Associazione Italiani per l’Europa
L’ITALIA, LA CRISI, L’ECONOMIA “CHE NON C’E’ MA SI SENTE”
La crisi continua a mordere, l’economia mondiale dà qualche segnale di ripresa, ma le fonti
di preoccupazione e di allarme sono tante.
L’Asia, la Cina, il Brasile, la Russia, cioè i Paesi Emergenti del BRIC, procedono
nonostante tutto con una crescita elevata, gli USA soffrono ma tentano di reagire e
ripartire. Nel Vecchio Continente, la Germania continua ad essere la locomotiva
di
un’Unione Europea con problemi profondi di finanza pubblica (Spagna, Cipro, Grecia,
Irlanda, Portogallo ecc…) che possono mettere in pericolo anche l’esistenza dell’Euro, pur
avendo oggi a disposizione, grazie alle scelte delle Istituzioni UE del 2012, la vigilanza e
gli strumenti di difesa adeguati nelle mani della BCE.
Dobbiamo prendere atto che: il capitalismo sfrenato (dopo il comunismo) ha fallito, la
disoccupazione galoppa, la povertà s’impadronisce sempre di più ampie fasce sociali, un
tempo dette del ceto medio, la tecnologia corre velocissimamente verso mete imprecisate
trasformando profondamente gli assetti del mondo del lavoro, della società e perfino le
corde profonde dell’essere umano, il vecchio mondo ha una piramide sociale invertita
(pochi giovani e molti vecchi) ed è pieno di debiti; siamo catapultati nella peggiore crisi
della storia dell’umanità.
In questo allarmante contesto, l’Italia invece di unire le forze per un’azione unitaria
straordinaria che ci consenta di rigenerare un’ identità ormai smarrita e di ritrovare la via di
una crescita possibile, arranca e si dibatte con una politica del tutti contro tutti, e con il
pervicace tentativo di tutela di privilegi anacronistici, del nuovismo senza costrutto e del
vecchio da rottamare senza criteri di selezione di un nuovo ceto dirigente in base al merito,
all’onestà ed alla competenza. Tutto, così, si sgretola giorno dopo giorno.
L’economia legale, fino ad adesso e con sofferenze indicibili, è riuscita a resistere grazie
alle P.M.I, agli artigiani, professionisti ed alle famiglie, ma si trova ormai oltre ogni limite
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di sopportazione. Mentre vi è un’economia che per scelta e per necessità diventa sempre
più sommersa, senza dimenticare il peso crescente e spropositato dell’economia illegale.
Le dimensioni dell’economia sommersa in Europa viene stimata fra il 7% e il 16% del PIL
degli Stati Membri.
In Italia la stima dell’ISTAT (2006) dell’economia sommersa è valutata tra il 15% ed il
17% del PIL, con un’evasione fiscale di 110 miliardi, stime che continuano a crescere in
proporzione all’aumentare della crisi, addirittura il Fondo Monetario Internazionale oggi la
stima al 26,2% del PIL, ciò comporta un gettito fiscale effettivo a carico dei contribuenti
“in chiaro” di oltre il 50%, ben superiore alla pressione “apparente” che si aggira al 44,3%.
Ciò vuol dire, che il contribuente onesto oggi paga il 52% - 60% del proprio reddito,
l’aliquota più alta d’Europa!!
All’economia “sommersa”, bisogna aggiungere l’economia criminale che in Italia e
soprattutto nel Nord-Italia è veramente consistente. Il quotidiano Il Sole 24 Ore, ha
quantificato (nel 2010) in 170 Miliardi l’anno il fatturato dell’economia criminale e un
fatturato complessivo di economia illegale di 420 Miliardi l’anno (traffici di droga,
riciclaggio, frodi, corruzione ecc...).
L’azienda criminale è la prima azienda italiana sia per fatturato che per numero di addetti,
essa è diventata un’impresa multinazionale che opera nel mondo globalizzato con velocità
ed efficienza, si calcola che in Italia ogni giorno passano 250 milioni di € dalle mani di
imprenditori onesti a quelli del circuito commerciale gestito da criminali, e la maggior
parte di queste migrazioni avviene nel ricco Nord.
Il Presidente uscente della Commissione Parlamentare Antimafia, Sen. Giuseppe Pisanu,
ha dichiarato: “ ogni anno si riversano sul Paese fiumi di denaro sporco che inquinano
l’economia, insidiano la vita pubblica e infangano la nostra reputazione nel mondo. Non a
caso ci troviamo in posizioni umilianti nelle graduatorie mondiali sulla corruzione, le
libertà economiche e gli investimenti stranieri”.
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I beni consolidati dalle mafie italiane vengono stimati in 1.000 Miliardi (metà del debito
pubblico). E’ proprio di oggi una maxi confisca di un patrimonio criminale costruito sulle
energie alternative da tale Nicastri per Un Miliardo e duecento milioni di euro.
E’ di tutta evidenza, che se all’efficace azione di contrasto nel territorio e di arresti di
latitanti riuscissimo ad affiancare un’ azione giudiziaria più incisiva e tale da confiscare
tutti i beni
provenienti da attività illecite e dalla corruzione anche di politici e di
amministratori e dirigenti della P.A., avremmo risolto il problema del deficit pubblico
Italiano, e riportando in chiaro anche il 50% “dell’Economia “che non c’è ma si sente ”,
saremo nelle condizioni, di risolvere la crisi sociale ed economica del Nostro Paese,
pronti a cogliere la ripresa economica quando essa spiegherà le vele.
Ma per far questo occorrono Istituzioni efficienti, una Politica credibile, determinata ed
autorevole, un’unione civile e sociale straordinaria.
Riteniamo siano queste la priorità di una politica e di un ceto dirigente degno di questo
nome in una fase storico-politica delicata e pericolosa per la vita delle Istituzioni
democratiche,
per risanare il bilancio dello Stato, recuperare risorse ingenti da destinare
alla lotta al precariato, alla riduzione drastica del carico fiscale, e ad una consistente
riduzione del costo del lavoro per giovani e donne soprattutto al Sud.
Roma, 2013-04-03
On. Avv. Salvatore RAITI
Presidente Ass. Italiani per l’Europa
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