La comunità psichiatrica: un mondo da conoscere di Sara Zazzeron, classe III A Martedì 30 settembre, con il Liceo Sacro Cuore di Gallarate, abbiamo intrapreso una visita di istruzione alla comunità psichiatrica “Fraternità” ad Ospitaletto (BR). Appena arrivati siamo stati accolti da alcuni educatori di questa comunità, che ci hanno mostrato la struttura in cui avvengono le attività; in particolare ciò che ha destato maggiore stupore è stata la fattoria didattica: un parco molto grande pieno di animali di varie specie e di giochi particolari. La fattoria didattica viene utilizzata per la “pet therapy” ossia il metodo attraverso il quale i pazienti acquistano o aumentano la propria autostima e la responsabilità dovendo prendersi cura, ad esempio nutrendo e pulendo, degli animali. Questo luogo è talmente bello che si apre anche all’esterno, offrendo così occasione di incontro e relazioni con la popolazione in visita. Durante la mattinata diversi educatori e responsabili del servizio ci hanno raccontato quello che avviene all’interno della comunità psichiatrica. Da quanto ci raccontavano è emersa la loro idea dell’uomo e il metodo che loro usano per rapportarsi e far crescere gli ospiti. Sono cominciate a venir meno alcune rappresentazioni mentali che abbiamo riguardo alle malattie mentali: paure infondate e stereotipi che sicuramente anche i mass media incrementano in noi. Di quello che ci hanno raccontato mi ha davvero colpito accorgermi che gli educatori incontrati pensano che una persona con problematiche psichiatriche non è solamente la patologia che ha, quindi non è da inserire in una categoria. Ognuno è una persona unica ed irripetibile e, tra l’altro non è destinato ad essere malato per sempre, ma ha una possibilità di cambiamento, legata sia alle cure mediche ma soprattutto all’aiuto e al sostegno che può trovare intorno a lui. Tutti siamo rimasti affascinati dal racconto di come agiscono gli educatori di fronte ai nuovi ospiti: non guardano subito le cartelle cliniche ma preferiscono prima, osservarli e conoscerli per evitare di etichettarli e quindi rapportarsi con loro in base al tipo di patologia. Un’altra cosa che mi ha colpito è stata l’idea che ci hanno trasmesso dell’unicità della persona e soprattutto la capacità che gli educatori hanno di “tirar fuori” qualcosa di positivo e buono nelle persone. Educare ha proprio questo doppio significato (etimologico) di “tirare fuori” la ricchezza di una persona e “accompagnarla”, “guidarla” ad una meta, cioè al suo benessere e ad essere libero. Mi è piaciuta questa occasione perché mi ha permesso di conoscere un mondo per me “nuovo” e abbattere qualche pregiudizio.