Ambiente
a cura di Luigi Campanella
Disinquinare
l’ambiente
dagli effetti nocivi del
traffico, degli impianti di
riscaldamento, dei reatto-ri
industriali sfruttando i
processi di fotodegradazione catalitica innescata da
opportuni additivi all’asfalto (ambiente esterno), ai muri
delle nostre case (ambiente interno): questa è la notizia
che attraverso articoli più o meno scientifici, più o meno
divulgativi, è ripetutamente trapelata sulla stampa
quotidiana e su quella specialistica. C’è da crederci?
La base scientifica è corretta. Infatti i processi
fotocatalitici mediati dai semiconduttori permettono di
degradare
una
grande
varietà
di
molecole
potenzialmente tossiche.
La meccanica quantistica descrive la struttura elettronica
dei semiconduttori attraverso la teoria delle bande: le
bande interessate al processo catalitico sono l’ultima
occupata (o livello di Fermi) e la prima vuota (o di
conduzione); in condizioni normali, gli elettroni non sono
in grado di saltare dal livello di Fermi a quello di
conduzione. In seguito ad un opportuno stimolo però
(quale ad esempio uno stimolo luminoso) tale barriera
energetica può essere superata: se un fotone di
opportuna lunghezza d’onda colpisce la particella del
semiconduttore, cedendo la propria energia ad un
elettrone nella banda di valenza, quest’ultimo potrà
saltare nella banda vuota di conduzione. Questo insieme
di eventi porta alla generazione di una lacuna elettronica
nel livello di Fermi che può dare inizio, di concerto con
l’elettrone passato nel livello di conduzione, ai seguenti
processi:
1) l’elettrone può tornare nel livello di partenza dal
quale è stato eccitato, cedendo all’ambiente il proprio
surplus energetico sotto forma di calore.
2) l’elettrone può realizzare un processo di riduzione,
venendo ceduto ad una specie riducibile presente in
soluzione.
3) la lacuna elettronica può realizzare un processo
ossidativo strappando un elettrone ad una specie
ossidabile presente in soluzione.
Questi
processi
avvengono
all’interfaccia
liquido/semiconduttore ossia quando le coppie
elettrone/lacuna positiva formatesi nell’ossido per
interazione con la radiazione si sono diffuse sulla
superficie del semiconduttore. Affinché il processo
catalitico sia attivo è importante che i meccanismi di
cattura di elettroni e lacune positive avvengano in un
intervallo di tempo minore rispetto a quello richiesto per
la ricombinazione, nell’ossido semiconduttore, della
coppia elettrone/lacuna positiva. Nel caso dell’ossido di
titanio (in forma cristallina anatasio più attiva del rutilo e
della brookite) la letteratura esistente fornisce, per il
processo fotocatalitico in soluzione acquosa un possibile
meccanismo di tipo radicalico:
La Chimica e l’Industria
hν
TiO2 → e- + h+
h+ = lacuna elettronica
H2O + h+ → OH• + H+
OH• + inquinante → OH- + frammenti inorganici
-
O2 + e →
2HO2•
O2••
H+
→ HO2•
O••
→ O2 + H2O2 → OH• + OH-
Allora aggiungendo alla composizione dell’asfalto od a
quella dell’intonaco per pareti interne una certa quantità
di biossido di titanio e sfruttando la luce solare, o di
lampade che la simulano, si potrebbe supporre di
fotodegradare cataliticamente alcuni comuni inquinanti
dispersi nell’ambiente. In effetti le cose non stanno
esattamente cosi per differenti motivi.
Innanzitutto la fotodegradazione è processo diverso dalla
fotomineralizzazione in quanto quest’ultima corrisponde
all’ultimo stadio della prima e comporta la formazione di
anidride carbonica, acqua, ossidi di zolfo e di azoto ed
ioni comuni. Spesso invece le fotodegradazioni si
fermano a stadi intermedi. Il secondo punto riguarda la
particolare situazione dell’asfalto dove, se il biossido di
titanio occupa volumi troppo interni, rischia di non
ricevere la radiazione solare, mentre se è superficiale
viene facilmente rimosso dalle ruote dei veicoli che vi
passano sopra e dal calpestio. Infine per quanto riguarda
i muri essendo interni la radiazione solare è poco attiva e
la luce artificiale, in relazione all’intervallo di lunghezza
d’onda che la caratterizza, non ha l’energia sufficiente a
promuovere gli elettroni di valenza nella banda di
conduzione del TiO2.
Molto più ragionevole allora rispetto alle ipotesi
formulate sulla stampa, appare quella di membrane che
immobilizzano TiO2 e che operando in vasche di idonee
dimensioni esposte alla luce solare possono catalizzare il
risanamento di effluenti industriali inquinanti.
La fotochimica ha trovato una
nuova importante applicazione, il
controllo dell’esposizione di una
persona al sole per evitare un
eccesso di assorbimento di raggi
UV. Si tratta del cerotto MyUV
Patch costituito da un materiale
fotosensibile ai raggi UV che viene impressionato e di cui
si può misurare il segnale con un’app scaricabile sul
proprio smartphone. Con ciò viene consentito di esporsi
con prudenza e sapendo soprattutto quanta radiazione è
stata assorbita. Il materiale suddetto è immobilizzato su
un cerotto che viene applicato in una zona del corpo
esposta alla luce, va tenuto per 3 giorni e contiene
pigmenti fotosensibili come sensori.
- ISSN 2283-5458 - 2016, 3(9), novembre