l`Aurora - Periodico della Diocesi di Caltanissetta

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LA RINUNCIA DEL PAPA
l’
Aurora
Le annunciate dimissioni di Benedetto XVI aprono nuovi scenari nella vita della Chiesa e della società
LA STORIA ATTESTERÀ LA CARICA PROFETICA DELLA DECISIONE DEL PAPA
a notizia delle dimissioni di
Benedetto XVI, che ha fatto
già storia e che ha destato in
tanti sorpresa, sbalordimento, disorientamento, paura, ma anche speranza, apre una nuova fase, una pagina inedita per la vita della Chiesa e della società. Da molti è stato considerato un
Un atto fondato
”
sulla certezza che la Chiesa
è di Cristo, che non le farà mai
mancare la sua guida
”
bene, un grande gesto d’apertura, che
spinge la Chiesa a riferirsi di più e sempre alla dimensione spirituale del magistero. Dopo l’ovvia polarizzazione
mediatica dell’evento, che ha cercato di
cogliere il significato di un gesto così
unico, non potendo entrare nella mente e nel cuore di Benedetto XVI, si impone la necessità di riflettere a “mente
fredda” sul valore che tale geto rappresenta per la vita della Chiesa e per la
storia del mondo nell’oggi e nell’avvenire. Ancora è presto, infatti, per interpretare un simile gesto, dove l’umiltà del Papa e la complessità dell’attuale situazione della Chiesa si combinano probabilmente assieme ad altri elementi. Di lui, uomo e cristiano mite,
umile e grande hanno già scritto, scrivono e scriveranno in moltissimi, in
ogni parte del mondo. Sarà la storia a
manifestare la grande carica profetica
della decisione del papa di rinunciare
all’esercizio del suo ministero petrino,
anche se da un punto di vista strettamente umano bisogna fa rilevare che è
un atto pervaso di coraggio e saggezza.
Si tratta, afferma il papa, di un atto
compiuto «in piena libertà» e «per il bene della Chiesa», dopo aver «pregato a
lungo ed aver esaminato davanti a Dio
la mia coscienza, ben consapevole della gravità di tale atto, ma altrettanto
consapevole di non essere più in grado
di svolgere il ministero petrino con
quella forza che esso richiede». Un atto fondato sulla certezza che la Chiesa
non è degli uomini ma di Cristo, che
«non le farà mai mancare la sua guida
e la sua cura».
Tuttavia, è innegabile che il gesto di
Benedetto XVI sia stato certamente un
gesto rivoluzionario, che stravolge le regole, le consuetudini e le aspettative felpate e prudentissime dei protocolli ecclesiastici. Oltre che evidenziare che
prendere atto, apertamente, di una propria debolezza e inadeguatezza, è una
delle più alte prove di libertà e di intelligenza spirituale, il gesto del papa ha
mostrato che esso è un atto di responsabilità che rende concreta, umana, la
figura di chi svolge il ministero di servizio per la conferma della fede e la comunione dei credenti accolgono, professano e celebrano nella vita di tutti i
giorni il Vangelo dell’amore, come ha
scritto mirabilmente nella sua prima
enciclica Deus caritas est. In questo mo-
«
do Benedetto XVI riporta il pontificato a una dimensione di umanità, di
quell’umanità che riconosce la sua dimensione creaturale e dunque la sua relazione significativa con Dio che il è il
Signore della vita. Un atto che è consequenziale con l’idea che Benedetto
XVI ha avuto del ministero petrino e
della vita cristiana, il quale, sin dai primi suoi atti dottrinali e pastorali, ha inteso ribadire la differenza sostanziale fra
la fede in Gesù Cristo e il generico sentimento religioso che si manifesta nelle pratiche cultuali di ogni popolo. Infatti, la dedizione e l’intelligenza con
cui ha dedicato la sua passione per la
figura di Gesù Cristo nella scrittura di
tre volumi che ne interpretano l’attualità storica nel contesto determinato di
una grande crisi di civiltà, mostra che
il suo interesse fondamentale era ritrovare il filo rosso che deve unire la comunità ecclesiale alla tradizione evangelica.
Nelle pagine dei tre volumi il Papa
indica una strada per vivere il rappor-
«DICHIARO DI RINUNCIARE...»
L’annuncio in un Concistoro di Cardinali
Dopo aver ripetutamente esaminato la mia
coscienza davanti a Dio,
sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per
l’età avanzata, non sono
più adatte per esercitare in
modo adeguato il ministero petrino. Sono ben
consapevole che questo
ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo
con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi,
soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza
per la vita della fede, per
governare la barca di san
Pietro e annunciare il
Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo,
sia dell’animo, vigore che,
negli ultimi mesi, in me è
diminuito in modo tale
da dover riconoscere la
mia incapacità di amministrare bene il ministero
a me affidato. Per questo,
ben consapevole della
gravità di questo atto, con
piena libertà, dichiaro di
rinunciare al ministero di
Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me
affidato per mano dei
Cardinali il 19 aprile
2005, in modo che, dal
28 febbraio 2013, alle ore
20.00, la sede di Roma, la
sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui
compete, il Conclave per
l’elezione del nuovo Sommo Pontefice.
Carissimi Fratelli, vi
ringrazio di vero cuore per
tutto l’amore e il lavoro
con cui avete portato con
me il peso del mio ministero, e chiedo perdono
per tutti i miei difetti».
N.2 - FEBBRAIO 2013
to con la persona del Figlio di Dio e
dell’Uomo lontana da ogni pietismo
conformistico e invita alla consapevolezza della rottura epocale che il Messia rappresenta. Seguendo la predicazione di Gesù e sviluppando il significato dei rapporti che egli intrattiene
con la ufficialità formale Joseph Ratizinger mettere in evidenza l’assoluta
novità del Messia che sta nel rivelare il
”
L
di Calogero Caltagirone
Il gesto del papa
ha mostrato che esso è un atto
di responsabilità che rende concreta,
umana, la figura del Papa
”
senso di una fraternità cristiana ed
umana fondata nella misericordia e nell’amore di Dio Padre.
Per questo l’atto delle dimissioni non
è un segno di stanchezza e di debolezza, ma il segno della forza e del coraggio di trasmettere nell’ambito della
Chiesa, e anche oltre, il senso dell’umiltà e del servizio, per contrastare
l’arroganza dei poteri e la presunzione
degli uomini che riducono l’esistenza
degli altri e delle cose del mondo alle
proprie ambizioni, desertificando sempre più il senso dell’abitare la terra.
Un abitare la terra che, «nel mondo
di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e
agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare
la barca di San Pietro e annunciare il
Vangelo» oltre ad essere «necessario anche il vigore sia del corpo sia dell’animo» impone l’esigenza di cominciare a
pensare ad una Chiesa più conciliarmente e sinodalmente compaginata, in
grado di valorizzare e articolare dinamicamente le diverse plurisoggettualità cristiane ed ecclesiali che costituiscono la Chiesa comunità di uomini e
donne in camino, popolo adunato nell’unità del Padre del Figlio e dello Spirito e segno e sacramento della salvezza di Cristo per gli uomini e per il mondo 
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