Una pala d’altare di Francesco Curia a Sant’Antimo A destra dell’ingresso della chiesa parrocchiale di Sant’Antimo, si osserva, sia pure parzialmente celato da un casotto adibito alla distribuzione di ricordini religiosi, un imponente dipinto centinato che raffigura la Vergine Assunta con i santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista. Nella tavola, dominata da un tono dorato che mette particolarmente in risalto il rosso del manto dei due santi, la Vergine è seduta su un banco di nuvole circondata da testine di angeli. Ai suoi lati, più in basso, a sinistra, è san Giovanni Battista che regge con la mano sinistra la tradizionale croce di canna, lunga ed esile, intorno alla quale si svolge un cartiglio con l’iscrizione «Ecce Agnus Dei». Più in basso si osserva l’agnello, l’altro attributo iconografico che contraddistingue le immagini del Precursore di Cristo. Entrambi i simboli sono tratti, com’è noto dal quarto Vangelo (1.35-36) nel quale si narra che Giovanni stava con due suoi discepoli, quando, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse loro: «Ecco, l’Agnello di Dio». A destra è, invece, san Giovanni Evangelista che regge con una mano il calice dal quale spunta un serpente: simbologia che ricorda l’episodio in cui un sacerdote del tempio di Diana a Efeso, diede da bere al santo una bevanda avvelenata per mettere alla prova la sua fede in Cristo. Con l’altra mano san Giovanni regge, invece, un libro, che allude ai suoi scritti (il Vangelo e soprattutto i libri dell’Apocalisse); e ancora, alla sua destra, in basso, è l’aquila, simbolo d’ispirazione divina. Secondo la tradizione, infatti, Giovanni fu esiliato da Domiziano a Patmos, un’isola dell’Egeo e là scrisse, su ispirazione di Dio, il Libro della Rivelazione. Sul fondo del dipinto, illuminato da una luce temporalesca, è un lembo di paesaggio, preceduto da un frammento di colonna rudentata e da un po’di vegetazione. Completa la tavola, una predella con la raffigurazione, a mezzo busto, degli Apostoli. Il Previtali, già nel 1975, attribuì quest’opera al più grande pittore manierista napoletano, quel Francesco Curia, probabile autore anche della pala dell’altare maggiore nell’altra chiesa santantimese dell’Annunziata. Lo studioso nel tentativo di teorizzare l'esistenza di una pittura «regnicola» e di definire, al suo interno, una componente propriamente fiamminga, analizzando insieme ad altri anche il nostro dipinto, volle, infatti, vedervi, nella «solidità dell’impalcatura anatomica delle solenni figure ... e nella soda bellezza raffaellesca dei volti ... un portato italiano risalente tramite Andrea da Salerno a Pedro Machuca ed allo stesso Raffaello»; salvo identificare viceversa come fiamminghe «la qualità della pasta pittorica, l’atmosfera ombrosa rotta da luci improvvise, il paesaggio illuminato dal lume temporalesco». Elementi questi ultimi che l’artista dovette apprendere - sempre secondo il parere dello studioso - direttamente dai maestri fiamminghi operosi a Napoli in quella contingenza, in primis da Dirck Hendricksz, detto Teodoro d’Errico. Per il resto Francesco Curia (Napoli, 1538 - 1610), figlio di Michele, pittore anch’egli, ma di modesta levatura, fu artista di vivo ingegno e acuta sensibilità, le cui forti capacità espressive, l'originalità compositiva e le qualità pittoriche sono attestate da dipinti quali la Gloria della Vergine di S. Maria la Nova a Napoli e l’analoga composizione dell’Annunziata di Marcianise, il Battesimo di Cristo del Duomo di Napoli, l’Annun- ciazione del Museo di Capodimonte e l’Assunta dell’Annunziata di Airola. Franco Pezzella F. Curia, Assunta e i santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, Sant'Antimo, Chiesa di Sant'Antimo F. Curia, Assunta e i santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, part. della predella con Busti degli Apostoli, Sant'Antimo, Chiesa di Sant'Antimo