G It Diabetol Metab 2011;31:35-38 Caso clinico MODY: una diagnosi differenziale spesso trascurata Introduzione 1 2 1 A. Pulcina , L. Gargantini , A.C. Bossi 1 2 UO Malattie Metaboliche e Diabetologia; UO Pediatria, AO Treviglio Corrispondenza: dott.ssa Anna Pulcina, UO Malattie Metaboliche e Diabetologia, Ospedale di Treviglio, piazzale Meneguzzo 1, 24047 Treviglio (BG) e-mail: [email protected] G It Diabetol Metab 2011;31:35-38 Pervenuto in Redazione il 17-12-2010 Accettato per la pubblicazione il 10-01-2011 Parole chiave: diabete mellito di tipo 2, MODY Key words: type 2 diabetes, MODY Il diabete mellito può essere determinato da difetti monogenici della funzione delle cellule β che vengono trasmessi come caratteri autosomici dominanti. La maggioranza delle anomalie comporta mutazioni a carico dei fattori nucleari di trascrizione, che influenzano la funzione delle cellule β. Poiché sono caratterizzati dall’insorgenza di iperglicemia in età precoce (generalmente prima dei 25 anni), questi tipi di diabete mellito sono definiti come diabete dell’adulto a insorgenza giovanile (maturity onset diabetes of the young, MODY). Il MODY è caratterizzato da una ridotta secrezione insulinica senza evidente insulino-resistenza1. Le alterazioni di 6 differenti geni sono responsabili della maggior parte dei casi di MODY che, quindi, possono essere classificati in 6 differenti varianti (da MODY1 a MODY6). Le forme più frequenti sono MODY2 e MODY3, causate da mutazioni eterozigoti per i geni della glucochinasi (GCK) e di hepatocyte nuclear factor 1A (HNF1A)2. È stato recentemente dimostrato che i pazienti portatori di una mutazione a carico di quest’ultimo gene hanno un rischio cardiovascolare maggiore rispetto ai loro familiari in cui la mutazione è assente3,4. Anche per questo è importante diagnosticare quanto più precocemente possibile una forma di MODY ponendola in diagnosi differenziale con il diabete di tipo 1 che si riscontra con maggiore facilità nel soggetto giovane, ma che presenta poi un iter terapeutico e prognostico ben diverso. Tutto ciò è esemplificato nel presente caso clinico. Anamnesi A.C. è un ragazzo di 18 anni con familiarità positiva per diabete mellito (la madre assume terapia ipoglicemizzante orale sin dalla giovane età); riferisce abitudine al fumo (3 sigarette 36 A. Pulcina et al. al giorno) e attività fisica regolare e intensa. Se si eccettua un episodio di ipoglicemia a 11 ore dalla nascita (trattato con infusione di glucosata per 36 ore), in anamnesi non si rileva nulla di significativo fino a luglio 2010 quando viene ricoverato presso l’Ospedale di Seriate (BG) e successivamente trasferito per competenza provinciale presso la struttura complessa di Pediatria dell’Ospedale di Treviglio, per riscontro occasionale di iperglicemia a digiuno (198 mg/dl, quindi 276 mg/dl con reflettometro). Esame obiettivo All’ingresso in reparto pediatrico il paziente si presentava in buone condizioni generali. Peso 68 kg, altezza 1,73 m, BMI 22,7 kg/m2. L’obiettività cardiaca, toracica e addominale erano nei limiti di norma. Genitali esterni di tipo maschile normoconformati puberi. Esame neurologico nella norma. Esami di laboratorio Oltre all’iperglicemia, venivano riscontrate glicosuria e chetonuria. Risultavano nella norma funzionalità tiroidea, colesterolo totale, LDL, HDL, trigliceridi (Tab. 1). Negativa la ricerca di autoanticorpi anti-tireoglobulina e anti-tireoperossidasi tiroidea, così come di anticorpi anti-recettore del TSH. Il giorno successivo, considerati i valori non più elevati della glicemia basale, il paziente veniva sottoposto a curva da carico di glucosio (OGTT 75 g), i cui risultati sono riportati in tabella 2. Oltre agli esami di laboratorio di “routine”, nel sospetto di un diabete mellito di tipo 1 all’esordio, sono stati dosati anche gli anticorpi anti-ICA (negativi), antiGAD (0,43 ng/ml con vn fino a 1), anti-insulina (4% con vn 0-8,5%) e il C-peptide (0,37 nmol/L con vn 0,16-1,10). Sono inoltre risultati negativi gli anticorpi anti-endomisio e anti-transglutaminasi. Tabella 1 Esami ematochimici eseguiti durante la degenza. Esami ematochimici Valori Unità di misura HbA1c 6,6 % Glicemia a digiuno 139 mg/dl Colesterolo totale 162 mg/dl Colesterolo HDL 66 mg/dl Colesterolo LDL (calc.) 85 mg/dl Trigliceridi 55 mg/dl Creatinina 0,74 mg/dl TSH 2,68 mUI/ml FT3 6,8 pmol/L FT4 13,9 pmol/L SGOT 18 UI/L GPT 14 UI/L Tabella 2 OGTT 75 g con curva glicemica e insulinemica. OGTT 75 g Glicemia mg/dl Insulinemia mU/L Tempo 0′ 92 1,4 Tempo 60′ 224 15,8 Tempo 120′ 226 7,2 Discussione Vista la negatività degli autoanticorpi e l’andamento clinico non ingravescente, è stata esclusa una forma di diabete mellito di tipo 1. La storia familiare del paziente, il quadro clinico benigno e l’iperglicemia prevalentemente postprandiale associata al deficit di insulinizzazione basale evidenti all’OGTT, hanno permesso di porre il sospetto diagnostico di MODY. Pertanto sono stati eseguiti prelievi ematochimici per la ricerca di mutazioni genetiche relative ai geni GCK (MODY2) e HNF1A (MODY3)5 presso l’UO di Genetica Medica del Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna (dottoressa Vilma Mantovani). In attesa del risultato del mappaggio genetico, il paziente è stato dimesso con l’indicazione alla misurazione della glicemia capillare due volte alla settimana. Nelle prime settimane le glicemie capillari sono state eseguite molto più frequentemente del richiesto a causa della notevole ansia della famiglia e del paziente stesso; solo dopo ripetute rassicurazioni il giovane ha ripreso completamente le sue abitudini di vita e ha dilazionato i controlli glicemici. Acquisito poi il referto dell’analisi genetica, con evidenza di positività per mutazione eterozigote di HNF1A compatibile con la diagnosi di MODY3, il paziente è stato inviato all’UO di Diabetologia e Malattie del Ricambio per passaggio in cura. In considerazione degli esami ematochimici, dell’esito della ricerca genetica e dello stile di vita attivo, abbiamo proposto una terapia unicamente dietetica (2400 kcal) e organizzato un colloquio individualizzato con il dietista del nostro team diabetologico ospedaliero. Abbiamo inoltre effettuato nuovamente un’educazione all’autocontrollo glicemico con due prove alla settimana prevalentemente postprandiali. Questa decisione terapeutica ha permesso, nei primi mesi di follow-up, un’ottima gestione della patologia senza andare a interferire eccessivamente con la qualità di vita del paziente. I valori glicemici a digiuno e dopo i pasti si sono mantenuti entro i target ottimali e non si sono verificati episodi di ipoglicemia postprandiale tardiva o dopo l’intensa attività fisica agonistica (che il giovane paziente ha mantenuto costante). Questo caso dimostra quanto sia indispensabile tenere presente il sospetto diagnostico di un MODY accanto alle diagnosi differenziali più classiche (illustrate in Fig. 1), soprattutto in caso di giovane età e di andamento clinico generalmente favorevole. Per identificare i pazienti MODY è quindi necessaria una maggiore conoscenza di questa patologia tra il personale medico e infermieristico in ambito diabetologico e pediatrico6. Sono già disponibili delle linee guida per massimizzare l’efficacia medica ed economica di un ipotetico screening per MODY7. Oltre a tutto questo, potrebbe essere utile lo sviluppo di nuovi biomarker non genetici (come l’apo- MODY: una diagnosi differenziale spesso trascurata 37 Figura 1 “Doppio” algoritmo diagnostico per MODY, in caso si desideri dosare inizialmente C-peptide e insulinemia (percorso a sinistra) o ricercare la presenza di autoanticorpi (percorso a destra). lipoproteina M), già disponibili, che potrebbero essere utilizzati come screening preliminare al test genetico vero e proprio se associati alla clinica e ad altri dati di laboratorio suggestivi8,9. 2. Cappelli A, Tumini S, Consoli A, Carinci S, Piersanti C, Ruggiero G et al. Novel mutations in GCK and HNF1A genes in italian families with MODY phenotype. Diabetes Research and Clinical Practice 2009;83:e72-4. Bibliografia 3. Giuffrida F, Furuzawa GK, Kasamatsu TS, Oliveira MM, Reis AF, Dib SA. HNF1A gene polymorphisms and cardiovascular risk factors in individuals with late-onset autosomal dominant diabetes: a cross-sectional study. Cardiovasc Diabetol 2009;8:28 doi:10.1186/1475-2840-8-28. 1. Faglia G, Beck Peccoz P. Disordini del ricambio glicidico In: Malattie del sistema endocrino e del metabolismo, quarta ed. Milano: Mc Graw Hill Italia 2006, pp. 405-6. 4. Steele AM, Shields BM, Sheperd M, Ellard S, Hattersley AT, Pearson ER. Increased all-cause and cardiovascular mortality in monogenic diabetes as a result of mutations in HNF1A gene. Diabetic Medicine 2010;27:157-61. 38 A. Pulcina et al. Flow-chart diagnostico-terapeutica Paziente di 18 anni, con familiarità per diabete mellito e anamnesi patologica sostanzialmente muta Storia clinica Esame obiettivo Riscontro occasionale di iperglicemia a digiuno (198 mg/dl) Esame obiettivo generale nella norma Esame neurologico nella norma Esami di laboratorio e strumentali HbA1c 6,6% FPG: 139 mg/dl, C-peptide 0,37 nmol/L Autoanticorpi per T1DM negativi Mutazioni geni GCK (negativa) e HNF1A (positiva) Terapia Terapia unicamente dietetica (2400 kcal) + autocontrollo glicemico con due prove alla settimana Follow-up a 2 mesi Buona qualità di vita del paziente Valori glicemici a digiuno e dopo i pasti entro i target ottimali Nessun episodio di ipoglicemia 5. Bellanné-Chantelot C, Carette C, Riveline JP, Valéro R, Gautier JF, Larger E et al. The type and the position of HNF1A mutation modulate age at diagnosis of diabetes in patients with maturity onset diabetes of the young (MODY)-3. Diabetes 2008;57:503-8. 6. Malecki MT. The search of undiagnosed MODY patients: what is the next step? Diabetologia 2010;53:2465-7. 7. Ellard S, Bellanné-Chantelot C, Hattersley AT; European Molecular Genetics Quality Network (EMQN) MODY group. Best practice guidelines for the molecular genetic diagnosis of the maturity-onset diabetes of the young. Diabetologia 2008; 51:546-53. 8. Owen KR, Skupien J, Malecki MT; CEED3 Consortium. The clinical application of non-genetic biomarkers for differential diagnosis of monogenic diabetes. Diabetes Res Clin Pract 2009; 86(suppl. 1): S15-21. 9. Richter S, Shih DQ, Pearson ER, Wolfrum C, Fajans SS, Hattersley AT et al. Regulation of the apolipoprotein M gene expression by MODY3 gene hepatocyte nuclear factor 1-alpha: haploinsufficiency is associated with reduced serum apolipoprotein M levels. Diabetes 2003;52:2989-95.