Correlazioni fra genotipo e manifestazioni cliniche del diabete in

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Articolo originale
Recenti Prog Med 2011; 102: -91
Correlazioni fra genotipo e manifestazioni cliniche del diabete
in una famiglia affetta da MODY3
Graziano Simonella, Luigi Pianese, Giovanna Vichi, Paolo Staffolani, Pierpaolo Morosini
Riassunto. In una famiglia affetta da Maturity-Onset Diabetes of the Young (MODY) abbiamo identificato la mutazione genetica ed abbiamo ricercato le correlazioni cliniche
fra il genotipo e le manifestazione cliniche del diabete. In 4
di nove soggetti studiati abbiamo identificato una mutazione eterozigote in hepatocyte nuclear factor 1 alfa
(HNF1α). In particolare, l’analisi mutazionale del gene
HNF1α ha evidenziato la presenza di una sostituzione nucleotidica G>A in eterozigosi, localizzata al nucleotide 15
nell’esone 4 del gene HNF1α. (c.15G>A), con conseguente
sostituzione di arginina con istidina nel codone 22
(p.Arg22His). Le conseguenze cliniche sono eterogenee
per variabilità nell’età di insorgenza del diabete, grado di
obesità ed evoluzione di malattia. In conclusione, la manifestazione clinica del diabete è oltremodo atipica nei membri di questa famiglia. Ne deriva che la diagnosi molecolare
di MODY dovrebbe essere incrementata nei pazienti affetti
da diabete mellito con importanti conseguenze in termini
di prognosi, terapia e screening familiare.
Parole chiave. Diabete mellito, HNF-1α, Maturity-Onset
Diabetes of the Young (MODY), medicina molecolare.
MODY 3 correlations between the genotype and clinical
manifestations of diabetes.
Summary. We analyzed the mutations identified in a family
affected by Maturity-Onset Diabetes of the Young (MODY),
and searched for correlations between the genotype and
clinical manifestations of diabetes. In 4 of 9 subjects we have
demonstrated a heterozygous missense mutation in hepatocyte nuclear factor 1 alfa (HNF1α). The missense mutation,
caused by a G>A transition at nucleotide 15 of exon 4
(c.15G>A), resulted in the substitution of arginine with histidine at codon 22 (p.Arg22His). This mutation occurs in
the DNA binding domain of HNF1α. Heterogenity of clinical
characteristic in patients was evident. Variability in age of onset, presence of obesity and evolution time was present. In
conclusion, clinical presentation of diabetes is otherwise
atipical for the assumed etiology. Thus, the diagnosis of
MODY should be raised in various clinical circumstances. Molecular diagnosis has important consequences in terms of
prognosis, family screening, and therapy.
Key words. Diabetes, HNF-1α, Maturity-Onset Diabetes of
the Young (MODY), molecular medicine.
Introduzione
La recente realizzazione del progetto Genoma
ha reso possibile la conoscenza della completa sequenza del DNA umano1, ma rimane ancora molta
confusione per quello che concerne il ruolo delle informazioni genetiche nella pratica clinica. Ci troviamo in un periodo di transizione in cui le conoscenze genetiche incominciano a creare un utile ed
efficace strumento di salute, ma stentano ad essere applicate nella pratica clinica.
Con il termine MODY (Maturity-Onset Diabetes of the Young) si identificano un gruppo eterogeneo di malattie clinicamente caratterizzate da
un diabete mellito non chetosico, a trasmissione
autosomica dominante ad insorgenza precoce
(meno di 25 anni), non associato ad obesità2. Tutti i geni MODY sono stati identificati: la maggioranza dei casi è comunque dovuta a mutazioni
eterozigoti di sei geni (tabella 1). Tutti questi geni sono espressi nella beta cellula e una loro mutazione comporta una disfunzione della beta cellula con ridotta secrezione insulinica2-4.
Viceversa, nel diabete tipo 1 (T1DM) vi è una
assoluta deficienza di beta cellule, e quindi di insulina, entro cinque anni dall’esordio di malattia5;
e nel diabete tipo 2 (T2DM) vi è una concomitante presenza di segni di insulino-resistenza (e/o
sindrome metabolica)6.
Se il MODY viene diagnosticato con soli criteri
clinici può essere confuso con un T1DM e si inizia
una terapia insulinica in modo del tutto inappropriato6. Se viene diagnosticato come diabete tipo 2,
si avvia una terapia con metformina quando, viceversa, il farmaco di scelta è una sulfanilurea7.
Il MODY2 (dovuto a mutazione del gene della
glucokinasi) ed il MODY1 e MODY3 [dovuti alla
mutazione di hepatocyte nuclear (HFN), rispettivamente HNF4α o 1α] sono le forme più comuni8.
Il ruolo della ricerca delle mutazioni genomiche,
perlomeno limitate a queste due forme di MODY,
in pazienti diabetici è, giustappunto, una di quelle informazioni su cui la routine diagnostica stenta a trovare applicazione.
ASUR ZT1 Regione Marche, Ospedale C.G. Mazzoni, Ascoli Piceno.
Pervenuto il 13 aprile 2011.
Recenti Progressi in Medicina, 102 (10), ottobre 2011
Tabella 1. Geni correlati con il MODY e manifestazioni cliniche maggiori correlate con il gene.
MODY
GENI
Clinica eterozigosi
MODY1
HNF-4a
Diabete, complicanze microvascolari,
bassi trigliceridi e apolipoproteine
MODY2
Glucokinasi
Iperglicemia a digiuno fino al diabete
MODY
HNF1α
Diabete, complicanze microvascolari,
bassi trigliceridi e apolipoproteine,
diabete renale, aumentata sensibilità
alle solfaniluree
MODY4
IPF1
Diabete
MODY5
HNF1β
Diabete, cisti renali ed altre anomalie
dello sviluppo embrionale renale,
progressione di nefropatia
fino all’insufficienza renale cronica,
anomalie dei genitali interni
nelle portatrici femmine
MODY 6
Neuro D1 o 2
Diabete
Clinica omozigosi
Permanente diabete neonatale
richiedente terapia insulinica
Agenesia pancreatica e permanente
diabete neonatale richiedente terapia
insulinica
Riportiamo il caso di una famiglia affetta da
MODY tipo 3 con alcune considerazioni cliniche in
funzione della letteratura medica più recente.
La storia clinica della famiglia DI-1 (figura 1)
La signora C. Anna (DI-15), figlia di C. Giorgio, giunse alla nostra osservazione all’età di 42 anni per un diabete mellito classificato come tipo 2. Riferiva familiarità per diabete in quanto il padre (deceduto dieci anni prima e di cui aveva vaghe notizie) aveva sviluppato in tarda età un diabete mellito. La mamma (DI-11) non era
diabetica
La figlia di Anna, Giulia (DI-15), giunse alla nostra
osservazione all’età di 16 anni per un diabete mellito non
insulino-dipendente, che diagnosticammo come MODY
(diagnosi clinica).
Nel 2004 giunsero alla nostra osservazione i figli di
Giulia: B. Riccardo (DI-7) e B. Noemi (DI-6) rispettivamente di 12 e 8 anni, entrambi con diabete MODY (anche in questo caso: diagnosi clinica).
Il capostipite Giorgio era stato ricoverato in ospedale nel 1975 all’età di 75 anni per un TIA. Dall’analisi della cartella clinica (tabella 2 alla pagina seguente) emerse che il paziente aveva una lieve iperglicemia a digiuno
(142 mg/dl) con BMI normale e senza segni biochimici di
insulino-resistenza (bassi trigliceridi). Dopo questo ricovero se ne persero le tracce cliniche in quanto continuò
la terapia al proprio domicilio.
Nella tabella 2 sono riportati i dati clinici principali all’esordio e alla data dell’ultima visita della famiglia DI-1.
Materiali e metodi
I pazienti, afferenti presso l’UO di Diabetologia
dell’ASUR ZT 13 di Ascoli Piceno, con sospetto clinico
di MODY sono stati sottoposti ad indagine molecolare
per la ricerca di mutazioni del gene HNF1α.
Figura 1. La famiglia DI-1. Sono stati testati 9 soggetti. Il capostipite (Giorgio) – non testato perché deceduto – ebbe il riscontro di
diabete all’età di 5 anni, la moglie novantenne non aveva la mutazione. La figlia (DI-15) con mutazione testata ebbe l’esordio a
40 anni e la nipote (DI-5) ebbe l’esordio a 1 anni. Infine i figli di
DI-5 ebbero il primo riscontro all’età di 9 (DI-) e 1 anni (DI-6).
Il test è stato effettuato dopo sottoscrizione di consenso informato.
Il DNA è stato estratto dai leucociti del sangue periferico mediante l’estrattore automatico MagNA Pure LC
(Roche). Sono stati amplificati per PCR (Polymerase
Chain Reaction) la regione promotrice e 10 esoni con le
rispettive giunzioni di splicing del gene HNF1α. A tutti
i primer esone-specifici utilizzati in PCR sono stati aggiunti al 5’ sequenze nucleotidiche complementari ai primer M13 usati per il sequenziamento.
G. Simonella et al.: Correlazioni fra genotipo e manifestazioni cliniche del diabete in una famiglia affetta da MODY
Tabella 2. Sinossi dei dati clinici salienti all’esordio e alla data dell’ultima visita.
DI-1
C. Ugo
DI-15
C. Giulia
DI-5
G. Anna Maria
DI-6
B. Riccardo
DI-5
B. Noemi
esordio
U.C.
esordio
U.C.
esordio
U.C.
esordio
U.C.
esordio
U.C.
199
192
199
2010
192
200
2001
200
2001
200
Età anni
2
2
42
69
16
42
1
20
9
16
BMI
22
—
26
2
24
24
2
24
1
2
PA
10/90
—
120/0
Tg mg/dl
56
—
2
0
0
HDL mg/dl
2
—
5
50
Colesterolo totale mg/dl
212
—
20
1
10
12
1
Glicemia digiuno mg/dl
16
—
19
16
159
226
1
122
19
162
Glicosuria mg/dl
200
—
1000
0
500
150
0
0
1000
500
Chetonuria
—
—
0
0
0
0
0
0
0
0
Hb A1C%
—
—
6,5
,5
11,2
9
6,4
6
10
9,
Circonferenza vita cm
—
—
—
6
—
0
96
92
94
94
Terapia
os
os
os
ins
os
ins
dieta
dieta
dieta
os
Anno
120/0
120/0
50
40
120/0
5
5
62
Sono stati riportati i segni di insulino-resistenza, oltre che l’iperglicemia (circonferenza vita, colesterolo HDL, trigliceridi, pressione arteriosa); i segni di carenza insulinica (rapporto creatinina peptide C urinario) non sono stati valutati. Si noti una importante glicosuria in urine estemporanee
del mattino a monte di una modesta iperglicemia a digiuno; una trigliceridemia inferiore a 150 mg/dl. G. Anna Maria eseguì all’esordio un OGTT
che evidenziava una glicemia a digiuno di 14 mg dl ed a 120 minuti di 2 mg/dl.
Il MODY è caratterizzato da insufficienti (inferiori a dei 5 possibili) segni di insulino-resistenza, assenza di segni di insulino-deficienza (non chetosi) e nel solo caso in cui si è eseguito un OGTT: anomala risposta insulinemica al pasto glucidico. L’età di insorgenza è invece una variabile: precoce nelle generazioni più giovani, tardiva nelle generazioni più anziane.
Altre caratteristiche: presenza di glicosuria per iperglicemia modesta e trigliceridi costantemente normali o bassi.
Legenda: U.C. = ultimo controllo; PA = pressione arteriosa; Tg = trigliceridi.
I prodotti di PCR sono stati purificati enzimaticamente utilizzando ExoSAP-IT (GE Healthcare). I frammenti purificati sono stati sequenziati, in entrambe le
direzioni, con primer M13 e il kit BigDye Terminator
v3.1 (Applied Biosystems). I dye non incorporati sono
stati rimossi mediante precipitazione con etanolo. Elettroforesi ed analisi delle reazioni di sequenza sono state
fatte con un ABI 3130 Genetic Analyzer e il software
SeqScape 2.5 (Applied Biosystems).
ginina con una istidina (p.Arg272His). La mutazione cade nel “DNA binding domain” della proteina HNF1α.
La signora DI-9 (B. Caterina), anch’essa diabetica
ma non consanguinea di Giorgio, non aveva mutazioni
compatibili con una diagnosi di MODY.
Risultati
Nei pazienti (DI-5; DI-6; DI-7 e DI-15) con diabete
mellito venne dimostrata la presenza in eterozigosi della
mutazione p.Arg272His. In particolare, l’analisi mutazionale del gene HNF1α ha evidenziato la presenza di una
sostituzione nucleotidica G>A in eterozigosi, localizzata
al nucleotide 815 nell’esone 4 del gene HNF1α. Nella figura 2 è riportato l’elettroferogramma di una porzione di
sequenza di DNA dell’esone 4 in cui sono visibili (vedi
freccia) i due differenti nucleotidi (eterozigosi) in posizione 815: un picco nero (G) ed un picco grigio (A) anziché
un solo picco G, come di norma. Tale sostituzione nucleotidica dà luogo ad una mutazione missense al codone 272
(CGC>CAC) che causa la sostituzione dell’aminoacido ar-
Figura 2. Mutazione R22H.
La sostituzione nucleotidica G>A in eterozigosi, localizzata al nucleotide 15
nell’esone 4 del gene
HNF1α, dà luogo ad una
mutazione missense al codone 22 (CGC>CAC) che
causa la sostituzione dell’aminoacido arginina con
una istidina. La mutazione
cade nel “DNA binding domain”.
9
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Recenti Progressi in Medicina, 102 (10), ottobre 2011
Discussione
Il MODY interessa dall’1 al 2% di tutti i diabetici. Nel diabete con esordio sotto i venti anni di età
il T2DM rimane la causa più frequente di malattia:
1,4% vs 0,8%8.
I criteri diagnostici clinici sono una familiarità
multi generazionale (nonni, genitori, figli) con insorgenza di una iperglicemia lieve in giovane età
(inferiore ai 25 anni). Altro criterio diagnostico è
l’assenza di obesità. A volte può essere dominante
la glicosuria9,10 sulla iperglicemia.
Tutti questi criteri non sono di certezza. Ad
esempio, nella famiglia giunta alla nostra osservazione il capostipite sviluppò il diabete all’età di
75 anni e non venne mai trattato con insulina;
sua figlia sviluppò iperglicemia a 42 anni ed iniziò rapidamente una terapia insulinica. Comparve retinopatia dopo pochi anni. I due soggetti vennero “etichettati” per anni come diabetici tipo 2
(T2DM).
Attenersi al solo criterio dell’età di insorgenza
senza ricorrere al test diagnostico genetico fa sì che
in caso di nuova mutazione occorra attendere almeno due generazioni per diagnosticare un MODY.
Tutti i soggetti affetti della famiglia da noi studiata avevano la stessa mutazione HNF-1α che coinvolgeva tutte e tre le isoforme. Quindi non sembra
confermarsi l’ipotesi che l’insorgenza giovanile sia
legata ad una mutazione missense, che coinvolge le
tre isoforme di HNF-1α anziché il coinvolgimento
di una sola isoforma o ad una mutazione con transattivazione11
La paziente DI-8 sviluppò il diabete a 16 anni,
iniziò insulina a 40 anni e sviluppò una retinopatia a 30 anni.
La ragazza DI-7 era prepubere ed obesa (BMI =
32) e quindi anche l’assenza di obesità non sembra
un fattore di esclusione diagnostica. Tanto più che
in questa paziente avevamo tre di cinque criteri
per formulare una diagnosi di insulino-resistenza
(circonferenza vita > di 88 cm, basso colesterolo
HDL ed iperglicemia). Lo scompenso glicemico progredì molto rapidamente con rapido ricorso alla terapia con ipoglicemizzanti orali.
Il ragazzo DI-6 era invece pubere e normopeso
(BMI = 25). Il compenso glicemico si ottenne rapidamente con la sola dieta ed un intenso programma di attività fisica.
Quanto le differenze cliniche fra i due ragazzi
dipendano dalla concomitanze presenza di un diabete mellito non MODY nella nonna paterna (DI9) non è possibile dirlo, in quanto non possediamo
un marker genetico che identifica il tipo di diabete della paziente.
È da ricordare che la sola sindrome metabolica
ha una prevalenza nella popolazione generale del
25-30%12: questo vuol dire che, in un MODY, ogni
4 casi circa vi è concomitante presenza di una sindrome metabolica e quindi di una multifattorialità genetica, la quale può rendere fenotipicamente
diversi i soggetti che pure hanno le stesse mutazioni.
L’iperglicemia è in genere moderata a digiuno;
ma tende a salire progressivamente nel tempo,
comportando la necessità di terapia medica con
ipoglicemizzanti orali o insulina (dal 30 al 40% dei
soggetti richiede insulina)13-17. Lo stile di vita modificato con miglioramento dell’insulino-sensibilità, come nel caso DI-6, sembra un’ulteriore eccezione a questa regola.
Un riscontro comune in tutti i familiari affetti è
la mancanza di ipertrigliceridemia (in tutti i casi inferiore a 150 mg/dl). L’ipotrigliceridemia si spiega
con il ruolo di HNF4α nella sintesi delle apolipoproteine. Una mancanza di HNF4α interferisce con
la sintesi di trigliceridi e apolipoproteine e si assiste
a una riduzione dei trigliceridi del 50 percento e del
25 percento delle apolipoproteine AII, CIII e Lp(a)18.
La mutazione in HNF1α condiziona comunque una
ridotta funzionalità di HNF4α. Quanti diabetici
T2DM abbiano trigliceridi inferiori a 100 mg/dl sarà oggetto di una successiva analisi.
Le complicanze microvascolari (in particolare retinopatia e nefropatia) sono comuni nel MODY, tanto quanto nei pazienti con T1DM e/o T2DM e correlano con la durata del diabete e con il controllo glicemico. L’ipoglicemia con la terapia insulinica è molto più comune nel MODY che nel T1DM19-21.
Criteri per diagnosticare il MODY senza ricorrere alle indagini genetiche possono essere la valutazione del C peptide urinario post-prandiale o la valutazione di hs-PCR (high sensitivity PCR). La persistenza di C peptide urinario anche dopo cinque anni dall’esordio di malattia è indicativa di un MODY
(ridotta secrezione di insulina, ma non perdita di
funzione beta cellulare come nel T1DM). Anche nel
4% dei T1DM, tuttavia, persiste a cinque anni il C
peptide urinario22. Una bassa hs-PCR ha 80% di
probabilità di diagnosticare un MODY 3 rispetto ad
un T2DM ad insorgenza precoce. Secondo Owen e
collaboratori23, hsPCR è il più promettente biomarker per diagnosticare un MODY 3 quando non
sia possibile ricorrere a specifici test genetici
In ogni caso il non ricorso alle determinazione
genetiche fa sì che una grande quantità di diabetici non abbia una corretta diagnosi etiologica8,24,25.
Conclusioni
Anche se la prevalenza del MODY è minima, la
non diagnosi della malattia può essere un grave errore metodologico nel percorso di comprensione
della storia naturale del diabete.
Un’indagine genomica all’esordio del diabete per
escludere un MODY1- 3 o un MODY 2 (le più comuni varianti genetiche di MODY) viene ritenuta
indispensabile dagli autori per una migliore diagnosi ed un più corretto follow-up dei pazienti. Il costo economico di questa indagine potrebbe essere facilmente coperto da un minore ricorso a dosaggi della glicemia e della emoglobina glicata nei pazienti
diabetici. Il guadagno in qualità clinica e progresso
della conoscenza sarebbe notevole.
G. Simonella et al.: Correlazioni fra genotipo e manifestazioni cliniche del diabete in una famiglia affetta da MODY
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Pierpaolo Morosini
Via Leopardi, 95
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E-mail: [email protected]
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