L’importanza del legame idrogeno
Soprattutto nel mondo biologico, l’assemblaggio di molecole ed il loro funzionamento si basa sulla
forza dei legami idrogeno.
Come esempio storico basta pensare alla doppia elica del DNA che si forma grazie alla presenza di
numerosi H-bond tra basi puriniche e pirimidiniche.
Un altro caso è la struttura terziaria (α-eliche o β-sheet) e quaternaria delle proteine. Qui i legami H
sono responsabili della loro forma e del loro corretto funzionamento.
Altre strutture proteiche ottenute per aggregazione possono esser impiegate per intrappolare altri
composti all’interno di spazi vuoti regolati dagli H-bond.
Più recentemente si sono sviluppati dei polimeri (come il Nylon) con caratteristiche tecniche e
meccaniche straordinarie le cui singole catene sono legate fra loro con ponti H che conferiscono
resistenza e plasticità. Oggi si pensa di poter sfruttare questi composti per ottenere indumenti che
non necessitano del processo di stiratura, perché, grazie all’interazione dell’acqua durante il loro
lavaggio, le fibre si dispongono parallelamente in maniera naturale.
In ogni caso la formazione di tali legami richiede che le due molecole coinvolte siano
commensurabili, vale a dire compatibili geometricamente.
In generale l’idrogeno coinvolto in un legame H funge da ponte tra un atomo elettronegativo con il
quale è legato covalentemente ed ad un altro, con il quale interagisce elettrostaticamente.
Quindi nel complesso questo legame non è solo elettrostatico perché, come dimostrato da recenti
studi, le cariche coinvolte non rimangono sempre costanti al variare delle condizioni esterne.
Le molecole di acqua sono un ottimo esempio per capire come l’effetto elettronegativo
dell’ossigeno (donatore) crei una carica δ+ sui due idrogeni (accettori) ad esso legati, che
interagiscono con la carica δ- di un O appartenente ad un'altra molecola. A causa della forma
tetraedrica della molecola d’acqua l’interazione H può avvenire in due modi: in maniera debole,
ovvero quando un atomo H si pone in equilibrio tra i due lobi degli orbitali dell’ossigeno, o in
maniera forte, quando esso interagisce linearmente con un solo lobo.
Le molecole che solitamente formano i legami idrogeno sono: OH,NH,SH e CH.
Si consideri ora un modello di legame H tra due molecole semplici:
A-H--------B
dove A-H sono uniti covalentemente, mentre H-------B elettrostaticamente.
Al variare dell’energia in gioco, l’atomo H si può spostare da A a B, fino a instaurare con
quest’ultimo un nuovo legame covalente rompendo quello precedente (nuova situazione di
equilibrio energetico). Per il caso generale sopra descritto, si può dunque immaginare che
l’andamento qualitativo della funzione potenziale presenti due punti di minimo con una barriera
energetica posta fra di essi. Variando opportunamente l’energia si può superare tale barriera e
cadere in una diversa buca di potenziale (fisica classica). Per attraversarla, esiste però anche un altro
modo descritto dalla fisica quantistica dove si chiarisce che lo scoglio energetico da valicare può
essere visto come la somma di due funzioni d’onda distinte ed esiste quindi la possibilità che alcune
molecole passino da un minimo ad un altro attraverso un “tunneling”. Questo effetto dipende dalla
geometria della curva di potenziale ed, in alcuni casi, senza di esso non può avvenire il passaggio
tra i minimi.
Naturalmente la forma precisa della funzione potenziale dipende dal sistema analizzato. La barriera
può essere più o meno alta, le buche di potenziale più o meno larghe ed i punti di minimo più o
meno diversi fra loro.
Funzioni d’onda
Barriera di
potenziale
tunneling
minimi
Il legame idrogeno è studiato attraverso lo spettrometro, che è in grado di analizzarlo a partire dai
modi vibrazionali delle molecole. Il punto chiave di tale analisi è la misura delle frequenze di
oscillazione:
ν=1/(2π)*√(K/µ),
dove K è la costante elastica del legame e µ è la massa ridotta degli atomi.
Prendiamo ad esempio molecole di fenolo. Esse formano un cristallo, all’interno del quale sono
presenti due tipi di legame H: uno intramolecolare (tra O e H della stessa molecola) e uno
intermolecolare (tra O e H di due fenoli diversi). L’analisi spettrometrica di tale composto fornirà
un ben determinato picco di assorbimento. Se al cristallo si aggiunge un solvente, i soli legami
intermolecolari vengono rotti, è dunque possibile registrare un assorbimento diverso dal precedente
e quindi analizzare per comparazione le forze di legame in gioco.
Su altre molecole i cambiamenti possono essere indotti non solo con solventi ma anche con
variazioni di temperatura.