PROTEINE TERAPEUTICHE PM medio 120 dalton INSULINA PM = 5.800 dalton ANTICORPI MONOCLONALI Fino a 150.000 dalton FARMACI PEPTIDICI/PROTEICI • • • • • La stabilità delle proteine è in linea di massima maggiore rispetto a quella dei peptidi Le proteine sono generalmente più immunogeniche rispetto ai peptidi I tempi di sperimentazione preclinica/clinica sono inferiori per peptidi e proteine rispetto a quelli richiesti per le small molecules. I costi di produzione delle proteine superano i costi di sintesi di farmaci peptidici Impossibile caratterizzare completamente la composizione di una proteina terapeutica in quanto fortemente dipendente dal processo di produzione. MODIFICHE POST TRADUZIONALI DELLE PROTEINE Alcune proteine, sia eucariotiche che procariotiche, raggiungono la loro conformazione biologicamente attiva solo dopo aver subito una o più modificazioni. MODIFICAZIONI DI SINGOLI AMMINOACIDI GLICOSILAZIONE LIPIDAZIONE Prenilazione o isoprenilazione di residui di cisteina Coniugazione con acidi grassi NUMEROSE CICLIZZAZIONI Foldasi: disolfuro isomerasi, chaperoni molecolari PROTEINE MULTIMERICHE Un consistente numero di proteine costituite da un certo numero di catene polipeptidiche identiche, chiamate subunità, che si associano in modo specifico a formare una molecola multimerica (STRUTTURA QUATERNARIA). Le subunità possono funzionare in modo indipendente una dall’altra oppure in modo cooperativo. Altre proteine proteine sono costituite da catene polipeptidiche diverse ciascuna con una diversa funzione. FARMACO BIOLOGICO E FARMACO BIOTECNOLOGICO Come ottenere proteine complesse a scopo terapeutico? • Estrazione da fonti biologiche • Ingegneria genetica PROTEINE RICOMBINANTI Manipolare il DNA ci consente di interrogare il nostro sistema di interesse. Tutta LA RICERCA DI BASE richiede la capacità di interrogare un sistema (una proteina, una cellula, un tessuto, un organismo) per capirne la funzione. Lo sviluppo di tecnologie per la produzione di proteine ricombinanti ha dato un impulso enorme alla ricerca sulle proprietà strutturali e funzionali delle proteine PROTEINE RICOMBINANTI • Manipolare il DNA ci consente di manipolare il nostro sistema di interesse. la tecnologia ricombinante consente di modificare le molecole, per migliorarne l’efficacia, oppure di creare nuove molecole con attività d’interesse. • La produzione di proteine ricombinanti ha ricadute industriali importanti AMBITI DI APPLICAZIONE TERAPEUTICA DEI FARMACI PROTEICI Ad oggi, a livello mondiale, milioni di pazienti hanno già beneficiato dei medicinali biologici/biotecnologici approvati per cura o prevenzione di molte malattie rare e gravi I più importanti ambiti di applicazione terapeutica sono: 1. Oncologia, 2. Malattie autoimmuni, 3. Patologie infiammatorie, 4. Carenze ormonali, 5. Alterazioni dell'emostasi, 6. Deficit proteici/enzimatici ereditari. PROTEINE RICOMBINANTI IN USO I farmaci biotecnologici sul mercato sono • ENZIMI • ORMONI • VACCINI • CITOCHINE (interferoni, interleuchine, fattori di crescita ematopoietici) • FATTORI DI COAGULAZIONE • ANTICORPI MONOCLONALI FARMACO BIOSIMILARE Poiché i primi prodotti biotecnologici sono stati immessi sul mercato negli anni ottanta, la copertura brevettuale di alcuni di essi è già scaduta o è in fase di prossima scadenza. La scadenza della copertura brevettuale, unitamente agli enormi progressi compiuti in ambito biotecnologico, ha dato la possibilità alle aziende farmaceutiche di produrre e commercializzare prodotti con caratteristiche molto simili a quelle dei prodotti originali. Questi prodotti biologici, il cui principio attivo è analogo, ma non identico per caratterizzazione e produzione, a quello del medicinale di riferimento, sono denominati BIOSIMILARI e più raramente BIOSIMILI o BIOGENERICI. “Un biosimilare è una versione copia di un medicinale biologico/biotecnologico già autorizzato [prodotto di riferimento] con dimostrata somiglianza nelle caratteristiche fisico‐chimiche, efficacia e sicurezza, sulla base di un esauriente esercizio di comparabilità” (Weise et al., Nature Biotechnology, 2011). FARMACO BIO-BETTER In taluni casi il farmaco biosimilare può essere derivato da processi produttivi più innovativi rispetto a quelli del farmaco di riferimento, tali da far sì che il prodotto presenti profili di efficacia e di sicurezza persino superiori rispetto all’originatore. Ci si riferisce a tali prodotti come prodotti “bio‐better”. TECNICA DEL DNA RICOMBINANTE 1. È necessario avere a disposizione il DNA/RNA che codifica per la proteina di interesse. 2. Clonaggio della sequenza codificante nel vettore di espressione 3. Trasformazione dell’ospite (shock termico, elettroporazione, liposomi) 4. Selezione dei ricombinanti 5. Espressione e purificazione della proteina (intracellulare o secreta) DNA DNA AMPLIFICAZIONE DEL DNA DNA introdotto in un vettore di espressione OSPITE PRODUZIONE DELLA PROTEINA DI INTERESSE CLONAGGIO DI UN GENE IN UN PLASMIDE Tramite il clonaggio molecolare è possibile isolare un singolo gene dal genoma di un organismo e produrne molte copie identiche. Consiste nell’inserire un frammento di DNA (chiamato inserto) in un vettore appropriato come un plasmide. Il nuovo plasmide creato sarà poi introdotto in una cellula ospite, in generale E. coli. Essa sarà allora selezionata e moltiplicata per ottenere una grande quantità di plasmidi d’interesse. In questo caso si parla di clone perché tutti gli individui della colonia batterica sono geneticamente identici. CLONAGGIO DI UN GENE IN UN PLASMIDE VETTORI DI CLONAGGIO Contengono almeno un marcatore selettivo che permette di distinguere le cellule ospiti che contengono il plasmide da quelle che non lo contengono. Normalmente si utilizzano come marcatori selettivi geni che conferiscono la resistenza agli antibiotici, ossia la capacità di crescere in presenza dell’antibiotico ampicillina (amp) o tetraciclina (tet) o cloramfenicolo. Le cellule batteriche, se non contengono il plasmide che porta il gene per la resistenza ad un antibiotico, sono “antibiotico-sensibili”, ossia sono incapaci di crescere in un terreno di coltura in cui sia presente l’antibiotico BIOREATTORI FERMENTATORI I bioreattori sono cisterne di acciaio inossidabile, dotate di complessi meccanismi di controllo del brodo di coltura in cui crescono grandi quantità di cellule. SISTEMI DI ESPRESSIONE PER LA PRODUZIONE DI PROTEINE RICOMBINANTI 1) BATTERI (E. coli) I microrganismi sono facilmente manipolabili, economici, modificabili in tempi rapidi. Tuttavia, le proteine prodotte nei batteri sono prive di modificazioni post-traduzionali. Spesso offrono proteine denaturate che necessitano di refolding. Problemi con proteine multimeriche e contenenti ponti disolfuro. PRIMA SCELTA PER PROTEINE MEDIO-PICCOLE 2) LIEVITI (S. cerevisiae; Pichia pastoris) Sono i sistemi eucariotici più semplici da coltivare. Metodo economico, relativamente efficiente, la crescita è rapida. Consentono di ottenere glicosilazioni, ma queste sono spesso specie-specifiche. SISTEMI DI ESPRESSIONE PER LA PRODUZIONE DI PROTEINE RICOMBINANTI 3) LE CELLULE IN COLTURA DI INSETTO Consentono di ottenere glicosilazioni, ma queste sono spesso specie-specifiche. Coltura difficile e più costosa. 4) LE CELLULE IN COLTURA DI MAMMIFERO Consente una corretta glicosilazione delle proteine. Le coltivazione è lenta, costosa e difficilmente consente l’ottenimento di proteine in alta resa PROBLEMI LEGATI ALLA PRODUZIONE DELLA PROTEINA 1) Incapacità della proteina di assumere la corretta struttura 3D nell’ambiente batterico 2) Assenza di cofattori essenziali 3) Mancata modificazione post-traduzionale 4) Degradazione proteolitica 5) Tossicità della proteina 6) Processi di purificazione complessi ALTI COSTI DEL FARMACO BIOTECNOLOGICO PHARMING Animali come bioreattori PROTEINE PRODOTTE IN FLUIDI BIOLOGICI DI ANIMALI USATI COME BIOREATTORI Sistema Specie Prodotto Latte Maiale Fattore VIII Topo Attivatore plasminogeno tissutale umano Ormone della crescita umana Fibrinogeno umano Coniglio Eritropoietina umana Pecora 1-antitripisina umana Fattore IX Capra Attivatore plasminogeno tissutale umano Siero (sangue) Coniglio 1-antitripisina umana Urine Topo Ormone della crescita umana LA GREEN BIOTECHNOLOGY La Green biotechnology o biotecnologia agroalimentare, è il settore delle biotecnologie che si occupa di utilizzare le piante come sistema di espressione di molecole ad interesse umano. Un importante esempio di questa tecnologia è quello di aver modificato la pianta di tabacco affinché produca vaccini. • La manipolazione delle piante è meno complessa (e più economica) di quella degli animali. Non sono richieste condizioni di Piante come bioreattori sterilità. Tecniche di coltivazione standard. • Le piante, sono sicure da possibili contaminazioni di patogeni animali • Sono organismi eucarioti, in grado quindi di sintetizzare molecole complesse con il coretto folding. • Il costo della purificazione può essere completamente abbattuto se la proteina d’interesse viene espressa in piante eduli; in questo caso la proteina non deve essere più estratta dai tessuti vegetali, ma può essere somministrata direttamente dopo semplici processi di concentrazione e dosaggio IMPORTANZA DEL PROCESSO DI PRODUZIONE Mentre i farmaci tradizionali costituiti da piccole molecole sono prodotti tramite sintesi chimica, la maggior parte dei biofarmaci, essendo prodotti tramite biotecnologie che operano su sistemi viventi (microrganismi o cellule animali) presentano numerosi aspetti di eterogeneità legati alla cellula ospite utilizzata, ai plasmidi impiegati per transfettare/infettare la cellula ospite e per trasferire il gene necessario al fine di indurre l’espressione della proteina voluta, nonché alle condizioni di crescita e fermentazione e alle differenti metodiche di purificazione. Il processo di produzione di tali farmaci è talmente caratterizzante che “ IL PROCESSO È IL PRODOTTO” A differenza dei farmaci ottenuti per sintesi chimica, i medicinali biologici/biotecnologici richiedono, per la loro caratterizzazione e controllo di qualità, non solo una serie di esami fisico‐chimico‐biologici, ma anche informazioni specifiche sul processo di produzione poiché la struttura molecolare è strettamente dipendente dal processo di produzione. ENZIMI Proteine con attività enzimatica/regolativa possono essere impiegate PER POTENZIARE UN PROCESSO FISIOLOGICO GIÀ ESISTENTE Attivatore del plasminogeno tissutale Alteplase Reteplase Tenecteplase Lanoteplase PER FORNIRE UNA NUOVA ATTIVITÀ BIOLOGICA Dnase-Dronase alfa (Pulmozyme) PER SOPPERIRE ALLA MANCANZA DI UNA PROTEINA Imiglucerase (Cerezyme) Alglucosidase alfa (Myozyme, Lumizyme) Idursulfase (Elaprase) ATTIVATORI DEL PLASMINOGENO TISSUTALE Gli attivatori del plasminogeno sono delle sostanze appartenenti al gruppo dei farmaci fibrinolitici/trombolitici. La fibrinolisi è il processo mediante il quale un reticolo di FIBRINA viene dissolto per rimuovere un coagulo. Meccanismo d’azione: convertono il PLASMINOGENO in PLASMINA. ATTIVAZIONE FIBRINO SPECIFICA ATTIVATORE DEL PLASMINOGENO TISSUTALE UMANO • E’ una glicoproteina con 527 AA (ca. 70.000 dalton) • 17 ponti disolfuro • Dominio per la proteasi serinica al C terminale (260 residui) ATTIVATORI DEL PLASMINOGENO TISSUTALE IN TERAPIA Alteplase (equivalente del t-PA umano) Reteplase (analogo semplificato con 355 amminoacidi senza glicosilazioni) Lanoteplase (sequenza ridotta e 1 residuo modificato) Tenecteplase (ha 6 residui modificati rispetto a t-PA umano) INDICAZIONI Infarto acuto del miocardio (bolo) Embolia polmonare acuta (infusione endovenosa) ATTIVATORI DEL PLASMINOGENO TISSUTALE ENZIMI Proteine con attività enzimatica/regolativa possono essere impiegate PER POTENZIARE UN PROCESSO FISIOLOGICO GIÀ ESISTENTE Attivatore del plasminogeno tissutale Alteplase Reteplase Tenecteplase Lanoteplase PER FORNIRE UNA NUOVA ATTIVITÀ BIOLOGICA Dnase-Dronase alfa (Pulmozyme) PER SOPPERIRE ALLA MANCANZA DI UNA PROTEINA Imiglucerase (Cerezyme) Alglucosidase alfa (Myozyme, Lumizyme) Idursulfase (Elaprase) DNASE-DRONASE ALFA (PULMOZYME) Farmaco impiegato nel trattamento della FIBROSI CISTICA. Il dornase alfa idrolizza il DNA presente nell'espettorato e nel muco delle vie aeree e ne riduce la viscosità a livello del polmone. La ritenzione di secrezioni viscose purulente nelle vie respiratorie riduce la funzionalità polmonare ed esacerba le infezioni. Le secrezioni purulente contengono elevatissime concentrazioni di DNA extracellulare, liberato nel processo di degenerazione dei leucociti che si accumulano in risposta all'infezione. Somministrato per via inalatoria (ampolle monodose 2.5 mL) non ha effetto sul DNA intracellulare. ENZIMI Proteine con attività enzimatica/regolativa possono essere impiegate PER POTENZIARE UN PROCESSO FISIOLOGICO GIÀ ESISTENTE Attivatore del plasminogeno tissutale Alteplase Reteplase Tenecteplase Lanoteplase PER FORNIRE UNA NUOVA ATTIVITÀ BIOLOGICA Dnase-Dronase alfa (Pulmozyme) PER SOPPERIRE ALLA MANCANZA DI UNA PROTEINA Imiglucerase (Cerezyme) Alglucosidase alfa (Myozyme, Lumizyme) Idursulfase (Elaprase) ENZIMI PER IL TRATTAMENTO DI MALATTIE DA ACCUMULO LISOSOMIALE Le malattie da accumulo lisosomiale o (LSD) acronimo dall'inglese Lysosomial Storage Disease sono un'eterogenea famiglia di patologie, circa 50, dovute a diversi tipi di difetti genetici, accomunate dalla caratteristica di determinare un accumulo di metaboliti o sostanze nei lisosomi con conseguente perdita di funzionalità cellulare. Le cause di queste patologie sono sempre da ricondurre ad un'anomalia genetica 1. Imiglucerase (Cerezyme) malattia di Gaucher 2. Alglucosidase alfa (Myozyme, Lumizyme) malattia di Pompe 3. Idursulfase (Elaprase) sindrome di Hunter TERAPIA ENZIMATICA DELLA MALATTIA DI GAUCHER Malattia genetica in cui si verifica un difetto dell’enzima glucocerebrosidasi. GLUCOCEREBROSIDASI 1. Scinde il legame beta glucosidico del glucocerebroside, intermedio del metabolismo glicolipidico (è una beta glucosidase). 2. Si trova nei lisosomi 3. E’ una proteina di 497 residui MALATTIA DI GAUCHER La carenza di glucocerebrosidasi comporta l’accumulo di cellule sovraccariche di lipidi in varie parti dell’organismo, con conseguenze quali ingrossamento di milza e fegato, anemia, sanguinamento eccessivo e facilità agli ematomi, osteonecrosi, osteoporosi e altre alterazioni ossee, malattia ossea e con frequenza minore patologie di altri organi e apparati (neuropatie). Le complicanze ossee e le relative conseguenze spesso irreversibili, sono di solito l’aspetto più debilitante in assoluto della Malattia di Gaucher. Tale malattia, se non diagnosticata e/o trattata adeguatamente può causare, a lungo termine, una riduzione dell’aspettativa di vita. GLUCOCEREBROSIDASI E FARMACI ANALOGHI •Imiglucerase (Cerezyme) •Velaglucerase (Vpriv) •Taliglucerase alfa (Elelyso) Taliglucerase alfa resulted in mean decreases in spleen volume (64.6%) and liver volume (24.4%). The drug demonstrates continued improvement in disease parameters with no new safety concerns (trattamento di 36 mesi). TERAPIA ENZIMATICA DELLA MALATTIA DI POMPE E’ una rara malattia ereditaria anche definita GLICOGENOSI DI TIPO II. Nei pazienti affetti da questa malattia si osserva la carenza di un enzima chiamato alfa-glucosidasi acida (GAA). Questo enzima normalmente converte il glicogeno in glucosio. MALATTIA DI POMPE La carenza di questo enzima porta all’accumulo di glicogeno in varie tipologie tissutali – principalmente quelli cardiaci, respiratori e nel muscolo scheletrico – provocando una cardiomiopatia ipertrofica ed un progressivo indebolimento muscolare, inclusa la compromissione della funzione respiratoria. Nei neonati la malattia di Pompe è rapidamente progressiva e, in genere, senza trattamento, la morte avviene entro il primo anno di vita Nei bambini più grandi e negli adulti il decorso della malattia è molto variabile, ma è comunque fatalmente progressivo, con morbilità significative e spesso mortalità prematura. TERAPIA ENZIMATICA DELLA MALATTIA DI POMPE ALGLUCOSIDASE ALFA (MYOZYME, LUMIZYME) • Myozyme si presenta sotto forma di polvere per la preparazione di una soluzione per infusione endovenosa. • Ha dimostrato di aumentare significativamente la sopravvivenza di soggetti affetti da malattia di Pompe. L’83% dei pazienti trattati col Myozyme è sopravvissuto ed ha raggiunto l’autonomia respiratoria a 18 mesi di età, in confronto al 2% dei pazienti del gruppo storico. • Ha ridotto il bisogno di ventilazione assistita. • Migliora la capacità motoria e determina progressi nelle funzioni cardiache insieme a miglioramenti e stabilizzazione dei parametri di crescita. • Più precocemente viene diagnosticata la malattia e iniziato il trattamento ai piccoli pazienti, migliori sono i risultati osservati. SINDROME DI HUNTER Chiamata anche Mucopolisaccaroidosi di tipo II. E’ una malattia genetica caratterizzata da un difetto dell'enzima iduronato-2-solfatasi. La funzione dell'enzima iduronato-2solfatasi è quella di catabolizzare i glicosaminoglicani (GAG) nei lisosomi attraverso il clivaggio delle frazioni solfato legate agli oligosaccaridi. DERMATAN SOLFATO Il quadro clinico è caratterizzato da una regressione precoce dello sviluppo psicomotorio. Alla nascita i bambini sono normali e i sintomi compaiono progressivamente. Nelle forme gravi i segni clinici comprendono i dismorfismi facciali (macroglossia, bocca costantemente aperta, tratti del viso grossolani), l'epatosplenomegalia, la ridotta motilità articolare, la bassa statura, ritardo mentale. Nei pazienti con la forma più grave, le attese di vita sono molto ridotte, e di solito i pazienti muoiono prima dei 20 anni, per complicazioni cardio-respiratorie. Nelle forme intermedie, i pazienti sopravvivono in discrete condizioni fino all'età adulta e talvolta, nei pazienti colpiti in maniera molto meno grave, fino oltre i 60 anni. IDURSULFASE (ELAPRASE) Elaprase è una forma purificata dell'enzima lisosomiale iduronato-2-solfatasi, prodotto mediante tecnologia del DNA ricombinante su una linea cellulare umana. La soluzione del farmaco deve essere infusa per 1-3 ore e, sebbene la sua emivita sia approssimativamente di 45 minuti, l’idursulfasi necessita di 1 sola somministrazione settimanale È uno dei farmaci più costosi mai prodotti; la terapia annua costa, infatti, 456.000 euro in quanto glicoproteina complessa prodotta con particolare metodologia che fornisce un profilo di glicosilazione umano, analogo a quello dell'enzima naturale. Glicoproteina costituita da 525 aminoacidi 8 siti di N glicosilazione che sono occupati da catene oligosaccaridiche di tipo complesso, ibrido e ad alto contenuto di mannosio. INTERNALIZZAZIONE DEGLI ENZIMI LISOSOMIALI SOMMINISTRATI A SCOPO TERAPEUTICO Le idrolasi lisosomiali sono prodotte nel Reticolo Endoplasmatico Rugoso e sono secrete al Golgi dove vengono vengono glicosilate in più residui con residui di mannosio i quali vengono poi fosforilati. Questa modifica post traduzionale serve a direzionare gli enzimi che vengono così consegnati ai lisosomi attraverso un percorso mediato dal recettore del mannosio-6-fosfato. TRASPORTO SPECIFICO DELLE IDROLASI LISOSOMIALI DAL GOLGI AL LISOSOMA INTERNALIZZAZIONE DEGLI ENZIMI LISOSOMIALI SOMMINISTRATI A SCOPO TERAPEUTICO I recettori del mannosio 6-fostato (M6P) son espressi anche sulle membrane cellulari. Così, gli enzimi lisosomiali possono essere somministrati per via endovenosa e internalizzati dalle cellule seguendo un percorso endocitotico legandosi ai recettori del mannosio 6-fostato esposti sulla membrana cellulare. LE CITOCHINE • Costituiscono un gruppo di proteine o glicoproteine a basso peso molecolare (fino a 25 kD), prodotte dalle cellule del sistema immunitario, per mediare e controllare la risposta immunitaria, la reazione infiammatoria e la fagocitosi. (MEDIATORI SOLUBILI DELLA RISPOSTA IMMUNITARIA) • Si legano a specifici recettori con affinità elevata e la risposta cellulare consiste nella regolazione dell’espressione di geni (es. inducono l’espressione di molecole di adesione endoteliale) ANTIVIRALI ANTITUMORALI TRATTAMENTO MALATTIE AUTOIMMUNI INTERFERONI Gli interferoni (IFN) sono molecole proteiche naturali rilasciate dalle cellule in risposta a infezioni virali. Scoperti nel 1957, sono stati così chiamati per la loro capacità di “interferire“ con il processo di infezione virale. Oggi è assodato che gli interferoni hanno un potenziale d’azione più esteso che si riflette in: • ATTIVITÀ ANTIVIRALE • ATTIVITÀ IMMUNOMODULATORIA • ATTIVITÀ ANTIPROLIFERATIVA INTERFERONI Essi sono tutti glicoproteine. In base all’origine e alle caratteristiche, sono state individuate tre classi principali di interferoni: INTERFERONE-α (IFN- α), prodotto prevalentemente dai leucociti e macrofagi (detto anche INTERFERONE LEUCOCITICO); Sono noti almeno 16 differenti tipi di IFN-α umani (165-166 amminoacidi, PM circa 19kDa) tipo I INTERFERONE-β (IFN-β), prodotto da fibroblasti, cellule epiteliali e macrofagi (detto anche INTERFERONE FIBROBLASTICO). Proteina di 165 amminoacidi (18.5 kDa). INTERFERONE-γ (IFN-γ), prodotto dai linfociti T e dalle cellule NK (detto anche IMMUNOINTERFERONE). Glicoproteina a catena singola di 143 aa (15.5 kDa) che forma dimeri (proteina omodimerica). tipo II Gli interferoni alfa e beta appartengono alla stessa sottoclasse di tipo I, mentre l’interferon gamma appartiene ad una sottoclasse distinta, detta di tipo II. ATTIVITÀ ANTIVIRALE DEGLI INTRFERONI Il legame degli interferoni con i propri recettori induce la sintesi di diverse proteine, che contribuiscono alla resistenza virale della cellula. La maggior parte di queste proteine agisce mediante: • Inibizione della trascrizione degli RNA del virus. • Inibizione della traduzione degli RNA del virus. • Inibizione della glicosilazione delle proteine virali (glicosiltransferasi). • Inibizione della penetrazione del virus nella cellula. • Degradazione dell’RNA virale. ATTIVITÀ ANTIPROLIFERATIVA DEGLI INTERFERONI Sulle cellule tumorali, l’interferon alfa è in grado di aumentare l’espressione del complesso maggiore di istocompatibilità di classe 1 e soprattutto di fare in modo che poi queste cellule esprimano antigeni tali per cui possono essere riconosciuti dai sistemi di difesa dell’ospite. È anche in grado di diminuire la proliferazione della cellula tumorale stessa. Questo è stato osservato in colture cellulari di alcuni tipi di tumori. L’interferone viene usato quasi sempre in combinazione con altri metodi, quali la chemioterapia, ed è attivo solo in alcuni tipi di cancro. INTERFERONE α ANTIVIRALE Come antivirale, l’interferone-α è indicato per il trattamento di pazienti adulti affetti da epatite cronica B ed epatite cronica C. Nel trattamento dell’epatite cronica B, l’esperienza clinica attuale indica che la terapia con interferone-α può indurre una significativa riduzione della morbilità e della mortalità. L’uso ottimale dell’interferone-α per il trattamento dell’epatite cronica C è in associazione a ribavirina. L’interferone-α in monoterapia, o in associazione, è stato valutato in studi clinici randomizzati: nei pazienti con epatite cronica C, che hanno ricevuto interferone-α in combinazione a ribavirina, il tasso di risposta virologica ottenuta è stato pari al 47% (efficacia almeno due volte superiore rispetto alla monoterapia). INTERFERONE α ANTITUMORALE B cell L’interferone-α ha dimostrato effetti antineoplastici in alcuni linfomi e tumori solidi. Un’indicazione approvata è il trattamento di pazienti affetti da leucemia a cellule capellute, per la maggior parte dei quali la normalizzazione di uno o più parametri ematologici si manifesta entro uno due mesi di trattamento. Per questo tipo di neoplasia, l’interferone- α induce remissione della malattia nel 90% circa dei pazienti, mentre in altri tipi di tumore i risultati sono meno significativi. È, inoltre, indicato per la cura della leucemia mieloide cronica. La somministrazione in associazione con citarabina migliora in modo significativo la percentuale di risposte citogenetiche e prolunga al sopravvivenza globale rispetto all’interferone-α in monoterapia. Altre indicazioni, approvate dalla FDA, sono il trattamento del sarcoma di Kaposi (associato all’AIDS); il melanoma maligno, come terapia adiuvante in pazienti a rischio di recidiva e il mieloma multiplo, in terapia di mantenimento. Interferone-α2A ricombinante (ROFERON-A) INTERFERONE α Interferone-α2B ricombinante (INTRON-A) I prodotti commerciali sono versioni ricombinanti costituite da una catena proteica di 165 amminoacidi e differiscono solo per la costituzione dell’amminoacido in posizione 23. L’interferoneα2A ricombinante (ROFERON-A ) contiene un residuo di lisina in posizione 23; l’interferone-α2B ricombinante (INTRON-A) contiene, nella stessa posizione, un residuo di arginina. Tali biofarmaci si producono modificando geneticamente E. coli e quindi sono proteine non glicosilate. Sono disponibili anche in Italia i derivati coniugati con polietilenglicole (PEG), rispettivamente, peginterferone-α2A (PEGASYS®) e peginterferone-α2B (PEGINTRON®). Un effetto secondario importante è la sindrome simil-influenzale (caratterizzata da dolori muscolari, febbre, dolori articolari), che si presenta nella maggior parte dei pazienti entro la prima settimana di cura. Si raccomanda, per questo motivo, l’uso concomitante di paracetamolo. INTERFERONE β IFN β1b (BETASERON) Forma ricombinante stabile (165 amminoacidi, 18.5 kDa). Prodotto in E coli. Differisce dalla proteina naturale per un singolo amminoacido (serina invece di cisteina in posizione 17). IFN β1a (AVONEX) Espresso in cellule di mammifero è analogo del naturale. Trattamento della Sclerosi multipla Avonex: 1 fiala alla settimana per via intramuscolare L’esatto meccanismo di azione dell’interferone-β nella cura della sclerosi multipla non è conosciuto INTERFERONE IFN 1b (ACTIMMUNE) Ha un’attività antivirale più modesta rispetto agli interferoni di tipo I. L’effetto più importante di questo interferone è l’attivazione dei macrofagi e dei monociti. Tale stimolazione promuove l’attività fagocitaria, importante per la neutralizzazione del patogeno. Induce la sintesi di enzimi lisosomiali (idrolitici) e di enzimi coinvolti nella produzione di sostanze ossidanti altamente reattive, consentendo ai macrofagi di espletare l’azione distruttiva nei confronti del patogeno. L’interferone-γ è indicato per la riduzione della frequenza e della gravità delle infezioni associate alla malattia granulomatosa cronica. Si tratta di un disturbo ereditario caratterizzato da un difetto del metabolismo ossidativo dei fagociti, che compromette la funzionalità delle cellule preposta alla distruzione degli agenti infettivi (batteri, protozoi). Come risultato, i pazienti soffrono di infezioni ripetute, molte delle quali necessitano di essere trattate a vita. Altre applicazioni dell’interferone-γ, ancora in fase sperimentale, sono il trattamento del carcinoma delle cellule renali, alcuni tipi di tumori polmonari, varie malattie infettive e leishmaniosi, una patologia comune nelle aree tropicali e subtropicali, causata da alcuni protozoi. La malattia è caratterizzata dalla presenza di questi protozoi all’interno dei macrofagi, la cui azione tossica nei confronti del parassita è potenziata dall’interferone-γ. INTERLEUCHINE Le interleuchine costituiscono un sottogruppo piuttosto eterogeneo di proteine, il cui ruolo è fondamentale nella risposta immunitaria, sia naturale che acquisita. Il termine deriva da “interleucocita” in quanto, sintetizzate da linfociti, monociti e macrofagi, esse fungono da messaggeri solubili tra i leucociti, mettendoli in condizione di comunicare tra di loro. Coordinano la risposta immunitaria così da permettere all’organismo di fronteggiare un’infezione nel modo più efficace possibile. POTENZIALE TERAPEUTICO Potenziale applicabilità al trattamento di infezioni, immunodeficienze e cancro. Potenziale applicabilità al trattamento di malattie autoimmuni IL-1RA ANAKINRA (KINERET) ARTRITE REUMATOIDE Immunosoppressore L’antagonista del recettore dell’IL-1 (IL-1Ra), è una citochina prodotta principalmente dai monocito-macrofagi e dai neutrofili; è un antagonista specifico ad alta affinità, in grado di inibire in modo competitivo il legame dell’IL-1, al proprio recettore. L’interleuchina-1 (IL-1) è una citochina proinfiammatoria fondamentale che media numerose risposte cellulari, comprese quelle importanti nell’infiammazione sinoviale. IL-1 è riscontrabile nel plasma e nel liquido sinoviale dei pazienti affetti da artrite reumatoide ed è stata descritta una correlazione fra le concentrazioni di IL-1 nel plasma e l’attività della malattia. Anakinra (Kineret) è la versione ricombinante di IL-1RA prodotta in E.coli. Kineret è indicato in pazienti adulti per il trattamento dei segni e dei sintomi dell’artrite reumatoide (AR) in associazione con metotrexato. IL-2 ALDESLEUCHINA (PROLEUKIN) ANTITUMORALE L’interleuchina-2 (IL-2) è il principale fattore di crescita autocrino dei linfociti T. Viene fondamentalmente sintetizzata e secreta dai linfociti T attivati dal contatto dell’antigene. L’interleuchina-2 ricombinante di origine umana (aldesleuchina) è disponibile in commercio con il marchio di PROLEUKIN®; è impiegata nella bioterapia del cancro, termine che designa l’uso di sostanze terapeutiche di origine biologica, in grado di aumentare le normali interazioni cellulari del sistema immunitario. A differenza dei chemioterapici classici, che inibiscono direttamente la proliferazione delle cellule cancerose, la bioterapia è piuttosto un’immunoterapia, in cui il farmaco biologico attiva il sistema immunitario a riconoscere ed eliminare certi tipi di cellule cancerose Indicazioni approvate: carcinoma metastatico delle cellule renali e melanoma metastatico. IL-2 DENILEUKIN DIFTITOX (ONTAK) ANTITUMORALE Una proteina di fusione citotossica, derivata da tecnologie di rDNA, è la denileukin diftitox (Ontak). Essa strutturalmente è composta da una porzione della sequenza amminoacidica della tossina difterica seguita dalla sequenza amminoacidica dell’IL-2. Denileukin diftitox è realizzata per dirigere l’azione citotossica della tossina difterica alle cellule che esprimono il recettore per IL-2. Cellule maligne, che esprimono una o più delle subunità del recettore per l’IL-2, si trovano in certi tipi di leucemie e linfomi. È stata approvata dalla FDA per il trattamento di pazienti con linfoma cutaneo delle cellule T. L’espressione in queste cellule della componente CD25 del recettore per l’IL-2, indirizza la proteina di fusione ricombinante citotossica sulla superficie cellulare delle cellule T maligne, portando così la tossina difterica ad uccidere direttamente il bersaglio. TUMOR NECROSIS FACTOR ETANERCEPT (ENBREL) ARTRITE REUMATOIDE Immunosoppressore Il TNF-α induce varie azioni proinfiammatorie nelle cellule endoteliali, tra cui la produzione di citochine, l’espressione di molecole di adesione, la liberazione di sostanze procoagulatorie e l’induzione di sintetasi dell'ossido nitrico (NOS). L'etanercept (ENBREL) è una proteina di fusione, ottenuta tramite tecniche del DNA ricombinante, dall'unione del recettore umano per il fattore TNF-alfa con la frazione Fc dell'immunoglobulina umana IgG1. La proteina funziona da recettore solubile per il TNF-alfa e possiede alta affinità di legame per il TNF-alfa. È una molecola complessa, dall'alto peso molecolare, circa 150 KDa, che si lega al TNFα andando ad inibire la sua attività nel processo evolutivo dell'infiammazione, sia nell'uomo sia negli animali. È indicato nel trattamento DELL'ARTRITE REUMATOIDE GRAVE. TUMOR NECROSIS FACTOR ETANERCEPT (ENBREL) ARTRITE REUMATOIDE Immunosoppressore FATTORI DI CRESCITA EMATOPOIETICI Regolano la formazione, la proliferazione e il differenziamento di globuli rossi e bianchi del sangue e delle piastrine. Comprendono IL-(3-7), eritropoietina, fattori di cellule staminali, fattori colonie stimolanti granulociti-macrofagi (GM-CSF), fattori colonie stimolanti granulociti (G-CSF), fattori colonie stimolanti macrofagi (M-CSF). EPOIETINA ALFA (EPREX) • • • • Glicoproteina (165 residui, 30.4 kDa) Prodotta dal rene Stimola la produzione di globuli rossi Presenta 4 siti di glicosilazione e due ponti disolfuro indispensabili per l’attività INDICAZIONI • trattamento di anemie associata a insufficienza renale cronica • trattamento specialistico in pazienti sottoposti a chemioterapia per tumori solidi, linfoma maligno o mieloma multiplo, per ridurre la necessità di trasfusioni. • Pazienti chirurgici adulti facenti parte di un programma di predonazione autologa. DARBEPOETINA ALFA (ARANESP) Glicosilazione modificata E’ derivato di seconda generazione dell’epoietina alfa da cui differisce per la presenza di siti di glicosilazione addizionali. A causa del maggiore contenuto di carboidrati, darbepoetina alfa ha un’emivita più lunga (25 ore) e quindi una maggiore attività in vivo. Nonostante queste modifiche molecolari, darbepoetina alfa mantiene un’elevatissima specificità per il recettore dell’eritropoietina MIRCERA Forma pegilata Rientra nella categoria degli attivatori continui del recettore per l'eritropoietina, per le sue proprietà farmacocinetiche decisamente differenti rispetto alle altre forme di eritropoetina. Questa molecola, presenta una lunga emivita, stimata intorno alle 139 ore ed evidentemente superiore alle poche ore delle altre forme, permette di ridurre la frequenza di somministrazione, mantenendo comunque un'elevata efficacia. ANTICORPI COME IMMUNOTERAPIA IMMUNITÀ UMORALE = IMMUNITÀ MEDIATA DA ANTICORPI I linfociti B sono le cellule cardine dell'immunità umorale Risposta immunitaria acquisita Risposta Immunitaria specifica Risposta associata a memoria Risposta in grado di discriminare self da non-self ANTICORPI Gli anticorpi sono glicoproteine secrete da linfociti B specializzati denominati plasmacellule. ANTICORPI POLICLONALI I primi studi sugli anticorpi analizzavano immunoglobuline presenti nel sangue di soggetti immunizzati. Questa metodica, non condusse a grandi conclusioni per la presenza di moltissimi anticorpi differenti fra loro e specifici per porzioni diverse di un antigene (anticorpi policlonali). ANTICORPI POLICLONALI Dal momento che la maggior parte degli antigeni porta diversi determinanti antigenici, un singolo antigene darà origine alla produzione di una miscela di anticorpi, ciascuno prodotto da un diverso clone di linfociti B. Si parla allora di risposta immunitaria policlonale. LIMITI È difficile eliminare dal siero altri tipi di anticorpi, non specifici per l’antigene che ci interessa. L’affollamento di anticorpi diversi, ha l’inconveniente che a volte il siero riconosce anche sostanze simili, ma diverse, da quella cercata. Inoltre la risposta anticorpale non è mai costante. La quantità di anticorpi prodotti è in genere limitata. ANTICORPI POLICLONALI e MONOCLONALI Notevoli progressi furono effettuati esaminando il sangue di pazienti affetti da mieloma multiplo, un tumore delle plasmacellule, che porta alla formazione di grandi quantità di anticorpi uguali. Sarebbe quindi necessario disporre di un clone di linfociti B che producesse grandi quantità di un anticorpo in grado di legarsi a un solo determinante antigenico: un anticorpo monoclonale. Anticorpi tra loro identici in quanto derivati da cloni originati da un’unica cellula. Sono estremamente specifici nel legare una determinata sequenza (epitopo) presente su un antigene. Ogni specifico anticorpo, che riconosce uno specifico epitopo (DETERMINANTE ANTIGENICO), è prodotto da uno specifico linfocita B. ANTICORPI MONOCLONALI Tuttavia i linfociti B coltivati in vitro, muoiono dopo brevissimo tempo. La scoperta degli anticorpi monoclonali (mAb) risale al 1975, quando 2 ricercatori Cesar Milstein e Georges Kohler (che nel 1984 vinsero il premio Nobel per la medicina) misero a punto la tecnica per la sintesi degli anticorpi monoclonali PRODUZIONE DI ANTICORPI MONOCLONALI: TECNICA DELL’IBRIDOMA Per produrre un anticorpo monoclonale specifico per un certo antigene è necessario immunizzare un topo con tale antigene (1), i linfociti B vengono poi isolati dalla milza o dai linfonodi dell’animale (2). Si procede poi alla fusione dei linfociti B con la linea immortalizzata adatta (3). Le linee di mieloma sono i partners di fusione migliori per i linfociti B, dato che queste cellule tendono a fondere e dare origine ad ibridi stabili (4). Gli ibridi generati vengono selezionati in terreni di coltura selettivi in cui cresceranno e sopravivranno solo gli ibridi (5). Le cellule fuse vengono poi seminate e una volta identificati i pozzetti positivi (ossia i pozzetti contenenti l’anticorpo della specificità voluta), le cellule vengono clonate. Per ottenere grandi quantità di anticorpi è possibile far crescere i cloni di ibridoma che producono anticorpi della specificità voluta in colture su larga scala. ANTICORPI: STRUTTURA Gli anticorpi, pur appartenendo a diverse classi, hanno una stessa struttura di base: due coppie di molecole proteiche, disposte a Y e legate fra loro mediante ponti disolfuro, ossia mediante l’interazione di atomi di zolfo. Due catene proteiche hanno un elevato peso molecolare e sono dette “pesanti”; le altre due hanno un peso inferiore e sono dette “leggere”. Sia nelle catene leggere, sia in quelle pesanti vi sono regioni definite costanti, che hanno struttura simile negli anticorpi di una stessa classe; le regioni variabili sono invece estremamente differenziate (cioè formate da amminoacidi diversi) e permettono agli anticorpi il riconoscimento di una enorme quantità di molecole estranee (antigeni). ANTICORPI UMANI: ISOTIPI Differenze presenti nella sequenza amminoacidica della regione costante conferiscono una distinzione delle immunoglobuline in classi (denominate anche isotipi). ANTICORPI UMANI: ISOTIPI ANTICORPI TERAPEUTICI: IgG Tutti gli anticorpi terapeutici attuali sono della classe IgG. • Costituiscono la principale Ig sierica (80 % ca). • Hanno lunga emivita (ca 23 giorni). • Producono opsonizzazione, attivazione del complemento, citotossicità cellulare anticorpo dipendente. Poiché l'obiettivo della terapia anticorpo è uccidere direttamente la cellula bersaglio, l'isotipo di scelta è IgG1, poiché questo isotipo è ottimale per la fissazione del complemento. ANTICORPI TERAPEUTICI: IgG N CATENA LEGGERA Regione variabile (VL) Regione costante (CL) CATENA PESANTE Regione variabile (VH) Tre regioni costanti (CH1, CH2, CH3) C I ponti disolfuro intercatena nella regione cerniera stabilizzano la struttura complessiva La glicosilazione influenza l’attività Peso di circa 150.000 dalton ANTICORPI TERAPEUTICI: IgG 6 regioni ipervariabili per ogni braccio dell'immunoglobulina Le regioni determinanti la complementarità (Complementarity-Determining Regions, CDR) formano una superficie complementare all'antigene. Regioni ipervariabili che identificano tratti della catena polipeptidica dove si riscontrano le maggiori variabilità amminoacidiche che donano a ciascun anticorpo la specificità unica verso un antigene. ANTICORPI MONOCLONALI: IMPIEGHI • PURIFICAZIONE DI PROTEINE (immunoprecipitazione) • IDENTIFICAZIONE E ISOLAMENTO DI POPOLAZIONI CELLULARI (immunofluorescenza) • REAGENTI DIAGNOSTICI (ELISA, enzyme-linked immunosorbent assay) • ANTICORPI CATALITICI (abzimi) • DETOSSIFICAZIONE DA FARMACI • IMPIEGO DIAGNOSTICO • IMPIEGO TERAPEUTICO IMMUNOFLUORESCENZA ELISA ANTICORPI MONOCLONALI: AREE TERAPEUTICHE A scopo terapeutico vengono somministrati per una vasta gamma di condizioni, anche se la stragrande maggioranza sono utilizzati per il cancro, malattie autoimmuni (morbo di Crohn, artrite reumatoide) e il trapianto. Altre indicazioni comprendono la prevenzione della necrosi ischemica del miocardio secondaria a trombosi coronarica e l’osteoporosi. ANTICORPI MONOCLONALI: MECCANISMO D’AZIONE I frammenti con sito di legame per l'antigene (FAB = Fragment Antigen Binding) possono esercitare effetti diretti attraverso interazioni di legame con l'antigene (ad esempio, bloccando una proteina di riconoscimento dell’ ospite o inibiscono una tossina o un enzima di un agente patogeno). Il frammento cristallizzabile (FC = Fragment, crystallizable) interagisce con una varietà di molecole accessorie al fine di mediare funzioni effettrici indirette quali • citotossicità cellulare anticorpo-dipendente (ADCC) • fagocitosi cellulare anticorpo-dipendente (ADCP) • citotossicità complemento-dipendente (CDC) E’ importante anche per le caratteristiche farmacocinetiche. ANTICORPI TERAPEUTICI La maggior parte degli anticorpi terapeutici sono costituiti dall’intera struttura anticorpale piuttosto che dai soli frammenti Fab. I vantaggi dell'utilizzo di anticorpi non modificati includono • una più lunga emivita sierica a seguito di interazione con FcRn, • migliorata funzione effettrice tramite interazione con una ampia gamma di recettori Fc, • neutralizzazione più efficace rispetto al corrispondente frammento Fab LIMITI DEGLI ANTICORPI MONOCLONALI MURINI • Inducono una risposta immunitaria • Mostrano una emivita relativamente breve quando somministrati all’uomo (24 ore circa) • Si ha uno scarso riconoscimento del dominio fc degli anticorpi murini da parte dei meccanismi effettori umani PERTANTO VENGONO DI SOLITO RESI CHIMERICI O UMANIZZATI EVOLUZIONE DEGLI ANTICORPI MONOCLONALI ANTICORPI MONOCLONALI: NOMENCLATURA Terminano tutti con lo desinenza (-MAB) la nomenclatura di un anticorpo monoclonale usa differenti parti della parola a seconda della struttura e funzione. EVOLUZIONE DEGLI ANTICORPI MONOCLONALI La maggior parte degli anticorpi monoclonali in commercio sono umanizzati o totalmente umani • Non inducono una risposta immunitaria • Mostrano un’emivita più lunga (23 giorni contro le 24 ore dei murini) • Si ha adeguato riconoscimento del dominio fc da parte dei meccanismi effettori umani ANTICORPI MONOCLONALI: MECCANISMO D’AZIONE ANTITUMORALE In base al meccanismo d’azione possono essere classificati in ANTICORPI MONOCLONALI NUDI : lisano direttamente le cellule neoplastiche Tossine ANTICORPI MONOCLONALI CONIUGATI Sostanze Radioattive Farmaci Enzimi attivatori di un profarmaco ANTICORPI MONOCLONALI NUDI: MECCANISMO D’AZIONE ANTITUMORALE Lisi della cellula target mediante: Citotossicità dipendente dal complemento (CDC) Comporta la lisi del target tramite fissazione del complemento (IgG1 e IgG3) • Generazione di fattori pro-infiammatori. • Chemioattrazione di cellule fagocitiche. • Potenziamento della fagocitosi attraverso la produzione di proteine opsonizzanti. • Formazione di pori sulla membrana del microrganismo-uccisione di quest’ultimo. ANTICORPI MONOCLONALI NUDI: MECCANISMO D’AZIONE ANTITUMORALE Lisi della cellula target mediante: Citotossicità dipendente dall’anticorpo (ADCC) Questo processo si attua quando un anticorpo riconosce un antigene sulla membrana di una cellula e reagisce con essa, lasciando libera la sua frazione Fc. Le cellule con capacità citotossica e recettori per Fc, come le cellule NK ed i macrofagi, si uniscono al frammento Fc della immunoglobulina e producono fattori citotossici per la cellula presentante l'Ag. Effetto opsonizzante del frammento costante (Fc) ANTICORPI MONOCLONALI NUDI: MECCANISMO D’AZIONE ANTITUMORALE Lisi della cellula target mediante: Induzione diretta dell’apoptosi della cellula esprimente l’antigene Alcuni anticorpi monoclonali agiscono mediante legame con antigeni specifici espressi dalla cellula tumorale inducendo apoptosi, inibendo la crescita, o interferendo con una funzione chiave per la proliferazione cellulare. In alcuni casi, bloccano la connessione tra una cellula tumorale e citochine che promuovono la crescita cellulare - un'attività che è necessaria per la crescita del tumore e la sua sopravvivenza. Possono riconoscere la citochina o il suo recettore AZIONE NEUTRALIZZANTE ANTICORPI MONOCLONALI NUDI: MECCANISMO D’AZIONE ANTITUMORALE Alcuni anticorpi monoclonali prevengono la crescita di vasi sanguigni che nutrono il tumore. Bloccano le interazioni proteinacellule necessarie per lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni. ANTICORPI MONOCLONALI APPROVATI PER IL TRATTAMENTO DI VARIE FORME DI CANCRO LA FAMIGLIA DEI RECETTORI DEI FATTORI DI CRESCITA EPIDERMICI COME TARGET ANTITUMORALI DEGLI ANTICORPI MONOCLONALI •ErbB-1, also named epidermal growth factor receptor (EGFR) •ErbB-2, also named HER2 •ErbB-3, also named HER3 •ErbB-4, also named HER4 OMO O ETERODIMERI The main transduction pathways regulated by the four HER family members—EGFR, HER2, HER3, and HER4 Different ligands bind to the extracellular domain of the receptors, inducing homodimerization or heterodimerization to form several receptor combinations. HER2 is the preferred dimerization partner for other HER receptors. Receptor phosphorylation results from tyrosine kinase activity within the cytoplasmic domains, which in turn activates downstream signaling pathways. Fornaro, L. et al. (2011) Anti-HER agents in gastric cancer: from bench to bedside Nat. Rev. Gastroenterol. Hepatol. doi:10.1038/nrgastro.2011.81 N C HER1 e HER2 sono stati individuati come possibili bersagli per il trattamento con anticorpi monoclonali Ce-tu-xi-mab (Erbitux, 2004) Pani-tum-u-mab (Vectibix, 2006) Neci-tum-u-mab (Portrazza, 2015) L’EGFR (il recettore per il fattore di crescita epidermico) è una glicoproteina transmembrana che fa parte di una sottofamiglia di recettori tirosinchinasici. Quando attivato il recettore dimerizza con conseguente attivazione del dominio tirosin chinasico citoplasmatico. Questo promuove la crescita cellulare nei tessuti epiteliali normali, inclusi la cute ed il follicolo pilifero. Il prodotto proteico del proto-oncogene RAS è un trasduttore centrale del segnale a valle per l’EGFR. Nei tumori, l’attivazione di RAS tramite l’EGFR contribuisce ad un aumento della proliferazione, della sopravvivenza e della produzione di fattori pro-angiogenici mediati da EGFR. RAS è una delle famiglie di oncogeni attivate più di frequente nei tumori umani. EGFR viene sovraespresso in diversi tipi di cellule tumorali (colonretto, ovarico, polmone e cervello) dove appare mutato e costitutivamente attivato favorendo proliferazione e invasione/migrazione delle cellule tumorali che portano a metastasi cellulare. EGFR Tumore colon-retto Carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) Ce-tu-xi-mab (Erbitux, 2004) Pani-tum-u-mab (Vectibix, 2006) Neci-tum-u-mab (Portrazza, 2015) EGFR Cetuximab è un anticorpo monoclonale chimerico IgG1 specificamente diretto EGFR. Cetuximab si lega all’EGFR con un’affinità che è circa 5-10 volte più alta di quella dei ligandi endogeni. 1) Cetuximab blocca il legame con i ligandi endogeni dell’EGFR, inibendo così la funzione del recettore. 2) Esso inoltre induce l’internalizzazione dell’EGFR, il che può provocare la down-regulation dell’EGFR stesso. 3) Cetuximab inoltre indirizza le cellule immunitarie effettrici citotossiche verso le cellule tumorali che esprimono l’EGFR (citotossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente, ADCC). Panitumumab è un anticorpo monoclonale ricombinante completamente umano del tipo IgG2. Il suo meccanismo d’azione è analogo Necitumumab è un anticorpo monoclonale IgG1 umano approvato da FDA nel 2015 anche per il trattamento di alcune forme di cancro polmonare. Ce-tu-xi-mab (Erbitux, 2004) Pani-tum-u-mab (Vectibix, 2006) Neci-tum-u-mab (Portrazza, 2015) EGFR Indicati per il trattamento di pazienti affetti da carcinoma metastatico del colonretto con espressione del recettore per il fattore di crescita epidermico (EGFR) • in associazione con chemioterapia a base di irinotecan (inibitore della DNA topoisomerasi I) • in prima linea in associazione con FOLFOX (5-fluorouracile, leucovorin e oxaliplatino) • in monoterapia nei pazienti nei quali sia fallita la terapia a base di oxaliplatino e irinotecan e che siano intolleranti a irinotecan. Indicati per il trattamento di pazienti affetti da carcinoma a cellule squamose di testa e collo • in associazione con radioterapia per la malattia localmente avanzata; • in associazione con chemioterapia a base di platino nella malattia ricorrente e/o metastatica. Tras-tu-zu-mab (Herceptin, 1998) Per-tu-zu-mab (Perjeta, 2012) HER2 HER2 (il recettore 2 per il fattore di crescita epidermico umano) è un recettore orfano di membrana del tipo tirosin chinasico, coinvolta nelle vie di trasduzione del segnale che portano alla crescita ed al differenziamento cellulare. L’iperespressione di HER2 si osserva nel 20 %-30 % dei tumori mammari primari. Studi svolti indicano che i pazienti affetti da tumore mammario con iperespressione di HER2 hanno una sopravvivenza libera da malattia più breve rispetto ai pazienti affetti da tumore senza iperespressione di HER2 Tumore al seno Tumore dello stomaco Proliferazione neoplastica Tras-tu-zu-mab (Herceptin, 1998) Trastuzumab è un anticorpo monoclonale IgG1 umanizzato ricombinante contro il recettore 2 del fattore di crescita epidermico umano (HER2). Trastuzumab si lega con un’elevata affinità e specificità al subdominio IV, una regione perimembranosa del dominio extracellulare di HER2. 1) Il legame di trastuzumab con HER2 ne inibisce l’attivazione. Conseguentemente, inibisce la proliferazione delle cellule tumorali umane che iperesprimono HER2. 2) Il farmaco attiva il complemento. 3) Inoltre il trastuzumab è un potente mediatore della citotossicità anticorpo dipendente cellulo-mediata (ADCC). In vitro la ADCC mediata da trastuzumab ha dimostrato di essere esercitata in maniera preferenziale sulle cellule tumorali con iperespressione di HER2, rispetto alle cellule tumorali che non iperesprimono HER2. 4) Il farmaco induce eliminazione endocitotica del recettore. HER2 Per-tu-zu-mab (Perjeta, 2012) Perjeta è un anticorpo monoclonale IgG1 umanizzato ricombinante mirato specificamente al dominio di dimerizzazione extracellulare (sottodominio II) del recettore del fattore di crescita epiteliale umano 2 (HER2) e, quindi, blocca la eterodimerizzazione ligandodipendente di HER2 con altri membri della famiglia HER, compresi EGFR, HER3 e HER4. L’associazione trastuzumab, pertuzumab e docetaxel è stata approvata come trattamento di prima linea per i tumori al seno positivi per HER2. HER2 L’ANTIGENE CD20 COME TARGET ANTITUMORALE DEGLI ANTICORPI MONOCLONALI TUMORI EMATOLOGICI Ri-tu-xi-mab (Rituxan, Mabthera, 1997) Ofa-tum-u-mab (Arzerra, 2009) Obinu-tu-zu-mab (Gazyvaro, 2013) CD20 L’antigene transmembranico CD20 è una fosfoproteina Leucemie e linfomi non glicosilata, che si trova sui linfociti B ma viene persa durante il differenziamento a plasmacellule. L'antigene viene espresso su oltre il 95 % di tutti i linfomi nonHodgkin a cellule B. Si trova anche nelle cellule B normali. Presenta una regione idrofobica che attraversa 4 volte la membrana, rendendola simile alla struttura di un canale ionico. Entrambe le porzioni Nterminale e C-terminale della molecola sono localizzate nel citoplasma. L’esatta funzione del CD20 rimane ancora sconosciuta (CANALE Ca++?). Ri-tu-xi-mab (Rituxan, Mabthera, 1997) Ofa-tum-u-mab (Arzerra, 2009) Obinu-tu-zu-mab (Gazyvaro, 2013) CD20 Il rituximab è un anticorpo monoclonale IgG1 chimerico. Il dominio Fab del rituximab si lega all'antigene CD20 sui linfociti B e il dominio Fc può attivare le funzioni effettrici del sistema immunitario con lo scopo di provocare la lisi delle cellule B. I meccanismi possibili della lisi cellulare mediata dall’effettore comprendono: 1) la citotossicità complemento-dipendente (CDC) attraverso il legame con il C1q e 2) la citotossicità cellulare anticorpodipendente (ADCC) mediata da uno o più recettori Fcγ sulla superficie di granulociti, macrofagi e cellule NK. 3) È stato anche dimostrato che il legame del rituximab all’antigene CD20 sui linfociti B induce la morte cellulare per apoptosi. Ofatumumab è un anticorpo monoclonale umano (IgG1). E’ stato osservato che ofatumumab induce lisi cellulare nelle cellule rituximab-resistenti. Obinutuzumab è un anticorpo monoclonale anti-CD20 di tipo umanizzato della sottoclasse IgG1. La glicoingegnerizzazione della regione Fc di obinutuzumab comporta un’affinità maggiore per i recettori FcɣRIII presenti sulle cellule effettrici del sistema immunitario, quali cellule NK (Natural Killer), macrofagi e monociti, rispetto agli anticorpi non glicoingegnerizzati. Ri-tu-xi-mab (Rituxan, Mabthera, 1997) Ofa-tum-u-mab (Arzerra, 2009) Obinu-tu-zu-mab (Gazyvaro, 2013) CD20 MabThera è indicato per il trattamento di pazienti affetti da linfoma nonHodgkin, CD20 positivo, diffuso a grandi cellule B, in associazione a chemioterapia (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisolone). MabThera , Arzerra e Gazyvaro in associazione a chemioterapia sono indicati per il trattamento di pazienti con leucemia linfatica cronica (LLC) recidiva/refrattaria. MabThera in associazione a metotressato è indicato per il trattamento dell’artrite reumatoide attiva di grado grave in pazienti adulti che hanno mostrato un’inadeguata risposta o un’intolleranza ad altri farmaci antireumatici. I linfociti B secernono il Fattore Reumatoide (FR). I pazienti positivi per il fattore reumatoide con bassa disabilità possono ottenere una risposta clinica efficace quando trattati con Rituximab. FATTORE DI CRESCITA DELLE CELLULE ENDOTELIALI VASCOLARI (VEGF) COME TARGET ANTITUMORALE DEGLI ANTICORPI MONOCLONALI Under pathologic conditions, VEGF is secreted by tumor cells in the majority of cancers and acts on endothelial cells of existing blood vessels to promote new blood vessel formation. VEGF release by tumor cells initiates the angiogenic process by activating endothelial cells and promoting their migration. Pathologic angiogenesis is critical to the growth (by providing oxygen and other nutrients) and malignant dissemination (providing a route for metastases) of solid tumors Beva-ci-zu-mab (Avastin, 2004) Bevacizumab, legandosi al fattore di crescita delle cellule endoteliali vascolari (VEGF), promotore chiave della vasculogenesi e dell’angiogenesi, impedisce a quest’ultimo di legarsi ai suoi recettori sulla superficie delle cellule endoteliali. VEGF Carcinoma metastatico del colon-retto Cancro seno Cancro ovarico Il blocco dell'attività biologica del VEGF fa regredire la vascolarizzazione dei tumori, normalizza la vascolarizzazione tumorale residua, e inibisce la formazione di nuova vascolarizzazione, impedendo perciò la crescita tumorale. Beva-ci-zu-mab (Avastin, 2004) VEGF Bevacizumab in associazione con chemioterapia è indicato per il trattamento di • • • • • • carcinoma metastatico del colon e del retto. carcinoma polmonare, avanzato, metastatico. carcinoma renale avanzato e/o metastatico. carcinoma ovarico. carcinoma alle tube di falloppio. carcinoma della cervice persistente. Bevacizumab in associazione con paclitaxel è indicato per il trattamento in prima linea di pazienti adulti con carcinoma mammario metastatico. VEGF Roche Novartis R-ANIBI-ZU-MAB (Lucentis, 2006) VEGF Ranibizumab è un frammento di un anticorpo monoclonale ricombinante umanizzato diretto contro il fattore di crescita endoteliale vascolare umano A (VEGF-A). Categoria farmacoterapeutica: Oftalmologici, agenti anti-neovascolarizzazione Lucentis è indicato negli adulti per: • Il trattamento della degenerazione maculare neovascolare legata all’età • Il trattamento della diminuzione visiva causata da neovascolarizzazione coroideale, dall’edema maculare diabetico o dall’edema maculare secondario ad occlusione venosa retinica. Lucentis è somministrato con singola iniezione mensile intravitreale sotto anestesia locale. Rispetto al bevacizumab, Lucentis è una molecola più piccola che ha delle proprietà peculiari quali il minor peso molecolare (48 kD) che giustifica la maggior capacità di penetrare tutti gli strati della retina e quindi di diffondere nello spazio sottoretinico dopo somministrazione intravitreale. USO INTRAVITREO DI AVASTIN Avastin non è formulato per l’uso intravitreo In seguito all’uso intravitreo non approvato di Avastin, costituito da flaconcini approvati per somministrazione endovenosa in pazienti oncologici, sono state segnalate gravi reazioni avverse oculari sia individuali che in gruppi di pazienti. Queste reazioni includono endoftalmite infettiva, infiammazione intraoculare come endoftalmite sterile, uveite, vitreite, distacco di retina, lacerazione dell'epitelio pigmentato della retina, aumento della pressione intraoculare, emorragie intraoculari come emorragie intravitreali o emorragie retiniche ed emorragie congiuntivali. Alcune di queste reazioni hanno portato a vari gradi di perdita della vista, inclusa cecità permanente. VEGF Roche Novartis AFLIBERCEPT VEGF Aflibercept, conosciuto anche in letteratura come VEGF TRAP, è una proteina di fusione ricombinante costituita dalle porzioni di legame con il VEGF dei domini extracellulari dei recettori umani del VEGF fusi con la porzione Fc dell'IgG1 umana. Aflibercept funge da recettore solubile di captazione che lega il VEGF con un'affinità maggiore di quella dei recettori nativi. ZALTRAP in combinazione con chemioterapia è indicato nei pazienti adulti con carcinoma colorettale metastatico. EYLEA è indicato nei pazienti adulti con degenerazione maculare neovascolare Ramu-cir-u-mab (Cyramza, 2015) VEGFR Ramucirumab è un anticorpo monoclonale umano IgG1 diretto contro il recettore del VEGF e blocca il legame a quest’ultimo di VEGF. Su queste basi ramucirumab inibisce l’attivazione ligando indotta e la cascata a valle dei secondi messaggeri, comprese le proteine chinasi mitogeno-attivate p44/p42, neutralizzando la proliferazione e la migrazione delle cellule endoteliali umane normalmente indotta dal legame del ligando al recettore. INDICAZIONI In associazione a chemioterapici è indicato per il trattamento di pazienti adulti con • carcinoma gastrico avanzato • carcinoma del colon-retto metastatico • carcinoma del polmone L’attività antitumorale di anticorpi non modificati indirizzati al tumore è ridotta quando questi vengono utilizzati per il trattamento di alcuni tumori solidi. Queste limitazioni possono essere dovute ad uno scarso uptake dell’anticorpo dalla massa neoplastica, e all’insorgenza di forme di resistenza. ANTICORPI MONOCLONALI CONIUGATI come strategia di PHARMACODELIVERY Diversi farmaci, sostanze radioattive e tossine sono efficaci antitumorali che tuttavia sono tossici per le cellule sane. Questo ne limita l’impiego terapeutico. Coniugare tali sostanze ad anticorpi può limitarne gli effetti collaterali. In questo senso l’anticorpo ideale dovrebbe riconoscere solo antigeni esposti sulle cellule tumorali. In realtà riconoscono antigeni sovraespressi sulle cellule tumorali. IMMUNOCONIUGATI: STRATEGIE ANTICORPI MONOCLONALI APPROVATI PER IL TRATTAMENTO DI VARIE FORME DI CANCRO CHEMOIMMUNOCONIUGATI CHEMOIMMUNOCONIUGATI Antibody Drug Conjugates (ADC) • Mirano a sfruttare la specificità degli anticorpi monoclonali (mAb) per fornire potenti farmaci citotossici selettivamente alle cellule tumorali che esprimono l'antigene. • L'anticorpo (o un suo frammento) è collegato tramite un legame chimico a un farmaco citotossico (anti-cancerogeno) biologicamente attivo. CHEMOIMMUNOCONIUGATI Antibody Drug Conjugates (ADC) L’EFFICACIA DI UN CHEMOIMMUNOCONIUGATO DIPENDE DA Tipo di anticorpo: dovrebbe riconoscere un antigene ben caratterizzato con alta espressione al sito tumorale e bassa espressione su tessuto normale per massimizzare l'efficacia e ridurre gli effetti tossici. Tipo e quantità di farmaco coniugato: se la quantità di farmaco coniugato è ridotta si rischia bassa efficacia mentre coniugare con quantità eccessive di farmaco può compromettere la farmacocinetica. Il numero medio di farmaci coniugati all'anticorpo è il più importante fattore di qualità di un ADC (efficacia e sicurezza). Linker: In genere bifunzionali. L'identità e la stabilità del linker sono fondamentali per il successo di un ADC. Il linker deve essere stabile per consentire alla ADC di circolare nel flusso sanguigno prima di raggiungere il sito tumorale senza liberare prematuramente il farmaco "citotossico" e danneggiare il tessuto normale. Il linker dovrebbe anche essere abbastanza labile per liberare efficacemente il farmaco dopo che l'ADC trova il suo antigene bersaglio. CHEMOIMMUNOCONIUGATI Antibody Drug Conjugates (ADC) APPROVATI • Gemtuzumab ozogamicin (Mylotarg®): Approved 2000. An anti-CD33 antibody conjugated to the cytotoxin calicheamicin: withdrawn from market in 2010. • Brentuximab vedotin (Adcetris®): Approved 2012; Takeda An anti-CD30 antibody conjugated via cleavable linker to cytotoxic monomethyl auristatin (MMAE) - Hodgkins lymphoma. • Ado-trastuzumab emtansina (Kadcyla®) Approved 2013; Genentech An anti-Her2 antibody conjugated to cytotoxic “DM-1” (derivative of maytansine) - Her2 metastatic breast cancer. CHEMOIMMUNOCONIUGATI Antibody Drug Conjugates (ADC) Meccanismo d’azione LINKER SENSIBILI ALLE PROTEASI LISOSOMIALI O AL PH ACIDO LISOSOMIALE Mylotarg® Adcetris® Kadcyla® CHEMOIMMUNOCONIUGATI APPROVATI Gem-tu-zumab ozogamicin (Mylotarg®): • Approvato nel 2000. Ritirato dal commercio nel 2010 da Pfizer. • E’ costituito da un anticorpo anti-CD33 (cluster di differenziazione) coniugato al farmaco citotossico caliceamicina antibiotico antitumorale isolato dal batterio Micromonospora echinospora. Caliceamicina lega il solco minore del DNA e ne provoca la scissione. • Veniva usato per il trattamento della LEUCEMIA MIELOIDE ACUTA. CD33 è un antigene presente sulla superficie delle cellule della leucemia mieloide acuta (leucociti) nell’80% circa dei pazienti e sembra coinvolto nei processi di adesione cellulare. LINKER ANTICORPO ANTI-CD33 CALICEAMICINA Gem-tu-zumab ozogamicin (Mylotarg®) Gli effetti collaterali e la scarsa efficienza di Mylotarg sono probabilmente dovuti a linker non sufficientemente stabile dal punto di vista chimico. Il meccanismo di rilascio è prevalentemente dipendente dal pH. È stato riscontrato che una quantità significativa di farmaco viene rilasciato nel flusso sanguigno. CHEMOIMMUNOCONIUGATI Antibody Drug Conjugates (ADC) APPROVATI Bren-tu-xi-mab vedotin (Adcetris®): approvato nel 2012. E’ costituito da un anticorpo anti-CD30 coniugato al farmaco citotossico monometil auristatina (MMAE). ADCETRIS è indicato per il trattamento di pazienti adulti affetti da linfoma di Hodgkin CD30+ recidivante o refrattario. Il CD30 è implicato in numerosi meccanismi tra cui i processi di proliferazione e sopravvivenza cellulare, la regolazione della produzione di citochine e l’apoptosi, sebbene molti dettagli di tali azioni siano ancora da definire. Nei tessuti normali, il CD30 ha un basso profilo di espressione limitato alle cellule T attivate, alle cellule B attivate e alle cellule natural killer attivate. LINKER Anticorpo ANTI-CD30 MMAE Brentuximab vedotin (Adcetris®) Dolabella auricularia Diversi analoghi sono stati testati come antitumorali in studi clinici. A causa di problemi di tossicità solo la coniugazione con un anticorpo monoclonale ha consentito di arrivare in terapia. Brentuximab vedotin (Adcetris®) 4 unità di MMAE per ogni IgG Brentuximab vedotin (Adcetris®) The purpose of the mc spacer is to provide enough room so that the vc group can be recognized by cathepsin B, which cleaves the citrulline-PABC amide bond. Numerous studies have shown that cathepsin B overexpression is correlated with invasive and metastatic phenotypes in cancers. Brentuximab vedotin (Adcetris®) CHEMOIMMUNOCONIUGATI Antibody Drug Conjugates (ADC) Trastuzumab emtansine (Kadcyla, 2013) HER2 Tumore al seno Tumore dello stomaco È un anticorpo-farmaco coniugato che contiene la IgG1 umanizzata anti-HER2, trastuzumab, legata in modo covalente all’inibitore dei microtubuli DM1 (un derivato della maitansina). In media 3,5 molecole di DM1 sono coniugate a ogni molecola di trastuzumab. La coniugazione di DM1 con trastuzumab conferisce selettività all’agente citotossico per le cellule tumorali che sovraesprimono HER2, aumentando di conseguenza il rilascio intracellulare di DM1 direttamente alle cellule maligne. Legandosi a HER2, trastuzumab emtansine viene sottoposto a un’internalizzazione recettore-mediata e successivamente a degradazione lisosomiale, con conseguente rilascio di DM1. Maitansine isolate dalla corteccia di un albero del genere Maytenus HER2 Trastuzumab emtansine (Kadcyla, 2013) Kadcyla, in monoterapia, è indicato per il trattamento di pazienti adulti affetti da tumore mammario HER2- positivo, inoperabile, localmente avanzato o metastatico, sottoposti in precedenza a trattamento con trastuzumab. Tumore al seno Tumore dello stomaco Trastuzumab emtansine possiede il meccanismo d’azione sia di trastuzumab sia di DM1: ● Trastuzumab emtansine, come trastuzumab, si lega al dominio IV del dominio extracellulare di HER2 e ne impedisce l’attivazione. Kadcyla come trastuzumab non coniugato attiva il complemento. In aggiunta, trastuzumab emtansine, come trastuzumab, media la citotossicità cellulomediata anticorpo-dipendente (ADCC) nelle cellule di tumore mammario umano che iperesprimono HER2. ● DM1, il componente citotossico di trastuzumab emtansine, si lega alla tubulina. Inibendo la polimerizzazione della tubulina, blocca il ciclo cellulare nella fase G2/M, provocando in ultima analisi la morte apoptotica della cellula. Trastuzumab emtansine (Kadcyla, 2013) HER2 Tumore al seno Tumore dello stomaco RADIO IMMUNOCONIUGATI RADIO IMMUNOCONIUGATI RADIO IMMUNOCONIUGATI CD20 Ibri-tum-o-mab Tiuxetan (Zevalin, 2002) L’ibritumomab tiuxetano è un anticorpo monoclonale IgG1 ricombinante murino specifico per l’antigene CD20 delle cellule B. L’ibritumomab tiuxetano radiomarcato con [90Y] si lega in modo specifico alle cellule B che esprimono il CD20, incluse le cellule maligne. L’isotopo ittrio-90 è un puro β-emittente con una penetrazione media della radiazione nei tessuti di circa 5 mm. Da questo deriva la sua capacità di distruggere sia le cellule bersaglio sia quelle vicine. Zevalin radiomarcato con [90Y] è indicato per il trattamento di pazienti adulti affetti da linfoma non-Hodgkin follicolare a cellule B CD20+ recidivanti o refrattari a rituximab. Leucemie e linfomi IMMUNOTOSSINE In fase di sperimentazione clinica TOSSINE BATTERICHE Pseudomonas Exotoxin A-based Immunotoxins (inibisce la sintesi proteica) Diphtheria toxin-based Immunotoxins (inibisce la sintesi proteica) TOSSINE VEGETALI Ricin Toxin-based Immunotoxins Vantaggi: Sono molto potenti Sono generalmente stabili Svantaggi: Rischi in fase di purificazione Tossicità Immunogenicità (anticorpi antitossina) To construct immunotoxins, the binding domain of each toxin is removed and replaced with an antibody or antibody fragment. ANTIBODY-DIRECTED ENZYME PRODRUG THERAPY (ADEPT) In fase di sperimentazione clinica The enzyme is targeted to tumour by an antibody directed against a tumour associated antigen. After clearance of antibody-enzyme from blood, a non-toxic prodrug that is substrate for the enzyme is given. The enzyme converts the prodrug to a cytotoxic drug within extracellular areas of tumour. The generated drug being a small molecule can diffuse throughout the tumour mass killing tumour cells both antigen positive as well as cells that do not express the antigen giving a by-stander effect. The enzyme also provides an amplification effect generating high concentration of drug within tumours. ANTICORPI MONOCLONALI: LIMITI NEL TRATTAMENTO DI TUMORI • La distribuzione di antigeni sulle cellule neoplastiche può essere eterogenea. Alcune cellule possono esprimere l’antigene altre no. • L’irrorazione ematica del tumore non è sempre ottimale • L’elevata pressione interstiziale all’interno del tumore può ostacolare l’interazione con l’anticorpo monoclonale. Questa pressione ritarda notevolmente il passaggio delle molecole attraverso la parete vasale, ed è l’ostacolo principale alla perfusione dei tumori con molecole anti-neoplastiche di peso superiore ai 5.000 Dalton (5 kDa) come i MoAbs, questi ultimi di 150 kDa. • Insorgenza di resistenze MAB PER IL TRATTAMENTO DI PATOLOGIE INFIAMMATORIE/IMMUNO-MEDIATE Comprendono un gruppo di patologie croniche caratterizzate da meccanismi patogenetici di natura immunitaria. Le malattie più note nell’ambito di questo gruppo comprendono l’artrite reumatoide, la psoriasi, la malattia di Crohn. È stato accertato che queste patologie dipendono da una alterazione dei meccanismi regolatori del sistema immunitario che, a sua volta, determina una iperespressione e iper-attivazione di citochine pro-infiammatorie, molecole di adesione, chemochine, etc., con conseguente mantenimento di uno stato infiammatorio cronico, che promuove una progressiva distruzione e rimodellamento patologico dei tessuti colpiti. Sono disponibili farmaci antiinfiammatori e immunosoppressori tradizionali, che tuttavia non sono soddisfacenti in termini sia di efficacia che di sicurezza di impiego. Per questa ragione sono stati sviluppati e immessi nella pratica clinica anticorpi monoclonali in grado di legare in maniera selettiva bersagli molecolari specifici, con conseguente neutralizzazione delle loro funzioni pro-infiammatorie. ANTICORPI MONOCLONALI: MECCANISMO D’AZIONE IMMUNOSOPPRESSORE L’effetto immunosoppressore può essere ottenuto bloccando: • Il riconoscimento dell’antigene: il target può essere costituito da molecole responsabili dell’iniziazione della risposta immune cellulo-mediata (molecole complesso maggiore di istocompatibilità, recettore T cellulare TCR) • Molecole accessorie (quali corecettori CD4, CD8, costimolatori CD28) che inviano alla cellula un segnale costimolatorio. Contribuiscono all’amplificazione del segnale trasmesso dal TCR, affinché il linfocita si attivi. • Molecole di adesione (CD11/ CD18, CD54, le selectine) deputate tanto a mediare i contatti intercellulari quanto la migrazione cellulare nel sito di flogosi. • Fattori solubili, (ad esempio IgE e citochine come TNF-alfa, IL) coinvolte nell’ amplificazione della risposta immune INF-LI-XI-MAB (Remicade, 1999) ADA-LIM-U-MAB (Humira, 2003) GO-LIM-U-MAB (Simponi, 2009) CERTO-LI-ZU-MAB (Cimzia, 2008) TNFα MALATTIA DI CHRON ARTRITE REUMATOIDE PSORIASI Formano rapidamente complessi stabili con TNFα umano, sia nella sua forma solubile che in quella associata alla membrana cellulare neutralizzandolo. Infliximab è un anticorpo chimerico. Golimumab e Adalimumab sono anticorpo monoclonali umani. Cimzia non contiene il frammento cristallizzabile (Fc). E’ composto dal solo frammento Fab ed è pegilato. Cimzia ha mostrato di neutralizzare in maniera dosedipendente il TNFα umano, sia nella sua forma solubile che in quella associata alla membrana cellulare. POSOLOGIA Per i pazienti adulti che soffrono di artrite reumatoide la dose abituale è di 40 mg di adalimumab ogni 15 giorni sotto forma di iniezione sottocutanea. IL-2R BASI-LI-XI-MAB (Simulect, 1998) Basiliximab è un anticorpo monoclonale chimerico diretto contro la catena α del recettore dell’interleuchina-2 (antigene CD25), che viene espresso sulla superficie dei linfociti T in risposta ad uno stimolo antigenico. Impedisce il legame con l’interleuchina-2, segnale critico per la proliferazione dei linfociti T nella risposta immunocellulare coinvolta nel rigetto del trapianto. PROFILASSI DEL RIGETTO D’ORGANO Simulect è indicato per la profilassi del rigetto acuto in pazienti adulti e pediatrici (1-17 anni) sottoposti a trapianto renale allogenico. Deve essere usato in associazione ad un trattamento immunosoppressivo a base di ciclosporina e corticosteroidi DAC-LI-ZU-MAB (Zinbryta, 2016) Daclizumab è un anticorpo monoclonale IgG1 umanizzato diretto contro la catena α del recettore dell’interleuchina-2 (antigene CD25) IL-2R SCLEROSI MULTIPLA Daclizumab, approvato in Europa nel 1999 con il nome di Zenapax, come trattamento per il rigetto del rene, è stato ritirato dal mercato europeo nel 2009. Dal 2016 il Daclizumab, con il nome commerciale di Zinbryta, è indicato nei pazienti adulti per il trattamento della sclerosi multipla con una diversa via di somministrazione (sottocutanea anzichè endovenosa). Gli effetti della modulazione della via del segnale dell’IL-2, comprendono l'antagonismo selettivo delle risposte delle cellule-T attivate. Si ritiene che tali effetti immunomodulatori possano contribuire alla riduzione della patologia del SNC nella sclerosi multipla e possano, pertanto, ridurre le recidive e la progressione della disabilità. OMA-LI-ZU-MAB (Xolair, 2003) Omalizumab è un anticorpo monoclonale IgG1 umanizzato che lega le IgE e ne previene il legame con i recettori specifici posto su mastociti e basofili riducendo in tal modo la quantità di IgE libera che può innescare la cascata allergica. IgE Asma allergica e orticaria Il rilascio in vitro di istamina dai basofili isolati dai soggetti trattati con Xolair si è ridotto di circa il 90% a seguito di stimolazione con un allergene rispetto ai valori precedenti al trattamento. Xolair è indicato, come terapia aggiuntiva, per migliorare il controllo dell’asma in pazienti con asma allergica grave persistente che hanno ridotta funzionalità polmonare. E’ anche indicato come terapia aggiuntiva, per il trattamento dell’orticaria cronica La dose appropriata e la frequenza di somministrazione di Xolair sono determinate dai livelli di IgE basali, rilevati prima di iniziare il trattamento, e dal peso corporeo. Somministrazione sc. BRONCOSPASMO EDEMA SECREZIONE DI MUCO MEPO-LI-ZU-MAB (Nucala, 2015) RES-LI-ZU-MAB (Cinqaero, 2016) Sono anticorpi monoclonali umanizzati diretti contro l’interleuchina-5 umana (IL-5). Interferiscono con il legame dell’IL-5 con il suo recettore sulla superficie degli eosinofili. IL-5 è una citochina fondamentale, responsabile della differenziazione, della maturazione, del reclutamento e dell’attivazione degli eosinofili umani. Il blocco di IL-5 comporta una riduzione della sopravvivenza e dell'attività degli eosinofili. La presenza di un infiltrato significativo di eosinofili attivati è una delle principali caratteristiche della fase tardiva dell'infiammazione allergica nell'asma. Gli eosinofili contribuiscono al danno tissutale delle vie aeree rilasciando prodotti quali leucotrieni. Sono indicati come terapia aggiuntiva in pazienti adulti con asma non adeguatamente controllata nonostante l’uso di corticosteroidi per via inalatoria. Somministrazioni mensili sc (Nucala) o ev (Cinqaero) IL-5 Asma GRAVE a componente eosinofila MAB PER IL TRATTAMENTO DI PATOLOGIE VARIE DEN-OS-U-MAB (Prolia, 2010) OSTEOPOROSI DEN-OS-U-MAB (Xgeva, 2010) FRATTURE OSSEE DOVUTE A METASTASI RANKL Denosumab è un anticorpo monoclonale umano (IgG2) diretto contro il RANKL (ligando dell’attivatore recettoriale del fattore nucleare kB), al quale si lega con elevata affinità e specificità, prevenendo l’attivazione del suo recettore RANK, presente sulla superficie degli osteoclasti. Il blocco dell’interazione tra RANKL e RANK inibisce la formazione, la funzionalità e la sopravvivenza degli osteoclasti, riducendo in tal modo il riassorbimento osseo. Prolia, indicato per il trattamento dell’osteoporosi (60 mg) in donne in post-menopausa e in uomini ad aumentato rischio di fratture. Nelle donne in post-menopausa, Prolia riduce significativamente il rischio di fratture vertebrali, non vertebrali e di femore. Xgeva (120 mg) è indicato per la prevenzione di eventi patologici correlati all’apparato scheletrico negli adulti con metastasi ossee. RANKL, è un mediatore chiave della distruzione dell’osso nella malattia ossea metastatica AB-CI-XI-MAB (ReoPro, 1997) Abciximab è un anticorpo monoclonale chimerico diretto contro il recettore glicoproteico IIb/IIIa a livello delle piastrine. Il blocco dei recettori GPIIb/IIIa con antagonisti impedisce la reticolazione mediata dal fibrinogeno in piastrine attivate, prevenendo così la crescita di trombi. Viene utilizzato nel trattamento delle complicazioni ischemiche in pazienti a rischio di infarto o sottoposti ad angioplastica. Il trattamento con abciximab consente l’inibizione dell’aggregazione piastrinica. Glicoproteina IIb/IIIa Terapie antitrombotiche PALI-VI-ZU-MAB (Synagis, 1998) Palivizumab è un anticorpo umanizzato diretto contro un epitopo del virus respiratorio sinciziale (RSV). Questo è stato riconosciuto come il più importante virus in patologia delle vie aeree del bambino. Nell’adulto i sintomi del virus respiratorio sinciziale sono lievi e di solito imitano il comune raffreddore. L’infezione può però essere grave, soprattutto nei neonati prematuri e nei bambini con precarie condizioni di salute di base. L’anticorpo ha una potente attività neutralizzante nei confronti del meccanismo di fusione (proteina di fusione F) del virus. Palivizumab è impiegato nel trattamento delle infezioni provocate dal virus respiratorio sinciziale (RSV) in bambini nati prematuri. RSV Antivirale TOP SELLING PHARMA DRUGS IN 2016 TNFα Mab TNFα TNFα Mab CD20 Mab TOP SELLING PHARMA DRUGS IN 2016 VEGF Mab HER2 Mab VEGF TOP SELLING PHARMA DRUGS IN 2016