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Sonno.
Il sonno e l’insonnia.
“Di tutti i piaceri che lentamente mi abbandonano, uno dei più preziosi e più comuni al
tempo stesso è il sonno”. Da “Le memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar.
L’uomo trascorre circa un terzo della propria vita dormendo. Nessun altro singolo comportamento occupa una porzione così ampia del nostro tempo. Inoltre è anche uno dei
pochi comportamenti che hanno ancora molti aspetti misteriosi: infatti, nonostante le
raffinate ricerche e il livello di conoscenze attuali riguardo alle neuroscienze, non è in
fondo ancora chiaro perché dormiamo e come dormiamo. È vero però che molte sono le
attuali conoscenze riguardo i meccanismi del dormire. Da molto tempo è infatti nota la
sua architettura: durante il sonno si susseguono diverse fasi di attività cerebrale rilevate
dall’elettroencefalogramma:
- la fase 1 caratterizza il passaggio dalla veglia al sonno con attività lenta, seguita dopo pochi minuti…
- dalla fase 2, che è contraddistinta da un ulteriore rallentamento dell’attività eeg e
dalla comparsa dei fusi del sonno e di complessi K: entrambe queste onde vengono
prodotte da strutture profonde del cervello;
- successivamente sono prodotte onde lente ad ampio voltaggio e sono quelle delle
fasi 3 e 4 che corrispondono al cosiddetto sonno delta;
- dopo questo periodo, che in un giovane adulto dura circa 90 minuti, compare la fase
del sonno REM (rapid eyes movements) che è caratterizzato dalla esperienza onirica, i sogni;
- quando termina la fase REM, finito il sogno, si ritorna alla fase 2, concludendo il ciclo del sonno.
Il sonno notturno è composto da 3 a 5 cicli completi e consecutivi, ognuno dei quali dura circa 90 minuti.
I vari stadi del sonno, che costituiscono i cicli, hanno predominanza diversa nel corso
della notte: le fasi 3 e 4 prevalgono nella prima parte del sonno, mentre i periodi REM
sono più brevi nella parte iniziale del sonno e aumentano in durata nell’ultima parte
della notte. Quest’architettura mostra una composizione di durata diversa nelle diverse
età della vita: mentre nel neonato il sonno REM dura più dell’80%, nel giovane adulto
dura dal 20 al 25% e nel vecchio il 10%; però, se l’anziano mantiene una regolare attività fisica di tipo aerobico (per esempio lunghe passeggiate), non si riduce. Il sonno
REM è inoltre caratterizzato da ampie variazioni della frequenza cardiaca e respiratoria
e della pressione arteriosa.
Anche la temperatura corporea segue un ritmo nell’arco delle 24 ore (detto ritmo circadiano): diminuisce durante la notte per risalire, partendo dal mattino, ai valori massimi
del pomeriggio. Questo ritmo è regolato dall’ipotalamo, che è una zona posta alla base
del cervello. In questa zona viene controllata la liberazione degli ormoni coinvolti nella
regolazione della temperatura corporea e del ritmo sonno-veglia: il cortisolo e la melatonina. Quest’ultima è secreta dalla ghiandola pineale che riceve impulsi dalle vie ottiche e quindi è sensibile alle variazioni di intensità luminosa.
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Secondo i canoni classici l’uomo doveva dedicare al sonno un’ora ogni due di veglia e
quindi dormire otto ore su ventiquattro. Arriva invece una poderosa ricerca realizzata
dall’Università della California, che ci dice che la durata del sonno ideale è di sette ore.
I soggetti che dormono sette ore, dopo sei anni di osservazione, hanno il 12% di probabilità in più di sopravvivere rispetto a quelli che ne dormono otto. Le probabilità di sopravvivenza sono ancora più basse per chi ne dorme cinque o nove. Da questo sembra
quindi che conta più la qualità che la quantità del sonno.
Uno studio pubblicato di recente sul Journal of American Medical Association (JAMA),
ha dato un supporto scientifico ad una ipotesi che dormir bene aiuta a vivere a lungo. Infatti, se manca il sonno profondo (il cosiddetto sonno REM) si osserva una diminuita
produzione dell’ormone della crescita. La mancanza di questo ormone porta ad una tendenza verso l’obesità viscerale, ad una riduzione della massa muscolare e del vigore fisico. In altre parole, compaiono alterazioni del metabolismo che favoriscono
l’invecchiamento (ovviamente in maniera lentissima). Altri esperimenti documentano
che, dopo alcune notti insonni seguite da belle dormite di otto ore, l’equilibrio metabolico viene rapidamente ripristinato.
Non devono pertanto preoccuparsi le persone che hanno qualche problema transitorio di
insonnia, ma solo quelle che non riescono a dormir bene per lunghi periodi di tempo. È
stata fatta luce solo su alcuni meccanismi relativi agli effetti negativi dell'insonnia, molti
altri fattori entrano sicuramente in gioco e, tra essi, soprattutto lo stress ed il disagio psicologico, che nella maggior parte dei casi, sono la causa dell’insonnia.
Con l’avanzare dell’età, come si è visto, si modifica la composizione del sonno, ma vi
sono anche evidenze scientifiche che si dorme sempre di meno. Questa è una verità che
ha le sue ragioni nella fisiologia dell’invecchiamento, ma anche e molto spesso, in cause psicologiche e iatrogene.
In uno studio pubblicato su “Age and Ageing” nel 2003 vennero identificati i disturbi
del sonno in un gruppo di donne anziane, nel corso di un follow-up di tre anni, e analizzate eventuali correlazioni con lo stato di salute. Furono studiate 10430 donne, di età
70-75 anni, partecipanti allo Australian Longitudinal Study on Women’s Health. A tali
soggetti venne sottoposto uno specifico questionario per la valutazione dei disturbi del
sonno. La maggioranza dei soggetti (63%) nel corso del follow-up denunciò qualche
problema, ad esempio un ritardo nell’addormentarsi, un risveglio precoce, frequenti risvegli notturni, o una generica cattiva qualità del sonno. Come ci si aspettava, le donne
che già presentavano disturbi del sonno all’inizio continuarono ad averli nel periodo di
osservazione, assumendo farmaci ipnoinducenti in misura di 6,5 volte superiore rispetto
alle altre, che non avevano dichiarato disturbi. All’analisi statistica una cattiva qualità
del sonno risultò associata ad uno scadente stato di salute, a peggiore performance cognitiva, a disordini emozionali, ad un numero maggiore di cadute e ad un maggior ricorso ai servizi sanitari. Gli Autori concludono sottolineando la grande importanza di questo problema, cui tuttavia non viene dato sufficiente rilievo nelle campagne di prevenzione.
L’insonnia è il più comune disturbo del sonno e affligge una percentuale di anziani
compresa tra il 12 ed il 25 %. Quando non trattato, uno stato di insonnia cronico può co
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stituire un terreno fertile per la depressione maggiore; talvolta ha anche accelerato i ricoveri in Istituti di cura. Tuttavia, nonostante la estesa distribuzione nella popolazione
anziana e alle conseguenze che comporta, è trattata solo nel 17% dei casi (circa 1 caso
ogni 6).
La valutazione del sintomo insonnia può essere altamente soggettiva, sia per il paziente
che per il medico. Strumenti standardizzati di valutazione possono servire per ridurre
questa variabilità. A parte la polisonnografia, tecnica sofisticata di limitata applicazione,
vengono usati abitualmente i cosiddetti “diari del sonno”. Tra essi viene suggerito
l’utilizzo di un questionario che esplora e gradua diversi aspetti, quali la qualità soggettiva del sonno, la latenza di addormentamento, la durata del sonno, eventuali disturbi
durante il sonno, uso di farmaci, attività giornaliere.
A questo punto è utile fare riferimento ad una classificazione dell’insonnia in base al
tempo di durata del fenomeno.
CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLA DURATA
•
Insonnia occasionale: alcuni giorni
•
Insonnia transitoria: meno di 3 settimane
•
Insonnia cronica: più di 1 mese
Le insonnie transitorie spesso possono degenerare in croniche se non trattate, e sono
frequentemente associate ad eventi traumatici-luttuosi della vita. A volte è possibile che
un evento stressante in un soggetto già con sonno “fragile” possa condurre ad uno stato
di disagio che si mantiene nel tempo e che produca un’insonnia cosiddetta condizionata
(insonnia psicofisiologica o condizionata), perché chi ne soffre si prefigura, fin dal
momento in cui si corica, l’impossibilità di dormire: la preoccupazione di non riuscire a
dormire genera ansia al punto di trasformare la profezia in realtà!
È talvolta difficile individuare precisamente il tipo di insonnia. Inoltre molte sono le
cause e spesso negli anziani si sovrappongono.
CAUSE DI INSONNIA CRONICA
•
Malattie fisiche
•
Assunzione di farmaci
•
Abuso di sostanze ad azione sul sistema nervoso
•
Sindrome delle gambe senza riposo o delle apnee morfeiche
•
Disturbi psichiatrici
•
Disturbi del ritmo sonno-veglia (jet-lag, turnisti)
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