Capitolo Quinto................................... Le società mutualistiche 1. Generalità: lo scopo mutualistico Con il termine «società mutualistiche» vengono indicate le società cooperative e le società di mutua assicurazione. Elemento comune di tali società è lo «scopo mutualistico», che si pone come presupposto legale di queste particolari organizzazioni sociali. In particolare, scopo mutualistico è l’intento di fornire beni, servizi od occasioni di lavoro direttamente ai membri dell’organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero dal mercato operando singolarmente. Affinché lo scopo mutualistico (e cioè la eliminazione dell’intermediario speculante) possa realizzarsi, occorre che assumano la qualità di imprenditore quelle stesse persone che normalmente sono ad esso contrapposte (clienti, consumatori); perciò, in tali società, l’impresa viene collettivamente esercitata dalle stesse persone che usufruiranno poi dei beni o servizi da essa prodotti: nelle società mutualistiche, dunque, soci e destinatari dell’attività sociale sono le medesime persone. 2. Le società cooperative Le società cooperative sono predisposte per l’esercizio collettivo a scopo mutualistico di imprese commerciali e non. La partecipazione alle stesse, pertanto, si determina essenzialmente in relazione alla identità dei bisogni sentiti dai soci ed alla possibilità di una soddisfazione di essi attraverso lo svolgimento dell’attività sociale. Il fenomeno cooperativo, con il quale si attua la cd. «autogestione dell’impresa», si manifesta in vari campi: — consumo: (es.: cantine sociali, latterie sociali etc.) la cooperativa procura ai soci beni a prezzo di costo lievemente aumentato per le spese generali ma comunque a condizioni più favorevoli di quelle di mercato; — produzione: (cooperative agricole in generale etc.) i soci conferiscono i loro prodotti alla cooperativa e, tramite la stessa, li vendono direttamente ai consumatori, eliminando ogni intermediario; — lavoro: la cooperativa impiega direttamente il lavoro dei soci; — costruzione: (cooperative edilizie) la cooperativa ha come scopo la costruzione di edifici, da assegnarsi in proprietà ai soci, con divieto di alienazione ai non-soci ed esclusione di ogni profitto per la società; — credito: (es.: banche popolari) la cooperativa esercita il credito a vantaggio dei soci, ai quali distribuisce, sia pure in misura limitata, anche gli utili conseguiti. La riforma del diritto societario ha profondamente inciso sulla disciplina delle cooperative, riscrivendola quasi integralmente. 110 Parte Seconda - Le società La più significativa modifica apportata dalla riforma riguarda la distinzione, al loro interno, tra cooperative a mutualità prevalente e cooperative non a mutualità prevalente, con riserva delle agevolazioni fiscali previste dalle leggi speciali solo in favore delle prime. Ai sensi dell’art. 2512, sono società cooperative a mutualità prevalente, quelle che: 1) svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi; 2) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci; 3) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci. La disposizione di cui al successivo art. 2513, detta, poi, taluni criteri per la definizione del concetto di prevalenza, mentre l’art. 2514 descrive i requisiti di non lucratività che le cooperative a mutualità prevalente devono prevedere nei propri statuti. La L. 99/2009 (cd. Legge sviluppo) ha introdotto l’obbligo per le società cooperative, ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti di cui all’art. 2513, di comunicare ogni anno le notizie di bilancio all’amministrazione presso la quale è tenuto l’albo delle società cooperative, pena l’applicazione della sanzione amministrativa della sospensione semestrale di ogni attività dell’ente. Inoltre, la legge in esame è intervenuta sulla disciplina dei consorzi agrari riconoscendo a questi la natura di cooperative a mutualità prevalente indipendentemente dai requisiti stabiliti dall’art. 2513, ma purchè rispettino i requisiti di cui all’art. 2514. Le cooperative non a mutualità prevalente rispondono ad un nuovo modello di cooperative, che fa propria un’organizzazione di impresa più flessibile. Per esse vale un duplice limite alla distribuzione degli utili eventualmente conseguiti: a) un limite statutario, per cui è demandato all’atto costitutivo indicare le modalità di ripartizione e la percentuale massima di utili ripartibili tra i soci (art. 2545quinquies, comma 1); b) un limite legale, per cui è previsto che l’utile di bilancio può essere distribuito (nella percentuale fissata dallo statuto) sempre che il rapporto tra il patrimonio netto e il complessivo indebitamento della società sia superiore ad un quarto (art. 2545quinquies, comma 2). Con riguardo alle società cooperative, già prima della riforma del diritto societario, il legislatore aveva, con L. 31-1-1992, n. 59, modificato la relativa disciplina con l’introduzione di alcune importante innovazioni: a) è stata estesa a tutte le cooperative la possibilità di istituire la categoria dei soci sovventori (precedentemente propria delle sole mutue assicuratrici). I conferimenti di questi soci sono destinati alla costituzione di appositi fondi per lo sviluppo delle attività produttive. I soci sovventori apportano capitale di rischio: essi cioè non intendono fruire dei vantaggi mutualistici, bensì desiderano ottenere una congrua remunerazione del loro investimentoconferimento. I conferimenti dei soci sovventori sono rappresentati da azioni nominative che godono di un trattamento più favorevole dell’ordinario per quanto concerne la ripartizione degli utili e dell’attivo risultante dalla liquidazione. Al socio sovventore, in proporzione al suo apporto, possono essere attribuiti più voti purché complessivamente i voti dei sovventori non superino il terzo dei voti spettanti a tutti i soci; b) è stata prevista la possibilità di emettere azioni di partecipazione cooperativa, prive di voto e privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale. Queste azioni possono essere emesse solo per un ammontare non superiore alle riserve indivisibili o al patrimonio netto. Le azioni in esame possono essere al portatore solo se integralmente liberate. I possessori di tali titoli sono organizzati in assemblea speciale la cui convocazione può essere richiesta da almeno un terzo di costoro. È previsto anche un rappresentante comune. Queste innovazioni hanno lo scopo di favorire l’apporto di capitali alle società cooperative e quindi di agevolarne lo sviluppo; Capitolo Quinto - Le società mutualistiche 111 c) sono stati istituiti i fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, i quali devono essere costituiti dalle associazioni di rappresentanza del movimento cooperativo, e possono essere gestiti, senza scopo di lucro, da associazioni o da società per azioni e costituiscono patrimonio autonomo rispetto a quelli degli enti gestori. I fondi devono essere finalizzati esclusivamente alla promozione e al finanziamento di nuove imprese e di iniziative di sviluppo della cooperazione, con preferenza per i programmi diretti all’innovazione tecnologica, all’incremento dell’occupazione e allo sviluppo del Mezzogiorno. Il legislatore della riforma, sulla scia già tracciata dalla legge del 1992, ha introdotto la figura dei soci finanziatori. L’art. 2526 prevede, infatti, la possibilità che anche le cooperative emettano strumenti finanziari (come le s.p.a.): in tal caso i diritti di amministrazione o quelli patrimoniali spettanti ai possessori dei detti strumenti, nonché le condizioni per il loro trasferimento sono fissati nell’atto costitutivo. Il legislatore, tuttavia, ha fissato un limite ai diritti dei possessori degli strumenti finanziari, stabilendo che agli stessi non può, in ogni caso, essere attribuito più di un terzo dei voti spettanti all’insieme dei soci presenti ovvero rappresentati in ciascuna assemblea generale. 3. Disciplina In sintesi la disciplina delle società cooperative può così essere esposta: 1. costituzione: deve avvenire nella forma dell’atto pubblico ed è sottoposta all’iscrizione nel registro delle imprese a seguito della quale la società acquista la personalità giuridica (artt. 2521-2523). Tutte le cooperative, anche se diverse da quelle a mutualità prevalente, devono iscriversi presso l’Albo delle società cooperative. Tale iscrizione, a seguito della L. 99/2009, ha assunto valore costitutivo della qualifica di società cooperativa. Inoltre, è richiesto che i soci fondatori siano almeno nove; la denominazione sociale può essere formata liberamente ma deve contenere l’indicazione «società cooperativa»; il contratto di società è aperto e consente l’ingresso di nuovi soci alle condizioni determinate nell’atto costitutivo (cd. principio della porta aperta), l’ammissione è deliberata dagli amministratori previo accertamento dei requisiti previsti dall’atto costitutivo; 2. partecipazione dei soci: la partecipazione dei soci è rappresentata da quote (o da azioni) di valore non inferiore a 25 euro e, per le azioni, non superiore a 500 euro; ove la legge non preveda diversamente, nessun socio può essere titolare di una partecipazione superiore a 100.000 euro; quote ed azioni sono trasferibili per atto tra vivi con effetto verso la società solo se il trasferimento è autorizzato dagli amministratori (art. 2530), nel trasferimento mortis causa può prevedersi però anche la continuazione della società con gli eredi provvisti dei requisiti per l’ammissione alla società (art. 2534); l’esclusione del socio opera nelle ipotesi indicate dall’art. 2533; in sede di liquidazione della quota, il socio ha diritto anche al rimborso del sovrapprezzo eventualmente da lui corrisposto in occasione dell’ammissione alla cooperativa, tranne nel caso in cui quel sovrapprezzo sia stato utilizzato per la rivalutazione del capitale sociale; 3. responsabilità dei soci: l’art. 2518 stabilisce, in via generale, che nelle società cooperative, per le obbligazioni sociali è esclusivamente responsabile la società con il suo patrimonio. La introduzione, per effetto della riforma, di un unico regime di responsabilità consegue alla eliminazione della distinzione tra società cooperative a responsabilità limitata ed illimitata, cui corrispondeva un diverso atteggiarsi della responsabilità, nel primo caso limitata alla quota conferita e, nel secondo, prevista illimitatamente a carico dei soci nei casi di fallimento o liquidazione coatta amministrativa della società; 4. il capitale sociale è variabile, cioè muta al mutare del numero dei soci, quindi gli aumenti e le diminuzioni del capitale sociale non comportano modifiche dell’atto costitutivo; a riserva legale deve essere destinato almeno il 30% degli utili netti e l’accantonamento va fatto in relazione a ciascun bilancio annuale qualunque sia l’ammontare già raggiunto dalla riserva; una quota degli utili netti deve essere corrisposta ai fondi mutualistici per la promozione e 112 Parte Seconda - Le società lo sviluppo della cooperazione; l’atto costitutivo deve indicare la percentuale massima degli utili ripartibili tra i soci; se l’atto costitutivo lo prevede, l’assemblea può assegnare ai soci le riserve divisibili nei modi indicati dal nuovo art. 2545quinquies; l’atto costitutivo determina, inoltre, i criteri di ripartizione tra i soci dei ristorni, secondo la quantità e la qualità degli scambi mutualistici realizzati (art. 2545sexies); 5. l’assemblea sociale: ogni socio ha di regola un solo voto («una testa, un voto») e può esercitarlo purchè iscritto da almeno novanta giorni nel libro dei soci (art. 2538); l’atto costitutivo può prevedere modi peculiari di convocazione dell’assemblea, e fissare liberamente senza alcun limite le maggioranze necessarie per le deliberazioni: può essere ammessa anche la votazione per corrispondenza o mediante altri mezzi di telecomunicazione; l’art. 2540 disciplina la votazione in assemblee separate, che deve essere prevista dall’atto costitutivo quando la società cooperativa ha più di tremila soci e svolge la propria attività in più province, ovvero se ha più di cinquecento soci e si realizzano più gestioni mutualistiche; 6. per quanto riguarda gli amministratori, si applicano in via generale le norme dettate per la S.p.a.; in particolare, la maggioranza di essi deve essere scelta tra i soci cooperatori o tra le persone indicate dai soci cooperatori persone giuridiche; 7. per quanto concerne l’organo di controllo (collegio sindacale o anche consiglio di sorveglianza o comitato per il controllo interno), i suoi componenti possono essere scelti liberamente, non essendo prescritta l’appartenenza a determinati ceti professionali, e possono essere anche estranei all’ente societario. La nomina del collegio sindacale nelle società cooperative è obbligatoria negli stessi casi in cui sussiste tale obbligo per le s.r.l. le quali, però, a seguito delle modifiche da ultimo introdotte dal D.L. 5/2012, conv. in L. 35/2012, possono scegliere tra organo di controllo o revisore (art. 2543). Tali casi, a norma dell’art. 2477, sono: 1) se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni (120.000 euro); 2) se per due esercizi consecutivi siano stati superati due dei limiti indicati all’art. 2435bis relativi alla redazione del bilancio in forma abbreviata (totale dell’attivo patrimoniale: 4.400.000 euro; ricavi delle vendite: 8.800.000 euro; dipendenti occupati in media: 50 unità); 3) se la società sia tenuta alla redazione del bilancio consolidato; 4) se la società controlla altre società sottoposte obbligatoriamente al controllo legale dei conti. Ancora, sussiste l’obbligo di nomina del collegio sindacale quando la società emetta strumenti finanziari non partecipativi. I soci lavoratori La legge 3 aprile 2001, n. 142 ha attuato una revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alle cd. cooperative di lavoro, nelle quali il rapporto mutualistico abbia ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio. Le cooperative di lavoro sono organizzazioni di impresa composte solamente da lavoratori che si associano ed assumono collettivamente, per lo più sotto forma di appalti, l’esecuzione di opere o servizi. Esse sono perciò caratterizzate dallo scopo mutualistico, inteso come fornitura di occasioni di lavoro direttamente ai membri dell’organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero dal mercato. In particolare, il rapporto tra società e socio ha natura duplice, associativa e lavorativa insieme. Il socio lavoratore, infatti, stabilisce con la propria adesione, o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo, un ulteriore e distinto rapporto di lavoro, in forma subordinata, autonoma od in qualsiasi altra forma (ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale) con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali. In tale contesto vengono disciplinati il trattamento economico, con le relative integrazioni, quello fiscale e quello previdenziale. Capitolo Quinto - Le società mutualistiche 113 Ciò che distingue la mera prestazione di lavoro subordinato dalla prestazione lavorativa in regime mutualistico è sostanzialmente la partecipazione ed il coinvolgimento nella vita societaria (partecipazione ad assemblee sociali ed ai momenti decisionali propri della cooperativa; svolgimento di attività rientranti nell’oggetto sociale, etc.). L’art. 1 della legge 142/2001 chiarisce che sono soci lavoratori di cooperativa coloro i quali: 1) concorrono alla gestione dell’impresa partecipando alla formazione degli organi sociali e alla definizione della struttura di direzione e conduzione dell’impresa; 2) partecipano alla elaborazione di programmi di sviluppo e alle decisioni concernenti le scelte strategiche, nonché alla realizzazione dei processi produttivi dell’azienda; 3) contribuiscono alla formazione del capitale sociale e partecipano al rischio di impresa, ai risultati economici ed alle decisioni sulla loro destinazione; 4) mettono a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione al tipo ed all’attività svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa stessa. 4. Vigilanza e controlli. Scioglimento autoritativo Le società cooperative, per l’interesse pubblico ad esse collegato, sono soggette a rigorosi controlli dell’autorità governativa. Nel caso in cui vengano accertate irregolarità tali da impedire il regolare funzionamento della società, l’organo di vigilanza può revocare gli amministratori ed i sindaci ed affidare la gestione ad un commissario governativo. L’autorità di vigilanza, infine, può disporre lo scioglimento delle cooperative (art. 2545septiesdecies): — che non perseguono lo scopo mutualistico o che non siano in condizione di raggiungere gli scopi per cui sono state costituite; — ovvero che, per due anni consecutivi, non abbiano depositato il bilancio annuale o non abbiano compiuto atti di gestione. L’art. 2545quinquiesdecies ha, inoltre, esteso il controllo giudiziario ex art. 2409 a tutte le cooperative. La L. 99/2009 è intervenuta a ribadire le ragioni di interesse pubblico che stanno alla base dell’espletamento dei compiti di vigilanza cooperativa e ha previsto la riserva «in via esclusiva» in favore del Ministro dello sviluppo economico dei poteri di accertamento dei requisiti mutualistici, sopprimendo il riferimento agli interventi ispettivi di altre amministrazioni pubbliche. 5. Le società di mutua assicurazione La società di mutua assicurazione è una società esercente attività assicurativa, nella quale il socio ha diritto alla prestazione dell’assicurazione per il solo fatto di aver aderito alla società. Le società di mutua assicurazione sono sempre a responsabilità limitata. La qualità di socio si acquista assicurandosi presso la società e si perde con l’estinguersi dell’assicurazione (art. 2546). L’atto costitutivo può prevedere, però, anche la presenza di soci sovventori, i quali — a differenza dei soci assicurati — non sono legati alla società da rapporti di assicurazione, ed i cui conferimenti servono al solo fine di costituire fondi di garanzia per il pagamento delle indennità. Tali soci, nell’amministrazione della società e nell’assemblea, hanno una influenza limitata e subordinata a quella dei soci assicurati (art. 2548). 114 Parte Seconda - Le società Le mutue assicuratrici vengono comunemente classificate in due tipi: a) a quota fissa, in cui si ha la costituzione di un patrimonio sociale mediante versamento di quote individuali da parte di ciascun socio; b) a ripartizione, nelle quali i soci assumono l’obbligo di contribuire pro quota al pagamento delle indennità di assicurazione mano a mano che sono dovute, senza perciò addivenire alla costituzione di un patrimonio sociale. Le mutue assicuratrici sono regolate dalle norme stabilite per le società cooperative, in quanto compatibili con la loro natura, e sono assoggettate alle autorizzazioni, alla vigilanza ed ai controlli stabiliti dalle leggi speciali sull’esercizio dalle assicurazioni (art. 2547). Nozione Tipi Società cooperative Società mutualistiche Società di mutua assicurazione Società con scopo mutualistico Cooperative a mutualità prevalente Cooperative non a mutualità prevalente Responsabilità Per le obbligazioni sociali risponde solo la società con il suo patrimonio Partecipazioni sociali Quote od azioni trasferibili con il consenso degli amministratori Assemblea Aventi ad oggetto l’esercizio di attività assicurativa Organi sociali Organo amministrativo Organo di controllo obbligatorio facoltativo Parte Quarta I titoli di credito Capitolo Primo.................................... Lineamenti generali dei titoli di credito 1. Generalità Il codice non definisce i titoli di credito, ma detta soltanto regole generali (artt. 1992 e ss.) e ne rinvia la disciplina specifica alle leggi speciali che regolano la cambiale, gli assegni etc. Trattasi, comunque, di un documento nel quale è incorporata la promessa unilaterale di effettuare una prestazione in favore di chi presenterà il titolo al debitore. Tale documento ha le seguenti caratteristiche: — rappresenta, di regola, un diritto di credito ad una prestazione pecuniaria ma può incorporare anche un diritto di credito alla consegna di merci o perfino un diritto reale di garanzia quale il «pegno» risultante, appunto, dalla cd. nota di pegno; — attua con la massima speditezza il trasferimento dello stesso, in quanto trasferendo il documento si attribuisce ad altri il diritto in esso incorporato; — nella sua materialità è una «res» e specificamente un bene mobile al quale si applica la ben nota regola del «possesso vale titolo» di cui all’art. 1153, sostanzialmente riprodotto, per i titoli di credito, nell’articolo 1994; — il diritto che si acquista con il titolo di credito è originario ed autonomo, ed è determinato dal tenore letterale del titolo. Quanto esposto chiarisce i seguenti caratteri dei titoli di credito: — letteralità, secondo cui il debitore che ha assunto un’obbligazione cartolare deve compiere la prestazione esattamente indicata nel titolo, cioè quale risulta secondo i termini letterali delle clausole contenute nel documento e senza potersi richiamare ad accordi successivi che modifichino detto contenuto; — autonomia, il diritto acquistato non è lo stesso ceduto dal precedente creditore, ma è un diritto «originario» sorto, cioè, «ex novo». L’autonomia tutela il creditore in quanto non possono a lui essere eccepite dal debitore cartolare le eccezioni che questi avrebbe potuto opporre al precedente possessore. 172 Parte Quarta - I titoli di credito Dei titoli di credito possono farsi differenti classificazioni. In base al rapporto fondamentale (e cioè, al rapporto sottostante che ha portato alla creazione del titolo), si distingue tra: a) titolo causale: nel quale, insieme alla promessa di eseguire una prestazione a cui correlativamente corrisponde il diritto di credito del destinatario della stessa, è pure indicato il rapporto sottostante, alla cui sorte viene legato l’adempimento del titolo anche di fronte ai terzi (ad esempio le azioni societarie); b) titolo astratto: in cui, invece, il rapporto fondamentale, cioè quello sottostante, non è enunciato ed è, perciò, irrilevante nei confronti dei terzi possessori in buona fede del titolo. Costoro avranno diritto alla prestazione anche se il rapporto fondamentale non sussiste più, ovvero è viziato (ad esempio cambiale e assegno circolare). All’astrattezza è connessa però la letteralità del titolo. I titoli di credito si distinguono anche in base al loro regime di circolazione: a) titoli nominativi: intestati ad una determinata persona. Il trasferimento avviene mediante l’annotazione del nome dell’acquirente sul titolo e nel registro dell’emittente o con il rilascio di un nuovo titolo intestato al nuovo titolare; b) titoli all’ordine: intestati anch’essi ad un titolare; l’intestazione, però, risulta unicamente dal titolo, e l’emittente non è tenuto a registrarla. Il trasferimento avviene mediante consegna del titolo accompagnato da una serie continua di girate («girata» è, appunto, l’ordine di pagare ad una determinata persona: «e, per me, pagate a…» rivolto dal creditore al debitore). La girata non può essere parziale, né sottoposta a condizione. Di solito la girata ha solo la funzione di circolazione, nel senso che serve a far diventare il giratario portatore legittimo del titolo di credito; vi sono comunque delle ipotesi (es., per la cambiale) in cui la girata ha anche la funzione di garanzia, nel senso che il girante diventa responsabile verso i giratari successivi per l’inadempimento della prestazione da parte dell’emittente; c) titoli al portatore: non intestati ad alcun titolare. Per il trasferimento è sufficiente la semplice consegna del titolo. In relazione al contenuto dei diritti enunciati nel titolo, si distinguono: — titoli di pagamento: che danno diritto ad una determinata prestazione di carattere pecuniario (esempio: cambiale, assegno); — titoli rappresentativi: che attribuiscono un diritto diverso dal diritto ad una prestazione pecuniaria, come ad esempio la pretesa alla consegna di una merce, e possono attribuire anche un diritto reale (come ad esempio la nota di pegno); tali sono la fede di deposito, la polizza di carico etc.; — titoli di partecipazione: che assegnano al possessore uno «status giuridico» con i relativi diritti (esempio azioni di società: viene attribuito lo stato di socio con i relativi diritti di partecipazione alle assemblee, di voto etc.). Capitolo Primo - Lineamenti generali dei titoli di credito 173 In relazione al modo in cui sono creati ed emessi, si distinguono: — titoli individuali: sono creati di volta in volta in relazione ad ogni singola operazione; — titoli di massa: sono creati con un’unica operazione, diretta a porre in essere più titoli del medesimo contenuto (esempio: azioni sociali, obbligazioni sociali). 2. Titoli impropri, di legittimazione e atipici Alcune figure giuridiche, pur se indicate comunemente come «titoli», debbono essere tenute distinte dai titoli di credito in quanto sono prive dei caratteri propri di quest’ultimi. Tali sono: a) i cd. titoli impropri, che consentono solo il trasferimento di un diritto senza l’osservanza delle normali forme della cessione, ma non attribuiscono al cessionario alcun diritto letterale ed autonomo (es.: polizza di assicurazione); b) i cd. titoli (o documenti) di legittimazione, che servono solo ad identificare l’avente diritto ad una determinata prestazione (es.: biglietti ferroviari, teatrali, cinematografici, marche di guardaroba etc.). Essi sono predisposti unicamente allo scopo di facilitare l’esecuzione del contratto, approntando un mezzo di prova di particolare efficacia per l’individuazione della persona del creditore. I titoli di entrambe le categorie suddette non sono documenti necessari per l’esercizio del diritto in essi indicato, in quanto di regola, in caso di perdita, il creditore è sempre ammesso a provare con altri mezzi il proprio diritto. Inoltre l’ultimo possessore dei cd. titoli impropri non ha alcun diritto autonomo, per cui nei suoi confronti sono sempre opponibili le eccezioni opponibili ai precedenti possessori; c) i titoli atipici sono quelli non previsti da alcuna disposizione normativa ma emergenti dalla pratica commerciale (es.: certificati di partecipazione ad un fondo comune di investimento mobiliare, certificati di deposito d’uso etc.). Il codice ne esclude la libertà di emissione nel solo caso di titoli al portatore aventi per oggetto l’obbligazione di pagare una somma di denaro (art. 2004); nessun divieto pone, invece, per i titoli all’ordine e nominativi. Le carte di credito e servizi di pagamento Le carte di credito sono documenti (tesserini plastificati) che consentono al titolare l’acquisto di beni e servizi disparati senza obbligo di immediato pagamento del prezzo. Si distinguono in particolare due tipi di carte di credito: a) le carte di credito bilaterali: sono rilasciate dalle stesse imprese che forniscono i beni o i servizi e consentono di effettuare l’acquisto degli stessi presso le singole unità di distribuzione commerciale delle imprese emittenti, fornendo al titolare una dilazione nel pagamento; b) le carte di credito trilaterali (American Express, Visa etc.): sono emesse da imprese che gestiscono esclusivamente il servizio di intermediazione nei pagamenti. L’impresa emittente paga ai fornitori i prezzi dei beni o servizi acquistati dai titolari della carta e periodicamente incassa da questi ultimi quanto dovuto per gli acquisti; la stessa impresa, inoltre, quale suo corrispettivo, percepisce un compenso dai fornitori e uno dai titolari della carta. L’impresa emittente stipula due tipi di convenzione: — con i fornitori una convenzione di abbonamento, in virtù della quale costoro si obbligano a fornire ai titolari della carta i beni ed i servizi richiesti, senza pretenderne il 174 Parte Quarta - I titoli di credito contestuale pagamento. L’emittente, invece, si obbliga a pagare al fornitore il relativo corrispettivo, dedotta una percentuale quale compenso del servizio; — con colui che diviene titolare della carta una convenzione di rilascio, in virtù della quale costui ha la possibilità, dietro pagamento di un canone annuo, di utilizzare la carta stessa per effettuare acquisti presso gli esercizi convenzionati, senza pagare subito il prezzo. Il D.Lgs. 27-1-2010, n. 11 ha recepito nel nostro ordinamento la direttiva 2007/64/CE sui servizi di pagamento, volta a creare un unico mercato dei servizi bancari e finanziari nell’Unione europea e facilitare la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. È stata introdotta una nuova categoria di operatori non bancari, i cd. istituti di pagamento (si pensi, ad esempio, agli operatori di telefonia), che potranno associare alla normale attività commerciale anche l’offerta di servizi di pagamento, inclusa la concessione di credito, fino ad oggi di competenza esclusiva di banche e istituti finanziari. In questo modo, quindi, nuovi soggetti, come catene della grande distribuzione, compagnie telefoniche, stazioni di rifornimento, potranno svolgere tutti i servizi di pagamento previsti dalla direttiva stessa. Una delle principali novità introdotte dal decreto riguarda i micropagamenti, ovvero tutti quei pagamenti giornalieri effettuati dal consumatore; infatti, con la moneta elettronica sarà possibile effettuare un pagamento di piccolo importo (fino a 30 euro) con la carta o qualsiasi strumento tecnologico (anche il cellulare) che sia in grado di immagazzinare il proprio credito da spendere, da avvicinare ad un lettore. Il sistema previsto si basa su un contratto quadro tra istituto e cliente, nel quale è definita la disciplina delle operazioni di pagamento e che può prevedere obblighi e condizioni che le parti devono rispettare sia per l’apertura che per la gestione di un conto di pagamento. L’obiettivo è quello di garantire il massimo livello di sicurezza nell’utilizzo degli strumenti di pagamento e favorire l’innovazione nei processi di pagamento. Sulla disciplina dei servizi di pagamento è intervenuto il D.Lgs. 29-12- 2011, n. 230 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7-2-2012), apportando modifiche sia al TUB (D.Lgs. 385/1993) sia al D.Lgs. 11/2010. Infine, si sottolinea che è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 28 aprile 2012 il D.Lgs. 16-4-2012, n. 45 di attuazione della direttiva 2009/110/CE, concernente l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica. Il nuovo regime comunitario modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE ed abroga la direttiva 2000/46/CE. Il D.Lgs. 45/2012 reca in particolare modifiche al TUB, con la sostituzione del Titolo Vbis (artt. 114bis e ss.) in materia di «Moneta elettronica e istituti di moneta elettronica». 3. Eccezioni opponibili dal debitore (art. 1993) La conseguenza principale dei caratteri della letteralità ed autonomia dei titoli di credito è la non opponibilità, al possessore del titolo, delle eccezioni derivanti dai rapporti intercorrenti con i precedenti portatori. Sono opponibili solo: ➤➤ di forma ➤➤ fondate sul contesto letterale del titolo Eccezioni reali ed as- ➤➤ falsità della firma solute (opponibili a ➤➤ difetti di capacità o di rappresentanza del sottoscrittore al momento tutti i possessori) dell’emissione ➤➤ mancanza delle condizioni necessarie all’esercizio dell’azione (es.: prescrizione) Capitolo Primo - Lineamenti generali dei titoli di credito 175 ➤➤ Nozione: sono le eccezioni fondate su rapporti diversi da quello cartolare, pertanto opponibili solo ad un determinato possessore Eccezioni personali ➤➤ Tipi • difetto di titolarità (ad esempio titolo sottratto) • tutte le eccezioni derivanti dal rapporto fondamentale • compensazione con un altro credito ➤➤ Intrasmissibilità: Si trasmettono solo nel caso che il nuovo possessore, nell’acquistare il titolo abbia agito intenzionalmente a danno del debitore (art. 1993) 4. Ammortamento del titolo di credito Lo stretto legame esistente tra il diritto cartolare e il documento in cui esso è incorporato avrebbe certamente prodotto gravi conseguenze nell’ipotesi di perdita involontaria del documento (per distruzione, furto o smarrimento): in particolare l’impossibilità di ottenere la prestazione del debitore, dato che questa è subordinata alla presentazione del titolo. Per ovviare a ciò il legislatore ha predisposto un apposito procedimento cd. di ammortamento (artt. 2016-2019, 2027), finalizzato a reintegrare la legittimità dell’ex-possessore del titolo ovvero a sancire la nullità del titolo sottratto o disperso. L’ammortamento è ammesso solo per i titoli all’ordine e nominativi e consta di due fasi: — una fase necessaria: su ricorso del titolare spossessato, il presidente del Tribunale, dopo sommario accertamento, può stabilire con decreto, da notificare al debitore e pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale, l’ammortamento del titolo. Con ciò il titolo di legittimazione perde efficacia ed il debitore non sarà liberato se paga al presentatore dello stesso; — una fase eventuale: la legittimazione del ricorrente è reintegrata decorsi trenta giorni dalla pubblicazione del decreto di ammortamento. Se in questo periodo intervengono opposizioni da parte del detentore del titolo, verrà istruito un ordinario giudizio di cognizione volto ad accertare l’effettiva titolarità del diritto cartolare; in mancanza di opposizioni, il decreto di ammortamento va in giudicato, cioè diviene definitivo, consentendosi al ricorrente di esercitare i suoi diritti sul debitore. Il proprietario spossessato di un titolo al portatore, non essendo per tali titoli azionabile il procedimento di ammortamento, potrà soltanto notificare il fatto, fornendone la prova, al debitore: tuttavia la sua legittimazione ad ottenere la prestazione sarà reintegrabile solo trascorso il termine di prescrizione del titolo (art. 2006).