I massimi esperti mondiali alla XXXI edizione delle Giornate Cardiogiche Torinesi
EVOLUZIONE DELLA ANATOMIA PATOLOGICA CARDIACA NELLA
VALUTAZIONE DELLE CAUSE DI MORTE IMPROVVISA, E SENSIBILI
PROGRESSI NEL TRATTAMENTO DELL’INSUFFICIENZA MITRALICA
di Ernesto Bodini
Nel vasto scenario della Cardiologia mondiale la capitale
subalpina ha ospitato quest’anno la XXVI edizione delle
Giornate cardiologiche torinesi sul tema “Advances in
cardiac arrhythmias and great innovations in cardiology”
(presiedute e coordinate dal prof. Fiorenzo Gaita e dal dott.
Sebastiano Marra), focalizzando l’attenzione in particolare
sulla “morte improvvisa” e sul trattamento con la metodica
“mitral clip” per la correzione percutanea dell’insufficienza
mitralica, che non richiede l’uso del bisturi e l’apertura del
torace. Per quanto riguarda la prevenzione delle malattie cardiache sono state ricordate le tre regole
per proteggere il cuore, ossia una corretta alimentazione, l’abitudine all’attività fisica e il non
fumare. All’apertura dei lavori abbiamo seguito la lettura magistrale su “The role of molecolar
autopsy in 2014: from the anatomical theatre to the double helix”, tenuta dal prof. Gaetano
Thiene, cardiologo e anatomo-patologo, responsabile del Servizio di Patologia Cardiovascolare
all’Università di Padova. Per morte cardiaca improvvisa, come è noto, si intende la morte naturale
dovuta a causa cardiaca che interviene solitamente entro un’ora dalla comparsa dei sintomi acuti in
soggetti con o senza preesistenti patologie cardiovascolari, in cui il momento e le circostanze della
morte sono inaspettate. Ma quale è il ruolo dell’anatomo patologo per una mirata ed attenta
descrizione delle cause in essere, con l’individuazione di un “particolare” difetto del muscolo non
necessariamente sospettato o ipotizzato?
È facilmente immaginabile che particolarmente significativo
é il ruolo dell’autoposia nella interpretazione della morte
improvvisa, in quanto di fronte ad una persona deceduta per
tale causa, è indispensabile stabilire le eventuali cause che
l’hanno determinata. «Se la morte cardiaca ha avuto un
meccanismo aritmico o meccanico e una volta stabilito che si
tratta di una morte cardiaca – ha spiegato il prof. Thiene –,
questa è legata a una patologia potenzialmente trasmissibile
geneticamente, ed è quindi opportuno estendere l’indagine
alla famiglia; esludendo, ovviamente, che non ci sia stato avvelenamento, assunzioni di droghe, etc.
Ancora oggi, per capire la causa (o le cause) di una morte improvvisa è indisensabile eseguire
l’autopsia, e la sequenza dell’esame consiste nell’escludere che si tratti di morte cerebrale, di
asma, rottura per aneurisma aortico, shock settico, etc. Nei primi 300 casi da noi autopsiati si è
constatato che si trattava di un problema cardiaco: morte cerebrale nel 5%, morte per crisi
respiratoria per il 4%. Quando si è trattato di stabilire i meccanismi nel 3% è stata individuata una
fibrillazione ventricolare; mentre più rare la rottura di cuore, dell’aorta e l’embolia polmonare».
1 Il cuore va incontro ad una sorta di “terremoto elettrico” ma appare
significativa la consapevolezza che tale manifestazione è reversibile, grazie
alla disponibilità del defibrillatore. Ma lo strumento di valutazione e
accertamento è pur sempre la visone che permette di fare la diagnosi di una
embolia polmonare, di una stenosi coronarica, o di una cardiopatia ipertrofica;
tant’é che l’accertamento di morte improvvisa nel 70% dei casi si “risolve”
semplicemente con l’autopsia e quindi con l’osservazione diretta del muscolo
cardiaco. «Nell’autopsia – ha specificato il cattedratico padovano, che si
definisce cardiopatologo – è importante fare la sezione trasversale del
muscolo cardiaco per vedere contemporaneamente i due ventricoli al fine di ottenere più
informazioni, per poi proseguire con l’esame istologico e realizzare la mappatura del cuore con
l’ausilio del microscopio». Il relatore ha sottolineato inoltre che si vuole capire con certezza quando
bisogna rivolgersi agli specialisti patologi, e per questo è fondamentale la “seconda opinion”.
Ma oltre all’istologia è necessario fare un prelievo molecolare cardiaco perché se l’indagine
istologica rileva, ad esempio, una miocardite è solo con la biologia molecolare che si può stabilire
l’esistenza dell’agente biologico, spesso virale… Il 12% delle morti improvvise giunte
all’osservazione dell’équipe del patologo padovano, riguardavano pazienti pediatrici (l’enterovirus
è il classico virus cardiotropico). Soffermandosi sugli studi molecolari il relatore ha fatto
riferimento a due aspetti: quello virologico e quello delle mutazioni; aspetti particolarmente
interessanti in quanto di malattie trasmissibili ce ne sono due in particolare: infettive e genetiche.
«Si tratta quindi – ha conluso il prof. Thiene – di fare un’indagine molecolare sul cadavere
(autopsia molecolare, ndr), seguito dall’esame tossicologico (peraltro in Italia non viene fatto
sistematicamente) che potrebbe rivelare l’assunzione di droghe o comunqe di sostanze tossiche. Il
30% delle morti cardiache improvvise sono dovute a cause trasmissibili geneticamente, ma non
tutte danno deformazioni strutturali visibili ad occhio nudo o con esame istologico».
INTERVISTA AL PROFESSOR FIORENZO GAITA, DIRETTORE DELLA CATTEDRA DI CARDIOLOGIA ALLA FACOLTÁ DI MEDICINA E CHIRURGIA DELL’UNIVERSITÁ DI TORINO Nella foto il prof. F. Gaita e il dott. S. Marra
Prof. Gaita, la dizione esatta è arresto cardiaco o morte
improvvisa?
“I termini vanno interpretati in modo diverso: la morte
improvvisa può non essere legata all’arresto cardiaco, in quanto
quest’ultimo è una delle cause principali; ma ci sono altre cause
di morte improvvisa come la rottura di un’aorta, una emorragia
cerebrale, un ictus, etc. La morte improvvisa raggruppa tutto
questo, ed è quella morte che avviene entro due ore dall’inizio dei sintomi (o senza sintomi), e nella
maggior parte dei casi la causa principale è l’arresto cardiaco legato all’80% alla comparsa di
fibrillazione ventricolare, e per un 20% (soprattutto nelle persone anziane) per un blocco atrioventricolare”
Quali i soggetti più a rischio?
“Le persone più a rischio di morte improvvisa cardiaca sono le persone over 50, e le cause
principali in questi soggetti sono sicuramente la cardopatia ischemica e l’infarto. A questo riguardo
a tutt’oggi sono stati fatti progressi notevoli in termini di cura se il paziente arriva alla assistenza
medica (“118”, all’UTIC in ospedale, sala di emodinamica, etc.). Purtroppo perdiamo ancora il 30%
2 di pazienti per infarto perché hanno un arresto cardiaco da aritmia ventricolare al di fuori
dell’ospedale, e a casa molto spesso, e questo può in qualche modo non essere gestibile…”
Alla morte improvvisa incorrono più gli uomini o le donne?
“La statistica mondiale evidenzia che oltre una certa età avviene più nelle donne, per altre fasce di
età l’incidenza è la stessa per ambedue: tra i 50 e i 65 anni avviene più negli uomini; dopo questa
età più nelle donne. In Italia si verificano ogni anno circa 50 mila casi di morte improvvisa”
E in quale misura la morte improvvisa riguarda l’età pediatrica?
“Fortunatamente l’incidenza è moto modesta, ed è molto rara nei giovani in quanto legata quasi
sempre alla presenza di una patologia congenita, ma quando si verifica in un cuore apparentemente
sano, solitamente è legata ad un gruppo di patologie cardiache dette “malattie dei canali ionici”. In
realtà questi soggetti in qualche maniera sono identificabili perché appartengono a delle famiglie
con storia di morte improvvisa in età giovanile. Sono quattro le patologie fondamentali legate alle
malattie dei canali ionici: sindrome del QT lungo – LQTS (Long Q-T Syndrome), descritta da F.
Romano e da Ward nel 1956; la sindrome del Q-T breve (Short Q-T Syndrome), descritta da M.
Borggrefe e da me; la sindrome di Brugada, descritta da Martini e Brugada negli anni 1991-1992; e
le tachicardie catecolinergiche descritte da Philippe Coumel negli anni ‘80”
La morte improvvisa si manifesta con uno o più sintomi? E quali i più significativi?
“Purtroppo nel 40% di tutte le patologie giovanili e, il primo sintomo che può funzionare come
campanell d’allarme, è la sincope; ma è molto difficile distinguere, soprattutto nei giovani, tra una
sincope benigna (meglio nota come vaso-vagale, ndr) che avviene ad esempio alla vista del sangue,
in situazioni di stress, etc. Ma quello che deve preoccupare, come medici, è la sincope che si
manifesta sotto sforzo, e questo non avviene quasi mai nelle sincopi vaso-vagali”
Si può parlare di prevenzione dell’arresto cardiaco?
“Certamente. La prevenzione per l’adulto è quella della cardiopatia ischemica, il cui scenario è
cambiato negli ultimi vent’anni grazie alla prevenzione e alla tempestività delle cure, in particolare
con l’angioplastica. Per quanto riguarda i giovani, invece, quello che sicuramente ha contribuito di
più è stata la Medicina dello Sport: mentre prima era obbligatorio il controllo con la visita di leva,
oggi tale accorgimento è stato sostituito dalla idoneità sportiva agonistica, a cui sono costretti sia
soggetti maschili che femminili, e quindi all’esame di ECG soprattutto per prevenire le sindromi dei
canali ionici, che si diagnosticano proprio grazie alla lettura di questo esame”
Ha un maggior significato l’arresto cardiaco improvviso dopo un intervento di cardiochirurgia?
“Quando un paziente sa di essere malato di cuore difficilmente ha degli arresti cardiaci, tranne
situazioni gravi e non risolvibili, che per fortuna sono molto rari. La maggioranza degli arresti
cardiaci avviene più facilmente in una popolazione che crediamo “normale”
Quali esami strumentali e/o clinici sono consigliati a soggetti ritenuti a rischio di morte
improvvisa?
“Il classico ECG è sicuramente una metodica semplice e costa poco, ed è applicabile nello
screening ; ma nelle patologie che si vanno ad affrrontare si ha tutta una serie di screening nei
pazienti a cui si è fatta la diagnosi di cardiopatia ischemica o valvolare; inoltre i due esami
principali che aiutano consistono nello stabilire qual è la forza di contrazione del cuore con
ecocardografia, e la presenza di aritmie o meno nelle registrazioni elettrocardiografiche di maggior
durata che possono essere gli olter di 24 o 48 ore. Oggi sono disponibili ulteriori metodiche che
sono gli olter impiantabili, particolarmente utili per individuare i pazienti ritenuti a maggior rischio
di contrarre una patologia”
3 Quanti sono i pazienti trattati con la tecnica “mitral clip” per correggere l’insufficienza
mitralica, e con quali risultati?
“Abbiamo trattato 32 pazienti e con risultati ottimi, ma va specificato che sono pazienti che avevano
comorbiltà discusse con il cardiochirurgo, in cui si è stabilito che il rischio operatorio era talmente
elevato tanto da intervenire con questa metodica (peraltro non invasiva), la quale di per sé si
accompagna al rischio di mortalità durante la procedura vicino allo zero, e quello che si sta
discutendo a livello mondiale è di quanto questi pazienti così ammalati, e magari affetti da altre
patologie concomitanti, serva o meno ad alluagre loro la vita”
INTERVISTA AL DOTTOR SEBASTIANO MARRA, DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO
CARDIOVASCOLARE E TORACICO DELLA CITTÁ DELLA SALUTE E DELLA SCIENZA DI TORINO
Dott. Marra, rispetto all’anno precedente quali sono le
novità in tema di patologie cardiache?
“Le novità più concrete sono la conferma o il cambiamento
di certi atteggiamenti relativi alle patologie più complesse
come la gestione dell’IMA, l’uso degli stent bioassorbibili
nella cardiopatia ischemica soprattutto giovanile; il miglior
uso della conoscenza dei fattori di rischio cardiovascolare
come l’iper-uricemia, in quanto pochi sanno quanto sia
rilevante nel dare un’idea di malattia cardiovascolare sub-
clinicamente presente, etc.”
Inoltre?
“Quindi anche l’evoluzione che nel tempo la conoscenza di trials, i registri e l’attività clinica
quotidiana che porta ad evidenziare come, ad esempio, le angioplastiche coronariche nell’uso
tradizionale per la cardiopatia ischemica sono in diminuzione sia negli Stati Uniti che da noi”
La dieta alimentare per la prevenzione delle malattie cardiovascolari è sempre chiamata in
causa. È il caso di sottolineare tale argomento e magari con ulteriori accorgimenti?
“Certamente. Personalmente ho rilevato l’iperuricemia (oltre il valore di 6) come “marcatore” in
pazienti con elevata probabilità di malattia delle arterie, e da questo dedurre che l’iperuricemia sia
anche un andamento soggettivo, e che la maggior parte di questi pazienti ha un introito di zuccheri o
di purine per dieta inappropriata, la cui correzione è possibile non solo con i farmaci ma anche con
la dieta, l’attività fisica, etc. Quindi, è fondamentale uno adeguato stile di vita alimentare e
comportamentale”
Le diagnosi delle patologie cardiovascolari sono migliorate dal punto di vista tecnologico e
strumentale?
“Si, in quanto abbiamo a disposizione strumenti sempre più raffinati come l’ecocardiografo, una
maggiore esperienza sul fatto che certi parametri evidenziati dalla ecocardiografia posso rilevare
valori significativi per un eventuale indicazione all’intervento chirurgico. E per le coronarie, il fatto
di poter valutare il flusso coronarico con una determinata modalità, è indice non solo di una
maggior appropriatezza alla procedura, ma anche di un miglior esito finale a distanza”
E per quanto riguarda la farmacologia c’é stato un ulteriore progresso? Ed eventualmente per
quali patologie?
“Si ha una maggiore conferma del beneficio sull’uso delle statine nelle malattie delle arterie.
Nell’IMA si somministrano ormai da anni, non tanto per la riduzione del valore del colesterolo
4 quanto, invece, per l’effetto proliferativo antinfiammatorio sulle placche. In questi ultimi anni la
cosiddetta terapia fluidificante del sangue tra antiaggreganti piastrinici nuovi, anticoagulanti orali
nuovi e l’interazione tra questi farmaci ha portato una conoscenza maggiore del “vero” beneficio
dell’uso dell’aspirina o degli antiaggreganti più complessi…”
Anche i farmaci biologici hanno avuto una evoluzione in questo ambito?
“Non nel nostro campo. Per contro abbiamo alcuni elementi positivi come la capacità di trombofilia
del sangue (con l’ausilio di anticoagulanti e antiaggreganti), la capacità antidegenerativa e
antinfiammatoria delle pareti arteriose (grazie alle statine, agli acinibitori, etc.), la disponibilità
degli antinpertensivi tradizionali che prevengono danni all’intero sistema vascolare; si hanno
conferme che le arterie renali, se adeguatamente trattate, migliorano la gestione della P.A. e
favoriscono la riduzione dell’indice di mortalità, e quindi una migliore qualità di vita”
Qual è l’epidemiologia dell’IMA?
“Si sta stabilizzando. In Piemonte, ad esempio, c’é la tendenza ad una (sia pur minima) diminuzione
dei casi, e questo per la prevenzione cardiovascolare e una maggior attenzione al prorprio stile di
vita e alimentare. Nella nostra Regione sino a circa dieci anni fa si registravano circa 5.500 infarti
acuti (“astemi”), e oggi se ne registrano meno di 5.000. Un risultato che, a mio parere, è dato dalle
migliori terapie per il trattamento dei fattori di rischio”
Quali sono le patologie che richiedno un maggior periodo di ricovero ospedaliero?
“Questa è una bella domanda! Curando meglio l’infarto, l’ipertensione arteriosa, il diabete e tutte le
manifestazioni cardiovascolari si allunga la vita ai pazienti, ma nel contempo si manifestano
problematiche che portano progressivamente a quadri di scompenso cardiaco, ossia se vivono più a
lungo si deteriora (sia pur lentamente) il sistema cardiovascolare, e questo significa che con una
ridotta efficienza del muscolo cardiaco, una deteriorata funzione renale, e l’insorgere con l’età di
aritmie e valvulopatie si hanno pazienti più… complessi”
Quali sono le patologie cardiache che recidivando sono causa di depressione?
“La depressione è un fattore di rischio indipendente che può aumentare il rischio di un evento
cardiovascolare, e questo, perché la depressione non è soltanto un fatto psichico in quanto è
manifestazione patologica “rimodellata” con uno stimolo adrenergico volto a rimediare… La
produzione “vicariante” ma eccessiva di catecolamine richiesta dai surreni per stimolo cerebrale,
porta ad un aumento di aggregazione piastrinica (trombosi), della P.A., delle aritmie, etc. Quindi, la
depressione comporta ulteriori malattie e complicanze delle stesse qualora già esistenti, come anche
un maggior rischio di mortalità”
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