IL LAVORO SOMMERSO: ALCUNE DEFINIZIONI PRELIMINARI

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IL LAVORO SOMMERSO: ALCUNE DEFINIZIONI PRELIMINARI
A cura di Alessandro Alaimo(*)
I sistemi economici moderni sono un insieme di comportamenti e transazioni: sono cioè organismi
complessi.
Essi, per poter funzionare al meglio e produrre positivi effetti sociali devono essere necessariamente
accompagnati da un sistema di regole alle quali si devono conformare le imprese e i lavoratori.
E’ inevitabile che, alla base del mercato vi sia un certo grado di spontaneità, legato alle doti di
iniziativa ed intraprendenza del soggetto che si avvia ad intraprendere un attività economica (in
primis l’imprenditore): senza questa spinta sociale l’economia perderebbe vitalità.
Lo sviluppo spontaneo, tuttavia, non garantisce a priori efficienza e può provocare squilibri di
carattere sociale: di qui l’opportunità del sistema di regole.
Sinteticamente, il sistema di regole attiene essenzialmente:
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all’esercizio dell’attività d’impresa (regole della concorrenza, affidabilità nei confronti del
consumatore, rapporti commerciali, trasparenza);
alla contribuzione fiscale perché il settore pubblico possa provvedere a realizzare tutti gli
interventi di interesse collettivo;
al rispetto delle clausole sociali e di sicurezza per le risorse lavorative;
alla compatibilità fra attività produttive e contesto urbano o ambientale dove sono
localizzate.
Economia sommersa, sotterranea, illegale, informale, criminale, non osservata, lavoro nero, lavoro
irregolare, clandestino, occulto, non ufficiale…
Ciascuno di questi termini, che spesso vengono utilizzati in modo improprio, ha un suo preciso
significato: ciò ci fa comprendere quanto complesso sia il fenomeno, che presenta una natura
eterogenea ed altamente differenziata.
Una prima generale suddivisione, adottata sin dai primi anni ’90 dagli istituti nazionali di statistica
dei paesi dell’OCSE, riporta tre definizioni diverse di Economia non (direttamente) osservata
(ENO):
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economia sommersa;
economia informale;
economia criminale.
Con economia sommersa si intende l’insieme delle attività di produzione di beni e servizi legali di
cui la pubblica amministrazione non è a conoscenza per diverse ragioni: evasione fiscale e
contributiva, elusione della normativa lavoristica, mancato rispetto delle norme amministrative. A
sua volta vi sono due diverse articolazioni: essa si può distinguere in un sommerso d’impresa
(ovvero un’organizzazione aziendale di dimensioni variabili completamente o parzialmente
sconosciuta al fisco e alle statistiche ufficiali) e in un sommerso di lavoro (dove l’irregolarità può
prevedere la totale assenza di un rapporto formalizzato ovvero una regolarità solo formale a fronte
di un salario e condizioni lavorative diverse da quelle contrattuali).
L’economia informale, pur appartenendo al sommerso in quanto produzione di beni e servizi
legali, presenta una natura di forte precarietà essendo fondata sul singolo individuo che effettua una
prestazione minima nel campo artigianale, del commercio, dei servizi alla persona. Comprende
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Alessandro Alaimo è tutor emersione Lazio e Collaboratore Comitato nazionale
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quelle attività svolte, in genere, nell’ambito delle famiglie (quindi non in vere e proprie unità
produttive), che non essendo svolte per l’evasione delle tasse o dei contributi sociali non si possono
includere nell’economia sommersa.
Queste attività nei Paesi industrializzati si caratterizzano per il basso livello di organizzazione, la
scarsa (o assente) distinzione tra capitale e lavoro, dei rapporti di lavoro occasionali regolati dalle
relazioni personali o familiari.
Nei Paesi poveri, invece, le attività informali sono legate alla mancata modernizzazione
dell’economia ed alla conseguente scarsa domanda di lavoro, dai flussi migratori verso le città, dal
basso livello di alfabetizzazione e formazione.
L’economia criminale non ha origine da processi direttamente ascrivibili allo sviluppo economico
o a comportamenti sociali, ma persegue la realizzazione del fatturato illegale commettendo a volte
gravi reati, anche attraverso metodi violenti. Le attività, quindi, sono svolte nella violazione del
codice penale ed alcune sono proibite dalla legge (ad esempio il traffico di stupefacenti, lo
sfruttamento della prostituzione e del lavoro minorile, ecc.), altre sono illegali se esercitate da
persone non provviste delle richieste autorizzazioni (si pensi a quelle persone che esercitano la
professione di medico o avvocato senza essere iscritti ai relativi ordini).
Nel raccomandare l’inclusione delle attività illegali all’interno della frontiera di produzione, il
Sistema dei conti nazionali (SNA 93) fa una distinzione chiara tra le transazioni per le quali esiste
mutuo consenso tra compratore e venditore (ad esempio la vendita di droghe o di merce rubata, la
prostituzione), che sono incluse, e le altre attività dove tale accordo manca (ad esempio,
l’estorsione, il furto), che sono escluse. Bisogna infatti prestare attenzione al fatto che un’attività
illegale può essere o produttiva o redistributiva; soltanto la prima ha un impatto sulla stima del PIL,
mentre la seconda non implica creazione di valore aggiunto.
Oltre alla distinzione tra sommerso d’impresa e sommerso di lavoro esiste un altro possibile criterio
di ripartizione e definizione:
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criterio economico;
criterio giuridico;
criterio statistico.
Secondo il criterio economico (reddito nascosto) si distinguono un’economia formale (economia
limitata a quanto accade sul mercato regolato dai prezzi dei beni scambiati e dalla retribuzione dei
fattori di produzione) e un’economia informale (attività di beni e servizi per il consumo familiare e
quelle non retribuite di particolari soggetti o membri di una collettività).
Secondo il criterio giuridico (produzione in contravvenzione alla legislazione) si distinguono
un’economia regolare (fondata su attività che non violano la normativa vigente), un’economia
irregolare (dove la violazione della legislazione concerne la modalità con cui l’attività economica
viene svolta) e un’economia criminale (dove è illecito l’oggetto dell’attività economica).
Infine, secondo il criterio statistico (non dichiarata a una o più autorità) si parla di economia
nascosta o non osservata: è quella parte dell’economia che non viene rilevata per la reticenza dei
soggetti intervistati o per l’inefficienza del sistema statistico.
Dal punto di vista delle cause è interessante riportare anche la ripartizione proposta dalla Banca
d’Italia:
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sommerso fisiologico che si può far coincidere con l’economia informale, costituito da
microimprese individuali e familiari, lavoratori autonomi saltuari, prestatori d’opera
marginali;
sommerso per arretratezza sociale o produttiva, cui appartengono lavoratori poco istruiti
e a basso livello di qualificazione, minori appartenenti a famiglie indigenti, immigrati poveri
irregolari, ecc.
sommerso per riduzione dei costi generato dalla crescente competizione di costo prodotta
dai processi di globalizzazione in atto.
La Comunicazione della Commissione europea sul lavoro sommerso del 1998 definisce il lavoro
sommerso “alla stregua di qualsiasi attività retribuita lecita di per sé ma non dichiarata alle autorità
pubbliche, tenendo conto delle diversità dei sistemi vigenti negli stati membri”. Si escludono così le
attività illegali e quelle a carattere familiare ed informale.
Sulla definizione del lavoro sommerso proposta dalla Commissione europea si è espresso
positivamente anche il Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE), di cui si riporta il parere
(CES 63 / 99):
“Il Comitato ritiene accettabile la definizione di lavoro sommerso come qualsiasi attività retribuita
lecita di per sé, ma non dichiarata alle autorità pubbliche […]. Il Comitato ritiene che tale
definizione vada avvicinata alla nozione più comune di lavoro nero onde evitare ambiguità rispetto,
ad esempio, alle attività di volontariato e di beneficenza, oppure al lavoro svolto nell’ambito
familiare – fondamentalmente le attività domestiche saltuarie. Resta inteso, invece, che la pratica
secondo la quale il datore di lavoro e il dipendente non dichiarano una parte del lavoro eseguito
costituisce una forma di lavoro non dichiarato”.
Si riporta anche la distinzione delle attività comprese nell’ambito del lavoro sommerso elaborata dal
Dipartimento del Lavoro Americano (US Department of Labor):
1. l’economia illegale, quale attività economica esercitata in violazione della disciplina che
determina le modalità del corretto esercizio dell’attività imprenditoriale;
2. l’economia non dichiarata, quale attività economica che aggira o evade gli obblighi fiscali;
3. l’economia non registrata, quale attività economica non rilevata dalle statistiche ufficiali
concernenti il mercato;
4. l’economia informale, quale attività economica che evade i costi connessi al rispetto del
complesso di norme che regolano il corretto esercizio dell’attività imprenditoriale.
Un importante contributo alla definizione e comprensione del fenomeno è stato dato dall’indagine
conoscitiva predisposta nel 1998 dalla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati.
Si distinguono così l’impresa sommersa, dove restano sconosciuti alle istituzioni tanto l’azienda
quanto il lavoratore, e il “lavoro sommerso” o “lavoro nero”, dove l’impresa è regolarmente
registrata, ma tende ad occultare parte del lavoro utilizzato omettendo la denuncia obbligatoria.
Nel primo caso l’impresa è totalmente sommersa, non esiste come figura giuridica, non produce
reddito visibile, non ha un bilancio, usa lavoratori subordinati soltanto in nero.
Nell’altro caso l’impresa ha una personalità giuridica, produce un reddito visibile, ha una contabilità
formalizzata, occulta una parte del lavoro utilizzato.
La Commissione Politiche del Lavoro e Politiche Sociali del CNEL indica con il termine
“economia sommersa” quegli aspetti dell’economia del Paese che, pur essendo legali nei fini, non
sono dichiarati, in tutto o in parte, ai pubblici poteri.
In particolare viene circoscritto l’oggetto dell’analisi sia all’attività di quelle unità produttive di cui
non si ha assoluta conoscenza – ed in questo senso l’iscrizione al registro delle imprese potrebbe
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essere un criterio di classificazione – sia a quelle attività organizzate che sfuggono agli obblighi
contributivi e fiscali.
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