PARTE TEORICA Nell’ambito della logica si possono rinvenire delle tipologie di ragionamento tra queste vi sono le INFERENZE. Inferire (dal latino Inférre= in /verso e férre/portare, trarre una conclusione) vuol dire andare oltre ciò che è dato: ricavare delle informazioni dagli elementi in nostro possesso. Tali elementi possono derivare da ciò che è detto o da ciò che posso osservare. L’inferenza ci consente di allargare la nostra conoscenza su basi attendibili. Facciamo un esempio: “se vedo un cucciolo gironzolare con un guinzaglio al collo annusando dappertutto posso inferire che non è un randagio, posso inferire che si è perso e che un padrone è rimasto senza cane. Questa serie di inferenze può condurmi ad ipotizzare che dunque qualcuno starà cercando il suo cucciolo e se fossi intenzionato a tenermelo potrei considerare quest’ipotesi come un deterrente rilevante; potrei arrivare ad ipotizzare che anche il cagnolino soffra senza il suo padrone e che quindi la soluzione migliore sia aiutarlo a ritrovarlo. A questo punto osserverei il cucciolo in modo più preciso, cercando dei dettagli che mi permettano di aggiungere più inferenze a quelle già derivate: controllo se c’è una medaglietta, cerco di individuare la razza, se è ferito…. Attraverso questo tipo di osservazione più particolareggiata posso elaborare delle ipotesi sulle dinamiche dello smarrimento, e sulle soluzioni possibili al problema. Dopo avere valutato queste ipotesi agirò di conseguenza”. L’inferenza risulta quindi quel contenitore in cui conglobare le osservazioni, e poter su queste congetturare delle ipotesi che orientino l’azione. Importante è il punto di partenza: inferisco dai dati a disposizione. Sarà pertanto molto importante il come percepisco questi dati, in quanto gli stessi diventeranno il fondamento del procedimento successivo, quello dell’inferenza. Occorre prestare molta attenzione all’osservazione del mondo circostante – diceva Heidegger filosofo del Novecento – liberandomi dai miei pregiudizi (cioè giudizi fatti prima dell’attività conoscitiva). Percepire l’oggetto vuol dire: analizzarlo, e guardarlo da tutte le prospettive. Da questo dato osservato posso così attivare l’inferenza e allargare la conoscenza, formulando delle ipotesi di contesto, cioè collocando l’oggetto osservato nella situazione concreta in cui esso è. (Come l’esempio del cucciolo smarrito). Ecco perché si è scelto di lavorare in prima istanza sulle inferenze, per far riflettere non solo sui giudizi che andremo a formulare seguendo le ipotesi delle nostre argomentazioni, ma considerando come punto di partenza l’importanza di osservare in modo adeguato. Un altro tassello importante è che inferire non ci serve solo per risolvere problemi pratici o scientifici, ma anche per comunicare, dialogare, leggere una storia e così via. Infatti l’economia della comunicazione vuole che nel discorso non siano presenti tutte le informazioni in modo esplicito: al contrario, molta parte del discorso passa implicitamente, viene considerata sottesa, è assunta come “conoscenza tacita”. Il contesto entro cui si collocano le informazioni dette ci suggerisce i “non detti” e ci consente di riempire i vuoti con delle inferenze plausibili. Chiaramente se tali inferenze sono formalizzabili all’interno della logica deduttiva – se sono, ad esempio, la conclusione ad un sillogismo – allora avrò a che fare con inferenze formali necessarie ed inequivocabili; se invece derivano dall’elaborazione induttiva di esperienze e conoscenze pregresse avranno almeno lo stesso grado di attendibilità o di incertezza di tali premesse e apparterranno a quella che viene chiamata logica informale. Sintetizziamo quanto argomentato: inferire significa andare oltre i dati a disposizione. L’inferenza ci consente quindi di allargare la conoscenza attraverso l’elaborazione delle informazioni a nostra disposizione. In particolare per mezzo delle inferenze noi costruiamo delle congetture, delle teorie generali entro le quali il singolo fenomeno o il problema irrisolto diventano delle conseguenze spiegabili e prevedibili. Chiaramente il grado di prevedibilità dipende dal livello di controllabilità della teoria ipotizzata. L’inferenza che si muove dal particolare al generale viene chiamata induttiva, mentre quella che va dal generale al particolare è detta deduttiva. La prima viene inglobata nella logica informale, la seconda in quella formale. Anche se l’una potrebbe essere inglobata nell’altra, ma ciò che le distingue è il loro diverso scopo, la loro differente natura, il tipo di evidenze che orientano il controllo degli esiti raggiunti, il grado di sensibilità al contesto ed ai contenuti di indagine che le contraddistingue, aspetto quest’ultimo completamente e volutamente assente nella logica formale ed invece determinante nel ragionamento informale ed argomentativo. L’inferenza deduttiva e quella induttiva sono tra gli strumenti fondamentali che vengono utilizzati nella scienza (e quindi collocati nei modelli).