Dinamica dei gas
Nella dinamica dei fluidi compressibili (o dinamica dei gas) entra in gioco, come già
discusso, la velocità di propagazione finita del suono, che invece nel caso dei fluidi
incompressibili può essere considerata infinita perché molto maggiore delle velocità
tipiche del fluido.
I moti dei fluidi compressibili sono classificati a seconda della velocità del fluido misurata
in M = u/cs:
• Flusso incompressibile M < 0.3 ovunque, in cui le variazioni di densità dovute a
variazione di pressione sono trascurabili.
• Flusso subsonico: M > 0.3 in qualche punto ma sempre inferiore a 1 Sono assenti
onde d’ urto
• Flusso transonico: 0.8 < M < 1.2 Appaiono onde d’ urto che aumentano il drag
• Flusso supersonico 1 < M < 1.3 Velocità supersonica dappertutto Onde d’ urto
generalmente presenti
• Flusso ipersonico : M > 3 : L’ alta velocità causa alte temperature negli strati limite
ce possono causare dissociazioni molecolari negli ostacoli solidi.
Si è visto che nella dinamica dei fluidi incompressibili, in particolare nel caso di flussi
potenziali il sistema si riduce all’equazione di Laplace, equazione differenziale alle derivate
parziali di tipo ellittico.
Nei casi di velocità di flusso che si avvicinano e superano la velocità del suono (flussi
transonici e supersonici), la gasdinamica porta ad un’equazione alle derivate parziali di tipo
iperbolico, tipica delle propagazioni ondulatorie.
Nella trattazione del moto di fluidi compressibili, l’ equazione di stato la densità e’ legata alla
pressione dall’ equazione di stato, che assumeremo essere quella di gas perfetto.
(7.1)
e che dipende anche dalla temperatura e dagli altri parametri termodinamici del fluido:
energia interna
(7.2)
h = Cp T
entalpia
(7.3)
C
cal. specifico
a V costante
Cp = CV + R
Velocità del suono
Isoterma
(7.4)
(7.5)
adiabatica
(7.6)
entropia per unità di massa s
(7.7)
(7.8)
• entalpia per unità di massa w
• teorema di Bernoulli (per flussi adiabatici dS = 0 e con potenziale di
forza esterna φ (gravità)
.
(7.9)
Valori numerici per l’ aria a pressione e temperatura normale sono
R = 287 m2/s2°K
Cp = 1005 m2/s2°K
Cv = 718 m2/s2°K
γ = 1.4
La velocità del suono è una quantità importante nella dinamica di un fluido
compressibile perché caratterizza la propagazione di ogni perturbazione generata
all’ interno del mezzo
Consideriamo un gas perfetto omogeneo e infinito in equilibrio statico con densità ρ0 e
pressione p0 e non soggetto a forze esterne e sottoponiamolo ad una perturbazione di
pressione che lo porti a p0 + p’(x, t), con una corrispondente perturbazione di densità
ρ0 + ρ’(x, t) e la creazione di un campo di velocità u’(x, t).
Per studiare l’evoluzione della perturbazione nel limite di piccola deviazione dall’equilibrio,
(p’ << p0 e ρ’ << ρ0) si usa uno sviluppo perturbativo, in cui i valori all’equilibrio sono
considerati quantità all’ordine zero e i valori delle perturbazioni quantità del prim’ordine.
Allo scopo si sostituiscono i valori delle grandezze perturbate nelle equazioni di continuità e
della dinamica scritte in forma euleriana (tenendo conto che le quantità all’equilibrio sono
indipendenti da spazio e tempo. Si ottiene:
(7.10)
che, linearizzando, cioè tenendo conto solo dei termini al prim’ordine e trascurando
quelli di ordine superiore (tecnica delle perturbazioni lineari), si riducono a:
(7.11)
(7.12))
Utilizzando ora la definizione della velocità del suono (7.6), si possono legare le
perturbazioni di pressione e densità nel caso di una:
propagazione isoterma
propagazione adiabatica
p’ = ρ’ c2s.ad /γ
(7.13)
Quindi dalla (7.12) si ottiene:
e infine prendendo il gradiente della (7.11) e sostituendo:
(7.14)
che è un’equazione differenziale di tipo iperbolico per onde di compressione/rarefazione che
si propagano alla velocità del suono cs: si tratta cioè delle onde acustiche.
Piu’ generalmente si può far riferimento alla velocità del suono adiabatica perché le onde
determinano compressioni/rarefazioni su tempi scala molto più brevi dei tempi caratteristici
dei fenomeni di trasporto di calore.
Nei fluidi incompressibili non esiste la possibilità di propagazione di fenomeni ondosi, in
quanto la velocità del suono risulta teoricamente infinita. Grandi perturbazioni di pressione
non possono produrre variazioni localizzate di densità, perché qualunque perturbazione
viene istantaneamente trasmessa a tutto il sistema essendo
La linearità della (7.14), permette l’applicazione del principio di sovrapposizione. Una
qualunque perturbazione può essere scomposta in componenti di Fourier del tipo:
(7.15)
sostituendo nella (7.14) si ottiene la cosiddetta relazione di dispersione
.
(7.16)
cioè il legame tra frequenza ω e numero d’onda k; Questa relazione fornisce la velocità di
fase e la velocità di gruppo delle onde componenti del segnale:
Nel caso delle onde acustiche in un mezzo omogeneo le due velocità sono uguali
a cs e indipendenti dalla frequenza. Si dice in questo caso che il mezzo è non-dispersivo,
perché la velocità di propagazione dei segnali, cioè la velocità di gruppo, è la stessa per
tutte le frequenze componenti e quindi il un “pacchetto d’ onda” mantiene la propria forma
durante la propagazione.
Mezzi in cui invece la velocità di gruppo dipenda dalla frequenza sono detti dispersivi
perché la forma del segnale si disperde durante la propagazione. Questi concetti furono
originariamente introdotti da Stokes (1876) e Rayleigh (1881).
Dalle equazioni del moto fluido si ricava che la direzione della
velocità delle perturbazioni u’, cioè la direzione degli spostamenti
delle particelle del gas, è parallela alla direzione di propagazione
dell’onda (cioè k parallelo alla direzione del gradiente di pressione):
pertanto le onde acustiche sono onde longitudinali
.
Si può anche verificare che la divergenza della velocità perturbata è: :
∇·u’ ∝ exp [i (k · x − ωt)],
e, come tutte le altre quantità dà origine a compressioni e rarefazioni.
In questa trattazione, partendo da un fluido a riposo, abbiamo considerato soltanto
piccole ampiezze delle velocità, trascurando quindi nell’equazione di Eulero il termine
convettivo quadratico nelle velocità
Dinamica non lineare
Quando invece le ampiezze sono grandi:
• non si può utilizzare la tecnica delle linearizzazione delle equazioni,
• occorre tener in conto anche del termine convettivo non lineare nelle velocità (u · ∇)u.
• per una soluzione completa, che tenga conto anche di pressione e temperatura, occorre
combinare l’equazione di Eulero con le equazioni di continuità ed equazione di stato
La propagazione di perturbazioni non lineari richiede la soluzione di equazioni differenziali
alle derivate parziali. La tecnica usata è quella della loro trasformazione in equazioni alle
derivate ordinarie lungo traiettorie caratteristiche. I fondamenti del metodo delle
caratteristiche furono presentati da Riemann nel 1859.
Il testo di riferimento per le soluzioni delle equazioni della gasdinamica con questo metodo è
il Courant e Friedrichs, Supersonic Flow and Shock Waves (1948). Su questo metodo
daremo solo qualche cenno.
Nel regime non lineare non è conveniente dividere le variabili in parte non perturbata e parte
perturbata. Consideriamo per semplicità l’equazione di Eulero in un caso unidimensionale di
perturbazioni longitudinali, ossia assumiamo che anche in questo caso il moto delle particelle
e la propagazione delle perturbazioni avvenga nella direzione x e scriviamo l’equazione di
Eulero, includendo una forza esterna, ad esempio la gravità g(x, t):
(7.18)
Per valutare l’importanza del il termine convettivo quadratico nella velocità, trascuriamo
per il momento il termine del gradiente di pressione: (∇p = 0)
(7.19)
La soluzione di questa equazione differenziale alle
derivate parziali, u = U (x, t), sarà rappresentata da
una superficie nello spazio (t, x, u) del tipo
rappresentato in Fig. 7.1.
Utilizziamo il metodo delle curve caratteristiche per
lo studio delle equazioni alle derivate parziali. Si
impone che i rapporti dei differenziali delle variabili
indipendenti t e x sui relativi coefficienti uguali al
rapporto tra il differenziale della variabile
dipendente u e il termine noto al secondo membro:
Figura 7.1
(7.20)
ottenendo
che vale lungo la traiettoria
(7.21)
(7.22)
Ricaviamo quindi le equazioni del moto in una dimensione di una particella in un campo g,
riducendo un problema alle derivate parziali in equazioni alle derivate totali.
Per ogni condizione iniziale x = x0, u = u0 a t = 0
avremo un’unica curva nello spazio (t, x, u) che è
tracciata sulla superficie della figura, e il loro
insieme è appunto la mappa delle soluzioni u(x, t)
a partire da diversi u(x, 0). Quindi la soluzione
dell’equazione alle derivate parziali è un insieme
delle soluzioni di un’equazione differenziale
ordinaria lungo le curve caratteristiche
Figura 7.1
Possiamo comprendere meglio il significato di curva caratteristica e il significato della (7.20),
pensando alla superficie soluzione come lo zero della funzione
f (x, t) ≡ U (x, t) − u = 0 .
(7.23)
Nello spazio delle coordinate (t, x, u) il gradiente della f (x, t) forma un vettore di componenti
(∂f /∂t, ∂f /∂x, ∂f /∂u) che è per definizione perpendicolare alle superfici f = costante, in
particolare alla f = 0. Ciò comporta che il vettore:
(7.24)
sia normale alla superficie u = U (x, t). In questa notazione l’equazione originaria (7.19) può
essere scritta
(7.25)
dove C ≡ (1, u, g) è il vettore formato dai coefficienti del membro di sinistra e dal membro di
destra. La (7.25) comporta che i due vettori siano perpendicolari, per cui C deve appartenere
alla superficie u = U (x, t).
Pertanto un differenziale locale ds ≡ (dt, dx, du) parallelo a C definirà una linea, chiamata
traiettoria caratteristica, che giace sulla superficie soluzione.
Ciò richiede
pertanto che le componenti di ds e C siano proporzionali ossia :
come assunto all’ inizio.
(7.20)
Questo risultato è generalizzabile al caso in più dimensioni.. Nell’esempio già studiato si
ottiene :
(7.26)
le caratteristiche associate sono
(7.27)
sulle traiettorie
(7.28)
In conclusione il metodo ora descritto permette di trasformare equazioni differenziali
alle derivate parziali in equazioni alle derivate ordinarie lungo curve nello spazio delle
soluzioni, dette appunto caratteristiche: la soluzione di tali equazioni alle derivate
ordinarie è molto più semplice.
Dalla (7.21) (7.22) ,
notiamo che per g = 0, cioè in assenza di forze esterne, la u deve essere costante
lungo le curve caratteristiche,
che sono pertanto linee rette parallele al
piano (t, x).
Si verifica spesso nello studio delle equazioni differenziali alle derivate parziali
iperboliche che esistano quantità che sono costanti lungo le caratteristiche: tali
quantità sono dette invarianti di Riemann.
Nel nostro caso dunque u è un invariante di Riemann e le curve caratteristiche
corrispondono alle traiettorie lagrangiane degli elementi di fluido. La costanza di u dice
pertanto che la velocità dell’elemento di fluido non cambia mentre l’elemento si muove.
Per comprendere l’importanza fisica del termine non lineare,
consideriamo un profilo di velocità u(x) di una tipica
perturbazione mostrata in Figura. 7.2(a).
L’elemento fluido in p si muove con una velocità maggiore della
velocità dell’elemento fluido in q, u(p) > u(q). Pertanto ad un
tempo successivo p si sarà portato in p’ avvicinandosi a q che si
sarà portato in q’. Il profilo di velocità avrà pertanto una forma del
tipo di Figura. 6.2(b) e quindi risulterà deformato e più ripido
Dal punto di vista matematico si può pensare di giungere
addirittura ad una configurazione del tipo di Figura. 6.2(c) in cui
p” ha sopravanzato q” e ambedue hanno scavalcato il punto a
velocità nulla. Si può dimostrare che ciò non è possibile
fisicamente perché gli elementi fluidi interagiscono fra di loro e si
accumulano in un profilo sempre più ripido, da risultare in effetti
una transizione discontinua; in tal modo si originano le onde
d’urto di cui parleremo nel prossimo paragrafo.
La conclusione è quindi che, mentre nella trattazione lineare le
onde mantengono la loro forma perché le velocità non dipendono
dall’ampiezza della velocità, il termine convettivo non lineare
u ∂u/∂x porta ad un cambiamento dei profili dell’onda, in
particolare guidando verso un aumento della pendenza nelle
regioni dove esiste un gradiente.
Figura . 7.2 Evoluzione temporale del
profilo di velocità in presenza di effetti
nonlineari fisicamente perché gli elementi
Onde d’ urto
Lo sviluppo non lineare delle perturbazioni in un gas può portare a deformare un profilo
ondoso regolare in un fronte ripido, che viene chiamato un fronte d’onda d’urto.
L’onda d’urto è una regione di piccolo spessore entro il quale le proprietà dinamiche di
un flusso cambiano rapidamente. Da un punto di vista matematico si può trattare questa
transizione come una discontinuità attraverso la quale le variabile fisiche subiscono un
salto improvviso, pur rispettandosi ovviamente le leggi di conservazione fondamentali.
Si consideri la situazione illustrata
schematicamente in Fig. 7.3 di un fronte
d’urto che si propaga con velocità −u1 (da destra
verso sinistra) in un mezzo altrimenti
indisturbato con densità ρ1, pressione p1. In
figura si è scelto di rappresentare la situazione
in un sistema di riferimento in cui il fronte d’urto
è a riposo, in cui quindi il gas indisturbato ha un
moto apparente a velocità u1 (da sinistra verso
destra)..
Figura. 7.3 Schema di onda d’urto rappresentata nel
sistema di riferimento che si muove con il fronte
Dopo aver attraversato il fronte, le grandezze fisiche del gas saranno trasformate in ρ2,
p2, u2. In condizioni stazionarie i flussi di massa, momento ed energia devono
conservarsi attraversando il fronte, per cui
2
(7.29)
La (7.29) è l’equazione di Bernoulli (7.9) adiabatica e in assenza di forze esterne
dove:
è l’ entalpia per unità di volume . Si suppone che la transizione tra le due zone del gas
avvengono senza trasferimento di calore, data la velocità del processo. Si suppone
inoltre che γ, sia invariante nella transizione.
Nel caso unidimensionale queste 3 equazioni scalari contengono 6 variabili, di cui 3
incognite, ρ2, p2, u2.
Con alcune trasformazioni algebriche si ottengono le espressioni per i salti delle grandezze
fisiche attraverso l’onda d’urto, le cosiddette equazioni di Rankine-Hugoniot (1870):
(7.30)
La quantità adimensionale M è:
(7.31)
(7.32)
il rapporto fra la velocità del fluido e del suono ed e’il Numero di Mach. Il numero di Mach
del flusso fluido, è pertanto la velocità con cui il fronte dell’onda d’urto si propaga nel mezzo
indisturbato in unità della velocità del suono.
Per i gas perfetti, utilizzando l’ equazione di stato:
(7.33)
Si ottiene la relazione tra le temperature
(7.34)
Dal punto di vista fisico le onde d’urto compressive si sviluppano solo per M > 1, cioè a
velocità supersoniche, perché se il fronte si propaga a velocità subsonica la sua
perturbazione causa normali onde acustiche che lo lasceranno indietro portandosi via
energia e quindi indebolendolo: il fronte infine scompare.
• Dalla (7.12), per M > 1, risulta ρ2/ρ1 > 1 . Per M > 1 crescente, ρ2/ρ1 cresce fino
ad una valore asintotico massimo
(ρ2/ρ1 )max∼ (γ + 1) / (γ − 1),
Per γ = 5/3 (ρ2/ρ1 )max = 4. Quindi il mezzo viene compresso dall’onda d’urto e per
aumentare la compressione deve aumentare la velocità dell’onda.
•
I salti di pressione e temperatura corrispondenti sono maggiori dell’unità e non
hanno limiti, ma possono crescere, in linea di principio, fino all’infinito.
•
Per M decrescente verso la regione transonica (M→1), il rapporto di densità
decresce verso l’unità, cioè l’onda d’urto scompare;
•
La (7.12) non è applicabie per M<1 perché non esistono più transizioni discontinue
del tipo assunto.
Effetto Magnus
Si consideri un cilindro in rotazione rispetto al proprio asse con velocità angolare Ω ed allo
stesso tempo in moto translatorio con velocità -v rispetto ad un fluido ideale ed incompressibile. Il caso è equivalente allo stesso cilindro in quiete ed ad un flusso in moto con velocità
che diventa v lontano dal cilindro. Il moto può essere pensato come la sovrapposizione di
due moti ortogonali
a) Moto di rotazione attorno all’asse
Se il cilindro ha solo moto rotazionale con velocità Ω attorno ad
un asse, come in Figura 7.4, le linee di flusso sono cerchi
concentrici attorno all’asse stesso, come mostrato in Figura.
b) Moto di traslazione rispetto al fluido
Se il cilindro ha solo moto di traslazione v rispetto al fluido
(supposto in quiete), le linee di flusso sono deformate solo in
vicinanza del cilindro in modo simmetrico rispetto all’asse del
moto dello stesso, come in Figura 7.5. Questo è infatti il caso
già visto in precedenza in 7.5.
Figura 7.4: Caso di solo rotazione
del cilindro rispetto al fluido.
Figura 7.5: Caso di solo
translazione del cilindro rispetto
al fluido
Nel caso più generale il risultato sarà una
sovrapposizione dei due casi precedenti: le linee
di flusso saranno deformate in vicinanza del
cilindro, ma non saranno più simmetriche
rispetto all’asse del moto. Saranno infatti piu’
fitte dove la velocità totale (= rotazione + translazione) è maggiore e meno fitte nel lato opposto
(Figura 7.7).
Come risultato si ottiene una forza sul
cilindro che agisce in direzione perpendicolare al
Figura 7.7: Caso generale di translazione e
rotazione del cilindro rispetto al fluido.
piano formato da Ω e v nella direzione dove le
linee di flusso sono più fitte, cioè dove la velocità
totale è più alta, come si verifica partendo dall’equazione di Bernoulli che per un moto
orizzontale (z costante), diventa
p
(7.35)
Questo significa che dove la velocità totale è più alta, la pressione è piu bassa e viceversa.
ossia vA > vB e dunque pB > pA Questo scompenso di pressione tra i due lati, equivale
all’effetto di una forza che agisce sul cilindro in direzione BA come mostrato
in Figura 7.7. Questo effetto, scoperto nel 1852 da Magnus è alla base ad esempio dei
fenomeni di portanza negli aerei e ha notevoli altre applicazioni in aerodinamica ed
idrodinamica.
Portanza aerodinamica
Con gli elementi della teoria fluida ora esaminati è possibile comprendere come si sviluppa
una forza di spinta verso l’alto sulle ali di un aeromobile quando siano modellate in modo
opportuno. Per semplicità consideriamo un caso bidimensionale, assumendo che l’ala sia di
lunghezza infinita in direzione ortogonale al foglio con sezione costante..
In Figura 7.8 è riportato l’andamento del flusso intorno all’ala nel
sistema di riferimento che si muove con l’ala.sia per il caso di fluido
ideale sia per quello viscoso. Nel caso di fluido ideale il teorema di
Kelvin comporta che a partire da un flusso laminare a monte dell’ala
non si possa generare vorticità a valle e quindi la circolazione della
velocità intorno all’ala deve rimanere nulla:
(7.36)
Il punto di stagnazione posteriore si trova ad una certa distanza dal
Figura 7.8
bordo sulla superficie superiore.
Le linee di flusso del fluido ideale debbono seguire l’andamento (a) della figura per mantenere
nulla la circolazione. Nel caso di un fluido reale, all’estremità cuspidata dell’ala, la quantità ∇2u
nell’ equazione di NS è molto grande e quindi l’introduzione di una viscosità anche piccola
modifica molto l’andamento delle linee come mostrato in figura.
Questo risultato è stato originariamente osservato nelle misure sperimentali di Prandtl nel
1934, mostrando il passaggio dallo schema (a) a quello (b) di figura al comparire della
viscosità.
Il risultato della viscosità è la creazione di una circolazione intorno all’ala con direzione
perpendicolare al piano della figura e verso orario (contro il piano). Nel riferimento dell’ala
possiamo quindi dire che la disposizione e struttura dell’ala crea vorticità nella direzione
perpendicolare alla velocità lontano dall’ala stessa:
(7.37)
dove S è l’area della sezione dell’ala. L’apparire di questa vorticità è dovuta alla creazione
di vortici dalla forza viscosa ∇2u nello strato limite intorno alla cuspide; tali vortici
(antiorari) si distaccano e vengono trascinati a valle, lasciando quindi una vorticità di
segno opposto nella corrente legata all’ala.
L’equazione di Navier-Stokes può essere scritta nella forma:
da cui appare che la vorticità genera una forza idrodinamica. Questo effetto è simile a
quello per cui una corrente elettrica I che fluisce in un campo magnetico B è soggetta alla
forza di Lorentz I × B/c, l’ala subirà una spinta perpendicolare alla corrente e all’ala, quindi
una spinta che, come illustrato dalle linee di corrente in figura, sarà verso l’alto.
Questo risultato può essere ricavato rigorosamente in modo da tener conto anche degli
altri termini nell’equazione di Navier-Stokes e dell’effettivo profilo dell’ala.
I termini viscosi sono importanti solo nello strato limite adiacente all’ala, al di fuori di questo
strato si possono usare le equazioni dei flussi potenziali. Nel caso bidimensionale il
problema può essere trattato scrivendo le componenti della velocità come parte reale e
immaginaria in una quantità complessa:
(7.38)
usando le coordinate di Fig. 7.8; w è una funzione analitica nello
strato limite dal contorno dell’ala alla regione lontana, per cui il
suo sviluppo in funzioni di Laurent risulta:
Considerando i termini dello sviluppo che sono consistenti con
una condizione al contorno w = u∞, e ricordando che
Figura 7.8
Calcolando l’integrale lungo una linea di corrente intorno al contorno dell’ala appena
all’esterno dello strato limite. In pratica ciò permette di calcolare la
circolazione:
(7.39)
nella quale, ricordando l’equazione della linea di corrente, la parte immaginaria
dell’integrando si annulla e si ottiene la relazione con la vorticità:
. (7.40)
Utilizzando lo sviluppo in serie di Laurent per w, e, calcolando l’integrale su
linea chiusa con il metodo dei residui di Cauchy, si ottiene:
. (7.41)
La forza netta sull’ala può essere calcolata in termini della pressione p dell’aria sul
suo contorno:
dove n è il versore entrante e il cammino di integrazione
è preso fuori dello strato limite dove però lo sviluppo di
Laurent sia ancora valido. L’equazione di Bernoulli nel
caso incompressibile, considerando velocità piccole
rispetto alla velocità del suono, e per dislivello
trascurabile in modo da escludere l’effetto della gravità,
fornisce la relazione valida lungo una linea di corrente:
(7.42)
y
dl
θ n
x
(7.43)
per cui:
(7.43)
in quanto l’integrale della costante è nullo sul percorso chiuso. Dobbiamo scrivere
anche la forza in forma complessa:
.
(7.44)
Sia θ l’angolo tra dl e l’asse x; di conseguenza le componenti x e y del versore n
saranno − sin θ e cosθ. Le componenti della forza saranno dunque:
.
(7.45)
.
(7.46)
Aggiungendo all’integrando il termine
che è nullo per definizione della linea di corrente, si ottiene:
Sostituendo dalla (5.36), l’integrale può essere calcolato ancora con il teorema dei
residui (il coefficiente del termine in z−1 nello sviluppo di w2 è 2u∞a −1) fornendo:
(7.47)
ossia
(7.48)
che, essendo reale, fornisce la componente della forza nella direzione y:
(7.49)
che è la formula di Kutta-Zhukowskii per la portanza dell’ala.
Nella rappresentazione di Fig. 7.9 u∞ > 0, mentre Γ < 0 perché la circolazione è nel
verso orario. Pertanto Fy > 0, quindi rivolto verso l’alto a controbilanciare il peso
dell’aeromobile.