Leptis Magna: Vi-Vii μissione (2009-2010)

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Leptis Magna: VI-VII
μissione
(2009-2010)
Le missioni del 2009 e 2010, in base agli accordi presi con il prof. Antonino Di Vita, hanno
avuto come oggetto di studio architettonico della Curia del Foro Vecchio, già iniziato nel 2008.
Nella campagna di rilievo e studio svolta nel periodo aprile-maggio 2009, finalizzata al
completamento delle operazioni di rilievo, all’équipe già presente sul sito si è aggiunto un gruppo
di laureandi della Facoltà di Architettura del Politecnico di Bari., i quali hanno completato il rilievo
planimetrico di dettaglio, in scala 1:50, delle sezioni e dei prospetti del monumento in esame
e hanno portato a termine la catalogazione generale del copioso materiale architettonico in
giacitura di crollo. Durante lo stesso periodo, è stato definito, a cura della prof. Roberta Belli,
lo studio delle tracce di posizionamento dell’apparato scultoreo che doveva essere presente nel
complesso della Curia, in relazione anche al copioso materiale epigrafico, di cui è stato redatto
un regesto completo. Inoltre, i laureandi, grazie all’autorizzazione del prof. A. Di Vita e all’aiuto
della dott. S. Forti, hanno potuto completare la ricerca d’archivio a Macerata, presso il CDRAAS.
Durante le missioni sono stati visitati, oltre ai principali complessi monumentali della stessa
Leptis, anche la villa di Silin, il sito di Sabratha, il Museo Archeologico di Tripoli e la necropoli di
Ghirza, al fine di inserire il complesso della Curia in un contesto di confronti inquadrabili nello
stesso orizzonte cronologico.
La missione dell’ottobre 2010, svolta nel periodo 31 ottobre – 15 novembre 2010, è stata
invece finalizzata al completamento del catalogo dei frammenti architettonici e al controllo
generale della documentazione grafica. In questa occasione, previa pulitura, è stata rilevato
per intero il lastricato stradale antistante la fronte del monumento. Nell’ambito della stessa
missione sono stati inoltre condotti, a cura del dott. Luciano Piepoli, archeologo, dottorando
presso l’Ateneo di Bari, due brevi saggi di scavo, al fine di precisare meglio la datazione del
monumento e i rapporti tra le strutture.
Leptis Magna. La
fronte
esterna
della Curia dopo
la pulizia del lastricato stradale
nell’ottobre 2010.
- Saggio 1: il saggio è stato aperto all’interno dell’edificio centrale della Curia (vano IV), in
un punto dove mancano le lastre della pavimentazione; il saggio ha avuto lo scopo di precisare
meglio la datazione della sistemazione interna. La ricerca ha dimostrato che parte della gradonata
ha subito rifacimenti e restauri in epoca successiva alla fondazione della Curia. Il saggio è stato
successivamente ricoperto.
- Saggio 2: il saggio è stato aperto a nord dell’edificio centrale, nell’ambulacro settentrionale
(vano IIa), in un punto dove le lastre della pavimentaziuone in calcare mancano. Si è così
intercettato un vecchio scavo italiano la cui esistenza era stata dedotta dalla planimetria redatta
nel 1943 dal Catanuso. Approfondendo il saggio, è stata scoperta, circa 30 cm al di sotto, il
precedente livello di calpestio, costituito da un forte battuto di terra che copriva l’ultimo filare
della fondazione e parte dell’eutinteria dell’edificio centrale. Il saggio è stato successivamente
ricoperto.
- La ceramica rinvenuta dei saggi, previa pulitura, è stata consegnata al magazzino del
Dipartimento di Lebdah e sarà studiata dalla dott.ssa Silvia Forti, dell’Università degli Studi di
Macerata.
Saggio I, eseguito all’interno del vano centrale
della Curia, in un punto dove mancava una
delle lastre della pavimentazione. Il saggio è
stato eseguito dal dott. L. Piepoli nell’ottobre
2010.
Saggio II, eseguito a nord dell’edificio centrale, nell’ambulacro settentrionale , in un punto
dove mancava la pavimentazione. Il saggio è
stato eseguito dal dott. L. Piepoli nell’ottobre
2010.
Le necessarie pulizie dell’area sono state effettuate con l’aiuto di tre operai messi a
disposizione dal Dipartimento alle Antichità di Lebdah diretti dal sig. Mohammed Droughi. Con
la stessa squadra di operai è stata risistemata parte della scalinata frontale della Curia che
stava presentando un cedimento dovuto alla presenza di un vecchio saggio di scavo alle sue
spalle. Inoltre, dopo aver riempito di sabbia e terra il saggio di Umberto Ciotti all’interno della
Curia, anche per una questione di sicurezza, è stato riposizionato uno dei blocchi della gradinata
interna che era scivolato sul fondo del saggio e che era stato risollevato nel corso della missione
del novembre 2008.
Hanno partecipato alla VI missione:
Hanno partecipato alla VII missione:
arch. Giuseppe MAZZILLI (Univ. di Macerata)
Rossana CAPRIULO (laureanda)
Teresa DEMAURO (laureanda)
Simona FIORELLA (laureanda)
Antonella LIUZZI (laureanda)
Valeria MOSCARDIN (laureanda)
Antonio NITTI (laureando)
Luciano PIEPOLI (Ateneo di Bari)
Antonello FINO (corso classico)
Fernando GIANNELLA (corso classico)
Luca SCHEPISI (Corso generale)
Erano inoltre presenti, per portare avanti le
proprie ricerche di Dottorato:
arch. Lisa BOCCARDI (Politecnico di Bari)
arch. Giuseppe MAZZILLI (Univ. di Macerata)
Leptis Magna. I partecipanti alla missione dell’ottobre 2010, con il dott. Hassen el Dali
del Dipartimento alle Antichità di Lebdah.
La Curia del Foro Vecchio
Gli scavi diretti da Giacomo Guidi nell’area sud-orientale del Foro Vecchio iniziarono nei primi mesi del 1933: proseguendo infatti l’esplorazione del piazzale in
direzione della costa, oltre il muro perimetrale est della Basilica Vetus situata sul lato
meridionale del Foro, al di là di una stretta strada fu scoperto un edificio, in seguito
identificato come Curia ma inizialmente interpretato come un tempio. Le ricerche non
portarono però alla pubblicazione esaustiva del monumento, che rimase inedito. La
morte prematura dello studioso, avvenuta nel 1936, segnerà di fatto una lunga interruzione delle ricerche in questo settore della città.
Leptis Magna, Curia: a) pianta dello stato attuale, scala 1:50 (rilievo di L. Boccardi, M. De Sario,
F. Giannella, G. Mazzilli, R. Netti, A. Nitti, A. Fino, L. Schepisi, F. Vacca, disegno M. De Sario); b)
ipotesi di restituzione grafica della planimetria (disegno R. Capriulo, T. Demauro, S. Fiorella, A.
Liuzzi, V. Moscardin, A. Nitti, basato su ipotesi di M. Livadiotti e G. Rocco; da LIVADIOTTI, ROCCO
2012).
Dello scavo di quegli anni si conservano, oltre ai diari settimanali, purtroppo solo
pochissime foto mentre, per ciò che concerne la documentazione grafica, era disponibile una planimetria in scala 1:100 redatta da Carmelo Catanuso diversi anni dopo
lo scavo e conservata presso l’Archivio del Centro di Documentazione e Ricerca per
l’Archeologica dell’Africa Settentrionale, a Macerata. Mancavano invece del tutto sezioni e prospetti e anche un successivo riesame delle strutture a cura di Umberto Ciotti,
condotto per conto dell’Università di Perugia a partire dal 1951, non ha dato poi luogo
ad una pubblicazione esaustiva del monumento. Per questo motivo, tra il 2008 e il
2010, abbiamo preferito, in fase di approccio preliminare, eseguire nuovi elaborati grafici in una scala di maggior dettaglio.
L’edificio della Curia non gravita direttamente sul piazzale del Foro Vecchio , bensì
su una stretta strada che si diparte dall’angolo sud-orientale di questo per dirigersi
verso il Tempio Flavio e quindi verso la banchina occidentale del porto canale realizzato già in età neroniana nell’ultimo tratto dello wadi Lebdah. La strada costeggia
anche il fianco orientale della Basilica Vetus, datata alla prima metà del I secolo d.C.,
che proprio su questo lato presenta uno dei suoi ingressi. Come tutte le altre curie del
mondo romano, anche quella di Leptis mantiene quindi, sulla scorta della prescrizione
vitruviana secondo la quale aerarium, carcer, curia, foro sunt coniugenda, un rapporto
funzionale di contiguità con la piazza forense, seppure non vi si affacci direttamente,
e un legame ancora più stretto con l’antistante Basilica Vetus, dalla quale, come si è
detto, è separata solo da una stretta strada.
L’esame della consistenza architettonica ha dimostrato che la Curia di Leptis non è
stata costruita riutilizzando strutture preesistenti. Il suo orientamento, che si discosta
Leptis Magna, Curia:
veduta da nord-ovest
della fronte e della
strada antistante.
da quello generale del Foro Vecchio, appare però decisamente affine all’orientamento
del tratto della Via Trionfale compreso tra il Mercato e il punto dove la via piega prima
di entrare al centro del lato ovest della piazza forense, assumendone per altro la direzione. Questo orientamento potrebbe probabilmente riflettere la disposizione generale
dei quartieri più vicini all’area portuale, determinata dall’antico corso dello wadi, testimoniata anche dai resti di età punica rinvenuti dalla Carter subito a Nord, i quali pure
mostrano un’inclinazione compatibile.
La Curia affaccia verso ovest con una monumentale fronte colonnata con due
risalti simmetrici ad alae alle estremità, sollevata su un alto podio, in modo non dissimile dalla fronte del Calcidico sulla via Trionfale e secondo uno schema che affonda le
proprie radici nelle stoai a parasceni della cultura tardo-classica ed ellenistica. Il tratto
centrale, costituito da una fronte ottastila, era accessibile tramite un’ampia scalinata
inquadrata a Nord e a Sud da due avancorpi simmetrici, costituiti da un podio calcare
di Ras el Hammam sul quale doveva elevarsi un portico di quattro colonne, chiuso sul
fondo da setti di separazione con gli adiacenti vani interni.
Dell’ordine che doveva costituire i prospetti prostili degli avancorpi si conservano
sul piano del podio nord i fori per l’alloggiamento di tenoni di fissaggio, mentre le quattro basi attiche di colonna in arenaria attualmente visibili sul podio sud sono frutto di
una sistemazione avvenuta molto dopo lo scavo. Sullo stilobate del podio sud, tra gli
intercolumni, si notano inoltre incassi per tenoni di fissaggio di statue, che, insieme a
quelle che dovevano trovarsi alla terminazione dei setti che in una seconda fase hanno
Leptis Magna, Curia: ipotesi di restituzione tridimensionale della fronte esterna (Politecnico di
Bari, 2009: disegno di R. Capriulo, T. Demauro, S. Fiorella, A. Liuzzi, V. Moscardin, A. Nitti, basato su ipotesi di M. Livadiotti e G. Rocco; da LIVADIOTTI, ROCCO 2012).
suddiviso in settori la gradinata esterna, dovevano costituire il ricco arredo scultoreo
della fronte ovest (l’apparato scultoreo della Curia è in fase di studio da parte di Roberta Belli).
Tra i due avancorpi, corre uno stilobate per un ordine di colonne corinzie di proporzioni maggiori. Il portico frontale era chiuso sul fondo da un muro continuo che, tramite due porte, introduceva al cortile scoperto centrale, circondato su tre lati da portici
di ordine ionico, di cui sopravvivono quasi integralmente gli stilobati. Il cortile centrale
era pavimentato con lastre di calcare, ma un saggio praticato nel 2010 ha appurato
che in una prima fase la pavimentazione era costituita da un semplice battuto di terra.
Nel suo complesso, la configurazione planimetrica, che è possibile assimilare alla
tipologia del templum cum porticibus, trova esatti confronti a Sabratha, nel recinto
sacro del tempio dedicato a Liber Pater sul lato est del Foro, datato agli inizi del I sec.
d.C., nel tempio di Iside, della seconda metà del I sec. d.C. , e in quello Antoniniano,
risalente alla seconda metà del II sec. d.C. Nella stessa Leptis, la configurazione ricorda quella del tempio a Divinità Ignota, recentemente studiato da Franco Tomasello,
mentre in ambito italico colpisce l’affinità con la planimetria del Foro di Cuma, datato
al I sec. d.C.
Il corpo centrale, posto sull’asse del cortile interno ma leggermente arretrato
verso il fondo, affaccia verso Ovest e, come la fronte esterna, è sollevato su di un
podio modanato; lo precede un pronao prostilo esastilo con risvolti di colonne sui lati.
Si accede al pronao tramite una scalea frontale, inquadrata da guance modanate, di
Leptis Magna, Curia: ipotesi di restituzione tridimensionale della fronte dell’edificio centrale
(disegno di R. Capriulo, T. Demauro, S. Fiorella, A. Liuzzi, V. Moscardin, A. Nitti, basato su ipotesi di M. Livadiotti e G. Rocco; da LIVADIOTTI, ROCCO 2012).
cui si conserva in migliori condizioni quella nord, la quale, nel lato ovest, presenta un
campo iscritto con una dedica non pertinente alla prima fase dell’edificio ma datata
ad età antonina. La guancia sud presentava pure una dedica iscritta, come si vede da
uno degli elementi lapidei che la costituivano e che fu riutilizzato nell’architrave della
porta occidentale della fortificazione bizantina. Sul letto di attesa delle grance si notano
incassi per tenoni di fissaggio di elementi scultorei, evidentemente relativi a queste
dediche più tarde.
Al di sopra del podio si eleva l’edificio della Curia, esternamente assimilabile ad
un tempio prostilo, ricordando in questo la Curia Julia nel Foro romano, dedicata da
Augusto nel 29 a.C., raffigurata in uno dei plutei traianei del Foro. Mentre rimangono in
situ diversi elementi architettonici pertinenti alla fase di trasformazione di II sec. d.C.
(v. infra), il colonnato del pronao pertinente alla prima fase non si conserva.
L’elevato del vano principale, al di sopra del podio modanato, è realizzato con
muri in opera quadrata di calcare giallo. Sulla parete ovest si aprono tre porte, di cui
una decisamente più ampia al centro. È possibile, inoltre, che le due porte secondarie
siano state praticate in un secondo momento, aprendo varchi nella muratura a blocchi
della parete frontale; la loro irregolarità dimensionale sembrerebbe confermare la loro
posteriorità rispetto al primo impianto dell’edificio.
Nella ricognizione degli elementi architettonici pertinenti alla Curia, sono stati
identificati due davanzali di finestre con griglie metalliche di chiusura che, dati le loro
dimensioni e il materiale, omogeneo a quello dell’elevato della Curia, sono probabilmente appartenenti alle sue pareti perimetrali. D’altra parte un denario datato al 29-28
a.C. mostra sul verso la facciata della Curia Iulia, raffigurata alta su un podio, con una
Leptis Magna, Curia: veduta da sud della guancia
nord che inquadra la scalinata frontale dell’edificio
centrale.
porta centrale a due battenti sormontata
da tre aperture finestrate al di sotto del
timpano, così come alte finestre aperte
lungo i muri longitudinali rischiaravano
l’interno della curia di Ferentino, datata al
I sec. a.C., o quello della più tarda Curia
di Palmyra, di età adrianea.
Nel vano centrale rimangono in situ
cospicui resti della gradonata in calcare
di Ras el Hammam sulla quale dovevano
poggiare i seggi dei decurioni, elemento
che rese subito chiara al Guidi la funzione dell’edificio.
La datazione della prima fase della
Curia è ancora incerta: costruita nel bel
calcare di Ral el-Hammam, è senz’altro
Leptis Magna, Curia. A destra, ipotesi di restituzione tridimensionale dell’aula interna
dell’edificio centrale (disegno di R. Capriulo,
T. Demauro, S. Fiorella, A. Liuzzi, V. Moscardin, A. Nitti, basato su ipotesi di M. Livadiotti
e G. Rocco; da LIVADIOTTI, ROCCO 2012). In
basso, veduta da ovest del vano centrale dopo
la sistemazione del 2009-2010 della gradonata
interna.
da porre ancora nell’arco del I sec. d.C., in relazione alla costruzione della Basilica Vetus, di età flavia. I dati provenienti dall’architettura, come, ad esempio, l’adozione di
capitelli ionici a quattro facce, rimandano pure al medesimo arco cronologico. Gli studi
di O.Cordovana sull’importanza del periodo flavio per Leptis, periodo in cui Vespasiano
concesse alla città lo stato di municipium, possono fornire un quadro storico di riferimento piuttosto calzante.
In una fase successiva, la scalea frontale della Curia venne frazionata in cinque
settori inserendo quattro setti scorniciati, costruiti adoperando materiale di riuso, tra
cui alcuni elementi iscritti e datati proprio in età flavia, il che costituisce tra l’altro un
terminus post quem per l’intervento. I profili delle cornici dei setti sembrano voler
“imitare” la sequenza dei profili degli avancorpi, ma in modo semplificato: mancano
ad esempio i profili a cavetto che, in questi ultimi, raccordano tra loro il dado centrale
alle cornici stesse. Anche i setti presentano sul letto di attesa incassi per tenoni di fissaggio di statue che dovevano essere collocate al di sopra, fornendo così un elemento
importante per determinare la funzione di tali elementi, previsti allo scopo di incrementare la superficie destinata all’arredo scultoreo, nel corso di questa ristrutturazione
dell’edificio che doveva prevedere una ulteriore monumentalizzazione.
Nel corso della stessa ristrutturazione fu rifatta in marmo la fronte colonnata
del pronao dell’edificio centrale, motivo per cui si può datare la ristrutturazione nella
seconda metà del II sec. d.C. nell’ambito del generale rifacimento dei monumenti
del Foro Vecchio. Nell’occasione vennero rimosse le originarie membrature in calcare
dell’edificio centrale, ora sostituite con un ordine di colonne corinzie di cui sopravvivono
basi attiche in marmo bianco, fusti lisci di colonna in cipollino verde, e capitelli corinzi
sempre di marmo bianco. L’originaria trabeazione fu semplicemente rivestita con lastre
di marmo bianco allo scopo di simulare un partito ionico, esattamente con le stesse
modalità già riscontrate per i due templi maggiori del Foro.
Leptis Magna, Curia: veduta
da nord-ovest dell’avancorpo
meridionale e del primo da
sud dei setti divisori della
scala frontale esterna.
Questa monumentalizzazione dei principali edifici pubblici leptitani con il rifacimento in marmo di intere facciate è generalmente datata a partire dall’età adrianea,
con un culmine in età antonina, ma le ragioni di tale esigenza sono, almeno per la
Curia, probabilmente da connettere al momento della promozione della città di Leptis Magna al rango di colonia avvenuta sotto Traiano. Niente di più naturale, quindi,
che tra i lavori intrapresi nel periodo immediatamente seguente fosse previsto anche
l’impreziosimento dell’edificio entro il quale i rappresentanti delle curie svolgevano le
loro funzioni.
La Curia di Leptis Magna è uno spazio sacro, inaugurato. Non è infatti un caso
che Bartoccini, seguito poi da Balty, abbia pensato che la Curia di Leptis fosse il frutto
di una risistemazione, avvenuta nei primi anni del IV secolo, di un più antico edificio
ad evidente carattere sacro, per altro della nota tipologia romano-africana del tempio
inserito in una corte porticata. Va però segnalato che questa, come altre curie africane,
è citata in documenti epigrafici come aedes o templum.
L’accettazione da parte di Balty della datazione bassa proposta da Bartoccini lo
ha portato all’errata conclusione che le Curie di Verona, datata al secondo quarto del I
sec. a.C., e di Filippi, del terzo quarto del II sec. d.C., fossero gli esempi più antichi di
una serie di edifici (tra cui, oltre quelli già citati, sarebbero annoverati l’esemplare leptitano, la Curia di Sabratha del IV secolo, la Curia dioclezianea di Roma, la stessa Curia
di Filippi), che tramandavano nella loro planimetria generale il ricordo della Curia Julia
di età augustea. Ora sappiamo però che la Curia di Leptis, probabilmente di età flavia
nel suo primo impianto, realizzato proprio sulla base del modello augusteo della Curia
Julia, costituisce insieme a quello di Verona, di poco più antico, il “ricordo” senz’altro
più vicino a quel primo esemplare urbano.
Nella stessa piazza del Foro Vecchio, d’altra parte, l’adozione, in età tiberiana, per
la costruzione del tempio di Roma e Augusto, di una tipologia templare che ha molti
tratti in comune con quella dei templi di Venere Genitrice nel Foro di Cesare o del Divo
Giulio nel Foro repubblicano, conferma l’esplicita volontà della classe dirigente leptitana di conformarsi ai canoni architettonici e culturali provenienti dall’Urbe.
GIORGIO ROCCO, MONICA LIVADIOTTI
Questo testo costituisce una sintesi di quanto già presentato recentemente in altre sedi, a cui
si rimanda per la bibliografia precedente:
G. ROCCO, M. LIVADIOTTI, La Curia del Foro Vecchio di Leptis Magna: risultati preliminari di
un nuovo studio architettonico, in L’Africa Romana - XIX Convegno Internazionale di Studi
“Trasformazione dei paesaggi del potere nell’Africa settentrionale fino alla fine del mondo antico”, Sassari-Alghero, 16-19 dicembre 2010, in stampa.
M. LIVADIOTTI, La Curia del Foro Vecchio di Leptis Magna: un caso poco noto di anastilosi
parziale, in Selinus 2011. Restauri dell’antico. Ricerche ed esperienze nel Mediterraneo greco.
Selinunte, 20-25 ottobre 2011, in stampa.
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