2007 Antigone pieghevole

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Personaggi ed interpreti
Sorella 1: Gaia Bovolenta
Sorella 2: Sara Bonomelli
SS: Stefano Ranza
Narratore 1: Giulia Sangalli
Narratore 2: Lorena Vezzoli
Antigone: Maria Francesca Tropea/ Maria Mondini
Ismene: Alice Guizzetti/ Zaira Luna
Coro di Tebani: Giulia Agostinelli, Sara Guizzetti, Michela Pievani, Jennifer
Rosa
Creonte: Massimo Guizzetti
Guardia 1: Nicola Contessi
Guardia 2: Stefano Ranza
Emone: Luca Cattaneo
Tiresia: Luigi Pischedda
Ragazzo che guida Tiresia: Manuele Mondini
Messaggero: Ilaria Feriti
Euridice: Andrea Spelgatti
ANTIGONE
da Sofocle e Brecht
Suonano dal vivo: Francesca Moreschi (viola), Fabio Minelli e Alessandro
Spadaccini (corno)
Operatori tecnici – Tommaso Mondini, GioPaolo Baglioni
Adattamento e riduzione del testo a cura di Onelia Bardelli e Elisa Guizzetti
con gli allievi del Liceo classico “D. Celeri” Lovere
Drammaturgia – Nadia Savoldelli
Regia - Nadia Savoldelli e Laila Figaroli (Associazione “Il cerchio di gesso” –
Bergamo)
Costumi Onelia Bardelli
Musiche da Voci dal silenzio di Ennio Morricone, dall’album Antigone degli
Heaven Shall Burn, dalla colonna sonora del film The Hours di Philil Glass,
dalla colonna sonora del film Cuore sacro di Andrea Guerra, da Antigone di
Felix Mendelssohn, canto tradizionale palestinese.
Coordinatrice e responsabile del progetto Onelia Bardelli
a cura di
Liceo Classico “D. Celeri “ Lovere
e
Ass.“Il cerchio di gesso” Bergamo
NOTE DI REGIA PER ANTIGONE
di Nadia Savoldelli
Nel tempo di elaborazione della regia di questo spettacolo, scoprivo lentamente gli elementi
fondamentali della tragedia greca come il dolore, la scelta e il destino. Il fine della tragedia non
era solo spettacolare, nessuna esibizione tecnica attoriale del sentimento tragico, nessun
virtuosismo registico, bensì capro espiatorio e catarsi: l'ingiusta morte dell'eroe/martire suscita
la pietà e il terrore, componenti necessari allo spettatore per la rigenerazione del proprio
sentimento (Aristotele). Un rito quindi, una purificazione dello spettatore-individuo, il quale,
attraverso la visione del dolore sacrificale sopportato dall'eroe, esce dal teatro diverso da come
vi era entrato.
Di fronte a una tragedia come quella di Antigone non è possibile restare indifferenti, essere un
semplice esecutore. Perciò il mio compito e il mio dovere è anche quello di esporre sulla scena il
disagio del mio tempo e della mia esperienza di vita; esattamente così come fece Sofocle nel suo
tempo. Sono forse scomparsi i tiranni, le false democrazie, le ingiustizie sociali, il male della
prepotenza? La risposta è sotto lo sguardo di tutti, a meno che non si voglia chiudere gli occhi
per non vedere, per restare aggrappati alla necessità della speranza, alibi maledetto della nostra
sopravvivenza. E proprio in questo secolo di guerre e sopraffazioni ne abbiamo una
drammatica conferma. La mia non è una conclusione sentenziosa e amara bensì una
provocazione, felice di essere smentita! Concludo Citando dal saggio di Rossana Rossanda,
Antigone ricorrente, "…Certo è che ad alcune tragedie si ritorna ma altre, come "Antigone",
sembrano tornare. Non per essere scavate e rivelare nuovi sensi, ma come allusive, rivissute”
La scena vede nel clima generale del rito sacrificale, una ambientazione di guerra, con macerie,
polvere, ricca di simboli.
La prima scena di prologo dove echeggia la guerra nel testo di Brecht i personaggi appaiono
come sotto l’effetto di un allucinogeno, estranei a ciò che dicono, freddi, distaccati, con una
recitazione non emotiva, quasi monotona. Alla fine la discesa nel pubblico rappresenta la loro
esistenza reale: sono tra noi le vittime e i carnefici: le due narratrici del passato invece portatrici
di riscatto, li accolgono con il rito della purificazione al lavarsi le mani. Solo allora esse possono
raccontare la storia di Antigone.
La scena poi si apre su due stanze A sx quella di Antigone, a dx quella di Creonte.
Entrambe sono costituite da tre lati, mentre è aperto quello davanti al pubblico. Entrambe
hanno alla parete di fondo una tela o carta bianca sulla quale i protagonisti scriveranno segni di
china nera
Antigone rappresenta la memoria, il passato non per altro non vuole avere figli per paura del
futuro, che invece viene rappresentato da Creonte che deve costruirlo continuamente; lei lascia
segni di scrittura lenta, dolce , a linee curve, ricercate, mentre Creonte lascia segni netti, decisi.
Anche la preparazione della china richiama un gesto antico nello stemperarla in una ciotola di
terracotta facendo tanti cerchi.
Due stanze rappresentano i “luoghi” di Antigone e di Creonte, le loro emozioni .
La tenda di pizzo rosso rappresenta il sacrificio femminile, l’intimità della casa, degli affetti,
della famiglia, del privato domestico; per Creonte il colore nero il diritto e la legge pubblica, il
buio del potere.
Al centro della scena c’è una cubo grande dove si collocano gli stasimi, dove si ascoltano
dialoghi importanti che vengono confidati quasi in un sussurro penitenziale: se gli dèi sono
sempre onnipotenti sul destino degli umani, la giustizia e la responsabilità degli uomini sono
tuttavia affermate; così, la tragedia mette ai primi posti l'uomo, che può, in certa misura,
prendere in mano il suo destino e cessa di essere il giocattolo di un cieco destino.
La molla tragica per eccellenza delle tragedie di Sofocle si fonda sulla decisa volontà degli eroi
in scena. Così essi possono ogni volta confidare pensieri ed errori.
Il confessionale rappresenta lo spazio di rapporto con la coscienza nella cultura cattolica e
richiama Sofocle che presenta quanto sia giusta una legge dettata dalla coscienza come quella
che spinge Antigone al gesto coraggioso di ribellarsi alla legge dello Stato.
Sul proscenio davanti alla stanza di Antigone c’è un grande cesto contenete sale bianco fine a
rappresentare la sabbia, polvere che lei userà per coprire il corpo del fratello.
Davanti alla stanza di Creonte ecco una grande piramide simbolo del potere.
La grotta nella quale è sepolta Antigone è rappresentata da un telo –velo trasparente nero
Sulla scena il coro è fatto di morti-vivi, spettatori e attori di sopravvivenza alla vita e alla morte,
nella fatica di demolire e di ricostruire: il simbolo è la pietra, anche come oggetto di sepoltura
nel mondo antico, come rito di preghiera ebraico, come arma forte e violenta oppure come
elemento che edifica, costruisce la casa, gli affetti, la città, lo Stato collettivo. Pietra come
simbolo del privato e del collettivo. Il coro infatti gestisce lo spazio scenico continuamente
muovendo da una parte all’altra le pietre, distruggendo e costruendo continuamente, mucchi,
torri, confini…attorno ai personaggi .Alla fine il coro si pone a massa di popolo che si vuole
ribellare, come i “Sampietrini” delle rivolte metropolitane, ma anche come il tipico gesto della
lapidazione della vittima che il popolo sceglie di colpire: ma chi stanno condannando Antigone
o Creonte? Alla fine porgono la pietra agli spettatori: cosa ne faranno questi? Saranno invitati a
posarla come nel cimitero ebraico, ma potrebbero anche lanciarla con forza sulla scena.
Un invito forse al gesto coraggioso di ribellione come quello di Antigone… “Ella invoca la legge
degli dèi; ma gli dèi che onora sono gli dèi inferi dell'Ade, quelli interni del sentimento,
dell'amore del sangue, non gli dèi della luce, della libera ed autocosciente vita statale e
popolare." Hegel Così il coro rappresenta il popolo degli dei dell’Ade. – L pietra simbolo della
ribellione si pone anche come citazione del film italiano di Liliana Cavani, I Cannibali, (1968)
che cala il dramma sofocleo in piena contestazione studentesca.
Il coro canta anche una canto ebraico a testimoniare il conflitto simbolico del secolo tra Israele e
Palestinesi.
La riproduzione del cartone di Diotti che chiude la scena finale è frammento di memoria per
una tragedia sempre presente. Un mito che attraversa più di due millenni e la cui presenza
nella storia della civiltà occidentale è pressoché ininterrotta. Antigone ribelle, Antigone dolente,
Antigone eroica, Antigone martire... sempre e per sempre Antigone, la donna per la quale,
anche a prezzo della morte, il diritto privato è superiore al diritto pubblico.
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