Manfredini e Menoventi, l’attore prima di tutto
Ultime repliche per “Amleto” e “L’uomo della Sabbia” a Rubiera e Castelfranco
di Matteo Vallorani
Come si abita la scena? Come
si sta in quel luogo reale che si
costruisce nel falso? Come si
sta da attore tra dentro e fuori?
Oggi le ultime repliche dei lavori di Danio Manfredini e Menoventi che, con modalità diverse, confermano l’esemplarità della loro ricerca su tali questioni del teatro.
Attore-autore è Danio Manfredini che, con la sua personale disciplina espressiva ed etica, cerca di passare attraverso
il vuoto della finzione, prendersene carico, per incontrare
il pubblico all’interno delle
sue visioni, fuori da ogni inganno. “Amleto – Studio” (oggi alle 21.30 al Teatro Herberia
di Rubiera) segna un cambiamento nel suo processo creativo: per la prima volta si confronta con una drammaturgia
di repertorio classico e sceglie
di far nascere la sua composizione direttamente dal testo,
affrontando il palco e le prove
solo in un secondo momento.
Il “maestro invisibile”, per fare
i conti con il capolavoro shakespeariano più abusato e connotato nell’immaginario comune, è partito dalla traduzione per «recuperare la qualità
di una scrittura concepita per
la scena, ma spesso sottomessa al bisogno di una funzionalità letteraria». Cura, quasi filologica, che sembra ritrovarsi
ancora nella scelta degli attori
che, tutti uomini, interpreteranno anche i ruoli femminili.
Manfredini si pone al centro
della mappa testuale, si mette
in risonanza con essa e crea
dei percorsi, apre immagini colorate di sensazioni, squarci di
stati d’animo. Ospite per un
anno alla Corte Ospitale di Rubiera e prodotto da Ert, l’artista lombardo ha collaborato
con attori di formazione non
accademica, cercando con loro, nella misura tra il buio e la
luce, una recitazione che sveli
la vita nella finzione, la lacerazione tra essere e non essere.
Cifra differente quella dei
Menoventi che con “L’uomo
della sabbia – capriccio alla
maniera di Hoffmann” (oggi
alle 16.30 al Teatro Dadà di Castelfranco Emilia, ma che ritro-
Un disegno preparatorio di Danio Manfredini per “Amleto - Studio”, in scena stasera a Rubiera
veremo a Modena dal 2 all'8
novembre in cartellone al Teatro delle Passioni) mettono in
scena quell’illusione ottica
che è il teatro, labirinto di fin-
zioni a simulare identità con la
vita, labile e meccanico effetto
di realtà. Lo spettacolo, prodotto da Ert nell’ambito del
Progetto Prospero, prende le
mosse dall’omonimo racconto di Hoffmann ma segue la ricerca che la compagnia faentina porta avanti già da tempo
sul confine tra mondo interio-
re e mondo esterno, tra verità
e finzione. Nataniele, il protagonista, ha difficoltà a distinguere questi due mondi e sarà
arduo per lo spettatore ricostruire il discrimine; la platea è
subito avvisata ma viene comunque invitata ad affezionarsi, a farsi venire «qualche linea
di febbre» per amore di quelle
figure. La linearità del racconto, però, presto è messa in discussione, e il teatro diventa
protagonista di se stesso: la
storia diventa pre-testo ma ne
resta il senso profondo nel giocattolo rotto. Una figura rimane, a traghettare il pubblico in
questo veloce scambio di
«dentro» e «fuori»: l’attore.
Consuelo Battiston – in scena
con altri cinque giovani interpreti – entra ed esce, si muove
tra sipari e tende, spostando
gli equilibri nel punto di contatto tra i mondi, separati da
una quarta invisibile parete.
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ULTIME REPLICHE
APPROFONDIMENTI
Ricordando gli avi scomparsi Il tempo della preghiera
Chi non ha ancora scoperto
come in Lettonia si ricordano i
cari defunti, oggi ha ancora una
possibilità; allo Storchi alle 17 ci
sarà infatti l'ultima replica di
“Kapusvetki - Graveyard Party”
di Alvis Hermanis. Ieri la prima
nazionale ha raccontato
l’annuale ricorrenza lettone di
commemorare i morti
radunandosi nei cimiteri
adornati di fiori, banchettando
e intonando canti religiosi
anche improvvisati. In questa opera Hermanis continua a
cesellare una delicata prospettiva antropologica: i suoi lavori
sono pervasi da un’emotività ottenuta grazie alla conoscenza
profonda di un tessuto culturale, un’indagine che si completa con
la raccolta dei ricordi della memoria collettiva e della vita del
singolo. A fungere da sfondo oltre 500 foto scattate da Martinš
Grauds che registrano le celebrazioni avvenute nel cimitero di
Riga, alle quali sono giustapposte quelle del rito messicano del
Dìa de los Muertos. Sul palco gli attori del Jaunais Riga Teatris
ricreano l’ambiente straniante che caratterizza i Graveyard
Parties: parole accompagnate da una vera orchestra di ottoni che
gli interpreti hanno imparato a suonare appositamente per lo
spettacolo, mettendo in musica l'armonica malinconia della
memoria.
Bernardo Brogi
dal “Regno profondo”
◗ MODENA
Se la scena diventa il luogo dove riflessione filosofica e azione possono aderire, il teatro
può essere lo spazio vuoto dove osservarle tracciare desideri. Torna a Modena Claudia
Castellucci - una delle figure
centrali della Socíetas Raffaello Sanzio - con “Il Regno profondo” (ultima replica stasera
alle 19.30 al TeTe Teatro Tempio), «sermone drammatico»
sull’esistenza divina e sui dubbi che da sempre assalgono
l’umanità. Due anni fa il pubblico di Vie aveva assistito a
“Homo turbae”, opera della
compagnia di ballo ritmico diretta dall’artista cesenate. In
questa nuova opera la recitazione e il canto si alternano in
una lunga preghiera, come
anime di una conferenza necessaria e intima, profondamente terrestre eppure lieve e
piena di spirito. La Castellucci
è sola in scena, suoi unici strumenti il corpo seduto, la voce e
il pensiero nelle parole del testo; uno scrittoio e un microfono dietro cui soffermarsi per
lanciare le proprie suppliche:
un susseguirsi incalzante di invocazioni che si lanciano verso il nulla, verso un Dio inconsistente e irraggiungibile. Abitando il limite tra peso e leggerezza Claudia Castellucci compone nel “Regno profondo”
una litania fluttuante, punteggiata di echi anaforici. Il ritmo,
elemento fondativo del movimento, qui si manifesta nel
moto del pensiero umano, che
da sempre si scontra con l’evidenza della realtà per la ricerca di qualcosa che vada oltre.
Ultima occasione anche per
vedere “T.E.L” dei ravennati
Fanny & Alexander, stasera alle 21.30 alle Passioni.
Alessandra Cava
Azioni teoriche
e incontri
◗ MODENA
Proseguono gli appuntamenti di
approfondimento di Vie con la
presentazione del libro di Marco
De Marinis dal titolo “Il teatro
dell’altro. Interculturalismo e
transculturalismo nella scena
contemporanea”, edito da La casa Usher, oggi alle 12 presso la
Biblioteca Delfini di Modena.
Una riflessione sul concetto di
alterità con i grandi maestri del
teatro del novecento. Alla presentazione partecipa Pippo Delbono, a cui il libro è dedicato insieme a Eugenio Barba. Alle ore
17.30, invece, si svolgerà la prima azione teorico/performativa
con l’attrice Eleonora Sedioli di
Masque Teatro e con la studiosa
Piersandra Di Matteo, alla mostra “Overground”, all’ex ospedale Sant’Agostino. Solo oggi, la
mostra avrà un’apertura ridotta,
dalle 11 alle 13 e dalle 16 alle 19.
Carolina Ciccarelli