Analisi delle metodologie adottate per la rilevazione del sommerso Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali1 Introduzione L’economia sommersa o irregolare, proprio perché tale, è difficilmente quantificabile. Molto spesso è anche difficile individuare il confine tra ciò che è sommerso e ciò che non lo è. Il concetto di irregolare non si può riferire esclusivamente all’evasione di tipo fiscale e contributivo (anche se è così nella maggior parte dei casi), ma può anche essere associato al mancato rispetto di norme contrattuali, urbanistiche, ecologiche, sulla sicurezza, ecc. Non è quindi sempre corretto associare l’economia irregolare al “nero”: tra essa e un’economia regolare vi sono molte tonalità di grigio. La rilevazione del sommerso può essere effettuata stimando la quantità di lavoro sommerso o stimando il volume di reddito prodotto irregolarmente. In ogni caso, essa necessita di una lettura “tra le righe” dei dati ufficiali e l’utilizzo di metodologie di indagine duttili, che tengano conto della specificità del fenomeno nei suoi aspetti quantitativi e nel suo contesto territoriale2. È quindi consigliabile la combinazione di più metodologie di ricerca (dall’analisi macro-economica alle indagini sul campo, dalle interviste agli operatori all’uso delle statistiche ufficiali), i cui risultati siano in grado di fornire il materiale adatto sul quale si possano elaborare politiche di sviluppo e cambiamento sociale. Le metodologie tradizionali di indagine si sono spesso concentrate sull’aspetto quantitativo del sommerso, mancando di rilevare le cause e le ragioni per cui si ricorre al sommerso. Oppure, anche riconducendo il sommerso a quei fenomeni che presumibilmente lo causano (in primo luogo il carico fiscale), la ricerca viene concentrata su quelle cause più evidenti e misurabili e tralascia gli altri fattori. Solo negli ultimi anni, ricerche effettuate sul campo hanno portato alla definizione di politiche di emersione che integrano le agevolazioni fiscali con processi di incentivazione all’emersione, di animazione istituzionale e di rafforzamento delle strutture economiche locali. 1. I metodi tradizionali per la ricerca sul sommerso Dalla seconda metà degli anni settanta, gli studiosi hanno ideato un gran numero di metodologie di carattere statistico per lo studio dell’economia irregolare e per la stima della sua entità. Seguendo l’ottima classificazione ordinata da Schneider e Enste3, gli approcci metodologici esistenti possono essere suddivisi in tre principali sezioni: approccio diretto, approccio indiretto e approccio basato su modelli econometrici. 1.1 Approccio diretto (o “micro”) Fanno parte di questo approccio quegli interventi che tentano di analizzare il fenomeno direttamente, per mezzo, ad esempio, di indagini campionarie o verifiche dei redditi. 1.1.1. Indagini campionarie documento redatto nell’ambito delle “Azioni di Sistema” previste dal Piano Operativo Nazionale. 1 Documento redatto nell’ambito delle “Azioni di Sistema” previste dal Piano Operativo Nazionale. Comitato per l’emersione del lavoro non regolare (2002) 3 Schneider F., Enste D. (2000) 2 Con le indagini campionarie, ottenute tramite questionari mirati a risposta volontaria, si possono ottenere informazioni utili alla ricostruzione della struttura dell’economia irregolare. Questo metodo, però, presenta alcuni limiti: 1) I risultati dipendono dalla volontà di cooperare degli intervistati. Non sempre gli operatori, per diffidenza o reticenza, ammettono di aver effettivamente operato nel sommerso, sia per la paura di incorrere in sanzioni sia perché non si vuole riconoscere il proprio operato. Non è quindi scontato che le risposte siano sempre affidabili, anche perché non viene data alcuna garanzia sull’uso che verrà fatto delle informazioni ottenute. Per superare la diffidenza degli intervistati, l’intervistatore, che è una persona esterna, dovrebbe ricreare un clima di collaborazione e reciproca fiducia. 2) I risultati dipendono molto da come i questionari sono stati compilati. L’utilizzo di questionari strutturati ed uguali per tutti permette di approfondire, od eventualmente confermare, solo elementi già noti all’inizio della ricerca. Tali questionari, presupponendo la conoscenza della realtà che si va ad analizzare, non consentono di individuare aspetti ignoti e minimizzano le differenze settoriali o territoriali. 3) Gli elenchi delle imprese a disposizione (ad esempio quelli tenuti dalle camere di commercio) sono spesso incompleti. Essi ovviamente non includono le imprese completamente sommerse; mentre altre imprese, quelle che ricadono nel semisommerso, vi ci sono registrate ma con dati differenti da quelli reali. Questi elenchi, quindi, rappresentano un panorama poco esauriente del fenomeno e le imprese che vi compaiono non possono formare un campione probabilistico (i cui elementi, cioè, sono stati estratti in maniera casuale) rappresentativo del fenomeno. 4) Il fenomeno del sommerso è mutevole nel tempo e variabile secondo i contesti territoriali, che possono anche essere paesi con poche migliaia di abitanti. La rilevazione diretta, tramite questionari, può ricostruire il sistema economico di un territorio, ma non permette di fare inferenze e generalizzazioni dai singoli casi. 1.1.2. Verifiche dei redditi. C’è un secondo approccio diretto che, saltando il ruolo giocato dall’operatore, può aiutare nell’analisi del sommerso e nella ricostruzione della struttura economica: è la discrepanza tra ciò che viene indicato nella dichiarazione dei redditi dai contribuenti e ciò che viene rilevato nei controlli a campione eseguiti dalle autorità preposte (Finanza, Ispettorato del lavoro, ispettori INPS, ecc…). Rispetto al questionario è un approccio un po’ più “repressivo”. E presenta comunque dei limiti: 1) i controlli forniscono informazioni sulle irregolarità scoperte, ma non su quelle attività nascoste o totalmente sommerse: quindi la stima del sommerso risulterà necessariamente parziale. Molto dipende dagli incentivi e dalle informazioni in mano ai controllori, perché se il controllore non riesce a scoprire ciò che l’operatore vuole tenere nascosto, non ci saranno risultati di sorta. 2) i controlli a campione vengono effettuati in maniera mirata dove si sospetta ci possano essere frodi o violazioni. La scelta non è casuale. Di conseguenza le imprese controllate (che saranno oltretutto quelle regolarmente registrate) sono un campione probabilistico poco rappresentativo. Con questi due tipi di approccio diretto si possono ottenere informazioni sulle attività sommerse, ma siccome è impossibile che riescano a rivelare tutte queste attività, le stime ottenute saranno sempre parziali e non in grado di fornire previsioni sullo sviluppo e la crescita del fenomeno. Questi due approcci tendono quindi a sotto-stimare il fenomeno. 1.2 Approccio indiretto (o “macro”) Questo approccio implica l’utilizzo di strumenti di carattere macro-economico e propone attualmente cinque diversi metodi di misurazione. Questi metodi sono applicabili solo presupponendo certe assunzioni e, all’opposto dei metodi di misurazione diretta, tendono a sovrastimare il fenomeno. 1.2.1. Metodo della discrepanza tra reddito nazionale e spesa4. Nella contabilità nazionale le stime del reddito e della spesa a livello di PNL dovrebbero essere uguali. La produzione del reddito viene rilevata presso le famiglie, e il suo utilizzo per consumi, investimenti e risparmi viene rilevato presso le aziende. Le eventuali discrepanze tra queste due grandezze, nell’ipotesi che non ci siano errori di rilevazione, possono essere usate come indicatori del livello di economia sommersa. Le assunzioni che stanno alla base di questo metodo sono: a) che non vi sia, da parte delle famiglie, alcuna reticenza nel nascondere il reddito prodotto irregolarmente (mentre ciò non si ritiene vero per le imprese); b) che gli operatori che lavorano nel sommerso possano nascondere il loro reddito ma non le loro spese. Entrambe queste assunzioni sono abbastanza forti. Inoltre, siccome è molto facile che vi siano degli errori od omissioni nelle rilevazioni del reddito e della spesa, questo metodo risulta di discutibile affidabilità. 1.2.2. Metodo della discrepanza tra la stima del lavoro regolare e il livello di occupazione che si considera normale5. Se si ritiene che la forza lavoro totale sia costante (a parità di condizioni e ad un livello di occupazione che si ritiene appropriato alla produzione), allora una diminuzione del lavoro regolare può rivelare un aumento del lavoro irregolare. Il movimento verso il sommerso può anche essere misurato effettuando un paragone con un’economia comparabile e stimando i diversi tassi di occupazione regolare. Questo metodo permette di costruire indicatori della situazione occupazionale di particolari realtà locali, ma il suo limite è che la discrepanza misurata può essere dovuta anche ad altre cause, ad esempio una situazione economica sfavorevole o una situazione culturale particolare, ma soprattutto una seconda occupazione irregolare affiancata ad una prima occupazione regolare. Questo metodo non consente quindi di cogliere quelle sfaccettature che in alcune realtà costituiscono una parte importante dell’economia sommersa. 1.2.3. Metodo della domanda di moneta. Ideato da Cagan, ripreso da Gutmann e infine perfezionato da Tanzi6, questo metodo, che stima la domanda di moneta circolante rispetto alla domanda di depositi a vista, è sicuramente uno dei metodi più conosciuti. Le assunzioni importanti su cui si basa sono le seguenti: a) le transazioni nell’economia sommersa sono interamente effettuate in contanti, per non lasciare tracce alle autorità; quindi ad un incremento dell’economia sommersa corrisponde un aumento della domanda 4 Alcuni esempi di questo metodo sono dati da MacAfee K. (1980), Del Boca D. (1981) e Park T. (1978) Per esempio Contini B. (1981) 6 Tanzi V. (1980) 5 di moneta circolante; b) l’economia sommersa è principalmente causata dall’elevata tassazione; c) il rapporto tra la moneta circolante e i depositi a vista è costante nel tempo (in mancanza di economia sommersa e a meno che non cambino le abitudini di pagamento). Tanzi si serve un’equazione particolare per calcolare la domanda di moneta. L’equazione considera il rapporto tra moneta circolante e depositi a vista, e include una serie di variabili tra le quali il livello di tassazione. Per mezzo di questa equazione viene inizialmente stimata la domanda di contanti allo stato presente (cioè con la tassazione attuale) e poi viene stimata la domanda di contanti nello stesso anno, ma con un carico fiscale più basso o nullo (quindi in una situazione ipotetica in cui non vi è economia sommersa). La differenza tra queste due stime darà la quantità di circolante utilizzato nel sommerso. Infine, assumendo che la velocità di circolazione della moneta è la stessa sia nell’economia regolare che in quella sommersa, può essere calcolato il reddito generato dall’economia sommersa. Vi sono però diverse obiezioni a questo metodo: a) non tutte le transazioni sono pagate in contanti; b) il carico fiscale può non essere l’unica causa dell’economia sommersa (altre cause possono essere l’impatto dei regolamenti, l’attitudine del contribuente verso lo stato, ecc…); c) i fattori determinanti la domanda di moneta sono instabili, diversi da paese a paese e talvolta anche all’interno dello stesso paese. A supporto di ciò si può fare l’esempio del dollaro americano, che in gran parte circola al di fuori degli Stati Uniti, e del marco tedesco, la cui domanda è aumentata, dopo il crollo di Berlino, nell’ex Germania Est e nei paesi dell’ex blocco socialista come moneta di scambio7; d) è difficile sostenere che la velocità di circolazione è identica sia nell’economia ufficiale che in quella irregolare, appunto perché è difficile stimarla; e) è difficile sostenere l’assenza di economia sommersa in un ipotetico anno di riferimento in cui la tassazione è nulla; f) il rapporto tra circolante e depositi a vista difficilmente può rimanere stabile: la scarsa richiesta di tali depositi può essere dovuta alla proliferazione di depositi di tipo alternativo. 1.2.4. Metodo delle transazioni. Sviluppato da Feige8 ed applicato negli Stati Uniti, questo metodo rappresenta un’alternativa al metodo monetario illustrato qui sopra. Si basa sull’assunzione che ci sia un rapporto costante nel tempo tra volume totale delle transazioni (avvenute sia in contanti sia per mezzo di assegni) e reddito (PNL ufficiale). Feige appoggia la sua dimostrazione sull’equazione quantitativa della moneta MV=PQ di Fisher (con M quantità di moneta, V velocità di circolazione della moneta, P il livello dei prezzi, Q indice delle transazioni, cioè delle quantità di beni prodotte e scambiate). Conoscendo e assumendo costante la velocità di circolazione della moneta e conoscendo M (moneta circolante più depositi a vista), è possibile trovare PQ, equivalente al valore totale delle transazioni (composto da transazioni finanziarie, intermedie, di beni finali e transazioni nell’economia irregolare). Per calcolare il rapporto corretto, presunto costante, tra volume delle transazioni e reddito ufficiale, Feige deve assumere come parametro di riferimento l’anno 1939, anno in cui egli suppone che non vi fosse economia sommersa, e in cui quindi il rapporto tra transazioni e reddito totale (in questo caso, non essendoci sommerso il reddito totale coincide con il reddito osservato) è normale. Sulla base di questo dato, Feige poi rileva l’ampiezza del sommerso negli anni 1976 e 1978, nei quali nota che il rapporto tra transazioni e reddito ufficiale è cresciuto. Per stimare il volume del reddito irregolare, Feige divide il volume delle transazioni rilevato in questi due anni per il rapporto transazioni/reddito-ufficiale del 1939, e al risultato sottrae il reddito ufficiale per ognuno dei due anni di riferimento, ottenendo in questo modo le due stime dell’economia sommersa per gli anni 1976 e 1978. Anche questo metodo presenta dei punti di debolezza: a) l’assunzione di un anno base senza economia sommersa; b) l’assunzione che la velocità di circolazione della moneta e degli assegni rimanga stabile nel tempo; c) l’assunzione che la moneta sia utilizzata solo a 7 8 Galantini F. (2000) Feige E. (1979), Feige E. (1986), Feige E. (1996) scopi transattivi; d) non c’è evidenza che il rapporto tra transazioni e reddito ufficiale sia costante nel tempo. 1.2.5. Modello degli input fisici. Si basa sulla rilevazione del consumo di input misurabili e se ne misura la coerenza o la differenza con le stime ufficiali del PIL. Kaufmann e Kaliberda9 ritengono l’elettricità il migliore indicatore di ogni attività economica. L’assunzione di base di questo metodo è che l’attività economica è strettamente correlata con il consumo di energia, e l’elasticità del loro rapporto è approssimativamente vicina al valore uno. Assumendo che questo rapporto è relativamente costante e conoscendo il valore complessivo dell’elettricità erogata, è possibile derivare una stima del PIL complessivo. La differenza tra questo PIL complessivo e il PIL ufficiale darà la stima dell’economia sommersa. La differenza tra la crescita ufficiale del PIL e la crescita del consumo di elettricità (differenza nulla in una situazione ideale in cui non c’è sommerso) è quindi attribuita alla crescita del sommerso. Ma anche questo metodo, che viene ritenuto adatto per la misurazione del sommerso nei paesi in via di sviluppo, presenta alcuni limiti: a) molte attività economiche richiedono piccole quantità di elettricità; quindi quelle attività irregolari di questo tipo non verranno rilevate; b) il progresso tecnico ha permesso un utilizzo più efficiente di elettricità, sia nell’economia regolare che in quella irregolare; c) possono esserci differenze nell’elasticità del rapporto tra elettricità consumata e PIL, soprattutto in quei paesi che stanno conoscendo cambiamenti strutturali (Dobozi10); d) se vengono utilizzate altre forme di energia una parte del sommerso non verrà rilevata. Una variante a questo modello fu introdotta da Lackó11, la quale assunse che una certa parte dell’economia sommersa va associata al consumo domestico di elettricità, dovuto alle attività produttive “fatte in casa”. L’economia non ufficiale sarà quindi tanto più grande quanto maggiore è il consumo domestico di energia. Questo metodo evita il problema il problema dei cambiamenti strutturali e l’elasticità unitaria del rapporto elettricità/PIL, ma richiede la conoscenza del valore di PIL prodotto da una unità di elettricità nell’economia sommersa, il quale, se sconosciuto, deve essere ricavato dalla stima di un paese diverso da quello sotto indagine (Lackó nelle sue indagini utilizzò come paese di riferimento gli Stati Uniti, con un 10,5% di sommerso). Inoltre, considerando solo l’ambiente domestico va persa una buona parte di sommerso. 1.3 Approccio basato sul modello della variabile latente I metodi descritti qui sopra consideravano l’economia sommersa in funzione di una sola causa (principalmente l’elevata tassazione) e ne indicavano un solo effetto (il consumo di elettricità o la domanda di moneta o la diminuzione di occupazione regolare, ecc...). Questo ultimo approccio, basato su modelli econometrici, consente di evitare l’approssimazione dovuta all’uso di una sola causa e di un solo indicatore. Ideato da Frey e Weck12, questo modello , chiamato anche MIMIC (Multiple Indicators, Multiple Causes), tratta l’economia sommersa come una variabile non osservabile, non misurabile direttamente, e la valuta in relazione a variabili osservabili, che sono le molteplici cause (l’alta tassazione, ma anche cause di ordine normativo e psicologico) ed i molteplici indicatori degli effetti. Il metodo empirico è basato sulla teoria statistica della variabile latente e consiste, nella sua struttura più generale, in un sistema di equazioni suddiviso in due parti. La prima parte, il modello delle equazioni di misurazione, collega le variabili latenti agli indicatori osservati; la seconda parte, 9 Kaufmann D., Kaliberda A. (1996) Dobozi I. (1995) 11 Lackó M. (1999) 12 Frey B. (1983) e Frey B., Weck-Hanmeman H. (1984) 10 il modello delle equazioni strutturali, stabilisce un nesso causale tra le variabili non osservabili. Attraverso la risoluzione simultanea di entrambe le parti del sistema si possono stimare i parametri delle equazioni, e attraverso questi, il valore delle variabili. In questo caso la variabile è una sola, l’economia sommersa, e si presuppone che sia influenzata da una serie di indicatori esterni che ne indichino l’ampiezza. In questo modo si può svelare la dipendenza strutturale dell’economia irregolare dalle sue variabili, e ciò si rivela utile anche nel predirne lo sviluppo. La figura sottostante mostra una possibile combinazione tra le cause dell’economia sommersa, la sua ampiezza e gli indicatori dei suoi effetti. Fig. 1 – Sviluppo dell’economia sommersa nel tempo Cause Variabile latente Alta tassazione Intensità dei regolamenti Indicatori Richiesta di circolante Sviluppo dell’economia sommersa nel tempo Diminuzione del lavoro regolare Attitudine verso lo stato Diminuzione del PIL ufficiale … … Causan Indicatoren Ci sono varie indicazioni su quali possano essere gli indicatori e le cause più plausibili; quelli indicati in figura sono considerati i più importanti. Tra le cause: a) il carico fiscale presente o anche solo percepito: una tassazione crescente incentiva a lavorare nel sommerso; b) il peso dei regolamenti (in materia ambientale, di sicurezza, ecc..): si ritiene che anche la crescita di questo fattore incentivi al sommerso; c) la “tax morality”, cioè il senso civico dei cittadini. Tra gli indicatori degli effetti: a) richiesta di circolante: come anche già illustrato nel paragrafo della domanda di moneta, col crescere del sommerso cresce anche la richiesta di contanti per le transazioni; b) occupazione: col crescere del lavoro sommerso diminuisce il lavoro regolare; c) produzione: i fattori della produzione (soprattutto il lavoro) che cadono nel sommerso possono avere un effetto depressivo sul PIL. Naturalmente ci possono essere altri fattori: in particolare, tra le cause si possono anche considerare la tassazione per i lavoratori autonomi, i tassi di inflazione e disoccupazione, l’ampiezza del settore pubblico. Una grande difficoltà di questo metodo, che si presentò quando Frey e Weck-Hannemann lo applicarono ai paesi europei, è stabilire l’entità di cause quali l’intensità dei regolamenti e il senso civico dei cittadini verso lo stato. Poi, sebbene il sistema abbia il pregio di connettere concettualmente l’economia irregolare alle sue cause, anche a cause diverse da quelle fiscali, presenta come limite, e come incognita, il peso da attribuire alle variabili e la loro identificazione e misurazione. 2. Metodologia dell’ISTAT. Nell’ambito della Contabilità Nazionale (CN) italiana, stime della quantità di lavoro irregolare e del volume dell’economia sommersa sono fornite annualmente dall’ISTAT. La CN italiana, al pari di altri paesi europei, ha adottato schemi e definizioni dei nuovi sistemi dei conti economici utilizzati a livello europeo ed internazionale (SEC95 e SNA93), i quali hanno anche contribuito a definire ulteriormente il concetto di economia non osservata. I fenomeni, parzialmente intrecciati, che la compongono sono: a) le attività illegali; b) il sommerso economico; c) il settore informale; d) il sommerso statistico. Teoricamente, tutti questi fenomeni dovrebbero essere oggetto di inclusione nei conti; ma quell’area che corrisponde alla produzione illegale non è ancora inserita nei conti dei paesi dell’Unione Europea, anche per l’eccessiva difficoltà della sua stima. Il campo è limitato alle tre rimanenti aree: l’economia sommersa in senso pieno, il settore informale e il sommerso statistico. L’obiettivo di base di questa metodologia è garantire l’esaustività delle stime dei conti economici nazionali, cioè assicurare che tutta l’attività di tutte le unità produttive del paese sia colta nella sua completezza nelle stime di Contabilità Nazionale: quindi, sia l’attività regolare, sia la componente irregolare; sia nel caso in cui questa attività è statisticamente rilevata da fonti dirette, sia nel caso in cui non lo è. Il settore informale, nei paesi con un’economia avanzata, risulta di marginale importanza. È caratterizzato da quelle unità di produzione con un basso livello di organizzazione e relazioni di lavoro basate su vincoli parentali o relazioni personali. Lo si trova soprattutto nell’agricoltura e nelle costruzioni, ed è colto tramite l’individuazione di quelle persone che, pur non dichiaratesi popolazione attiva, hanno ammesso di aver svolto attività lavorative esclusivamente nell’azienda di loro proprietà. Il sommerso statistico è determinato da attività non rilevate a causa dell’assenza di informazioni o di inefficienze nel sistema statistico. Esso è colto tramite l’integrazione di fonti amministrative (registri delle camere di commercio, dati fiscali, ecc…) con fonti statistiche; c’è però da ricordare che il volume di lavoro che ricade nel sommerso statistico è considerato lavoro regolare a tutti gli effetti. Quindi, il processo di definizione dell’economia non osservata si concentra sul sommerso propriamente economico che, nella realtà italiana, è caratterizzato dall’utilizzo di lavoro non regolare e dalla sottodichiarazione della produzione. Andiamo ora ad analizzare le metodologie che consentono di stimare la sua entità. 2.1 Le stime dell’input di lavoro Tra i diversi metodi vi è in primo luogo la misurazione dell’input di lavoro, cioè la quantità di lavoro utilizzata (in modo regolare o irregolare) dal sistema produttivo. Questa misurazione consente di integrare metodi indiretti di stima con fonti statistiche ed amministrative, cercando in questo modo di minimizzare i problemi derivanti dalla presenza di attività produttive non osservabili, e cercando pure di cogliere indirettamente queste attività. L’input di lavoro è colto mediante l’esaustività dei dati provenienti dal lato famiglie, che, in teoria, includono tutte le stime del numero di occupati, siano essi regolari o irregolari. Si ipotizza che le famiglie non abbiano motivi per nascondere il proprio operato nell’economia irregolare. Tale assunzione sembra essere dimostrata, empiricamente, dal fatto che l’occupazione risulta più alta se è misurata presso le famiglie piuttosto che presso le aziende. In realtà anche le famiglie tendono ad essere reticenti. Il primo concetto che si tiene in considerazione per misurare l’input di lavoro è il numero degli occupati, cioè quelle persone, dipendenti o indipendenti, che esercitano un’attività in unità produttive residenti, indipendentemente dalla loro nazionalità e dalla durata della prestazione (tempo pieno o tempo parziale). Gli occupati sono stimati secondo il numero di posizioni lavorative svolte, le quali corrispondono ai posti di lavoro dati dalla somma delle prime posizioni lavorative e dalle posizioni lavorative plurime, indipendentemente dal numero di ore lavorate. La posizione lavorativa è generalmente definita come un contratto di lavoro, implicito od esplicito, tra una persona e un’unità produttiva. Il secondo concetto di riferimento è il totale delle ore lavorate, sia dai lavoratori dipendenti che da quelli indipendenti. Ma un parametro ancora più appropriato per misurare la quantità di lavoro è dato dalle unità di lavoro equivalenti a tempo pieno (ULA), cioè il numero di posizioni lavorative a tempo pieno utilizzate dal sistema produttivo. Esse sono ottenute dalla somma delle posizioni a tempo pieno ed a tempo parziale (principali e secondarie) trasformate in unità a tempo pieno: si ottiene quindi il numero teorico di occupati a tempo pieno. Per stimarle esattamente, l’ISTAT segue uno schema metodologico basato sull’integrazione ed il confronto di fonti di diversa natura, in grado di ricondurre la componente del sommerso statistico al lavoro regolare e di isolare la sola componente del lavoro irregolare come parametro di stima dell’economia sommersa. Qui sotto proponiamo lo schema metodologico utilizzato nella rilevazione dell’input di lavoro (sia a livello regionale che nazionale). Fig. 2 – Metodologia per la misurazione dell’input di lavoro 1. Armonizzazione delle fonti Per Definizioni, classificazioni e Universo di CN 2. Integrazione fonti 2a. Unità di rilevazione Impresa 2b. Unità di rilevazione Famiglia Stima esaustiva delle posizioni lavorative reg. (principali e secondarie) Stima esaustiva del numero di occupati (regolari ed irregolari) 3. Confronto componenti individuate 1. occupati regolari 2. occupati irregolari 3. posizioni secondarie regolari 4. Stima altre componenti occupazione stranieri irregolari posizioni lavorative multiple irregolari occupati non dichiarati occupazione informale 5. Stima Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno Fonte: Calzaroni 2000 Lo schema si può spiegare attraverso le seguenti fasi: 1) Rielaborazione della base informativa: armonizzazione delle fonti in modo da costituire un insieme informativo omogeneo al suo interno e con le definizioni di CN. 2) Integrazione dei dati sulla domanda di lavoro (rilevata presso le imprese e le istituzioni) e sull’offerta di lavoro (rilevata presso famiglie) al fine di ottenere una prima stima, non ancora esaustiva, delle posizioni lavorative dichiarate dalle differenti fonti. Si ritiene che le imprese forniscano dati sulle posizioni lavorative regolari, principali o secondarie; all’opposto, si ritiene che l’indagine presso le famiglie rilevi il numero degli occupati, regolari o irregolari, nella propria attività principale. 3) Confronto delle fonti informative integrate dal lato delle famiglie con quelle provenienti dal lato imprese. Il risultato dovrebbe indicare le posizioni regolari, le posizioni irregolari e le posizioni lavorative plurime regolari. In assenza di lavoro irregolare e di posizioni lavorative multiple, le due rilevazioni dovrebbero coincidere. Altrimenti, comparando le due informazioni, si rilevano le diverse categorie di occupazione a seconda che il numero di persone che si dichiara occupato sia maggiore o minore delle posizioni dichiarate dalle imprese. 4) Stima di categorie di occupazione non regolari non direttamente osservabili. In questa fase la metodologia di integrazione consente di ricavare ulteriori quote di occupati non regolari che sfuggono alle fonti di informazione. Una di queste categorie è rappresentata dagli stranieri irregolari. Poi si fanno approfondimenti in quei settori specifici (ad esempio agricoltura e servizi alle famiglie) in cui si possono cogliere ulteriori tipologie di occupazione (non occupati con ore lavorate, doppio lavoro irregolare, economia informale). Data la difficoltà di misurare queste attività produttive, si segue un metodo specifico per la stima di ognuna di queste categorie, ricorrendo all’integrazione e al confronto di fonti statistiche diverse dal lato dell’offerta e della domanda di lavoro, o utilizzando metodi indiretti di rilevazione. 5) Trasformazione delle posizioni lavorative in unità equivalenti a tempo pieno, cioè Unità di Lavoro. Si effettua questo ultimo passaggio per stimare l’effettiva quantità di lavoro a tempo pieno (regolare, irregolare o nel settore informale) prestata in relazione al ciclo economico. Le posizioni lavorative già a tempo pieno non subiscono riduzioni; quelle a tempo parziale sono trasformate in unità a tempo pieno rapportando le ore effettivamente lavorate in una posizione lavorativa non a tempo pieno con le ore lavorate, nello stesso settore produttivo, in una posizione a tempo pieno. Ottenute le unità di lavoro ed estratte quelle irregolari, l’Istat calcola il valore dell’economia sommersa attribuendo ai lavoratori dipendenti irregolari la stessa produttività di quelli regolari. 2.2. La stima del sommerso dal lato del valore aggiunto l’assunzione di base di questo secondo metodo è che l’economia sommersa nei dati dell’offerta sia strettamente correlata alla frode fiscale. Le azioni più comuni che portano all’evasione (e che possono essere combinate tra loro) sono le seguenti13: 13 Pascarella C., Pisani S. (2000) 1) occultamento di tutta la filiera di produzione, cioè omissione della dichiarazione sia degli acquisti che del fatturato; 2) sottodichiarazione del fatturato, corrispondente ad una corretta dichiarazione degli acquisti combinata ad una sottovalutazione del fatturato; 3) sopradichiarazione dei costi, corrispondente ad una corretta dichiarazione del fatturato combinata ad una sopravalutazione degli acquisti. L’occultamento dell’intera filiera è colto tramite l’integrazione dovuta al lavoro non regolare. Ipotizzando che il soggetto economico nasconda (parzialmente o totalmente) il lavoro impiegato nel processo produttivo e, parallelamente, anche il prodotto di tale lavoro e l’input necessario per produrlo, è possibile ottenere una stima dell’economia sommersa attribuendo ai lavoratori irregolari lo stesso pro-capite di quelli regolari, e rivalutando il valore aggiunto, i costi intermedi e la produzione. La sottodichiarazione del fatturato e la sopradichiarazione dei costi sono entrambe colte tramite la rivalutazione del fatturato, basata sul principio che vi debba essere una certa corrispondenza tra i ricavi ed i costi di un’azienda. Questa rivalutazione si avvale di indagini effettuate sui conti economici delle aziende, in genere quelle con meno di 20 dipendenti. L’ipotesi che regge questo metodo è che il reddito pro-capite del lavoratore indipendente (cioè dell’imprenditore) sia almeno uguale al salario medio dei lavoratori dipendenti. Qualora il reddito dell’indipendente risulti inferiore a quello del dipendente l’azienda viene intesa come sottodichiarante: in questi casi il reddito del primo viene rivalutato almeno fino al livello del secondo. La sottodichiarazione del reddito da parte delle imprese è quindi corretta aggiustando i valori pro capite della produzione e del valore aggiunto dichiarati dalle unità produttive. Le integrazioni qui indicate, relative all’input di lavoro e alla sottodichiarazione del fatturato, non forniscono una valutazione precisa e definitiva dell’economia non osservata, c’è sempre un margine di incertezza e di impossibilità di identificazione (soprattutto in quei settori come l’agricoltura e le costruzioni); tuttavia risultano utili per una stima del PIL. 3. Tecniche di ricerca sul campo (tecniche di rilevazione del Comitato) Le metodologie di carattere statistico, elencate sopra, danno naturalmente un importante contributo allo studio del fenomeno e suggeriscono direzioni per la ricerca. Presentano però, oltre agli ovvi limiti di carattere metodologico, dei limiti di carattere concettuale: 1) tendono a quantificare e localizzare il sommerso senza individuare il funzionamento dell’economia irregolare; 2) individuano degli aspetti comuni, una sorta di “tipo ideale” del sommerso, ma non ne colgono l’eterogeneità e disomogeneità nei differenti settori e realtà territoriali; 3) la tecnica usata per la raccolta dati, soprattutto nel caso dell’approccio diretto, non riesce a superare la diffidenza degli operatori. Ma più che quantificarlo, è interessante sapere dove il sommerso sta e come funziona. Il Comitato per l’emersione del lavoro irregolare propone un metodo di ricerca sul campo che non nasce dall’applicazione meccanica di metodi precostituiti, ma dall’esplorazione di una realtà specifica con spirito di osservazione e capacità di rimettere in discussione i risultati raggiunti. In questo frangente prende piede l’idea che le metodologie debbano “essere studiate ad hoc per i diversi problemi e che per ciascuno di essi bisogna lasciare aperta la strada a procedure evolutive adeguate”14. Questo metodo del learning by doing si scosta dai metodi tradizionali, utilizzati in modo standard per analizzare realtà territoriali che possono essere anche molto diverse tra loro; e non permette nemmeno un utilizzo standard degli strumenti statistici. Non essendoci una conoscenza dell’universo in questione non è possibile tracciare un campione probabilistico, né semplice né a maggior ragione stratificato, perché scoprire le aziende, i settori merceologici (e l’organizzazione 14 Meldolesi L., Stame N. (1998) delle fasi lavorative) è un punto di arrivo e non di partenza. Infatti, le domande a cui una ricerca sul campo può rispondere concernono il tipo di sommerso che prevale in ciascuna area, il ruolo che il sommerso gioca nell’economia locale, quali gruppi sono interessati all’emersione e con quali metodi vi si può arrivare. Una ricerca così impostata può apportare una serie di contributi relativi a: a) l’individuazione e l’analisi di ispessimenti produttivi con potenzialità inespresse; b) l’ampliamento e l’arricchimento dei metodi tradizionali; c) l’identificazione di politiche di sviluppo15. La specificità italiana potrebbe essere un caso esemplare: prima di applicare tecniche d’indagine appropriate per il Mezzogiorno, la carta degli ispessimenti industriali al sud era vuota. Un metodo “che evidenzia una realtà industriale affermata non è adatto a porre in risalto una realtà in formazione e/o artatamente nascosta. Esistono nel Mezzogiorno sistemi locali del lavoro, esistono attività industriali che incontriamo ad ogni piè sospinto. Abbiamo bisogno di metodologie ad hoc”16. In casi come questo, la ricerca sul campo, contestualizzata nel suo territorio, sembra essere lo strumento migliore per il monitoraggio e la comprensione del fenomeno, e per coordinare gli interventi mirati all’emersione e allo sviluppo locale. Questo metodo richiede la comprensione della struttura del sistema economico locale, la conoscenza del territorio, delle sue problematiche e potenzialità ed il contatto diretto con gli operatori. Ma spesso, anche questo metodo d’indagine non può vivere da solo ed ha bisogno di una combinazione o concatenazione di metodologie. Quelle che seguono sono le tre tecniche di ricerca sul campo utilizzate dal Comitato. 3.1 Metodo Bergonzini17 Il metodo nasce nel 1971, al fine di studiare l’occupazione femminile in alcune piccole realtà dell’Emilia. Il suo principio è la collaborazione di alcune persone che, per motivi professionali o sociali, sono informate sulle attività dei componenti delle varie famiglie. Il metodo può essere utile sia per acquisire conoscenze sulla realtà da studiare sia per individuare un campione di persone da intervistare successivamente. Si devono innanzi tutto individuare delle persone terze che, per i più vari motivi, sono informate sulla comunità che si vuole studiare e si chiedono loro informazioni attraverso interviste individuali o focus groups. Ricevendo le informazioni da persone terze, che teoricamente non hanno motivi per non collaborare, non si è costretti ad interpellare direttamente le persone che operano nel sommerso, che potrebbero dimostrarsi reticenti nei confronti dell’intervistatore. Per effettuare una misurazione con questo metodo, bisogna delimitare l’oggetto dell’indagine e stilare una lista delle persone rilevanti al fine della ricerca, in modo da poter definire per ciascuna di esse la condizione lavorativa. I limiti di questo metodo stanno nella difficoltà di individuare i potenziali collaboratori e nell’estensione dell’area su cui indagare. Poi, anche se questa tecnica può avere la sua efficacia nelle piccole aree, dove le persone si conoscano, difficilmente potrebbe essere applicabile nei grandi centri. 3.2 Metodo della persona conosciuta Questo metodo, che ha le sue radici nel metodo precedente, propone di utilizzare come intervistatore un residente nell’area oggetto dell’indagine. In questo modo l’intervistatore, che è una persona conosciuta (anche solo di vista), non viene visto come un controllore pronto a denunciare le irregolarità, e viene a cadere quella distanza e diffidenza che potrebbe esserci tra lui e l’intervistato. Una persona “interna”, che dichiara il suo scopo (ad esempio l’interesse di studio) è più credibile e sa comunicare più efficacemente con l’operatore. Inoltre conosce già il contesto e può individuare 15 CNEL (2001) Meldolesi L., Stame N. (1998) 17 Bergonzini L. (1973) 16 più facilmente politiche di sviluppo e di emersione. Anche in questo caso l’area di indagine deve ristretta e delimitata. 3.3 Campionamento a valanga Questo metodo si rivela utile quando non esiste un elenco di persone da intervistare o di imprese da rilevare (quindi spesso nel caso del sommerso). Esso prevede, inizialmente, l’individuazione di alcuni soggetti che potrebbero rivelarsi d’aiuto. Una volta individuati e intervistati, si chiede loro di indicare altri soggetti da intervistare. A questi ci si presenta a nome del primo informatore o, per ridurre ulteriormente la diffidenza degli intervistati, su sua diretta presentazione. Anche a queste persone si chiede di individuarne altre, e così via. Il campione di persone da intervistare non è definito, ma è ragionevole raggiungere un’ampiezza rappresentativa del sistema economico analizzato. Nonostante ciò il campione non può essere definito probabilistico (perché la scelta delle persone non è stata casuale) e il metodo non consente di generalizzare le conclusioni (perché si indaga su una piccola area), ma è l’unico metodo che consente di indagare una realtà altrimenti impenetrabile. Le questioni da esaminare vengono via via rimesse in discussione, ogni qualvolta le interviste rivelano qualcosa di nuovo o di non conforme. 3.4 Strumenti di sostegno Questi tre metodi possono venire associati tra loro o con altri metodi più tradizionali; oppure possono venire modificati secondo le esigenze dell’indagine. D’altro canto, proprio perché sono adatti per la ricerca sul campo in piccole realtà, sono di difficile applicazione in grandi realtà; e comunque, i dati ottenuti, anche in modo scientifico, non possono essere utilizzati per generalizzazioni o analizzati a scopo statistico tradizionale. In questi casi statistica e ricerca sul campo devono collaborare reciprocamente per una definizione più completa della realtà che si vuole analizzare. Ognuna di esse riceve dall’altra conoscenze e strumenti che da sola non potrebbe acquisire: la statistica può fornire indicatori utili per individuare e analizzare particolari situazioni territoriali o settoriali; la conoscenza diretta del fenomeno può consentire l’orientamento dei metodi di ricerca e l’interpretazione dei dati. In ogni caso, l’utilizzo di questi metodi di ricerca sul campo supera i problemi di carattere concettuale insiti nei metodi di carattere statistico. Altri strumenti e tecniche che possono accompagnare i tre metodi sopra descritti, soprattutto nella fase studio e pianificazione, possono essere le seguenti: 1) Delimitazione dell’area di ricerca. Per condurre ricerche esaurienti ed approfondite è necessario restringere e delimitare l’area oggetto d’indagine. Solo così sarà possibile studiare il fenomeno nei suoi vari aspetti (economico, sociale, istituzionale, psicologico, culturale) e leggere “tra le righe”. Le ricerche su aree delimitate possono riempire quella lacuna concettuale creatasi tra il fenomeno del sommerso e le sue cause. 2) Questionario o intervista semi-strutturati. Anche se non può essere utilizzato in modo scientifico a fini statistici, il questionario semi-strutturato o l’intervista semi-strutturata possono aiutare l’intervistatore e il ricercatore a ridefinire le proprie ipotesi e ad acquisire nuove conoscenze. Questo strumento richiede spirito di osservazione ed ingegnosità nel trovare indizi importanti in un materiale per lo più disordinato. 3) Fiducia dell’intervistato. L’intervistatore deve guadagnarsi la fiducia dell’operatore al momento dell’intervista (mostrando comprensione ed apprezzamento per le informazioni che gli vengono fornite) e utilizzare i dati ottenuti in modo da non tradire questa fiducia. Non è un compito facile, perché bisogna sostanzialmente portare alla luce ciò che l’operatore vuole tenere nascosto. L’intervistatore deve dimostrarsi un soggetto interessato all’argomento, come nel caso del ricercatore che fa ricerche per l’università, senza avere propositi repressivi. 4. Esempi di ricerche sul campo 4.1 San Giuseppe Vesuviano (con il metodo Bergonzini) Per mezzo del metodo Bergonzini, nel 1997 Di Nardo e Caldarelli18 effettuarono una ricerca sul campo, senza ricorrere all’intervista, nel comune di San Giuseppe Vesuviano, nel quale la presenza di lavoro irregolare era già emersa da interviste rilasciate da imprenditori e lavoratori del settore abbigliamento. In questo comune, nel 1991, L’ISTAT stimava la disoccupazione al 38% e le forze inattive oltre il 60%. Questa ricerca non si proponeva di effettuare una verifica capillare della posizione lavorativa di tutti gli abitanti del comune; ma, anche per il suo carattere sperimentale, mirava alla rilevazione statistica dello stato di occupazione di una piccola porzione di popolazione. La scelta cadde sui residenti di una piccola zona cui fu dato il nome di comodo “Via Cometa”. Delle 84 famiglie residenti (per un totale di 309 persone), si riuscì ad ottenere informazioni solo su 37 di esse; risultato attribuibile in parte ad imperfezioni anagrafiche relative alla numerazione civica ed in parte al tempo limitato a disposizione del ricercatore. Le 176 persone rilevate furono raggruppate come indicato nella tabella sottostante: Tab. 1 - Condizione lavorativa della popolazione Forze di lavoro 87 di cui Occupati Non occupati 86 1 Non forze di lavoro Popolazione in età non lavorativa Totale 41 48 176 49,43% 48,86% 0,57% 23,30% 27,27% 100% Fonte: Di Nardo, Caldarelli, 1998 I risultati della ricerca furono i seguenti: il tasso di inattività, tra le persone in età lavorativa, risultava pari al 32%; tra le forze di lavoro il tasso di occupazione regolare risultava pari al 63% (pari a 54 persone); l’occupazione irregolare era quindi del 37%, pari a 32 persone coinvolte, che lavoravano come operai nel settore abbigliamento, come lavoranti a domicilio, come artigiani e collaboratori di imprese familiari. Nel settore abbigliamento il lavoro irregolare raggiungeva punte del 48,84 %. 4.2 San Giuseppe Vesuviano (con il metodo della persona conosciuta) Nel 1998, non soddisfatti della precedente rilevazione, gli stessi ricercatori organizzarono una seconda misurazione del sommerso a San Giuseppe Vesuviano19, questa volta rivolgendosi direttamente alle famiglie, modificando quindi il metodo d’indagine (ribattezzato metodo Caldarelli). La differenza sta nel fatto che la ricercatrice che svolse l’indagine era una persona 18 19 Di Nardo T., Caldarelli R (1998) Di Nardo T., Caldarelli R., Izzo M. (2000) conosciuta nella comunità. Immedesimandosi con le famiglie locali ed i loro problemi fu più facile stabilire un rapporto di fiducia e ottenere dei risultati; oltretutto la ricercatrice era in stato interessante e questo ha forse comportato alcuni vantaggi. Presentando un questionario semplificato si ottennero informazioni su 270 persone e le si confrontò con quelle ottenute nella precedente rilevazione. Sebbene i risultati non fossero immediatamente confrontabili (la prima rilevazione aveva raggiunto il 57% delle persone, la seconda l’87%), questo secondo metodo rilevò un tasso di irregolarità del 52,38% (pari a 77 persone coinvolte su 147 occupate). Quindi il metodo della persona conosciuta può sortire migliori risultati rispetto al metodo ufficiale (quello statistico) e al metodo precedente. Per verificare ulteriormente il risultato ottenuto da Caldarelli, l’anno seguente fu inviata sul posto una persona esterna alla comunità (Izzo), che presentatasi come impiegata di un anonimo centro di statistica somministrò un brevissimo questionario alla popolazione. Questa indagine, che raggiunse il 77% delle persone, simulò un po’ il metodo ufficiale, ma tuttavia sortì dei buoni risultati, in parte ascrivibili alle caratteristiche dell’intervistatrice e del questionario che influirono positivamente sul clima dell’intervista. Questa ricerca rilevò, su 239 persone intervistate, un tasso del 33% di lavoro irregolare, pari a 33 persone. Nella tabella segnaliamo i risultati delle due ricerche. Va segnalato che le rilevazioni, avendo raggiunto delle percentuali differenti di popolazione, non possono essere considerate omogenee. Tab. 2 - Occupati, disoccupati ed inattivi nelle due indagini Popolazione rilevata Occupati di cui Irregolari In cerca di lavoro Inattivi Rilevazione di Caldarelli 270 100% 147 54,44% 77 52,38% 4 1,48% 119 44,08% Rilevazione di Izzo 239 100% 100 41,84% 33 33% 10 4,18% 129 53,98% Fonte: Di Nardo T., Caldarelli R., Izzo M. 2000 4.3 CUORE – Napoli (campionamento a valanga) Questa rilevazione del sommerso, nell’ambito della prima parte del progetto CUORE20, fu effettuata in un gruppo di quartieri nell’area nord e nell’area est di Napoli e rilevò una realtà di piccole e piccolissime imprese, spesso non completamente in regola e con parecchi lavoratoti in nero. Non si conosceva in anticipo il numero esatto delle imprese, perché l’elenco Infocamere non era aggiornato delle numerose variazioni, chiusure ed aperture. Nella prima fase della rilevazione, svoltasi nel periodo maggio-giungo 1999, furono scelte dieci strade che, sulla base dei dati Infocamere (per quartiere), presentavano la maggior concentrazione di imprese; ed altre dieci strade furono estratte a sorte: quindi un totale di venti strade per ogni quartiere. Su tutte queste fu fatto un censimento a tappeto, tramite il metodo del campionamento a valanga. In un primo momento furono contattate persone integrate nel territorio (presidenti di circoscrizione, parroci, operatori economici, ecc…), poi queste persone consentirono di individuarne altre. In un secondo momento, furono proposti dei questionari semi-strutturati agli imprenditori (appartenenti ai diversi settori produttivi) per avere una conferma di quanto era già stato raccolto. Questa metodologia permise di ricostruire genesi, evoluzione, consistenza e stato di ciascun sistema produttivo locale. In una seconda fase della ricerca, effettuata nel periodo ottobre-novembre 1999, furono censite tutte le strade di ogni circoscrizione considerata. Anche in questa fase si cercò di dialogare con il quartiere e gli imprenditori, e per mezzo di un questionario semi-strutturato (proposto ad una 20 Caianiello D. (1999), (2000) cinquantina di imprenditori) si poté analizzare il funzionamento dei settori produttivi. La tabella sottostante evidenzia le tematiche approfondite in questi questionari. Tab. 3 - Tematiche interviste per settore Fonti di approvvigionamento Grado di regolarizzazione Chi sono i fornitori, come sono stati scelti, come avvengono i pagamenti, etc… Macchinari utilizzati, grado di efficienza e di innovazione tecnologica, etc… Numero di lavoratori, grado di regolarità del lavoro, tipo di contratti utilizzati, livello salariale, organizzazione del personale, formazione, etc.. Problemi di adeguamento alla normativa igienico sanitaria, sottofatturazione, etc.. Mercato di sbocco Qualità della produzione, zona e canali di vendita, etc… Rapporti con le altre imprese Decentramento produttivo, c/ lavorazione, volontà di cooperare. Processo produttivo Manodopera Rapporti con il territorio Pubblica Amministrazione, criminalità, etc… Fonte: Caianiello 2000 La rilevazione consentì anche di verificare ed aggiornare gli elenchi Infocamere. Delle 788 imprese precedentemente presenti negli elenchi ne furono rintracciate solo 397, mentre il campionamento a valanga consentì di rilevarne altre 283. Il caso del progetto CUORE ha consolidato l’idea che l’integrazione di fonti amministrative e fonti dirette, e in generale la combinazione di più metodologie, può sortire risultati migliori rispetto a quelli ottenuti utilizzando una metodologia isolata. 5. Conclusioni Possiamo ora tracciare qualche sintetica conclusione sulle metodologie per la rilevazione del sommerso. I metodi di tipo tradizionale presentano delle difficoltà e dei punti deboli: nessuno si avvicina, nemmeno in modo approssimativo, alla perfezione. Ma soprattutto si basano su assunzioni che non possono essere verificate. La soluzione migliore potrebbe essere l’utilizzo non di un metodo solo, ma di una varietà di metodi capace di produrre risultati più affidabili. Sotto questo rispetto il metodo più valido sembra essere quello della variabile latente che, oltre ad integrare le diverse cause ed i diversi effetti dell’economia sommersa, sembra fornire delle stime accettabili, laddove i micro-metodi tendono a sottostimare il sommerso ed i macro-metodi tendono a sovrastimarlo. Ma, come già detto, anche il modello della variabile latente presenta delle imperfezioni. I metodi diretti di indagine, cioè sul campo, come quelli utilizzati dal Comitato per l’emersione del lavoro non regolare, sono utili nel cogliere elementi di altro tipo, come ad esempio la struttura economica locale; però non possono servire a fine statistico e i loro risultati non possono essere generalizzati. Del resto, proprio perché il sommerso si presenta in modo eterogeneo, variabile nel tempo e soprattutto nel territorio, lo studio dell’economia sommersa non può che nascere dall’approfondimento delle specificità locali e non è quindi giustificato l’utilizzo facile di generalizzazioni. Come già accennato all’inizio di questa analisi, il metodo migliore non può che stare a metà strada, integrando le statistiche e gli strumenti concettuali di tipo macro-economico con le indagini sul campo ed i questionari. 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