UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DEL SALENTO Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Fisica Tesi di laurea triennale Aspetti dell’integrale funzionale in meccanica quantistica Relatore: Dr. Claudio Corianò Candidato: Luigi Delle Rose Anno accademico 2006 - 2007 Indice Introduzione al lavoro di tesi 1 1 Introduzione all’integrale sui cammini 1.1 Richiami di Meccanica Quantistica . . . . 1.2 Calcolo dell’ampiezza di transizione . . . . 1.3 Interpretazione e limite classico . . . . . . 1.4 Equivalenza con l’equazione di Schrödinger 1.5 Regola di composizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 Strumenti e proprietà dell’integrale funzionale 2.1 Derivata funzionale . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Rotazione di Wick . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3 Approssimazione semiclassica . . . . . . . . . . 2.4 Teoria perturbativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 3 5 7 9 11 . . . . 13 13 15 16 19 3 Alcune applicazioni in meccanica quantistica 23 3.1 Particella libera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 3.2 Oscillatore armonico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 4 Instantoni 33 4.1 Doppia buca di potenziale e instantoni . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 4.2 Calcolo dell’ampiezza di transizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 4.3 Soluzioni multi-instantoniche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 Conclusioni 42 A Ordinamento di Weyl 43 ii Bibliografia 45 iii Introduzione al lavoro di tesi Delle tre formulazioni della Meccanica quantistica, date rispettivamente dalla formulazione operatoriale di Heisenberg, dalla meccanica ondulatoria di Schrödinger e dall’integrale funzionale, quest’ultima è storicamente la più recente, essendo stata introdotta per la prima volta da Feynman nell’articolo “Space-Time Approach to Non-Relativistic Quantum Mechanics” del 1948. L’idea di poter descrivere la meccanica quantistica mediante un integrale sui cammini, detto anche “integrale funzionale”, fu suggerita per la prima volta da alcune osservazioni di Dirac nel suo libro “The principles of Quantum Mechanics”. Qui l’autore evidenzia una corrispondenza tra l’azione classica della particella, calcolata su un certo percorso, e l’ampiezza di transizione quantistica. Il ragionamento di Dirac, di natura semiclassica, indusse Feynman a rielaborare la meccanica quantistica in un modo assolutamente nuovo e, al tempo stesso, equivalente alle formulazioni precedenti, introducendo contemporaneamente un formidabile strumento di calcolo sul quale generazioni di fisici e di matematici si sarebbero misurati negli anni avvenire. L’approccio di Feynman fu chiaramente euristico e poco rigoroso, e descrivendo il suo stato d’animo mentre lavorava sull’argomento, egli osservò che “..ci si sente come avrebbe dovuto sentirsi Cavalieri nel calcolare il volume di una piramide prima dell’invenzione del calcolo infinitesimale”. Fu nei decenni successivi che l’integrale funzionale venne formulato in modo matematicamente corretto. Oggi l’integrale sui cammini fornisce una descrizione della meccanica quantistica che si avvicina molto alla visione classica del moto di un punto materiale su delle traiettorie ben definite nello spazio delle fasi o nello spazio-tempo. È proprio questa immediatezza che fornisce un nuovo livello interpretativo della dinamica quantistica. Mentre la meccanica quantistica di Heisenberg e di Schrödinger introduce immediatamente il concetto di operatore-misura e di osservatore lasciando poco spazio all’intuizione classica a cui siamo comunemente abituati, l’integrale sui 1 cammini non distrugge completamente il concetto di traiettoria del punto materiale ma lo estende. In questa estensione è racchiusa la potenza della formulazione di Feynman che permette di affrontare problemi complessi in particolari condizioni nelle quali le altre formulazioni sono difficili da implementare. Ad esempio, nell’analisi di processi caratterizzati da una forte interazione del sistema quantistico con un potenziale esterno, una espansione perturbativa per il calcolo di correzioni allo spettro di osservabili è praticamente inutile, mentre l’integrale funzionale fornisce un metodo non perturbativo particolarmente efficace che, eventualmente, può essere formulato numericamente su un apposito reticolo spaziale. Perché questo avvenga è necessario utilizzare una formulazione euclidea dell’integrale sui cammini. In questa tesi cercheremo di passare in rassegna le proprietà più importanti di questo nuovo strumento teorico discutendone alcune delle sue applicazioni più semplici. 2 Capitolo 1 Introduzione all’integrale sui cammini 1.1 Richiami di Meccanica Quantistica Per introdurre il formalismo dell’integrale funzionale in meccanica quantistica partiamo dalla definizione dell’operatore di evoluzione temporale elencandone alcune proprietà. In meccanica quantistica l’evoluzione temporale è determinata dall’equazione di Schrödinger dipendente dal tempo i~ ∂ |ψ(t)i = H|ψ(t)i, ∂t (1.1) dove H è l’hamiltoniano del sistema e |ψ(t)i è il ket che lo descrive al tempo t. Introducendo la funzione d’onda ψ(x,t) = hx|ψ(x,t)i in rappresentazione delle coordinate la (1.1) prende la forma i~ ∂ ~2 ∂ 2 ψ(x,t) = − ψ(x,t) + V (x,t)ψ(x,t), ∂t 2m ∂x2 (1.2) 2 p dove abbiamo supposto che l’hamiltoniano sia della forma H = 2m + V (x,t). Risolvere questa equazione significa trovare l’operatore di evoluzione temporale U (t2 ,t1 ) che propaga lo stato del sistema dal tempo t1 al tempo t2 |ψ(t2 )i = U (t2 ,t1 )|ψ(t1 )i, 3 (1.3) 1 – Introduzione all’integrale sui cammini per questo motivo è detto anche propagatore. Nel caso in cui H non dipende esplicitamente dal tempo la sua espressione è data da i U (t2 ,t1 ) = U (t2 − t1 ) = e− ~ (t2 −t1 )H (1.4) mentre, nel caso più generale, U (t2 ,t1 ) può essere determinato sfruttando la serie di Dyson e, in forma compatta, assume l’espressione i U (t2 ,t1 ) = T e− ~ R t2 t1 dτ H(τ ) , (1.5) dove con T indichiamo il prodotto temporalmente ordinato di operatori. Questo è tale da ordinare gli operatori rispetto al tempo in modo tale che gli istanti temporali siano disposti in ordine decrescente da destra verso sinistra, per esempio abbiamo che ( A(t1 )B(t2 ) se t1 > t2 T (A(t1 )B(t2 )) = . (1.6) B(t2 )A(t1 ) se t2 > t1 Nella rappresentazione delle coordinate U (t2 ,t1 ) è determinato completamente se si conoscono i suoi elementi di matrice hx2 |U (t2 ,t1 )|x1 i ≡ U (t2 ,x2 ; t1 ,x1 ) e l’evoluzione temporale della funzione d’onda è ottenuta da Z ψ(x2 ,t2 ) = dx1 U (t2 ,x2 ; t1 ,x1 )ψ(x1 ,t1 ). (1.7) (1.8) Invece nello schema di Heisenberg sono gli operatori che evolvono nel tempo, mentre gli stati non cambiano. Usando la relazione che lega gli stati in entrambe le rappresentazioni |ψ(t)i = U (t,0)|ψiH (1.9) e sfruttando l’unitarietà dell’operatore di evoluzione temporale si ottiene che, per t2 > t1 > 0, H hx2 ,t2 |x1 ,t1 iH = hx2 |U (t2 ,0)U † (t1 ,0)|x1 i, (1.10) e poiché vale la legge di composizione U (t2 ,0) = U (t2 ,t1 )U (t1 ,0) 4 (1.11) 1 – Introduzione all’integrale sui cammini si ricava infine H hx2 ,t2 |x1 ,t1 iH = U (t2 ,x2 ; t1 ,x1 ). (1.12) Ciò significa che gli elementi di matrice dell’operatore di evoluzione temporale sono le ampiezze di transizione tra gli autostati dell’operatore posizione nella rappresentazione di Heisenberg. 1.2 Calcolo dell’ampiezza di transizione Si vuole calcolare U (tf ,xf ; ti ,xi ) = hxf ,tf |xi ,ti i con tf > ti in un modo alternativo (per semplicità omettiamo il pedice H per indicare gli stati nella rappresentazione di Heisenberg). Consideriamo un’hamiltoniana indipendente dal tempo e dividiamo t −t l’intervallo (tf ,ti ) in N parti di uguale lunghezza = fN i , tali che tf = ti + n, con n = 1, . . . ,N − 1. Introduciamo un insieme completo di autostati dell’operatore posizione per ogni tempo intermedio ottenendo U (tf ,xf ; ti ,xi ) = hxf ,tf |xi ,ti i Z = lim dx1 . . . dxN −1 hxf ,tf |xN −1 ,tN −1 ihxN −1 ,tN −1 |xN −2 ,tN −2 i . . . hx1 ,t1 |xi ,ti i. →0 N →∞ (1.13) Abbiamo cosı̀ espresso l’ampiezza di transizione hxf ,tf |xi ,ti i in termini di una sequenza di ampiezze intermedie. Per una generica di queste vale i i hxn ,tn |xn−1 ,tn−1 i = hxn |e− ~ tn H e ~ tn−1 H |xn−1 i i i = hxn |e− ~ (tn −tn−1 )H |xn−1 i = hxn |e− ~ H |xn−1 i Z 1 i i xn + xn−1 = dpn exp pn (xn − xn−1 ) − H , pn , 2π~ ~ ~ 2 (1.14) 5 1 – Introduzione all’integrale sui cammini dove nell’ultimo passaggio abbiamo utilizzato la relazione ricavata in Appendice A. In definitiva otteniamo, usando la (1.14) Z dp1 dpN dx1 . . . dxN −1 U (tf ,xf ; ti ,xi ) = lim ... × 2π~ 2π~ →0 N →∞ (1.15) ( × exp i ~ N X pn (xn − xn−1 ) − H n=1 xn + xn−1 , pn 2 ) , nella quale abbiamo identificato xi ≡ x0 e xf ≡ xN . L’espressione precedente è l’integrale di cammino di Feynman definito nello spazio delle fasi. Analizziamo più accuratamente il fattore di fase lim →0 N xn + xn−1 iX , pn , pn (xn − xn−1 ) − H ~ n=1 2 (1.16) N →∞ moltiplicando e dividendo per si giunge all’espressione lim →0 Z N xn + xn−1 i X xn − xn−1 i tf pn −H , pn dt[pẋ − H(x,p)] = ~ n=1 2 ~ ti N →∞ i = ~ Z tf dt L, (1.17) ti e osserviamo che, nel limite → 0 il fattore di fase è proporzionale all’azione del sistema. p2 Ora poniamoci nel caso più frequente di un’hamiltoniana della forma H = 2m +V (x), funzione quadratica negli impulsi. La (1.15) diventa Z dp1 dpN U (tf ,xf ; ti ,xi ) = lim dx1 . . . dxN −1 ... × 2π~ 2π~ →0 N →∞ ( × exp ) N i X xn − xn−1 p2n xn + xn−1 pn − −V . ~ n=1 2m 2 (1.18) 6 1 – Introduzione all’integrale sui cammini L’integrale negli impulsi è gaussiano e può essere calcolato con facilità ottenendo Z dpn − ~i e 2π~ p2 n −p xn −xn−1 n 2m 2 = m 12 im xn −xn−1 2 e 2~ , 2πi~ (1.19) e in definitiva risulta U (tf ,xf ; ti ,xi ) = m N2 Z lim dx1 . . . dxN −1 × 2πı~ →0 N →∞ ( × exp " 2 #) N xn + xn−1 i X m xn − xn−1 −V . ~ n=1 2 2 (1.20) La precedente relazione può essere scritta in forma più compatta, definendo Dx ≡ lim N →∞ N −1 Y dxi = lim N →∞ i=1 N −1 Y dx(ti ), (1.21) i=1 e ottenendo la rappresentazione formale Z Z R tf i 1 2 −V (x) i m ẋ dt ) ( t 2 = A Dx e ~ S[x] . U (tf ,xf ; ti ,xi ) = A Dx e ~ i (1.22) Abbiamo pertanto mostrato come sia possibile esprimere l’operatore di evoluzione temporale in termini di un integrale che contiene una nuova misura di integrazione e che prende il nome di integrale funzionale. Gran parte della discussione che segue sarà dedicata a stabilire il significato fisico e le ulteriori proprietà formali di questo nuovo strumento teorico. 1.3 Interpretazione e limite classico Cerchiamo di capire il significato della nuova misura di integrazione Dx e le sue proprietà nello spazio funzionale dei cammini di Feynman. Consideriamo la (1.20): l’insieme dei punti {x0 , x1 , . . . ,xN −1 , xN } può essere interpretato come l’insieme dei vertici di una spezzata ΓN tale che ΓN = {x(ti ) = x0 , x(t1 ) = x1 , . . . ,x(tN ) = xN }. Allora possiamo affermare che l’integrale (1.20) è calcolato su tutte le possibili spezzate ΓN . 7 1 – Introduzione all’integrale sui cammini Quando N → ∞, ΓN diventa una curva continua, x(t), e l’integrale è calcolato su tutte le possibili curve con estremi fissati, cioè su tutti i cammini o traiettorie che la particella potrebbe percorrere dal punto iniziale x(ti ) a quello finale a x(tf ). Ognuno ı di essi contribuisce all’ampiezza di transizione con il fattore e ~ S[x] . Sottoliniamo come il nostro risultato sia stato ottenuto a partire dalla formula- Figura 1.1. Figura 1.2. Discretizzazione dell’intervallo temporale Per N → ∞ le spezzate diventano curve continue zione operatoriale della meccanica quantistica, ma questo non è l’unico modo per ottenere la (1.22). Infatti l’approccio di Feynman [1] fu molto diverso. Basandosi su delle osservazioni di Dirac [2] propose dei postulati che ora enunciamo e da questi derivò l’equazione di Schrödinger e tutto l’apparato della tradizionale meccanica quantistica: 8 1 – Introduzione all’integrale sui cammini 1. la probabilità che una particella si trovi nel punto x2 all’instante t2 , essendo nel punto x1 all’instante t1 , è data dal modulo quadro di un’ampiezza di transizione U (t2 ,x2 ; t1 ,x1 ); 2. l’ampiezza di transizione è ottenuta dalla somma dei contributi di tutti i possibili cammini che congiungono i due punti agli istanti considerati U (t2 ,x2 ; t1 ,x1 ) = X φ[x(t)]; (1.23) cammini 3. ogni cammino contribuisce con lo stesso modulo ma con fase diversa, ottenuta dall’azione classica calcolata sul cammino ı φ[x(t)] = Ae ~ S[x(t)] , (1.24) dove la costante A è scelta per normalizzare opportunamente la U . Contrariamente a quanto si possa immaginare, non tutti i cammini contribuiscono con lo stesso peso all’ampiezza di transizione, infatti in tutti quelli per cui xn xn−1 il primo termine nell’esponenziale di (1.20) diventa molto grande e questo implica che la corrispondente fase oscilla velocemente fornendo un risultato mediamente nullo. Uno dei vantaggi della formulazione di Feynman è quello di rendere molto intuitivo il limite classico: ~ → 0. Infatti in questa situazione ogni grandezza del sistema, compresa l’azione, è molto grande rispetto ad ~ e in generale se si scelgono due cammini, x1 (t) e x2 (t), molto vicini tra loro, benché la variazione dell’azione |S[x1 ] − S[x2 ]| sia anch’essa piccola come |x1 (t)−x2 (t)|, in conseguenza al limite classico, la fase oscilla rapidamente e i contributi dei due cammini tendono a cancellarsi. L’unica eccezione si presenta per tutti quei cammini contigui a quello che estremizza l’azione, cioè il cammino x che soddisfa δS = 0, (1.25) δx x=x e pertanto è la traiettoria classica che si ottiene dal principio di minima azione. È importante sottolineare che nel limite classico non è solo la traiettoria classica che incide in misura maggiore, ma sono tutti i cammini vicini a questa. 9 1 – Introduzione all’integrale sui cammini 1.4 Equivalenza con l’equazione di Schrödinger Per maggiore chiarezza mostreremo come la formulazione integrale sia perfettamente coerente con l’equazione differenziale di Schrödinger dipendente dal tempo. In modo particolare ricaveremo questa equazione dalla definizione dell’ampiezza di transizione come integrale sui cammini cosı̀ come fece Feynman. Consideriamo il propagatore tra due istanti infinitesimamente vicini, ottenuto in modo analogo alla (1.20) ( " 2 #) m 1/2 i m xf − xi xf + xi U (tf = ,xf ; ti = 0,xi ) = exp −V 2πi~ ~ 2 2 (1.26) e sfruttiamolo per ottenere la funzione d’onda al tempo nota la ψ(x,0). Avremo la relazione Z ψ(x,) = dx0 U (,x; 0,x0 )ψ(x0 ,0) m 1/2 Z x+x0 im 0 2 i dx0 e 2~ (x−x ) − ~ V ( 2 ) ψ(x0 ,0). = 2πi~ (1.27) A questo punto cambiando la variabile di integrazione in η = x0 − x otteniamo m 1/2 Z η im 2 i (1.28) ψ(x,) = dη e 2~ η − ~ V (x+ 2 ) ψ(x + η,0). 2πi~ Poiché è molto piccolo, se η è grande la fase che compare nell’integrando oscilla rapidamente attorno allo zero senza contribuire al risultato. Questo ci suggerisce che il contributo principale è fornito da η piccolo e che è conveniente sviluppare in serie di Taylor trascurando i termini di ordine superiore a η 2 ed a , ottenendo η2 ψ(x + η,0) ' ψ(x,0) + ηψ 0 (x,0) + ψ 00 (x,0), 2 η i i η i e− ~ V (x+ 2 ) = 1 − V x + + O(2 ) ' 1 − V (x). ~ 2 ~ Inserendo le approssimazioni precedenti nella (1.28) ricaviamo m 1/2 Z im 2 ψ(x,) ' dη exp η × 2πi~ 2~ η 2 00 i 0 × ψ(x,0) + ηψ (x,0) + ψ (x,0) − V (x)ψ(x,0) 2 ~ 10 (1.29) (1.30) 1 – Introduzione all’integrale sui cammini e calcolando gli integrali, noti i risultati Z 2 dη η eiαη = 0, r Z i iπ 2 dη η 2 eiαη = , 2α α (1.31) (1.32) si ottiene i i~ 00 V (x)ψ(x,0) + ψ (x,0). ~ 2m Quindi riordinando i termini ricaviamo ψ(x,) − ψ(x,0) i ~2 ∂ 2 =− − + V (x) ψ(x,0). ~ 2m ∂x2 ψ(x,) = ψ(x,0) − (1.33) (1.34) Nel limite → 0 l’ultima relazione è proprio l’equazione di Schrödinger dipendente dal tempo. Abbiamo pertanto dimostrato, seguendo il percorso di Feynman, che la definizione di propagatore in termini di integrale funzionale permette di ottenere la ben nota equazione di Schrödinger, pilastro fondamentale di tutto l’apparato della meccanica quantistica non relativistica. 1.5 Regola di composizione Concludiamo questo capitolo descrivendo una delle caratteristiche più importanti dell’integrale sui cammini che prende il nome di regola di composizione. Infatti si dimostra facilmente che il propagatore (1.22) gode della seguente proprietà Z U (t2 ,x2 ; t1 ,x1 ) = dxn U (t2 ,x2 ; tn ,xn )U (tn ,xn ; t1 ,x1 ) con t2 > tn > t1 . (1.35) È sufficiente considerare nella (1.20) la variabile di integrazione xn corrispondente al tempo t = tn : l’integrazione su tutti i punti precedenti conduce al propagatore U (t2 ,x2 ; tn ,xn ), mentre l’integrale su tutti i punti successivi fornisce U (tn ,xn ; t1 ,x1 ). A questo punto ciò che resta nella (1.20) è solo l’integrale su xn e il risultato può essere scritto come nella (1.35). Osserviamo inoltre che questa proprietà è l’analoga di quella operatoriale presentata nella (1.11). L’interpretazione della (1.35) è immediata se si considera che l’ampiezza di transizione dal punto x1 al punto xn e poi al punto x2 è semplicemente il prodotto delle rispettive ampiezze di transizione: queste sono ottenute sommando rispettivamente 11 1 – Introduzione all’integrale sui cammini i contributi di tutti i possibili cammini con gli estremi considerati. Integrare su xn significa tenere conto di tutte le traiettorie che congiungono gli estremi x1 e x2 , come è necessario per ottenere l’ampiezza di transizione tra i due punti. Figura 1.3. Rappresentazione schematica della regola di composizione 12 Capitolo 2 Strumenti e proprietà dell’integrale funzionale Dopo aver introdotto l’integrale funzionale sia mediante le relazioni di completezza che assiomaticamente utilizzando le ipotesi di Feynman, discutiamo in questo capitolo alcuni degli strumenti formali e delle proprietà che verranno estensivamente utilizzati in seguito. 2.1 Derivata funzionale Cominciamo la nostra presentazione discutendo la derivata funzionale che generalizza al caso di funzionali la derivata ordianria. Questa definizione è necessaria poiché abbiamo bisogno di strumenti di calcolo che operino su spazi di funzioni. Un funzionale è un’applicazione definita su uno spazio di funzioni a valori nel campo reale o complesso e in generale può essere scritto nella forma Z F [f ] = dx G(f (x)). (2.1) Un esempio di funzionale è l’azione S[x] del sistema. È possibile definire anche una derivata funzionale Z δF [f ] δG(f (x)) = dx , δf (y) δf (y) con δG(f (x)) G(f (x) + δ(x − y)) − G(f (x)) = lim , →0 δf (y) 13 (2.2) (2.3) 2 – Strumenti e proprietà dell’integrale funzionale che gode delle stesse proprietà di linearità e composizione di una derivata ordinaria. Inoltre si può scrivere lo sviluppo in serie di Taylor di F [f ] Z δF [f ] F [f ] = F [0] + dx1 f (x1 ) δf (x1 ) f =0 Z 1 δ 2 F [f ] + dx1 dx2 f (x1 ) f (x2 ) + . . . . (2.4) 2! δf (x1 )δf (x2 ) f =0 Di seguito riportiamo alcuni esempi che si riveleranno utili nei successivi paragrafi. Calcoliamo la derivata funzionale dell’azione utilizzando la definizione (2.2) Z tf S[x] = ti 1 dt0 L(x,ẋ) con L(x,ẋ) = T (ẋ) − V (x) = mẋ2 − V (x) 2 (2.5) e sfruttando il semplice risultato δf (x) = δ(x − y). δf (y) Innanzitutto determiniamo la derivata funzionale dell’energia cinetica T T dtd0 (x(t0 ) + δ(t0 − t)) − T (ẋ(t0 )) T (ẋ(t0 )) = lim →0 δx(t) d T ẋ(t0 ) + dt0 δ(t0 − t) − T (ẋ(t0 )) = lim →0 ∂T (ẋ(t0 )) d d = δ(t0 − t) = mẋ(t0 ) 0 δ(t0 − t), 0 0 ∂ ẋ(t ) dt dt (2.6) (2.7) e quella del potenziale V δV (x(t0 )) V (x(t0 ) + δ(t0 − t)) − V (x(t0 )) = lim →0 δx(t) 0 ∂V (x(t )) 0 = δ(t − t) = V 0 (x(t0 ))δ(t0 − t), 0 ∂x(t ) (2.8) per ottenere il risultato finale δL d = mẋ(t0 ) 0 δ(t0 − t) − V 0 (x(t0 ))δ(t0 − t), δx(t) dt Z tf δL(x(t0 ),ẋ(t0 )) δS[x] = dt0 = −mẍ(t) − V 0 (x(t)). δx(t) δx(t) ti 14 (2.9) (2.10) 2 – Strumenti e proprietà dell’integrale funzionale 2.2 Rotazione di Wick Uno strumento molto utile per risolvere problemi connessi con l’integrale funzionale è la rotazione di Wick o la rotazione euclidea. Consiste nella continuazione analitica dell’integrale funzionale al tempo immaginario attraverso la sostituzione t → t0 = −iτ con τ reale. (2.11) Il procedimento può essere schematizzato in Fig. 2.1. Un primo vantaggio di que- Figura 2.1. Rotazione di Wick sta tecnica consiste nella regolarizzazzione di integrali mal definiti, per via delle oscillazioni della fase, del tipo Z i Dx e ~ S[x] . Usando la (2.11) si ottiene ! 2 Z τf Z tf 1 dx dτ S[x] = dt m − V (x) → i 2 dt ti τi (2.12) 1 m 2 dx dτ ! 2 + V (x) = iSE [x], (2.13) dove abbiamo introdotto l’azione euclidea, reale e definita positiva, ! 2 Z τf 1 dx SE [x] = dτ m + V (x) , 2 dτ τi e quindi vale la seguente sostituzione Z i I = A Dx e ~ S[x] → 15 Z IE = A 1 Dx e− ~ SE [x] (2.14) (2.15) 2 – Strumenti e proprietà dell’integrale funzionale in cui il secondo membro è ben definito. Notiamo che nel caso di funzionali dipendenti dallo spazio-tempo di Minkoski, la rotazione di Wick ci permette di passare dallo stesso spazio di Minkoski a quello − euclideo. Infatti consideriamo un evento spaziotemporale xµ = (t,→ x ) con la norma → − − − µ 2 2 xµ x = t − x . Se effettuiamo la rotazione di Wick otteniamo (t,→ x ) → (−iτ,→ x) → − → − 2 2 2 2 e t − x → −(t + x ) che è, a parte il segno negativo, la distanza in uno spazio euclideo ordinario, da qui il nome di rotazione euclidea. Infine osserviamo che, in seguito alla (2.14), le equazioni di Eulero-Lagrange nello spazio euclideo descrivono il moto di una particella reale soggetta al potenziale −V (x). 2.3 Approssimazione semiclassica Passiamo ora a discutere uno dei metodi più importanti per il calcolo approssimato dell’integrale funzionale. Questo metodo è detto approssimazione semiclassica ed è molto utile in un vasto numero di applicazioni e problemi fisici. Innanzitutto consideriamo un caso semplificato dell’argomento che verrà poi trattato in questo paragrafo. Calcoliamo l’integrale Z +∞ dx e− I= f (x) a , (2.16) −∞ dove a è un parametro molto piccolo, mentre f è una funzione con un solo minimo nel punto x0 . Possiamo sviluppare f (x) intorno al punto x0 ottenendo f (x) = f (x0 ) + f 00 (x0 ) (x − x0 )2 + O (x − x0 )3 , 2 (2.17) e sostituendo nell’integrale si ricava +∞ Z − I= dx e ( O (x−x0 )3 f (x0 ) f 00 (x ) − 2a 0 (x−x0 )2 − a a ) . (2.18) −∞ Con la sostituzione y = x−x √ 0 a − I=e l’integrale diventa f (x0 ) a √ Z +∞ a dy e− −∞ 16 f 00 (x0 ) 2 y −O 2 √ ( ay 3 ) , (2.19) 2 – Strumenti e proprietà dell’integrale funzionale e trascurando l’ultimo termine nell’argomento dell’esponenziale si giunge al risultato s 2πa − f (x0 ) I= e a . (2.20) f 00 (x0 ) A questo punto osserviamo che se la funzione ha più minimi è necessario considerare tutti i contributi di questi punti stazionari, perciò in generale vale la relazione seguente s X 2πa − f (xi ) e a . I= (2.21) 00 (x ) f i x minimi i Questo risultato può essere generalizzato anche all’integrale funzionale e risulta di grande aiuto nei casi in cui non si riesce a calcolare esattamente la (1.20). Quando ~ è piccolo rispetto a S è possibile utilizzare il metodo precedentemente esposto ed espandere l’azione attorno alla traiettoria classica, da qui il nome di approssimazione semiclassica. Il primo problema da affrontare è la regolarizzazione dell’integrale (poiché è oscillante) attraverso la rotazione di Wick (2.11). Successivamente consideriamo la traiettoria x che minimizza l’azione SE , ossia la traiettoria classica nello spazio euclideo, imponendo la condizione δSE = 0. (2.22) δx(t) x=x Procedendo come prima, espandiamo l’azione intorno alla traiettoria considerata x(t) = x(t) + η(t), (2.23) dove η(t) rappresenta le fluttuazioni intorno a x, e in questo modo otteniamo ZZ 1 δ 2 SE [x] SE [x] = SE [x + η] = SE [x] + dτ1 dτ2 η(τ1 ) η(τ2 ) + O(η 3 ). (2.24) 2 δx(τ1 )δx(τ2 ) A questo punto inseriamo la precedente relazione nell’integrale che compare a destra della (2.15) ed effettuiamo la sostituzione (2.23) si giunge all’espressione ZZ Z δ 2 SE [x] SE [x] 1 O(η 3 ) dτ1 dτ2 η(τ1 ) IE = A Dη exp − − η(τ2 ) − . ~ 2~ δx(τ1 )δx(τ2 ) ~ (2.25) Da questa, trascurando l’ultimo termine nell’argomento dell’esponenziale, otteniamo Z ZZ S [x] 1 δ 2 SE [x] − E~ IE ' Ae Dη exp − dτ1 dτ2 η(τ1 ) η(τ2 ) . (2.26) 2~ δx(τ1 )δx(τ2 ) 17 2 – Strumenti e proprietà dell’integrale funzionale Per calcolare l’integrale precedente possiamo utilizzare una base opportuna di autofunzioni ortonormali in cui sviluppare le fluttuazioni η(τ ). Poiché vale l’uguaglianza δ 2 SE [x] d2 00 = −m 2 + V (x) δ(τ1 − τ2 ) δx(τ1 )δx(τ2 ) dτ1 ≡ Â(τ1 )δ(τ1 − τ2 ), (2.27) conviene scegliere le autofunzioni φn (τ1 ), appartenenti agli autovalori λn , dell’operatore Â(τ1 ) con le condizioni al contorno φn (τi ) = φn (τf ) = 0. In questo modo si ottiene X η(τ ) = cn φn (τ ). (2.28) n Inoltre osserviamo che integrare su tutte le possibili fluttuazioni significa integrare su tutti i possibili valori di cn e perciò possiamo riscrivere la (2.26) nel seguente modo ! ZZ Z Y X SE [x] 1 cn φn (τ1 )Â(τ1 )δ(τ1 − τ2 )cn φn (τ2 ) dτ1 dτ2 dcn exp − IE ' Ae− ~ 2~ n n ! Z Y Z X 1 1 = Ae− ~ SE [x] dcn exp − c2n dτ1 φn (τ1 )Â(τ1 )φn (τ1 ) 2~ n n ! Z Y Z X 1 1 dcn exp − c2n λn dτ1 φ2n (τ1 ) = Ae− ~ SE [x] 2~ n n ! Z Y X 1 1 = Ae− ~ SE [x] dcn exp − λn c2n (2.29) 2~ n n s 0 − ~1 SE [x] 1 2π~ Ae (2.30) = Ae− ~ SE [x] Q ≡q . d2 00 n λn det −m + V (x) dτ 2 Infine, passando alla variabile t ordinaria utilizzando la sostituzione di Wick inversa ricaviamo i A hxf ,tf |xi ,ti i ' q e ~ S[xcl ] . (2.31) d2 00 det m dt2 + V (xcl ) Il metodo fallisce se un autovalore dell’operatore è nullo poiché in tal caso l’intero determinante nella (2.31) risulta uguale a zero. In questi casi il problema deve essere affrontato con piú attenzione, presenteremo una situazione in cui questo accade nel capitolo 4. Inoltre notiamo che se ci sono più traiettorie che minimizzano l’azione 18 2 – Strumenti e proprietà dell’integrale funzionale è necessario considerare tutti i possibili contributi e la (2.31) si generalizza con la seguente i X e ~ S[xa ] q hxf ,tf |xi ,ti i ' A (2.32) . 2 a det m dtd 2 + V 00 (xa ) 2.4 Teoria perturbativa Sappiamo bene che in meccanica quantistica sono pochi i problemi che si riescono a risolvere esattamente e molto spesso si ricorre, quando è possibile, alla teoria perturbativa, accontentandosi di trovare una forma approssimata della soluzione. Questo approccio si può seguire anche con il formalismo dell’integrale funzionale e si costruisce una teoria perturbativa che si presta ad un’efficace interpretazione fisica. A tal fine consideriamo una particella descritta inizialmente da una lagrangiana L0 (indichiamo con S0 l’azione relativa) per la quale si sa calcolare esattamente il propagatore. Supponiamo che al tempo ti venga accesa una perturbazione descritta dal potenziale V (x,t), con la nuova lagrangiana data da L = L0 −V . Siamo interessati al calcolo dell’ampiezza di transizione delle particella dal punto (ti ,xi ) al punto (tf ,xf ) Z U (tf ,xf ; ti ,xi ) = N Z tf i dt(L0 − V ) . Dx exp ~ ti (2.33) Se l’integrale di V (x,t) che compare nel secondo membro della (2.33) sul generico cammino x(t) è piccolo rispetto a ~, possiamo sviluppare in serie l’esponenziale Z i tf exp − dt V (x(t),t) ~ ti 2 Z tf 2 Z i tf 1 −i =1− dt V (x(t),t) + dt V (x(t),t) + . . . ~ ti 2! ~ ti n Z tf n +∞ X 1 −i = dt V (x(t),t) . n! ~ ti n=0 (2.34) Introducendo l’espansione precedente nella (2.33) si ottiene U (tf ,xf ; ti ,xi ) = +∞ X n=0 19 Un (tf ,xf ; ti ,xi ) (2.35) 2 – Strumenti e proprietà dell’integrale funzionale con Z tf i U0 (tf ,xf ; ti ,xi ) = Dx exp dt L0 , (2.36) ~ ti Z tf Z tf Z i i U1 (tf ,xf ; ti ,xi ) = − dt L0 dt1 V (x(t1 ),t1 ), (2.37) Dx exp ~ ~ ti ti 2 2 Z Z tf Z tf 1 −i i 0 0 0 dt V (x(t ),t ) . U2 (tf ,xf ; ti ,xi ) = dt L0 Dx exp 2! ~ ~ ti ti (2.38) Z Per semplicità abbiamo omesso il fattore di normalizzazione N . Il propagatore all’ordine zero è semplicemente quello che si ottiene in assenza della perturbazione, mentre per studiare la correzione al primo ordine è opportuno invertire i due simboli di integrazione Z tf Z tf Z i −i U1 (tf ,xf ; ti ,xi ) = dt1 Dx dt L0 . (2.39) V (x(t1 ),t1 ) exp ~ ~ ti ti Osserviamo che per ogni cammino il potenziale dipende solo dall’istante t1 e dalla posizione x(t1 ) che occupa la particella allo stesso istante. Prima e dopo t1 la funzione d’onda della particella evolve come prescritto da U0 . Questo ci suggerisce di interpretare − ~i V (x(t),t) come l’ampiezza di probabilità, per unità di tempo e di volume, che la particella interagisca con il potenziale. Quindi, per le regole di composizione, l’ampiezza della probabilità che la particella vada da (ti ,xi ) a (t1 ,x(t1 )), che qui venga diffusa dal potenziale, e poi arrivi in (tf ,xf ) è data da i U0 (tf ,xf ; t1 ,x1 ) − V (x(t1 ),t1 )U0 (t1 ,x1 ; ti ,xi ). (2.40) ~ Poiché è necessario sommare su tutti i possibili cammini la (2.40) deve essere integrata in x1 = x(t1 ) e in t1 , e quindi, per la (1.35), si ottiene la (2.37). La correzione al secondo ordine si costruisce allo stesso modo: la particella evolve da (ti ,xi ) a (t1 ,x(t1 )), subisce un’interazione con il potenziale, evolve da (t1 ,x(t1 )) a (t2 ,x(t2 )), con ti < t1 < t2 < tf , interagisce nuovamente, ed infine arriva in (tf ,xf ). L’ampiezza di transizione di questo evento è i i V (x(t2 ),t2 )U0 (t2 ,x2 ; t1 ,x1 ) − V (x(t1 ),t1 )U0 (t1 ,x1 ; ti ,xi ). U0 (tf ,xf ; t2 ,x2 ) − ~ ~ (2.41) 20 2 – Strumenti e proprietà dell’integrale funzionale Infine si integra in x1 = x(t1 ), t1 , x2 = x(t2 ) e t2 per sommare i contributi di tutti i cammini ottenendo cosı̀ 2 Z tf Z Z Z tf −i dt2 dx1 dx2 × U2 (tf ,xf ; ti ,xi ) = dt1 ~ t1 ti × V (x(t2 ),t2 )V (x(t1 ),t1 )U0 (tf ,xf ; t2 ,x2 )U0 (t2 ,x2 ; t1 ,x1 )U0 (t1 ,x1 ; ti ,xi ) 2 Z tf Z Z tf i −i = dt2 Dx V (x(t2 ),t2 )V (x(t1 ),t1 )e ~ S0 [x] . dt1 ~ t1 ti (2.42) Poiché l’integrando V (x(t2 ),t2 )V (x(t1 ),t1 ) è completamente simmetrico per lo scambio delle variabili t1 e t2 risulta Z tf Z tf Z Z tf 1 tf dt2 . (2.43) dt1 dt2 ≡ dt1 2! ti ti t1 ti Quest’ultima relazione ci permette di ottenere esattamente la (2.38) dimostrando l’esattezza dell’interpretazione. Questo procedimento può essere schematizzato in diagrammi, vedi Fig. 2.2, ognuno dei quali descrive una correzione all’ampiezza di transizione. Poiché l’ampiezza Figura 2.2. Schematizzazione in diagrammi di: (1) U0 ; (2) U1 ; (3) U2 totale è data dalla somma di tutti i contributi, se la serie (2.35) converge, l’approssimazione con cui calcoliamo U è tanto migliore quanti più diagrammi si sommano tra loro. Risulta evidente che lo sviluppo in serie ottenuto a partire dall’integrale funzionale con cui abbiamo espresso il propagatore U è perfettamente equivalente 21 2 – Strumenti e proprietà dell’integrale funzionale alla serie di Dyson per l’operatore di evoluzione temporale. Osserviamo che in quest’ultima compaiono esplicitamente prodotti temporalmente ordinati di operatori mentre la formulazione di Feynman fornisce automaticamente l’ordinamento temporale. Possiamo evidenziare questa proprietà nel semplice caso della funzione di correlazione a due punti tra due autostati dell’operatore posizione. A tal fine Consideriamo hxf ,tf |X(t2 )X(t1 )|xi ,ti i con ti < t1 < t2 < tf (2.44) e sfruttiamo la relazione di completezza per gli autostati dell’operatore posizione agli istanti t1 e t2 nella rappresentazione di Heisenberg ottenendo hxf ,tf |X(t2 )X(t1 )|xi ,ti i Z Z = hxf ,tf |X(t2 ) dx2 |x2 ,t2 ihx2 ,t2 | dx1 |x1 ,t1 ihx1 ,t1 |X(t1 )|xi ,ti i Z = dx2 dx1 x(t2 )x(t1 )hxf ,tf |x2 ,t2 ihx2 ,t2 |x1 ,t1 ihx1 ,t1 |xi ,ti i. (2.45) Poiché ogni prodotto scalare che compare nella (2.45) può essere scritto come integrale sui percorsi, si ottiene Z tf Z i hxf ,tf |X(t2 )X(t1 )|xi ,ti i = N Dx x(t2 )x(t1 ) exp dt L . (2.46) ~ ti Osserviamo che x(t1 ) e x(t2 ) sono quantità reali e commutano qualunque siano t1 e t2 mentre il primo membro della (2.46) è vincolato dalla relazione t1 < t2 . In modo analogo si dimostra facilmente che si ottiene lo stesso risultato se si considera la funzione di correlazione hxf ,tf |X(t1 )X(t2 )|xi ,ti i con ti < t2 < t1 < tf , dimostrando che vale la seguente uguaglianza Z tf Z i hxf ,tf |T (X(t2 )X(t1 ))|xi ,ti i = N D xx(t1 )x(t2 ) exp dt L . ~ ti (2.47) (2.48) Il risultato appena ottenuto si può estendere a qualunque insieme di operatori e a qualunque stato: in ogni caso l’integrale sui cammini presenta una misura temporalmente ordinata. Ciò conferma ancora una volta come sia possibile formulare una teoria quantistica alternativa e altrettanto valida, fondata sull’integrale di Feynman, senza far ricorso a vettori e operatori su spazi di Hilbert. 22 Capitolo 3 Alcune applicazioni in meccanica quantistica In questo capitolo passiamo a discutere delle semplici applicazioni della meccanica quantistica utilizzando il formalismo funzionale esposto nei capitoli precedenti. Iniziamo dal caso della particella libera per poi considerare il caso dell’oscillatore armonico con sorgente. 3.1 Particella libera Calcoliamo il propagatore per una particella libera. Poiché V (x) = 0 la (1.20) assume l’espressione semplificata U (tf ,xf ; ti ,xi ) = m N2 Z lim dx1 . . . dxN −1 exp 2πi~ →0 N im X (xn − xn−1 )2 2~ n=1 ! . N →∞ (3.1) In questa espressione se si cambiano le variabili di integrazione mediante m 1/2 xn , yn = 2~ 23 (3.2) 3 – Alcune applicazioni in meccanica quantistica la (3.1) si semplifica ulteriormente, diventando m N2 2~ N2−1 × U (tf ,xf ; ti ,xi ) = lim 2πi~ m →0 (3.3) N →∞ Z × dy1 . . . dyN −1 exp i N X ! (yn − yn−1 )2 . n=1 Inoltre è facile verificare che valgono i seguenti risultati 1/2 Z i iπ 2 2 2 (y −y ) = e2 2 0 dy1 exp i (y1 − y0 ) + (y2 − y1 ) , (3.4) 2 1/2 Z i (iπ)2 2 2 2 2 (y −y ) 3 0 = e3 , dy1 dy2 exp i (y1 − y0 ) + (y2 − y1 ) + (y3 − y2 ) 3 (3.5) ... ! 1/2 Z N X i (iπ)N −1 2 (yN −y0 )2 N (yn − yn−1 ) = e dy1 . . . dyN −1 exp i , (3.6) N n=1 ed utilizzando l’ultima di queste relazioni si ricava l’espressione finale per il propagatore m N2 2~ N2−1 (iπ)N −1 1/2 i 2 U (tf ,xf ; ti ,xi ) = lim e N (yN −y0 ) 2πi~ m N →0 N →∞ = lim →0 m 1/2 exp 2πi~N im (xf − xi )2 2~N N →∞ = m 2πi~(tf − ti ) 1/2 exp i 1 (xf − xi )2 m ~2 tf − ti . (3.7) Per finire notiamo come il fattore di fase contenga l’azione del sistema calcolata sulla traiettoria classica ẋ(t) = v = cost. Infatti si ottiene facilmente 1/2 i m U (tf ,xf ; ti ,xi ) = e ~ S[xcl ] . (3.8) 2πi~(tf − ti ) Pertanto abbiamo visto come ricavare il propagatore di una particella libera sfruttando la definizione dell’integrale sui cammini. 24 3 – Alcune applicazioni in meccanica quantistica 3.2 Oscillatore armonico Consideriamo adesso l’oscillatore armonico unidimensionale in un campo esterno J descritto dalla lagrangiana 1 1 L = mẋ2 − mω 2 x2 + Jx 2 2 (3.9) la cui equazione di Eulero-Lagrange, descrivente la traiettoria classica, è data da mẍcl + mω 2 xcl − J(t) = 0. (3.10) Per calcolare U (tf ,xf ; ti ,xi ) è conveniente espandere l’azione attorno alla traiettoria classica effettuando la sostituzione x(t) = xcl (t) + η(t). (3.11) Il procedimento è analogo a quello usato per l’approssimazione semiclassica, ma in questo caso, poiché l’azione è quadratica nella veriabile x(t), il risultato è esatto. Ora faremo vedere un altro esempio dell’integrale funzionale a partire dalla definizione (1.20). Consideriamo lo sviluppo in serie dell’azione utilizzando l’espansione funzionale Z 1 δ 2 S[xcl ] S[x] = S[xcl ] + dt1 dt2 η(t1 ) η(t2 ). (3.12) 2 δxcl (t1 )δxcl (t2 ) Per la lagrangiana (3.9), utilizzando le regole della derivata funzionale, ricaviamo la relazione Z 1 tf dt mη̇ 2 − mω 2 η 2 , S[x] = S[xcl ] + (3.13) 2 ti che fornisce, in questo caso, l’ampiezza di transizione Z tf Z i i S[xcl ] 2 2 2 ~ Dη exp dt(mη̇ − mω η ) . U (tf ,xf ; ti ,xi ) = Ae 2~ ti (3.14) Calcoliamo questo integrale discretizzando l’intervallo temporale come prescritto dalla (1.20) tn = ti + n con n = 0,1, . . . ,N (3.15) e definiamo i valori delle fluttuazioni η(t) in questi punti η(tn ) = ηn , 25 (3.16) 3 – Alcune applicazioni in meccanica quantistica con le condizioni al contorno η0 = ηN = 0. (3.17) Si ottiene U (tf ,xf ; ti ,xi ) = m N2 i e ~ S[xcl ] 2πi~ lim →0 × N →∞ ( Z × dη1 . . . ηN −1 exp " 2 2 #) N η + η ηn − ηn−1 i X n n−1 m − mω 2 . 2~ n=1 2 (3.18) Con il cambiamento di variabili m 1/2 ηn 2~ → ηn (3.19) la (3.18) diventa U (tf ,xf ; ti ,xi ) = m N2 2~ N2−1 i e ~ S[xcl ] lim 2πi~ m →0 × (3.20) N →∞ ( Z × dη1 . . . ηN −1 exp i N X n=1 ) 2 ω 2 2 2 (ηn − ηn−1 ) − (ηn + ηn−1 ) . 4 A questo punto scriviamo l’argomento dell’integrale in forma matriciale, ossia definiamo η vettore colonna con N − 1 componenti η1 η2 η= (3.21) .. , . ηN −1 e B matrice quadrata di 2 −1 −1 2 B= 0 −1 .. .. . . dimensione (N − 1) × (N − 1) 0 0 ... 2 1 2 2 −1 0 . . . ω 1 2 − 2 −1 . . . 4 0 1 .. .. . . .. .. . . . . . 26 0 1 2 .. . 0 0 1 .. . ... ... ... .. . (3.22) 3 – Alcune applicazioni in meccanica quantistica in modo che l’integrale che compare nella (3.20) possa scriversi come Z iη T Bη dη e con dη = N −1 Y dηn . (3.23) n=1 Osserviamo che la matrice B è simmetrica ed ha elementi reali, quindi è diagonalizzabile tramite una matrice unitaria P; indicheremo con BD la matrice diagonale e con bn i suoi autovalori. Poniamo x y 0 0 ... y x y 0 ... B= (3.24) 0 y x y ... .. .. .. .. . . . . . . . con 2 ω 2 x=2 1− 4 2 ω 2 y =− 1+ , 4 e (3.25) e BD = P−1 BP. (3.26) Definiamo η = Pξ ed elaboriamo la (3.23) con tale sostituzione ricavando ! Z Z N −1 X bn ξn2 = dξ exp iξ T BD ξ = dξ1 . . . dξN −1 exp i n=1 = N −1 Y n=1 iπ bn 1/2 = (iπ) N −1 2 (det B)−1/2 , (3.27) nella quale det B 6= 0, cioè nessun autovalore deve essere nullo. Sostituiamo il risultato appena ottenuto nella (3.20) per ottenere l’espressione U (tf ,xf ; ti ,xi ) = m 1/2 i lim (det B)−1/2 e ~ S[xcl ] , 2πi~ →0 (3.28) N →∞ nella quale ci resta solo da calcolare det B e quindi effettuare l’operazione di limite. Un’analisi più approfondita della struttura di B permette di ricavare la relazione di ricorrenza In+1 = xIn − y 2 In−1 con n = 0,1,2, . . . 27 I0 = 1 e I−1 = 0 (3.29) 3 – Alcune applicazioni in meccanica quantistica dove In è il determinante di una matrice quadrata del tipo B con n righe. La stessa equazione può essere riscritta in forma matriciale ! ! ! In+1 x −y 2 In = . (3.30) In 1 0 In−1 ! I1 Partendo dal vettore e applicando la relazione precedente N − 2 volte, I0 otteniamo l’uguaglianza IN −1 IN −2 ! N −2 ! x −y 2 = 1 0 {z } | I1 I0 ! x 1 = AN −2 ! (3.31) A che rappresenta un sistema di due equazioni delle quali vogliamo ricavare IN −1 che è il determinante che compare nella (3.28). Si verifica√banalmente che la matrice A è diagonalizzabile e che gli autovalori sono x± λ± = ottiene x2 −4y 2 2 e quindi, se indichiamo con S la matrice che diagonalizza A, si A = SAD S−1 ed infine IN −1 IN −2 ! =S ⇒ AN −2 = SAD N −2 S−1 −2 λN 0 + N −2 0 λ− ! S −1 x 1 (3.32) ! . (3.33) A questo punto è necessario esplicitare S (formata dagli autovettori di A disposti in colonna) e la sua inversa nella forma seguente ! ! λ+ λ− 1 −λ− 1 , (3.34) S= S−1 = λ+ − λ− 1 1 −1 λ+ e dopo aver svolto il prodotto matriciale si giunge al risultato IN −1 = N λN + − λ− . λ+ − λ− (3.35) Possiamo esplicitare il secondo membro della precedente uguaglianza tenendo conto della (3.25) e delle seguenti relazioni λ+ − λ− = 2iω, 28 (3.36) 3 – Alcune applicazioni in meccanica quantistica λN + = x + 2 !N p N x2 − 4y 2 2 ω 2 + iω ' (1 + iω)N , = 1− 2 4 N λN − ' (1 − iω) , (3.37) (3.38) dove abbiamo trascurato i termini in 2 poiché dovremo considerare il limite per → 0. Utilizzando queste relazioni ed effettuando il limite nella (3.28) otteniamo lim det B = lim IN −1 = lim →0 →0 →0 N →∞ N →∞ N →∞ (1 + iω)N − (1 − iω)N . 2iω (3.39) A questo punto moltiplicando e dividendo per N all’interno delle parentesi, e ricordando che T = tf − ti = N ricaviamo lim →0 (1 + iωT N ) N − (1 − 2iω iωT N ) N = 1 eiωT − e−iωT sin(ωT ) = , ω 2i ω (3.40) N →∞ e dalla (3.28) si ottiene l’espressione U (tf ,xf ; ti ,xi ) = mω 2πi~ sin(ωT ) 1/2 i e ~ S[xcl ] . (3.41) Notiamo come U sia costituito dal prodotto di due fattori: il primo, quello in parentesi tonde, dipende solo dagli istanti temporali iniziale e finale, mentre il secondo, caratterizzato dall’azione calcolata sulla traiettoria classica, è funzione dei punti (tf ,xf ), (ti ,xi ) e del campo esterno J. Si può dimostrare che questa proprietà è valida in generale per ogni sistema la cui lagrangiana è della forma L = a(t)ẋ2 + b(t)ẋx + c(t)x2 + d(t)ẋ + e(t)x + f (t). (3.42) L’ultimo passo da compiere nella (3.41) consiste nella determinazione dell’azione S calcolata sulla traiettoria classica e per questo motivo dobbiamo risolvere l’eq. (3.10), equivalente alla seguente 2 d J(t) 2 + ω xcl (t) = . (3.43) 2 dt m 29 3 – Alcune applicazioni in meccanica quantistica La soluzione di questa equazione si scrive come somma di due funzioni xcl (t) = xo (t) + xp (t), (3.44) delle quali xo è la soluzione generale dell’equazione omogenea associata, mentre xp è una soluzione particolare. La prima è banale: xo (t) = Aeiωt + Be−iωt , con A e B costanti, la seconda, invece, si può determinare con il metodo di Green, cioè si introduce la funzione G(t − t0 ) tale da soddisfare l’equazione 2 d 2 (3.45) + ω G(t − t0 ) = −δ(t − t0 ). dt2 In questo modo la soluzione cercata è semplicemente data da Z tf J(t0 ) dt0 G(t − t0 ) xp (t) = − . m ti (3.46) Le costanti A e B si ricavano imponendo le condizioni al contorno xcl (ti ) = xi xcl (tf ) = xf , (3.47) mentre per determinare la funzione di Green si introduce la trasformata di Fourier G(k) tale che Z 1 0 0 G(t − t ) = √ dk e−ik(t−t ) G(k), (3.48) 2π e ricordando che la delta di Dirac gode della proprietà Z 1 0 0 δ(t − t ) = dk e−ik(t−t ) , (3.49) 2π si ottiene l’espressione di G(k) 1 1 G(k) = √ . 2π k 2 − ω 2 Quindi la funzione di Green si determina risolvendo l’integrale Z 0 1 e−ik(t−t ) 0 G(t − t ) = dk 2 . 2π k − ω2 (3.50) (3.51) L’argomento dell’integrando ha due poli per k = ±ω e per questo motivo dobbiamo scegliere un cammino opportuno lungo cui integrare evitando cosı̀ le divergenze. In 30 3 – Alcune applicazioni in meccanica quantistica meccanica quantistica si considera la funzione di Green ritardata mentre in meccanica quantistica relativistica si utilizza la funzione di Green di Feynman GF . Le due funzioni hanno significato fisico molto diverso e sono ottenute scegliendo percorsi differenti attorno ai poli nel piano complesso di k. La GF si determina sul percorso evidenziato in Fig. 3.1 che è perfettamente equivalente a spostare i poli come in in Fig. 3.2 k = −ω → k = −ω + iδ, (3.52) k = +ω → k = +ω − iδ. (3.53) Quindi si regolarizza la funzione di Green nel seguente modo Figura 3.1. Figura 3.2. Percorso di integrazione Regolarizzazione dell’integrale 31 3 – Alcune applicazioni in meccanica quantistica 1 1 1 1 1 GF (k) = lim+ √ = lim+ √ 2 2 →0 2π k − ω + i δ→0 2π k + ω − iδ k − ω + iδ (3.54) con (3.55) 2ω e si calcola la (3.48) sfruttando il lemma di Jordan e il teorema dei Residui. Per t − t0 < 0 chiudiamo il percorso con una semicirconferenza all’infinito nel semipiano superiore, mentre per t − t0 > 0 si chiude il cammino nel semipiano opposto e si ottiene 1 iω(t−t0 ) G− (t − t0 ) = e per t − t0 < 0 (3.56) 2iω 1 −iω(t−t0 ) e per t − t0 > 0, (3.57) G+ (t − t0 ) = 2iω GF (t − t0 ) = θ(t − t0 )G+ (t − t0 ) + θ(t0 − t)G− (t − t0 ), (3.58) δ= dove θ(t) è la funzione di Heaviside ( θ(t) = 0 per 1 per t<0 . t>0 (3.59) Risulta che la soluzione particolare (3.46) assume una forma molto semplice se scritta in funzione del campo esterno Z t Z tf 1 0 −iω(t−t0 ) 0 0 iω(t−t0 ) 0 xp (t) = − dt e J(t ) + dt e J(t ) (3.60) 2imω ti t e permette di esplicitare S[xcl ] come ci eravamo proposti all’inizio. Qui forniamo direttamente il risultato [4] che è dato da mω 2 S[xcl ] = (x + x2f ) cos(ωT ) − 2xi xf 2 sin(ωT ) i Z Z 2xf tf 2xi tf dt J(t) sin(ω(tf − t)) + dt J(t) sin(ω(t − ti ) + mω ti mω ti Z tf Z t 2 0 0 0 − dt dt J(t) sin(ω(t − t)) sin(ω(t − t ))J(t ) . (3.61) f i m2 ω 2 ti ti Pertanto abbiamo visto come sia possibile utilizzare il formalismo dell’integrale funzionale per affrontare i problemi della meccanica quantistica ottenendo gli stessi risultati che si ricaverebbero con l’ordinaria formulazione operatoriale. Inoltre osserviamo come questo metodo ci permetta di determinare il propagatore del sistema senza risolvere direttamente l’equazione di Schrödinger. 32 Capitolo 4 Instantoni Come ulteriore applicazione dell’integrale funzionale in meccanica quantistica studieremo la doppia buca di potenziale e faremo vedere come emergano delle particolari soluzioni, gli instantoni, che descrivono l’effetto tunnel. 4.1 Doppia buca di potenziale e instantoni Consideriamo una particella in un potenziale dall’espressione analitica V (x) = g2 2 (x − a2 )2 8 (4.1) con g e a costanti reali e positive. La forma della funzione è schematizzata in Fig. 4.1. L’ equazione di Eulero-Lagrange ci fornisce due soluzioni banali x(t) = −a x(t) = a (4.2) che descrivono la particella in quiete in uno dei due minimi. Una trattazione quantistica più accurata mostra che in realtà la particella non è ferma ma compie delle oscillazioni attorno ai due minimi che possono essere approssimate con delle oscillazioni armoniche. Dallo studio del sistema, a causa della finitezza della barriera tra i due minimi, emerge anche l’esistenza di un fenomeno tipicamente quantistico: l’effetto tunnel. Cercheremo di descriverlo attraverso l’integrale funzionale. L’ampiezza di transizione che esamineremo è Z i T T − ~i HT hxf , |xi , − i = hxf |e |xi i = N Dx e ~ S[x] (4.3) 2 2 33 4 – Instantoni Figura 4.1. Doppia buca di potenziale in cui xf , xi = ±a e con T /2 1 g2 2 2 2 2 S[x] = dt mẋ − (x − a ) . 2 8 −T /2 Z È conveniente ruotare nello spazio euclideo come prescritto dalla (2.11) Z 1 − ~i HT − ~1 HT hxf |e |xi i → hxf |e |xi i = N Dx e− ~ SE [x] con T /2 1 g2 2 2 2 2 dt mẋ + (x − a ) . SE [x] = 2 8 −T /2 Z (4.4) (4.5) (4.6) Risolveremo il problema ricorrendo all’approssimazione semiclassica. Il primo passo consiste nella determinazione delle soluzioni classiche euclidee, cioè quelle equazioni del moto di una particella in un potenziale −V (x) come in Fig. 4.2. Osservando l’andamento del potenziale ci aspettiamo le due soluzioni banali x(t) = −a e x(t) = a che rappresentano la particella in quiete all’estremità dei due picchi e la soluzione che descrive il moto della stessa dal punto −a all’istante − T2 al punto a all’istante T2 , scendendo nel fondo della buca per poi risalire. Questa soluzione si chiama instantone e poiché connette i due punti −a ed a possiamo considerarlo come la descrizione euclidea di un processo di tunnel quantistico in cui la particella transita da −a ad a in un tempo T . Ovviamente ci sono anche quelle soluzioni composte da più instantoni. In questo secondo caso la particella transita tra i due punti un numero finito di volte ponendosi alla fine nel punto −a o in a. Questi percorsi multipli sono 34 4 – Instantoni Figura 4.2. Potenziale nello spazio euclideo caratterizzati da un intero N che conta il numero di transizioni tra i due massimi (euclidei) e dal tempo totale in cui le transizioni avvengono. È evidente che questi processi sono interpretati in meccanica quantistica come processi di tunnel successivi tra due configurazioni che, in presenza di una barriera infinita, descriveremmo approssimativamente con due potenziali armonici localizzati in −a e a. Ora poniamo l’attenzione su un singolo instantone; affronteremo in seguito il problema dei multi-instantoni. Le espressioni analitiche delle soluzioni dell’equazione euclidea del moto, nell’intervallo temporale T , sono 1. xcl (t) = ±a (4.7) 2. xcl (t − tc ) = ±a tanh ω(t − tc ) 2 valide per T → +∞ (4.8) con mω 2 = g 2 a2 = V 00 (±a) e tc costante di integrazione arbitraria tale che |tc | < T2 . Le due soluzioni nel punto 2 sono chiamate rispettivamente instantone e anti-instantone e sono rappresentate in Fig. 4.3. 35 4 – Instantoni Figura 4.3. (a) Instantone; (b) Anti-instantone Si verifica facilmente che le xcl (t) soddisfano l’equazione del moto e che valgono le seguenti proprietà lim xcl (t) = ∓a, (4.9) lim xcl (t) = ±a, (4.10) t→−∞ t→+∞ 1 E = mẋ2 − V (x) = 0, 2 2 S0 ≡ SE [xcl ] = mωa2 , 3 2 2 ma ω ω(t − tc ) 2 LE [xcl ] = sech . 4 2 (4.11) (4.12) (4.13) Osserviamo dalla (4.12) che l’azione euclidea calcolata sulle soluzioni instantoniche è diversa da zero contrariamente a quanto accade per le due soluzioni banali xcl (t) = ±a, e dalla (4.13) che la lagrangiana è temporalmente localizzata in t = tc con un’ampiezza ∆t ∼ ω1 . Inoltre, sulla scala di T (T → +∞), le soluzioni appaiono come una transizione istantanea da −a ad a e viceversa come illustrato in Fig. 4.5. Queste due proprietà giustificano il nome attribuito a questa soluzione. 4.2 Calcolo dell’ampiezza di transizione Calcoliamo l’ampiezza di transizione ha, T2 | − a, − T2 i mediante l’approssimazione semiclassica considerando il contributo di un singolo instantone (SI) a partire dalla 36 4 – Instantoni Figura 4.4. Andamento della lagrangiana euclidea Figura 4.5. Transizione istantanea da −a ad a (2.30) che fornisce la relazione S0 1 N ha|e− ~ HT | − aiSI ' e− ~ q . d2 00 det −m dt2 + V (xcl ) (4.14) Utilizzando l’espressione analitica di xcl si osserva che la derivata di questa funzione dxcl aω ω(t − tc ) 2 = sech (4.15) dt 2 2 soddisfa l’equazione agli autovalori con autovalore nullo dxcl d2 00 −m 2 + V (xcl ) = 0. dt dt (4.16) Questo significa che il determinante che compare nella (4.14) è nullo e che l’approssimazione semiclassica non è applicabile. Cerchiamo di capire da dove proviene l’infinito ripercorrendo i passaggi del paragrafo 2.3 che ci hanno condotto alla relazione 37 4 – Instantoni finale. In particolare si ottiene dalla (2.29) ! Z Y X SE [xcl ] 1 1 ha|e− ~ HT | − aiSI ' N e− ~ dcn exp − λn c2n , 2~ n≥0 n≥0 e se indichiamo con λ0 l’autovalore nullo la precedente diventa ! Z Z Y X SE [xcl ] 1 1 ha|e− ~ HT | − aiSI ' N e− ~ dcn exp − dc0 λn c2n . 2~ n>0 n>0 (4.17) (4.18) Risulta chiaro che l’integrale su c0 è la causa dell’infinito. Poiché le autofunzioni ortonormali φn dell’operatore che compare in parentesi quadre nella (4.16) costituiscono la base su cui sono state costruite le fluttuazioni attorno alla traiettoria classica, come risulta evidente dalla (2.28), la stessa −1/2 −1/2 S0 ω(t − tc ) dxcl aω S0 2 = sech (4.19) φ0 (t) = m dt m 2 2 rappresenta una particolare fluttuazione. È questa l’unica responsabile dell’infinito come si può osservare dal secondo membro della (4.18). Inoltre tenendo conto che una variazione infinitesima del parametro tc tc → tc + δtc (4.20) comporta una variazione della traiettoria classica xcl (t − (tc + δtc )) − xcl (t − tc ) = − dxcl (t − tc ) dxcl δtc = δtc , dtc dt (4.21) confrontando con la (4.19) osserviamo che φ0 rappresenta quella fluttuazione infinitesima che trasla il centro dell’instantone tc . Questa trasformazione non cambia la struttura dell’instantone che, cosı̀ modificato, continua ad essere soluzione dell’equazione del moto. Anche l’azione rimane sempre la stessa perciò ci aspettiamo che il contributo all’ampiezza di transizione di quella classe di fluttuazioni che traslano il centro dell’instantone sia proporzionale all’intervallo su cui varia tc , ossia tra − T2 e T2 . Allora la divergenza scaturisce dal limite T → ∞. Tali osservazioni ci suggeriscono di valutare con più accuratezza l’integrale (4.18) esplicitando il parametro tc dal coefficiente co . Innanzitutto mostriamo come c0 sia effettivamente una funzione di tc . Dato che x(t) = xcl (t − tc ) + η(t − tc ), 38 (4.22) 4 – Instantoni Figura 4.6. Traslazione del centro dell’instantone o equivalentemente, con un cambiamento di variabile, X x(t + tc ) = xcl (t) + η(t) = xcl (t) + cn φn (t), (4.23) n≥0 moltiplichiamo il primo membro della (4.23) per φ0 (t) e integriamo in t; si ottiene # Z T /2 Z T /2 " X dt x(t + tc )φ0 (t) = dt xcl (t) + cn φn (t) φ0 (t) −T /2 −T /2 = S0 m n≥0 −1/2 Z T /2 dt xcl (t) −T /2 dxcl + c0 , dt (4.24) dove abbiamo usato l’ortonormalità delle autofunzioni φn , ed infine, svolgendo l’integrale, si ricava −1/2 Z T /2 T /2 1 S0 dt x(t + tc )φ0 (t) = x2cl (t)−T /2 + c0 . (4.25) 2 m −T /2 Poiché il primo membro è una funzione di tc , anche c0 che compare nell’ultimo membro ne risulta dipendente. Ci resta da calcolare lo jacobiano della trasformazione. A tal proposito consideriamo una variazione infinitesima della traiettoria classica dovuta ad una variazione infinitesima di c0 −1/2 dxcl S0 δc0 . (4.26) δc0 → δxcl = δη = δc0 φ0 (t) = m dt Dal confronto della precedente relazione con la (4.21) segue che 1/2 S0 δc0 = δtc . m 39 (4.27) 4 – Instantoni R A causa della sostituzione (4.27) l’integrale dc0 della (4.18) va sostituito con R S0 1/2 T /2 dtc = T e l’ampiezza di transizione (4.14) si scrive m −T /2 − ~1 HT ha|e | − aiSI = q N S0 1/2 − ~1 S0 e m det0 −m dtd 2 + V 00 (xcl ) 2 T, (4.28) dove con il simbolo det0 abbiamo indicato il determinante dell’operatore in parentesi calcolato escludendo l’autovalore nullo. Calcoli laboriosi [5] conducono al risultato ha|e − ~1 HT con | − aiSI = r r=2 4.3 mω 1/2 π~ e− ωT 2 2m 3/2 − 1 S0 ω ae ~ . ~ rT, (4.29) (4.30) Soluzioni multi-instantoniche Come abbiamo accennato all’inizio di questo capitolo esistono altre soluzioni dell’equazione del moto come per esempio quella che descrive il moto della particella da −a al tempo − T2 ad a ad un istante compreso tra − T2 e T2 , e poi di nuovo a −a al tempo T . Questa soluzione è ottenuta da un instantone e da un anti-instantone. L’ampiez2 za di questo evento è data semplicemente dal prodotto dell’ampiezze di transizione dovute alle due soluzioni; inoltre, per questioni di simmetria, l’anti-instantone contribuisce allo stesso modo dell’instantone. Ovviamente possiamo considerare cammini più complicati composti dalla successione di instantoni e anti-instantoni che rappresentano nello spazio euclideo successivi effetti tunnel. Se consideriamo tutte queste soluzioni non interagenti tra di loro otteniamo il modello a gas diluito. In queste condizioni il contributo dell’n-instantone all’ampiezza di transizione può essere facilmente ottenuto dalla (4.29) tenendo conto che i centri degli instantoni soddisfano la catena di disuguaglianze − T T ≤ tn ≤ . . . ≤ t1 ≤ 2 2 (4.31) come si può vedere anche dalla Fig. 4.7. Quindi l’n-instantone contribuisce con Z t1 Z tn−1 mω 1/2 ωT (rT )n mω 1/2 ωT Z T /2 − 2 n dt1 dt2 . . . dtn = e r e− 2 . (4.32) π~ π~ n! −T /2 −T /2 −T /2 40 4 – Instantoni Figura 4.7. Soluzione multi-instantonica Osserviamo che per ottenere l’ampiezza di transizione totale nell’approssimazione semiclassica devono essere considerati tutti i possibili cammini, ossia ogni soluzione multi-instantonica. Inoltre si intuisce facilmente che ad ampiezze del tipo 1 1 ha|e− ~ HT |ai h−a|e− ~ HT | − ai (4.33) può contribuire solo un numero pari di instantoni, mentre ad 1 1 ha|e− ~ HT | − ai h−a|e− ~ HT |ai (4.34) solo un numero dispari. Alla luce di tutte queste considerazioni si ricava che 1 +∞ X mω 1/2 (rT )2n mω 1/2 − ωT = e 2 cosh(rT ) π~ (2n)! π~ n=0 ω 1 mω 1/2 −( ω −r)T = + e−( 2 +r)T . e 2 (4.35) 2 π~ ha|e− ~ HT |ai = e− ωT 2 Per completare la trattazione utilizzeremo il risultato appena ottenuto per calcolare la divisione in energia tra i due più bassi stati energetici che rappresenteremo con |+i e |−i. Infatti sappiamo che se la barriera fosse infinitamente alta avremmo livelli energetici degeneri ma poiché tale barriera è finita ognuno di questi stati si separa in due livelli vicini. Per determinare tale separazione in energia inseriamo un insieme 1 completo di autostati dell’hamiltoniano nell’ampiezza di transizione ha|e− ~ HT |ai e 41 4 – Instantoni consideriamo il limite per T → +∞ 1 1 1 lim ha|e− ~ HT |ai ' ha|e− ~ HT |−ih−|ai + ha|e− ~ HT |+ih+|ai T →+∞ 1 1 = e− ~ E− T |ha|−i|2 + e− ~ E+ T |ha|+i|2 . (4.36) Dal confronto con la (4.35), considerando gli argomenti degli esponenziali, si ricava E± = ~ω ± ~r. 2 (4.37) Cioè abbiamo ottenuto l’energia dell’oscillatore armonico con la correzione ~r. Ricordando la definizione di r nella (4.30) si ricava la separazione tra i due livelli √ 1 ∆E = E+ − E− = 2~r = 4 2m~ω 3/2 ae− ~ S0 . (4.38) Confrontiamo la (4.38) con il risultato ottenuto mediante il metodo WKB [5] applicato allo stesso potenziale ∆Ewkb = 1 4e √ m~ω 3/2 ae− ~ S0 . π Si osserva che (4.39) √ 2π ∆E = ' 1.6 , (4.40) ∆Ewkb e dimostrando un ottimo accordo tra i due risultati. Ciò avvalora l’interpretazione dell’instantone come rappresentazione dell’effetto tunnel ed evidenzia, ancora una volta, come il formalismo dell’integrale funzionale conduca alle stesse conclusioni, seppur con strumenti diversi, del formalismo tradizionale. 42 Conclusioni In questo lavoro di tesi abbiamo introdotto ed analizzato alcune proprietà dell’integrale funzionale in meccanica quantistica, anche noto col nome di “integrale sui percorsi”. La sua introduzione in meccanica quantistica ha rappresentato un’importante sviluppo teorico che ha portato a ridefinire questa teoria mediante uno strumento nuovo ed intuitivo con enormi possibilità di applicazioni pratiche. Oggi l’integrale sui percorsi di Feynman può fungere da punto di partenza di ogni teoria quantistica, sia non relativistica che relativistica. È noto altresı̀ che questa formulazione può essere estesa con gran successo in teorie della gravità ed in ogni formulazione della teoria dei campi. Come abbiamo visto, dall’integrale di Feynman è possibile estrarre informazioni sia sulla teoria perturbativa che su quella non perturbativa di un certo sistema. Inoltre abbiamo osservato come sia possibile, ad esempio, descrivere l’operatore di evoluzione quantistico mediante questo integrale e l’interazione del sistema con potenziali esterni in maniera consistente per studiarne il limite semiclassico. Nel caso non perturbativo ci siamo occupati del ruolo svolto da transizioni di tipo istantonico in semplici sistemi quantistici. Anche in questo caso abbiamo osservato come l’integrale di Feynman può essere usato per descrivere con successo l’effetto tunnel. Il calcolo semiclassico di questo integrale evidenzia una naturale corrispondenza col più tradizionale metodo WKB per lo studio del medesimo effetto usando la meccanica quantistica di Schrödinger. 43 Appendice A Ordinamento di Weyl Il passaggio dalla meccanica classica alla teoria quantistica avviene attraverso il principio di corrispondenza e, in particolare, le grandezze classiche sono sostituite con operatori che in generale non commutano. Consideriamo l’hamiltoniano del sistema H(x, p) → Ĥ = H(x̂, p̂). (A.1) La corrispondenza è ambigua se, per esempio, la funzione classica è del tip xp. In questo caso si potrebbero associare due diverse combinazioni: x̂p̂ e p̂x̂, in quanto x̂ e p̂ non commutano. Non esiste uno schema sicuramente corretto, però ci sono delle regole convenzionali, come l’ordinamente normale e l’ordinamento di Weyl, che permettono di ordinare i fattori. Il primo consiste nel posizionare gli impulsi alla sinistra delle coordinate xp → p̂x̂, (A.2) px2 → p̂x̂2 , (A.3) invece il secondo prescrive di considerare una media pesata di tutte le possibili combinazioni degli operatori xp → px2 → 1 (x̂p̂ + p̂x̂) , 2 1 2 x̂ p̂ + p̂x̂2 + x̂p̂x̂ . 3 44 (A.4) (A.5) A – Ordinamento di Weyl Le due convenzioni implicano espressioni diverse per gli elementi di matrice delle funzioni di osservabili. Noi utilizzeremo il secondo schema per calcolare hx0 |H|xi (A.6) con |x0 i e |xi autostati dell’operatore posizione. Innanzitutto osserviamo che la seguente relazione, nella quale abbiamo considerato x̂ e p̂ non commutanti tra loro, permette di ottenere l’ordimento di Weyl dei prodotti x̂k p̂N −k N X N! N (ax̂ + bp̂) = ak bN −k (x̂k p̂N −k )W eyl . (A.7) k!(N − k)! k=0 Allora se ne calcoliamo l’esponenziale avremo tutte le potenze di x̂ e p̂, e dallo studio di hx0 |eax̂+bp̂ |xi ricaveremo le informazioni necessarie per costruire la (A.6). Consideriamo 1 1 hx0 |eax̂+bp̂ |xi = hx0 |e 2 ax̂ ebp̂ e 2 ax̂ |xi, (A.8) dove la relazione tra gli esponenziali che appaiono a primo e secondo membro si può verificare facilmente utilizzando un risultato ottenuto dalla formula BHC c e eB̂ = eÂ+B̂+ 2 se [Â,B̂] = cI con c reale o complesso. (A.9) Inseriamo la relazione di completezza degli autostati dell’operatore impulso tra il secondo e il terzo esponenziale nel secondo membro della (A.8) Z Z 1 1 1 0 0 ax̂+bp̂ 0 12 ax̂ bp̂ ax̂ hx |e |xi = dphx |e e |pihp|e 2 |xi = dp e 2 ax ebp e 2 ax hx0 |pihp|xi Z a i 1 0 0 (A.10) = dp e− ~ p(x−x ) e 2 (x+x )+bp . 2π~ Confrontando il primo con l’ultimo membro siamo in grado di costruire, in perfetta analogia, l’elemento di matrice (A.6) con l’ordinamento di Weyl Z 1 x + x0 0 − ~i p(x−x0 ) hx |H|xi = dp e H ,p ; (A.11) 2π~ 2 questo risultato è chiamato prescrizione del punto medio. 45 Bibliografia [1] R. P. Feynman, Reviews of Modern Physics 20 (1948) 367. [2] P. A. M. Dirac, “The principles of Quantum Mechanics” Oxford University Press 1958. [3] M. Roncadelli e A. Defendi, “I cammini di Feynman” - Quaderni di fisica teorica - Università degli Studi di Pavia, 2001. [4] R. P. Feynman e A. R. Hibbs, “Quantum Mechanics and Path Integral” McGraw-Hill, New York, 1965. [5] Ashok Das, “Field Theory: a path integral approach” World Scientific Publishing, Singapore, 1997. [6] M. J. Teper, “Instantons, Theta Vacua, Confinement...: A Pedagogical Introduction” Lectures given at Rutherford Laboratory and the Univ. of Oregon, Spring, 1979. [7] S. Coleman, Subnucl. Ser. 15 (1979) 805. 46