza, zelo: lavoro fatto con c.; indagare con la massima c.• L’oggetto delle proprie attenzioni premurose o del proprio impegno: l’unica sua c. è la figlia; non ha altra c. che lo studio• L’attività per la quale si è direttamente impegnati: la c. della casa, dello stato; a cura di, per opera di: nuova edizione a c. di...; la somma è stata raccolta a c. di un comitato• arc. Amministrazione: la c. del patrimonio, dell’erario; anche governo; c. sinistra e c. destra, rispettivamente, il governo delle cose temporali e quello delle cose spirituali: ne’ grandi offici Sempre proposi la sinistra cura (Dante)~ In diritto, sin. di curatela. 2) Il complesso dei mezzi terapeutici e delle prescrizioni mediche relative a determinate malattie o a stati morbosi generali (sin. di terapia): la c. della tubercolosi; c. preventiva, lo stesso che profilassi; casa di c., clinica, sanatorio~ Uso continuato di un farmaco o di un mezzo terapeutico: fare una c. di iodio; la c. delle acque, del sonno~ L’opera prestata dal medico a un ammalato: aver qualcuno in c. (o sotto c.)~ anal. Trattamento cosmetico: c. di bellezza. 3) C. d’anime, il ministero del parroco; onde, anche l’insieme dei fedeli affidati al parroco oppure la casa parrocchiale con la chiesa: una c. vasta, numerosa; quella (viottola) a destra saliva verso il monte, e menava alla cura (Manzoni). 4) lett. Pensiero molesto o tormentoso, affanno, angoscia (per lo più al pl.): Sento gli avversi numi e le secrete Cure che al viver tuo furon tempesta (Foscolo). Sinonimi: Riguardo, rispetto, assistenza, considerazione, interessamento, attenzione, premura, sollecitudine, impegno, precisione, serietà, dedizione, affetto, amore, amorevolezza, diligenza, solerzia, zelo, attività, occupazione, interesse, compito, incarico, amministrazione, direzione, governo, controllo, sorveglianza, gestione, tutela, curatela, terapia, trattamento, rimedio, parrocchia, canonica, ansia, pensiero, preoccupazione, afflizione, angoscia, affanno. Contrari: abbandono, disinteresse, indifferenza, noncuranza, incuria, negligenza, trascuratezza, gioia, pace, serenità. FINE Etimologia: Deriva dal latino finis/finem (conclusione, termine) finis, is, m.; èxitus, us, m.; fùnctio, onis, f.; tèrminus, i, m.; (scopo) propòsitum, i, n.; al fine di, eo consilio ut (con il cong.) – prima del 1294. Definizione: <fì-ne> s.f. e m. 1. s.f. Il punto ultimo come cessazione o limitazione definitiva: dal principio alla f.; Dio non ha né principio né f.; la f. del libro; la f. del mondo (fig.: essere la f. del mondo, di cosa irripetibile o che di migliore non ne esiste); senza f., illimitato nello spazio o nel tempo (spesso iperb.: una lagna senza f.)• assol. La morte: fare una f. cristiana, fare una brutta, una bella f.~ essere in fine (o in fin) di vita o alla f., in punto di morte; estens., crollo, rovina definitiva: la f. della Germania nazista• locc. Dare, mettere, porre (arc. anche fare) f. a qualcosa, concluderlo, cessarlo; condurre a f., compiere; alla f., da ultimo, per concludere, dopo tanto tempo; alla fin fine, alla fin delle fini, in fin de’ conti, in fondo o tutto sommato (per concludere sulla sostanza di qualcosa); al f., vedi la grafia unita ALFINE; in fine, vedi la grafia unita PIÙ com. infine• Nel linguaggio di Borsa: per f., di acquisto o vendita a termine (per f. corrente, da liquidarsi entro il corrente mese; per f. prossimo, entro il mese successivo); in quello commerciale: a f. mese, per indicare scadenza di termini. 2. s.f. o m. Esito, risultato, riuscita: condurre a buon f.; che f. ha fatto? (con accentuazione dubitativa o risentita)~ Conclusione: un dramma a lieto f.~ Nel linguaggio commerciale: buon f., regolare adempimento dell’obbligazione; salvo buon f., clausola con la quale ci si riserva di annullare un’operazione non verificandosi le premesse per cui è stata concessa• lett. Limite: porre un f. alle proprie brame; arc., confine (anche al pl.).3. s.m. Scopo, obiettivo, risultato a cui tende un’entità attiva e organizzata: i f. dell’uomo, della società; proporsi, perseguire un f.; secondo f., diverso da quello apparente, e per lo più non buono• Complemento di f. (o scopo), unità sintattica che concorre a determinare finalità, motivazioni, destinazioni: scioperare per il contratto, un’asse da stiro• locc. A f. di, allo scopo di; a che f.?, per qual motivo?; a fin di bene, nel tentativo di giovare altrui.pegg. fam. finàccia (brutta fine). Sinonimi: termine, conclusione, chiusura, compimento, cessazione, finale, epilogo, chiusa, fondo, estremità, estremo, coda, bordo, limite, ciglio, orlo, morte, decesso, caduta, crepuscolo, crollo, risultato, riuscita, conclusione, approdo, esito, disegno, proposito, intenzione, scopo, meta, obiettivo, finalità, intendimento, intento, mira, aspirazione, ideale Contrari:, inizio, principio, origine, partenza, apertura, avvio, debutto, esordio, attacco, incipit (lat.), preambolo, nascita, alba VITA Etimologia: deriva dal latino vita(m)/vivus Astr. di vivus, deriv. già in età indeur. mediante il suff. -ta, perciò da *vivita, secondo un procedim. attestato anche nelle aree celtica, baltica, slava” (Devoto Avv.). Il suo campo semantico era molto ampio anche in lat., accresciuto dall'imitazione di nuovi sign. portati dal gr. bíos, come quello di ‘vita umana, umanità’. Entrava in molte loc., parallele, quando non matrici, di quelle it.: in vita esse ‘essere in vita, vivere’, vitam profundere ‘sacrificare la vita (per qc.)’, vitam tutam vivere ‘vivere una vita tranquilla’, in vita manere ‘rimanere in vita’, vita privare ‘privare della vita’, fino fino all'uso vezzeggiativo di mea vita! ‘vita mia!’. Suo agg. fu vitale(m), da cui vitale. Da vitale(m) dipendono tanto vitalitate(m), quanto il lat. mediev. vitaliciu(m), agg. e s. Migl. Saggi 212-221 si è fermato a lungo sulla opportunità di sostituire con vitaiolo il fr. vivent, auspicando il prevalere della vc. adattata. 1) s. f. (biol.) “complesso delle proprietà quali la nutrizione, la respirazione e la riproduzione, che caratterizzano la materia vivente” (1348-53, G. Boccaccio), 2) gener. “condizione, stato di ciò che vive’ (1891, Petr.), 3) gener “spazio di tempo compreso tra la nascita e la morte” (1300-13, Dante), 4) gener “modo di vivere” (sec. XIV, Iacopone, Ottimo, F. Petrarca), 5) gener “parte dell'attività intellettiva, fisica o morale” (av. 1306, Iacopone) 6) fig. “durata” (av. 1542, F. Guicciardini), 7) fig. “vigore, vitalità” (sec. XIV, S. Gregorio volgar.), 8) fig. “animazione, fermento” (1891, Petr.), 9) fig. “essere vivente, persona” (1891, Petr.), 10) fig. “ciò che è necessario per vivere, con particolare riguardo al vitto” (av. 1294, Brunetto Latini), 11) fig. ‘biografia’ (av. 1342, D. Cavalca). Derivati: vitaiolo, s. m. ‘viveur’ (1918, Panz. Diz.: “Vocabolo suggerito da Ferdinando Martini” in sostituzione di viveur), vitale: • agg. “della vita” (1891, Petr.; per spazio vitale V. spàzio), • agg.”che dà e mantiene la vita” (av. 1321, Dante) • fig. “fondamentale, essenziale” (1879, TB), • fig. “che ha vitalità” (av. 1294, Brunetto Latini), • fig. “che è adatto e produttivo rispetto agli scopi che si propone” (1846, Stampa milan.), vitalità: • s. f. (fisiol.) “capacità di vita, di sopravvivenza” (1815, Stampa milan.; 1745, Berg. Voci, che, come t. med. – “calore nativo, che anche dicesi Fiamma vitale” – lo trova nelle lettere mss. del contemporaneo F. Celotti), • s. f. “l'essere vitale” (1598, Florio), vitalizio: • agg. “che ha durata pari a quella della vita di qualcuno” (1766, F. D. Vasco, cit. da Fogarasi Parole 90: per rendita vitalizia V. rèndita), • s. m. “rendita vitalizia” (1692, nell'Archivio Magalotti, cit. da A. Dardi in SLeI II [1980] 241; per Berg. Voci, in G. De Luca, 1673). Definizione: <vì-ta> s.f. 1. Forza attiva propria degli esseri animali e vegetali, in virtù della quale essi sono in grado di muoversi, reagire agli stimoli ambientali, conservare e reintegrare la propria forma e costituzione e riprodurla in nuovi organismi simili a sé: dare alla v.; essere in v.~ Contrapposto a morte, alla cui idea si richiama per associazione esplicita (essere tra la v. e la morte) o implicita (mettere a rischio la v.; gli costò la v.; togliersi la v., uccidersi, suicidarsi; talvolta con tono di minaccia o come formula deprecativa: o la borsa o la v.!; se ti è cara la v.; ne va della v.!), si comprende come possa tradursi in simbolo di garanzia suprema e insostituibile (la luce è la v. delle piante) o di bene inestimabile (quel figliolo è tutta la sua v.) fino a essere impiegato come appellativo appassionato (sei tutta la mia v.!)• Filosofie della v., denominazione di varie filosofie, sorte soprattutto in area francese e tedesca alla fine del sec. XIX, accomunate dalla tesi che la filosofia si identifichi con la pienezza dell’esperienza della vita, piuttosto che con la riflessione su di essa, e ispirate al primato dell’irrazionalità, in netta contrapposizione con i principi del razionalismo classico• 2. Ciclo di durata, caratteristico di ogni specie animale o vegetale, in cui si svolgono i processi descritti: la v. è breve; aver lunga v.; di qui la determinazione temporale commisurata a tale durata: non ho mai visto uno spettacolo simile in v. mia; senatore a v.~ fam. o gerg. Simbolo di tempo lunghissimo: per arrivare a casa tua ci vuole una v.• Il concetto è suscettibile di varie determinazioni rispetto alla società (v. pubblica, privata, civile), alla professione (la v. del professionista; v. sacerdotale; v. monastica), al modo esteriore di vivere e ai mezzi di cui si dispone (v. comoda; v. da principi; fare la bella v.; una v. da cani; la dolce v., il comportamento di alcune élite che mascherano con una ricerca spregiudicata di emozioni la carenza di valori morali, dal titolo di un film di F. Fellini del 1959), alla condotta morale (v. onesta, dissipata; ha deciso di cambiar v.); assol., implica spesso l’idea di un estremo disagio (ha sempre fatto una v.!; che v.!), spesso con riferimento specifico alla prostituzione (quella ragazza fa la v.) o all’idea della miseria, del vizio e della violenza (ragazzi di v.)• fig. A proposito di cose inanimate, l’idea di durata può riferirsi a quanto è suscettibile di graduali fasi di sviluppo: la società ha ormai dieci anni di v.• V. media, in statistica, il numero medio di anni che potrà vivere una persona, secondo il calcolo statistico delle probabilità; in fisica, nei processi di decadimento che seguono una legge esponenziale, l’intervallo di tempo necessario affinché il campione iniziale si riduca a un fattore pari al numero e. 3. concr. Essere vivente, persona: non c’è traccia di v.; salvare una v., un essere umano• lett. Anima: E già la vita di quel lume santo Rivolta s’era al Sol (Dante). 4. . Come titolo di opere a carattere biografico o autobiografico: “Le vite parallele”, di Plutarco; “Vittorio Alfieri: Vita scritta da esso”. 5. Il concetto di capacità operante può riferirsi alle attività e manifestazioni del mondo spirituale o affettivo di una collettività (v. culturale, artistica; la v. del partito, dell’associazione) o può applicarsi alla forza animatrice della natura o a singoli individui (Te beata, gridai, per le felici Aure pregne di vita, Foscolo; peccato sia morto così giovane: era un uomo pieno di v.); spesso però s’identifica nell’idea di ‘vivacità, fervore, fermento’ (un ragazzo pieno di v.; una città piena di v.) estensibile anche ai valori espressivi (un racconto pieno di v.). 6. La realtà, l’esperienza del mondo in cui si vive: guardare la v. in faccia; conoscere la v. 7. Quanto serve al sostentamento, al mantenimento e al benessere degli uomini nel consorzio civile: lavora tutto il giorno per guadagnarsi la v.; il costo della v. 8. Con riferimento alla sopravvivenza dell’anima: passare a miglior v.; la v. terrena e la v. eterna. 9. Nella conformazione anatomica dell’uomo, la zona situata sopra i fianchi, sulla quale è impostato il torso: afferrare qualcuno per la v.; portava una fascia stretta in v.; spesso con riferimento all’intero torace: è corto di v.; su colla v.!, esortazione a tener dritta la schiena (fig., a non avvilirsi, a non lasciarsi andare)• arc. Il corpo umano nella sua complessione: essendo egli bianco e biondo e leggiadro molto, e standogli ben la vita (Boccaccio). Definizione di Cure di fine vita La cura del malato alla fine della vita è un argomento strettamente legato all’evento più importante della vita: la sua fine (fine vita). Evento che riguarda tutti gli uomini indistintamente e ne investe tutti gli aspetti dell’esistenza: psicologici, economici, sociali, etici e religiosi. Il tema del malato terminale porta, per forza di cose, a parlare dell’evento finale della vita e la sua “cura” inevitabilmente ci porta a considerazioni che riguardano il malato, i familiari, il personale sanitario, le strutture e la società. L’inaccettabilità della morte come evento in sé è un fenomeno ben noto e profondamente radicato nella natura umana. La società moderna e post moderna con il prevalere di valori consumistici e produttivi è contrassegnata dal rifiuto culturale della morte, dall’ ostracismo nei confronti dei suoi riti e della sua cultura, dall’ isolamento psicologico della famiglia in lutto e del paziente morente, e particolarmente nella società occidentale è accentuata la perdita della dimensione trascendente del fenomeno. Le cure di fine vita dovrebbe indirizzarsi alla difesa della vita e della salute dell’uomo e, quindi, alla cura del malato, e non della malattia. Nella CARTA DEI DIRITTI DEL MORENTE, elaborata dalla Fondazione Floriani nel 1997, vengono ben evidenziate le esigenze minimali che occorre soddisfare per “curare un malato alla fine della vita” • costruire un’alleanza tra equipe sanitaria e famiglia, • facilitare il riconoscimento e la gestione delle emozioni di ciascuna persona coinvolta, • accogliere le esigenze della persona morente con particolare attenzione ai bisogni specifici dei bambini e degli adolescenti favorendo l’espressione dei loro desideri e delle loro volontà per le ultime fasi della vita fino alla cura e al trattamento della salma • facilitare e sostenere le diverse forme di elaborazione del lutto nel pieno rispetto delle ritualità e delle culture di appartenenza del soggetto deceduto e della sua famiglia. Piano di cure Termine composta da: 1. Piano 2. Cure => Cura PIANO Etimologia: deriva dal latino planus (agg. e s. m. [d'orig. indeur.]. Altre informazioni in LN XLVIII, 1987, 79 (E 79-80 per piano quinquennale). Definizione: <pià-no> s.m. 1) s. m. programma in cui si decidono e si predispongono le modalità e gli sviluppi di un’azione o di un’attività: piano operativo, di lavoro; piano di guerra, di battaglia 2) s. m.ciò che si ha intenzione di fare; progetto: avere dei piani per il futuro 3) s. m.forma abbreviata di piano economico: piano quinquennale dell’agricoltura 4) geom. disegno che rappresenta un oggetto o una struttura in proiezione su una superficie piana Piano dei conti n. (econ.) elenco dei conti utilizzati nella contabilità di un’azienda Piano dell’offerta formativa n. insieme dei programmi didattici e delle attività parascolastiche proposti da un istituto scolastico (sigla POF) Piano di studi n. nelle università, elenco delle discipline che lo studente dichiara di voler seguire durante il corso di studi Piano di volo n. (aer.) l’insieme delle informazioni concernenti l’itinerario, gli orari e le modalità di svolgimento del volo che il pilota deve fornire per ottenere l’autorizzazione al decollo Piano economico n. documento che indica la quantità di beni da produrre e di risorse produttive da impiegare per conseguire gli obiettivi fissati Sinonimi: progetto, disegno, proposito, intenzione, programma Contrari: improvvisazione, indifferenza, disinteresse CURA Etimologia: Deriva dal latino cura 1) s. f. “interessamento sollecito e costante per qualcuno o qualcosa” (av. 1321, Dante) 2) s. f. “persona o cosa che è oggetto di particolari sollecitudini, di premure, di attenzioni” (1532, L. Ariosto), 3) s. f. “diligenza, impegno, sollecitudine, zelo” (av. 1321, Dante), 4) s. f. “attività, occupazione in cui si è impegnati a fondo” (1354, I. Passavanti) 5) s. f. “insieme di medicamenti e rimedi per il trattamento d'una malattia’ (sec. XIV, Pietro Ispano volgar.), 6) s. f. “comunità di fedeli, delimitata per territorio o nazionalità, a cui è preposto per il governo spirituale un sacerdote” (1656-57, S. Pallavicino). Derivati: curabile, agg. ‘che si può curare’ (1300 ca., Albertano volgar.), curabilità, s. f. ‘l'essere curabile’ (1828, Fantonetti), curante, agg. ‘che cura’ (sec. XIV, S. Agostino volgar.), curare: • av. tr. “sottoporre un malato ai trattamenti necessari per guarirlo; trattare una malattia, una ferita e sim., per guarirla” (sec. XIII, Pietro Ispano volgar.), “fare oggetto di cura” (av. 1292, B. Giamboni), • intr. “fare in modo, procurare” (av. 1347, B. da S. Concordio), • rifl. “preoccuparsi di qualcuno” (av. 1294, B. Latini), “prendersi cura della propria salute o farsi assistere da un medico” (av. 1471, A. Macinghi Strozzi), curativo, agg. “che ha la funzione di curare una malattia” (sec. XIV, Cur. mal. 1), curato, s. m. “sacerdote che esercita la cura delle anime” (1619, P. Sarpi; le attest. di Fra Giordano e del Libro delle segrete cose delle donne riportate in Crusca 4 e TB sono false: Volpi Fals.), curatore, s. m. “persona incaricata dell'amministrazione degli interessi di chi non è in grado di provvedervi da sé” (1304-08, Dante), Definizione: <cù-ra> s.f. 1) Impegno assiduo e diligente nel perseguire un proposito o nel praticare un’attività, nel provvedere a qualcuno o a qualcosa; premura: dedicare ogni c. alla famiglia, ai propri interessi; c. materne, c. affettuose; aver c. del bestiame; c. colturali, quelle dedicate alle piante coltivate nel corso della loro vegetazione~ Riguardo, attenzione: trattare un ospite con tutte le c.; aver cura di sé, della propria persona, della propria salute~ Accuratezza, diligenza, zelo: lavoro fatto con c.; indagare con la massima c.• L’oggetto delle proprie attenzioni premurose o del proprio impegno: l’unica sua c. è la figlia; non ha altra c. che lo studio• L’attività per la quale si è direttamente impegnati: la c. della casa, dello stato; a cura di, per opera di: nuova edizione a c. di...; la somma è stata raccolta a c. di un comitato• arc. Amministrazione: la c. del patrimonio, dell’erario; anche governo; c. sinistra e c. destra, rispettivamente, il governo delle cose temporali e quello delle cose spirituali: ne’ grandi offici Sempre proposi la sinistra cura (Dante)~ In diritto, sin. di curatela. 2) Il complesso dei mezzi terapeutici e delle prescrizioni mediche relative a determinate malattie o a stati morbosi generali (sin. di terapia): la c. della tubercolosi; c. preventiva, lo stesso che profilassi; casa di c., clinica, sanatorio~ Uso continuato di un farmaco o di un mezzo terapeutico: fare una c. di iodio; la c. delle acque, del sonno~ L’opera prestata dal medico a un ammalato: aver qualcuno in c. (o sotto c.)~ anal. Trattamento cosmetico: c. di bellezza. 3) C. d’anime, il ministero del parroco; onde, anche l’insieme dei fedeli affidati al parroco oppure la casa parrocchiale con la chiesa: una c. vasta, numerosa; quella (viottola) a destra saliva verso il monte, e menava alla cura (Manzoni). 4) lett. Pensiero molesto o tormentoso, affanno, angoscia (per lo più al pl.): Sento gli avversi numi e le secrete Cure che al viver tuo furon tempesta (Foscolo). Sinonimi: Riguardo, rispetto, assistenza, considerazione, interessamento, attenzione, premura, sollecitudine, impegno, precisione, serietà, dedizione, affetto, amore, amorevolezza, diligenza, solerzia, zelo, attività, occupazione, interesse, compito, incarico, amministrazione, direzione, governo, controllo, sorveglianza, gestione, tutela, curatela, terapia, trattamento, rimedio, parrocchia, canonica, ansia, pensiero, preoccupazione, afflizione, angoscia, affanno. Contrari: abbandono, disinteresse, indifferenza, noncuranza, incuria, negligenza, trascuratezza, gioia, pace, serenità. Definizione di piano di cura Il Piano di cura è basato sulla pianificazione delle cure attraverso la ricerca e la sincronizzazione multidisciplinare degli interventi sanitari, la successione degli stessi in rispondenza ai bisogni e ai criteri di adeguatezza nell’uso delle risorse. Considerando anche il fatto che -Secondo le teoriche delle scienze infermieristiche, la cura è “basata sulle scienze mediche, patologiche e terapeutiche e viene condiviso con altri membri del gruppo sanitario”. L’infermiere aiuta il paziente e la sua famiglia, prestando assistenza medica, chirurgica, riabilitativa. Ogni cura richiede una verifica continua un’attenzione costante; ogni piano di cura applica i mezzi più moderni e le terapie più avanzate. Si hanno fondamentalmente tre principi di cura dei malati e questi sono: a) il principio riferito all’uomo in quanto persona; b) il principio riferito all’uomo in quanto organismo; c) il principio riferito all’uomo e al suo ambiente. La cura del malato è un processo di relazione interumana, in cui, come detto precedentemente, l’infermiere aiuta la persona, la famiglia, la collettività a prevenire malattie e sofferenza. Da quanto detto possiamo suddividere le cure del malato in due livelli diversi quella generica e quella specifica. La cura generica comprende tutte quelle operazioni che esso esegue in maniera autonoma, grazie alla sua formazione ed alla sua conoscenza professionale ed al senso di responsabilità. Si tratta essenzialmente della cura della persona, dei suoi bisogni fisici e psichici. Abbiamo poi la cura specifica comprende tutte quelle operazioni che l’infermiere esegue in maniera autonoma, oppure in collaborazione con altri operatori sanitari. Piano di Assistenza Termine composta da: 1. Piano 2. Assistenza => Ass PIANO Etimologia: deriva dal latino planus (agg. e s. m. [d'orig. indeur.]. Altre informazioni in LN XLVIII, 1987, 79 (E 79-80 per piano quinquennale). Definizione: <pià-no> s.m. 1) s. m. programma in cui si decidono e si predispongono le modalità e gli sviluppi di un’azione o di un’attività: piano operativo, di lavoro; piano di guerra, di battaglia 2) s. m.ciò che si ha intenzione di fare; progetto: avere dei piani per il futuro 3) s. m.forma abbreviata di piano economico: piano quinquennale dell’agricoltura 4) geom. disegno che rappresenta un oggetto o una struttura in proiezione su una superficie piana Piano dei conti n. (econ.) elenco dei conti utilizzati nella contabilità di un’azienda Piano dell’offerta formativa n. insieme dei programmi didattici e delle attività parascolastiche proposti da un istituto scolastico (sigla POF) Piano di studi n. nelle università, elenco delle discipline che lo studente dichiara di voler seguire durante il corso di studi Piano di volo n. (aer.) l’insieme delle informazioni concernenti l’itinerario, gli orari e le modalità di svolgimento del volo che il pilota deve fornire per ottenere l’autorizzazione al decollo Piano economico n. documento che indica la quantità di beni da produrre e di risorse produttive da impiegare per conseguire gli obiettivi fissati Sinonimi: progetto, disegno, proposito, intenzione, programma Contrari: improvvisazione, indifferenza, disinteresse ASSISTENZA => ASS Etimologia: deriva dal latino subsìdium e dal tardo latino assistentia, der di assitere – prima metà del XIV sec 1) v. intr. “essere presente a un avvenimento, a una rappresentazione” (av. 1342, D. Cavalca), 2) v. tr. “curare, aiutare, soccorrere” (1540, Giovio Lett. 112, 16). Derivati: assistentato: s. m. “ufficio di assistente” (1942, Migl. App.), assistente, agg. e s. m. “che assiste” (1304, Giordano da Pisa), agg. e s. m ”laureato che coadiuva il titolare di una cattedra universitaria nella ricerca scientifica e nell'insegnamento” (1865, TB), assistenza, s. f. “opera prestata a chi è in necessità” (1608-19, P. Sarpi; sicuramente falsa l'attest. del Libro della cura delle malattie riportata in Crusca 4,5, TB e Batt.: Volpi Fals.), assistenziale, agg. “che concerne l'assistenza” (1935, Panz. Diz., p. XXI), assistenziario, s. m. “istituto che assiste chi sia stato escluso dalla società, aiutandolo a reinserirsi” (1942, Migl. App.), assistito, agg. e s. m. “chi beneficia di un'assistenza” (av. 1704, L. Bellini). Definizione <as-si-stèn-za> s.f. 1. Opera svolta da chi si trattiene presso chi ha bisogno di cure o di prestazioni professionali o specifiche; aiuto, soccorso: dare, prestare a.; richiedere l’a. di un medico, di un sacerdote. 2. Il complesso delle attività o dei mezzi messi a disposizione per sopperire alle necessità di alcune categorie sociali o di persone che si trovino in condizione di grave pericolo: ente comunale di a.; a. sociale, a. sanitaria; pubblica a.; a. a una nave in pericolo. 3. Cooperazione subordinata a un lavoro tecnico, che può ridursi alla semplice presenza • Sorveglianza, durante prove di esame • Collaborazione ~ Presenza, concorso: la cerimonia si è svolta con l’a. di numeroso pubblico. 4. Organizzazione in favore di utenti di macchinari o veicoli, a cura dei produttori o fornitori: a. tecnica; centro di a. Sinonimi: aiuto, soccorso, sostegno cura, appoggio, favore, intervento, solidarietà, beneficenza, carità, controllo, sorveglianza, vigilanza, presenza,concorso Contrari: abbandono, noncuranza, indifferenza, trascuratezza Definizione di piano di assistenza Il piano di assistenza è una guida scritta all’assistenza/informazione/educazione da erogare all’utente. Esso comprende: i problemi della persona (diagnosi infermieristiche e problemi collaborativi), identificati sulla base dei dati raccolti ed elencati in ordine prioritario; la definizione degli obiettivi; la prescrizione degli interventi che il personale infermieristico dovrà mettere in atto per aiutare il paziente a risolvere i problemi; uno spazio per la valutazione efficacia degli interventi prestati. Si possono formulare piani di assistenza per tutti i pazienti anche se vengono adottati solo in quei pazienti che richiedono un’assistenza infermieristica più di lunga durata. Il piano assistenziale personalizzato può essere formulato a partire da piani standard, che indicano i problemi, gli obiettivi e gli altri interventi tipici di una data situazione. È un elemento critico su cui vengono focalizzate le attività assistenziali. Il processo del problem solving è documentato nel piano di assistenza infermieristico (NANDA). Bibliografia 1) Tutte le definizioni, sinonimi e contrari sono stati presi da: DEVOTO-OLI 2007 Vocabolario della lingua italiana di Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, Le Monnier, Firenze - Edumond Le Monnier S.p.A. 2) L’etimologia della parola è stata presa da: Dizionario Etimologico 1998, Bologna Zanichelli Editore S.P.A. 3) I termini e le definizioni delle parole in latino sono stati presi da: Dizionario latino-italiano 2000, Bologna - Zanichelli Editore S.P.A 4) Dizionario Medico Zanichelli, 1997, Bologna - Zanichelli Editore S.P.A. 5) Ripensare la medicina, Ivan Cavicchi, 2004, Bollati Boringhieri. 6) Assistenza Infermieristica di base: principi e procedure; Shela A. Sorrentino, 1992, Milano, McGraw Hill, 7) Assistenza Infermieristica avanzata in Oncologia, Esther Muscari Lin 2005, Milano, Casa ed. Ambrosiana