Sulle dimissioni di Benedetto XVI: un gesto profetico
di fra Edoardo Scognamiglio
Assisi, 11 febbraio 2013
Con linguaggio asciutto e immediato, sconcertante per la sua stessa semplicità,
Benedetto XVI, questa mattina, ha annunciato al mondo intero le sue dimissioni.
Papa Ratzinger, “dopo aver ripetutamente esaminato” la sua coscienza davanti a
Dio, “è pervenuto alla certezza” che le sue forze, per l’età avanzata, “non sono
più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”. Egli è “ben
consapevole” che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere
compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e
pregando. Benedetto XVI si è reso conto che, “per governare la barca di san
Pietro e annunciare il Vangelo”, è necessario anche il “vigore sia del corpo, sia
dell’animo”, vigore che, negli ultimi mesi, in lui è diminuito in modo tale da
dover riconoscere la sua incapacità di amministrare bene il ministero a lui
affidato.
Benedetto XVI ci dà una grande lezione di vita: con questo gesto profetico ci
fa capire che si può amare e servire la Chiesa, il corpo di Cristo, anche
rinunciando al suo governo. È un atto di grande responsabilità, di piena libertà
interiore e di profonda consapevolezza del proprio limite. Sorprende questa scelta
del papa tedesco che va controcorrente: non si sta al governo della Chiesa “a tutti
i costi”. Quando vengono meno certi requisiti, tra cui la salute fisica e il vigore
del corpo, è bene cedere il passo e trovare la propria serenità. D’altronde, il
termine “krisis” significa, tra le altre cose, anche “discernimento”, taglio, cioè
scelta concreta alla luce di un cambiamento in atto che è necessario realizzare.
Le parole del papa, se da una parte possono gettare nello sconforto, in quanto
confermano fino in fondo la crisi dei nostri tempi (dentro e fuori la Chiesa) –
oramai dare le dimissioni è diventato quasi un genere letterario –, dall’altra parte,
però, rivelano una grande libertà interiore e una profonda coerenza di vita e
d’onestà intellettuale. Non è facile mettersi da parte con tanta umiltà e
naturalezza! Benedetto XVI sembra dirci che può governarci solamente chi ha la
possibilità – anche fisica, quindi concreta – di spendersi totalmente per amore
della Chiesa e di Cristo. Egli assicura per tutti noi la preghiera. Non è sceso dal
Calvario: è rimasto da solo, con la sua fede, davanti al Signore. Nella sua
profonda solitudine, il papa è sostenuto dalla preghiera e dall’amore per la sua
Chiesa. Egli ci fa comprendere che la vita spirituale non è altro che la nostra
esistenza concreta davanti a Dio. Quello delle dimissioni è un gesto profetico che
seduce: libero fino in fondo, persino da se stesso – ma sempre davanti a Dio –
senza paura del giudizio del mondo, consapevole della sua fragilità e di essere
forte solo in Cristo! È un gesto estremamente moderno, rivoluzionario,
innovativo, che fa discutere e invita seriamente a pensare al nostro modo di
essere Chiesa e di servire Cristo e il suo Vangelo per il bene del mondo nell’oggi
della storia. È anche un atto di denuncia affinché si riscopra veramente il dono
della fede come relazione d’amore con il Signore che vive ed è presente nella sua
Chiesa che resta semper reformanda e un corpo inquieto che ha bisogno giorno
per giorno di purificazione e del sostegno della sua grazia.
Le dimissioni come vescovo di Roma e successore di san Pietro sono fissate
per il 28 febbraio prossimo. Da quel giorno la sede di Pietro sarà vacante e dovrà
essere convocato, da coloro a cui compete, il conclave per l’elezione del nuovo
papa.
Nel suo messaggio, Benedetto XVI ringrazia di vero cuore tutti i fratelli per
l’amore e il lavoro con cui hanno portato con lui il peso del suo ministero e
chiede perdono per tutti i suoi difetti. Preghiamo per il Santo Padre e
sosteniamolo con la preghiera personale e soprattutto con la celebrazione
dell’Eucaristia.