Musica Orchestra Haydn di Trento e Bolzano Musica

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Musica
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Sinfonica
Orchestra Haydn
di Trento e Bolzano
Crossover
Juraj Valchua
direttore
Tibor Kováč
violino
introduzione
di Daniele Spini
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programma
Béla Bartók (1881 – 1945)
Concerto per violino e orchestra n. 2
Allegro non troppo
Andante tranquillo
Allegro molto
Johannes Brahms (1833 – 1897)
Sinfonia n. 2 in re maggiore, op. 73
Allegro non troppo
Adagio non troppo
Allegretto grazioso (quasi Andantino)
Presto ma non assai
Allegro con spirito
Note di sala
di Daniele Spini
Béla Bartók
Concerto per violino e orchestra n. 2
BB 117 SZ 112
Fra il 1936 e il 1939 Béla Bartók compose i capolavori principali della
sua maturità: la Musica per strumenti a corda, percussioni e celesta nel
1936, la Sonata per due pianoforti e percussioni nel 1937, i Contrasti
per clarinetto, violino e pianoforte e il Concerto per violino n. 2 nel 1938,
il Divertimento per archi e il Quartetto n. 6 nel 1939. Una fase creativa
specialmente felice e distesa, che vide Bartók curare più che mai la solidità
della forma e scegliere percorsi stilistici non meno fantasiosi e nuovi ma
relativamente più tranquilli e meditati rispetto a pagine drammatiche come
Il castello del duca Barbablù o sulfuree come Il mandarino prodigioso,
proseguendo sulla strada da tempo adottata di un impiego moderno e non
folcloristico del canto popolare magiaro, ma recuperando almeno in parte
la tonalità classica e adottando profili ritmici mediamente più regolari.
A chiedergli questo Concerto fu nel 1937 Zoltán Székely (1903-2001),
all’epoca primo violino del Quartetto ungherese da poco fondato (per il
quale gli avrebbe poi commissionato il Sesto Quartetto). Bartók aveva
già composto un Concerto per violino nel 1907-08, ma non l’aveva mai
eseguito né pubblicato. Székely voleva un vero e proprio concerto solistico,
nel quale il violino avesse un ruolo decisamente protagonistico, mentre a lui
sarebbe piaciuto di più comporre una sorta di suite in forma di variazioni.
Il Concerto fu così articolato nei tre movimenti classici, con largo spazio
per il virtuosismo del violino e la sua naturale vocazione alla cantabilità,
impostato sulla forma ad arco cara a Bartók, con costante ricorso alla
variazione, e una solida dignità sinfonica, con un’orchestra ricca di colori
che senza sopraffare il violino lo circonda costantemente di proposte
timbriche quanto mai suggestive e originali. Di un relativo ritorno alla
tradizione parla anche l’aspetto armonico, per il riferimento al tono di si
minore nei due movimenti estremi a e quello di sol maggiore nel secondo.
Il primo tempo segue a grandi linee lo schema consacrato della forma
sonata. Lo apre quasi subito un tema che risulterà determinante per tutta
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giovedì 22 dicembre
Orchestra Haydn di Trento e Bolzano
Johannes Brahms
Sinfonia n. 2 in re maggiore, op. 73
L’ambizione di comporre sinfonie Johannes Brahms l’aveva avuta
ancora giovanissimo, ma senza riuscirci, almeno per molto tempo. Il
Primo concerto per pianoforte, l’op. 15, era nato appunto dalle ceneri
di una abortita sinfonia, abbozzata intorno al 1854. Dopo questo
fallimento, Brahms aveva maturato la sua familiarità con l’orchestra,
oltre che nel Concerto op. 15, nelle due Serenate composte fra il
1858 e il 1859. Ma dopo di esse, per anni e anni, non l’avrebbe più
toccata se non per unirla alle voci, in capolavori sinfonico-corali come
il Requiem tedesco e lo Schicksalslied. Anche l’inizio del lavoro a
quella che sarebbe diventata la Prima, nel 1862 si era presto arenato.
Nel 1873 però nacquero le Variazioni su un tema di Haydn: fortunata
prova generale per la sinfonia vera e propria. Poi Brahms, finalmente
forte e sicuro di sé, riprese la sinfonia e la condusse a compimento
in un paio d’anni. Più o meno contemporaneamente prendeva forma
il progetto di un’altra opera, a quella analoga, secondo un’abitudine
pressoché ininterrotta di tutta la vita di Brahms, e la cui composizione
vera e propria richiese un solo anno, la Sinfonia n. 2 in re maggiore
op. 73, iniziata durante l’estate del 1877 a Pörtschach, sulle sponde
del Wörthersee (uno di quei paradisi lacustri che Brahms amò sempre
eleggere a scena dei suoi operosi soggiorni estivi), e terminata in
ottobre a Lichtental, presso Baden-Baden, altro favorito luogo di
vacanze. Qui, davanti a un ristretto gruppo di amici fidati, Brahms ne
eseguì una riduzione per pianoforte a quattro mani; il 30 dicembre
di quello stesso anno la Sinfonia era presentata al pubblico dai
Filarmonici di Vienna sotto la direzione del grande Hans Richter, con
grande successo e bis del terzo movimento.
Scritta con fatica e dubbi incomparabilmente minori di quelli
che avevano segnato la nascita della Prima, la Seconda sinfonia di
Brahms appare in tutto e per tutto il lieto fine di un’avventura creativa
lietamente vissuta: le lettere scritte da Brahms durante la vacanza di
Pörtschach spirano tutte serenità, tranquilla allegria; per il luogo dove
si stava “deliziosamente”, per la “cordialità” della gente, anche per
l’avvenenza della “bella locandiera” che lo aiutava a fare i pacchi dei
manoscritti da spedire all’editore. Segno evidente di come Brahms
fosse assai compiaciuto anche nel modo in cui procedeva il suo lavoro.
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l’identità melodica e ritmica del Concerto. Incessantemente sviluppato e
alternato ad altre idee dà origine a una struttura musicale tanto coerente
quanto ricca di spunti, finché l’interazione fra violino e orchestra non si
interrompe per lasciare spazio a una cadenza lunga e abbastanza temibile
del solista. In ogni senso centrale il secondo tempo, cui tocca una
funzione ben più importante che non quella tradizionale di una semplice
oasi cantabile. La forma è quella di un tema con sei variazioni, che vede
succedersi via via dimensioni espressive diverse. Nel finale, ribadendo
il carattere di forma ad arco della partitura, torna, variato, il tema
principale del primo movimento. Bartók aveva pensato a una conclusione
essenzialmente sinfonica; Székely non ne fu soddisfatto, e insisté perché
in primo piano invece fosse fino all’ultimo il solista. Bartók lo accontentò,
pubblicando tuttavia in appendice la prima versione della chiusa, che
però la prassi corrente ha quasi sempre trascurato, attenendosi alla
stesura voluta da Székely.
Finito di comporre il 31 dicembre 1938, il Concerto fu eseguito il
23 marzo 1939 ad Amsterdam da Székely accompagnato da Willem
Mengelberg e dall’orchestra del Concertgebouw. Bartók non c’era:
si trovava negli Stati Uniti, dove si sarebbe trasferito nel 1940,
abbandonando un’Ungheria governata dalla dittatura, per trascorrervi gli
ultimi cinque anni della sua vita. Székely fu per qualche tempo spalla del
Concertgebouw, continuò a suonare come primo violino del leggendario
Quartetto ungherese fino alla sua dissoluzione, nel 1972, e morì quasi
centenario nel 2001. Il Concerto rimase fra i pilastri della letteratura
violinistica del Novecento: nel 1960 tornò alla luce il Concerto giovanile
cui fu dato il n. 1, ma per tutti il Concerto “vero” è rimasto questo, da
allora identificato come Secondo.
due Trii, il secondo dei quali è travestimento ritmico del primo, mentre
ambedue restano strettissimamente connessi con il materiale tematico
della sezione principale; e sul medesimo tono, raffinatissimo e quasi
furbesco, si svolge l’opera dello strumentatore, con risultati come non
mai trasparenti e preziosi. Corona la Sinfonia un finale che assume
quasi il significato e il ruolo di una ricapitolazione, del resto trascinante
e brillantissima, di tutta l’opera, per gli scoperti richiami tematici
al primo movimento; ricchissimo, ancora una volta, di proposte
melodiche, attraverso il variegato succedersi degli episodi appare teso
senza intoppi verso una conclusione che non teme di essere rutilante e
festosa.
Daniele Spini
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Difficilmente ritroveremmo in un Brahms così placidamente soddisfatto
di sé e degli altri il compositore patologicamente insicuro, autocritico fino
alla morbosità, ipocondriaco e diffidente di tutto e di tutti che emerge
da tanti altri luoghi della sua biografia. Parallelamente, quanto la Prima
sinfonia era riuscita grandiosa, drammatica, ardua e ambiziosa, così la
Seconda, quasi riflettendo nella sua fisionomia stilistica ed espressiva
la diversa vicenda della sua gestazione, riuscì in complesso placida,
affettuosa, scorrevole e serena.
Elaborata con profondità e coerenza, presenta però uno stile alieno
da contrasti marcati, propenso ad abbandonarsi all’effusione distesa
del canto, proiettato in orizzonti spesso contenuti in un’affettuosissima
intimità. Caratteri presenti in tutto il maggior Brahms: qui resi
particolarmente evidenti dalla felicità con la quale un tessuto compositivo
denso di intrecci contrappuntistici e tematici sa sciogliersi in un incedere
fluido, spirante letizia e amorosa contemplazione naturalistica. Per
contro, l’unità strutturale dell’opera resta granitica, tutto il patrimonio di
motivi sulla quale essa è costruita potendosi ricondurre a poche formule
di base. Prima fra tutte quella con cui prende l’avvio l’Allegro non troppo,
che è al tempo stesso il primo tema, l’introduzione al primo movimento
e il germe di quasi tutti i temi successivamente presentati. Predominano,
in tutto il primo movimento, le intenzioni cantabili: tutte animate da un
lirismo teso, trascoloranti nel corso del pezzo in straordinaria ricchezza
di proposte espressive, affidate a una scrittura orchestrale capace
di toccare la più solenne potenza sonora come di aprire gli scorci
più delicati; né mancano le suggestioni popolaresche, incastonate a
perfezione in un panorama stilistico che si mantiene ancorato a toni di
estrema dignità, ancorché non sia alieno da compiacimenti. Tutto ciò
peraltro è manipolato, alla luce di quella tensione formale che è sempre
causa prima e determinante dell’agire di Brahms, in un edificio di
organica coerenza, il cui sviluppo non sfugge mai a un senso di categorica
necessità. Il che vale anche per il secondo movimento, al di là della sua
fisionomia di pagina lirica, tutta poesia e pudica confessione; comunque
una delle creazioni più perfette e seducenti dell’intera opera di Brahms:
certamente il momento più votato alla riflessione di tutta la Sinfonia,
segnato da quella malinconia inquieta e nostalgica sulla quale si fonda il
fascino nordico della musica di lui. Dimostrazione vivace ed estrosa di
maestria il terzo tempo, costruito grosso modo come uno Scherzo con
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Juraj Valčuha è stato Direttore
principale dell’Orchestra Sinfonica
Nazionale della Rai dal 2009 all’autunno
2016. Dall’ottobre 2016 svolge l’incarico
di Direttore Principale dell’Orchestra e
Coro del Teatro San Carlo di Napoli.
Nato nel 1976 a Bratislava vi studia
composizione e direzione e prosegue
gli studi a San Pietroburgo con Ilya
Musin e a Parigi.
Nel 2006 debutta con l´Orchestre
National de France e al Comunale
di Bologna con La bohème. Viene
regolarmente invitato dalle maggiori
compagini internazionali quali
i Münchner Philharmoniker, la
Philharmonia di Londra, la Filarmonica
di Oslo, la Gewandhaus di Lipsia,
l’Orchestra della Radio Svedese, la
Staatskapelle di Dresda, la Pittsburgh
Symphony, la Los Angeles Philharmonic,
la San Francisco Symphony, la National
Symphony di Washington, la New York
Philharmonic, la Filarmonica di Berlino,
l´Orchestra del Concertgebouw di
Amsterdam, l’Orchestra del Maggio
Musicale e dell’Accademia di Santa
Cecilia. Con l´OSN Rai ha effettuato
tournée al Musikverein di Vienna, alla
Philharmonie di Berlino, nella stagione
di Abu Dhabi Classics, al Festival Enescu
di Bucarest.
Nella stagione 2013/14 ha diretto
l’Orchestra dell´Accademia di Santa
Cecilia al Festival di Bratislava e a Roma.
Sono seguiti concerti con la Filarmonica
della Scala, i Münchner Philharmoniker,
la Philharmonia di Londra, la Pittsburgh
Symphony, le Orchestre delle Radio
NDR di Amburgo, WDR di Colonia,
della Radio Svedese di Stoccolma e
della NHK a Tokyo. Ha diretto inoltre
Madama Butterfly all´Opera di Firenze
e una produzione de L’amore delle tre
melarance di Prokof’ev nell’edizione
2014 del Maggio Musicale Fiorentino.
La stagione 2014/15 lo ho impegnato
in una tournée con l´OSN Rai che ha
toccato Monaco, Colonia, Zurigo,
Basilea e Düsseldorf con Arcadi
Volodos. Ha diretto Turandot al San
Carlo di Napoli e con l´Opera di Roma a
Caracalla, nonché Jenůfa al Comunale
di Bologna oltre ai concerti con le
orchestre sinfoniche di San Francisco,
Pittsburgh, Washington e Los Angeles,
con l’Accademia di Santa Cecilia,
la Konzerthaus di Berlino e i Wiener
Symphoniker.
Nella stagione 2015/16 ha ritrovato la
New York Philharmonic, la Pittsburgh e
la San Francisco Symphony, l´Orchestre
de Paris, la Philharmonia a Londra e in
tournée, l´Orchestra dell´Accademia di
Santa Cecilia, l´Orchestra del Maggio
Musicale Fiorentino, le orchestre della
Radio di Francoforte e di Amburgo e i
Münchner Philharmoniker.
Nel 2017 effettuerà il suo debutto con
la Chicago Symphony e la Cleveland
Orchestra, e ritroverà l´Orchestra
Sinfonica della Rai, le orchestre di San
Francisco, Pittsburgh, l’Orchestre
National de France, l’Orchestra di
Santa Cecilia, Philharmonia di Londra e
Konzerthaus Berlin. In campo operistico
dirigerà Faust a Firenze, Peter Grimes a
Bologna, Elektra e Carmen al San Carlo
di Napoli.
Tibor Kováč
violino
Nato nel 1967 a Levice (Slovacchia),
Tibor Kováč è oggi uno dei principali
violinisti dei Wiener Philharmoniker.
Ha intrapreso gli studi musicali all’età di
quattro anni, sotto la guida del padre,
poi al Conservatorio di Bratislava,
all’Accademia di Praga e a Vienna,
perfezionandosi con Zakhar Bron e
Igor Oistrakh. Vincitore di numerosi
concorsi a livello internazionale, ha
tenuto concerti come solista con
orchestre come la Slovak Chamber
Orchestra, i Virtuosi di Praga,
l’Orchestra della Suisse Romande,
la Camerata Academica Salzburg e
l’Orchestra del Mariinsky diretta da
Valery Gergiev in occasione del festival
internazionale “Stars of the White
Nights”. La sua discografia comprende
opere di Vivaldi, Beethoven, Kreisler,
Paganini (i 24 Capricci) e Brahms. Ha
suonato con pianisti come Gottlieb
Wallish, Lambert Orkis e Lang Lang
(Musikverein di Vienna, Carnegie Hall
di New York e NCPO di Pechino). È
membro di prestigiose formazioni
cameristiche  tra cui Ensemble
Wien e Wiener Virtuosen  nonché
fondatore e direttore artistico
dell’ensemble “The Philharmonics”,
con cui si è esibito al Konzerthaus e al
Musikverein di Vienna, alla Suntory Hall
di Tokyo e al Festival di Ravenna sotto
la direzione artistica di Riccardo Muti.
Suona il violino Antonio Stradivari
“ex Rawark” (1724) per gentile
concessione della Banca Nazionale
Austriaca.
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Juraj Valčuha
direttore
L’Orchestra Haydn si è costituita
nel 1960 per iniziativa dei Comuni e
delle Province di Bolzano e di Trento e
gode dei finanziamenti ministeriali del
Fondo unico per lo spettacolo (fus).
Il suo repertorio spazia dal barocco
ai contemporanei; in più occasioni
autori come Luigi Dallapiccola, Luigi
Nono, Luciano Berio, Franco Donatoni,
Giorgio Battistelli, Matteo D’Amico e
Giovanni Sollima le hanno affidato dei
loro lavori in prima esecuzione assoluta.
L’Orchestra Haydn ha preso parte
a diversi festival internazionali,
apparendo in Austria (a Bregenz,
Erl, al Mozarteum di Salisburgo e al
Musikverein di Vienna), Germania,
Giappone (a Otsu e Tokio), Italia (al
Maggio Musicale Fiorentino, alla
Sagra Musicale Umbra di Perugia,
al Rossini Opera Festival di Pesaro,
ad Anima Mundi di Pisa e a MiTo
SettembreMusica di Torino), nei Paesi
Bassi, negli Stati Uniti d’America, in
Svizzera e in Ungheria.
Sul suo podio sono saliti, fra gli altri,
Claudio Abbado, Rinaldo Alessandrini,
Riccardo Chailly, Ottavio Dantone,
Eliahu Inbal, Alain Lombard, Jesús
López-Cobos, Neville Marriner,
Riccardo Muti, Daniel Oren, José
Serebrier, Jeffrey Tate, Juraj Valčuha
e Alberto Zedda; dopo il fondatore
Antonio Pedrotti si sono avvicendati
come direttori stabili Hermann Michael,
Alun Francis, Christian Mandeal e Ola
Rudner.
Dopo la quasi trentennale guida di
Andrea Mascagni, alla direzione artistica
si sono avvicendati Hubert Stuppner,
Gustav Kuhn (2003 – 2012) e Daniele
Spini (dal 2013); dal 2014 Arvo Volmer è il
direttore principale dell’Orchestra.
Molte sono le registrazioni radiofoniche
e televisive per la RAI; ampio il catalogo
di cd e dvd realizzati per Agorá (i
Concerti di Liszt con Jeffrey Swann e
l’Oratorio San Francesco dell’altoatesino
Padre Hartmann), Amadeus (il Triplo
Concerto di Beethoven con il Trio di
Parma), Arts, Camerata Tokyo (Concerti
per flauto con Wolfgang Schulz), col
legno (i cicli completi delle Sinfonie
di Beethoven, Schumann e Brahms
con Gustav Kuhn), Dynamic (Concerti
per violino di Henri Vieuxtemps con
Massimo Quarta), Multigram, Naxos
(diverse opere di Rossini), Opus Arte,
RCA (Adelia di Donizetti), Unitel (Alzira
di Verdi), Universal (arie d’opera con
il tenore Saimir Pirgu), Verdi Records,
VMC Classics (Concerti di Haydn con
Anna Kravtchenko, Benjamin Schmid e
Sandro Verzari) e Zecchini.
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Orchestra Haydn
di Bolzano e Trento
Prossimi appuntamenti
10 gennaio
Lo Schiaccianoci
di Amedeo Amodio
scene e costumi
di Emanuele Luzzati
14 gennaio
Music Corner
I Concerti delle 18
Preludio alla Giornata
della Memoria
Ingresso libero
15 gennaio
A misura di famiglia
Gek Tessaro
La musica disegnata
Sono un ladro
di bestiamo felice
Comune di Pordenone
Regione Autonoma
Friuli Venezia Giulia
Provincia di Pordenone
comunale
giuseppeverdi.it
Virtuosa
Eclettica
Diversa.
Tutta un’altra stagione
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Musica
17