Marzo 2005
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IN-FORMAFIRENZEcittà
nCHIRURGIA
Dentista
L’ernia iatale
IMPLANTOLOGIA:
NUOVE PROSPETTIVE
“Scivolamento” o assiale, paraesofagea o da rotazione e da brachiesofago
L’implantologia dentale sta trovando soluzioni sempre più
semplici e facili per i pazienti per l’inserimento di impianti
nell’osso senza dolori o lunghe terapie. Vediamo quali
sono le novità più interessanti per il paziente.
Si sente spesso parlare di ernia
iatale soprattutto in seguito alla
sempre maggior diffusione della gastroscopia e del “digerente
per os”, un’indagine radiologica
classica eseguita con l’ausilio di
un mezzo di contrasto che viene
fatto ingerire al paziente.
Spesso rappresenta un reperto
collaterale non degno di nota
e asintomatico, emerso nel
corso di questi accertamenti,
altre volte viene invece specificatamente ricercato proprio
in base alla particolare sintomatologia riferita dal paziente.
Il termine ernia iatale indica
una dislocazione intratoracica
di una porzione dello stomaco
attraverso lo iato esofageo del
diaframma. Il muscolo diaframma separa infatti la cavità addominale dalla gabbia toracica e
necessariamente deve lasciarsi
attraversare da alcune strutture
come per esempio i grossi vasi
o appunto l’esofago. Questi
“fori” vengono definiti iati e i
propri bordi sono costituiti da fibre muscolari e connettivali che
con il tempo, in certi soggetti
e in determinate condizioni,
possono andare incontro ad un
processo di sfiancamento così
da far diventare lo iato più largo
e beante. È da questo presupposto che origina l’ernia iatale. Si
distinguono fondamentalmente
tre tipi di ernia iatale: quella da
“scivolamento” o assiale, quella
paraesofagea o da rotazione e
quella da brachiesofago.
L’ernia da scivolamento è
la più comune e rappresenta il
90-95% dei casi di ernia iatale;
è caratterizzata dallo scivolamento del cardias nel torace
pur conservando l’esofago una
lunghezza normale. La sua presenza è spesso intermittente, in
parte o del tutto riducibile e può
essere evocata con i cambiamenti di postura o con l’aumen-
to della pressione addominale.
La frequenza nella popolazione
non è ben definibile in quanto
si tratta di una diagnosi radiologica e perciò la sua incidenza
sarà tanto più elevata quanto
più il radiologo la ricerca. Basta
ricordare che con specifiche
manovre come la variazione
del decubito, o la compressione
addominale, si può riuscire a
dimostrare una piccola ernia
iatale da scivolamento nel 5080% dei soggetti studiati. La frequenza globale di tale affezione
nel mondo occidentale si attesta
comunque intorno al 5-10% della
popolazione. L’età maggiormente colpita è la medio alta con
massima incidenza a partire
dalla 5a decade di vita e incide
maggiormente nelle donne.
Nel caso invece dell’ernia
paraesofagea si assiste alla
formazione di una sacca gastrica toracica che si insinua nello
iato lateralmente all’esofago.
La porzione gastrica erniata è
solitamente rappresentata dal
fondo dello stomaco (cioè la
zona più alta). La differenza di
pressione tra addome e torace
fa sì che con il tempo questa
ernia si ingrandisca sempre di
più determinando un allargamento dello iato, condizionando
anche la risalita della giunzione
esofago-gastrica e dando vita
ad un’ernia mista. Addirittura
nei casi più avanzati nell’ampio
sacco erniario possono finire
altri organi come il colon, il
piccolo intestino e la milza. La
frequenza di questa varietà è
comunque bassa (2-4%) anche
se può essere responsabile di
importanti manifestazioni sintomatologiche e di complicanze.
Infine, estremamente rara, ma
per completezza da menzionare, va ricordata l’ernia da
brachiesofago legata ad una
congenita brevità dell’esofago
per cui parte dello stomaco è
sin dalla nascita stirata all’interno del torace.
In linea di massima l’ernia itale è
sicuramente favorita da aumenti
della pressione endoaddominale; potrebbe quindi essere
influenzata ad esempio da gravidanze multiple, dall’obesità,
dai busti, dalla cifoscoliosi. Per
certi versi è stato tirato in causa
anche il consumo di una dieta
raffinata e poco ricca di scorie
con formazione di feci dure che
condizionerebbero un aumento
della pressione endoaddominale durante l’evacuazione. È
comunque vero che la grande
maggioranza dei pazienti con
ernia iatale sono asintomatici.
Certi soggetti lamentano pirosi
dopo un eccesso alimentare o
una sensazione di ingombro
epigastrico postprandiale o di
“intrappolamento d’aria” o di
temporaneo impattamento di
bolo alimentare a livello dell’esofago distale. Da non trascurare la possibilità di sindromi
dolorose toraciche anginoidi e
di disturbi del ritmo cardiaco
causati da stimoli vagali con
spasmi coronarici riflessi a
stiramenti diaframmatici, a
compressione diretta da parte
di grosse ernie che subiscono
un’improvvisa distensione. Ben
diverso è il discorso quando
invece all’ernia iatale si associa
la presenza di una esofagite per
reflusso gastroesofageo patologico. Si tratta di un’evenienza
non trascurabile se si pensa che
il 32% dei soggetti con esofagite
presenta un’ernia iatale e che il
20% circa dei pazienti con ernia
iatale sviluppa una esofagite In
questo caso compariranno il
bruciore retrosternale, un eventuale rigurgito, la scialorrea, la
disfagia e raramente, l’odinofagia (dolore alla deglutizione).
Nelle ernie paraesofagee è
invece raro il reflusso gastroesofageo in quanto la giunzione
gastroesofagea non subisce
variazioni, mentre invece sono
più temibili i problemi di ordine
meccanico come la disfagia da
compressione esofagea. Altre
complicanze degne di nota
sono le emorragie che solo
raramente possono essere così
gravi da dare ematemesi o melena. Sicuramente più probabili
e meno pericolosi gli stillicidi
con conseguente anemia sideropenica microcitica da aree di
ulcerazione gastrica o di semplice congestione flogistica della
mucosa. Nelle ernie di grosse
dimensioni si può verificare
il volvolo, che si produce per
rotazione dello stomaco lungo
l’asse longitudinale: è una situazione che può comportare gravi
alterazioni vascolari e l’ostruzione completa di una porzione
gastrica con drammatica sintomatologia dolorosa toracica
da sovradistensione che può
sfociare nell’infarto del viscere
con perforazione, mediastinite
e peritonite.
Nel prossimo incontro completeremo l’argomento esaminando la diagnosi, la prognosi
e la terapia dell’ernia iatale e
completeremo così il capitolo
“ernie” che ci ha visto affrontare le sue più comuni forme,
dall’ernia inguinale, a quella
ombelicale fino a forme più particolari ma altrettanto diffuse
come appunto l’ernia iatale.
dott. Marco Marranci
medico chirurgo
specialista in Chirurgia dell’apparato digerente
ed Endoscopia chirurgica digestiva
e-mail: [email protected]
gli interessati a maggiori informazioni
possono rivolgersi alla redazione:
lunedì e martedì
tel. 055340811 fax 055340814
[email protected]
n MEDICINA BIOLOGICA
Le abitudini voluttuarie:
il fumo
Si possono affrontare con tecniche efficaci, innocue e non farmacologiche (2ª parte)
Il mese scorso abbiamo parlato
dell’abitudine al fumo e di che
cosa si nasconde dietro ad essa.
Fermo restando che chi inizia lo
può fare per vari motivi, talvolta
anche banali (imitazione ecc.),
con il tempo il nostro cervello
impara che con il fumo si può
sedare l’ansia in modo temporaneo e del tutto aleatorio. Un
buon programma terapeutico dovrebbe mirare a due obiettivi: la
disintossicazione e l’eliminazione
dell’ansia.
Devo premettere che il tutto lo si
può effettuare solo ed esclusivamente se la persona è motivata
e determinata a cessare questa
abitudine: può sembrare un
concetto scontato, ma è importantissimo. Ognuno di noi ha una
scala di valori personali (salute,
finanze, libertà, indipendenza,
ecc.) ed è proprio in base a questa che la persona può trovare la
spinta giusta a cessare di essere
dipendente dal fumo. Facendo un
esempio, se per un soggetto il valore più importante verso il quale
si sente attratto è la libertà, sarà
perfettamente inutile far leva motivazionale sui problemi di salute
che il fumo può creare, poiché
per il suo inconscio la salute è
importante ma non è all’apice
della scala dei valori.
Riguardo al primo punto dell’approccio terapeutico, cioè la disintossicazione, non ci sono grossi
problemi di impostazione; qualunque medico conosca la Medicina Biologica, sa perfettamente
come effettuare quest’opera di
precedente20
“drenaggio” con prodotti naturali
(omeopatici, omotossicologici,
fitoterapici ecc.), che avrà una
durata correlata al danno effettuato dal fumo. Ma non voglio
soffermarmi oltre su questo
tema peraltro già affrontato da
me precedentemente. Il grosso
del problema è rappresentato
dall’aspetto emozionale (l’ansia)
e dalla dipendenza dal fumo. A
mio avviso, la dipendenza fisica
è il male minore: normalmente,
con un buon drenaggio, una
buona idratazione del paziente, la
dipendenza fisica scompare abbastanza velocemente, in pochi
giorni. A questo proposito, conoscerete senz’altro delle persone
che fumavano 20, 30 sigarette o
più che magari di colpo smettono
(dopo una malattia seria) e non
hanno alcuna dipendenza fisica
dal fumo: per cui non è quello il
problema.
Uno degli ostacoli più grossi al
processo di guarigione è rappresentato dai tentativi passati
di smettere di fumare andati “a
vuoto”: molte persone hanno
tentato in vari modi di smettere
senza risultati o con ricadute
precoci. Questo fatto potrebbe
creare nell’individuo l’errata
convinzione che “non ce la farò
mai perché ho già provato e ho
fallito!”. Per cui, uno dei punti
di approccio della terapia è il
lavoro sulle convinzioni. Un
altro elemento fondamentale è
rappresentato dalla Inversione
Psicologica: pressoché il 90% dei
fumatori inverte psicologicamente. Che cosa significa? Il medico
che si occupa di kinesiologia
applicata sa perfettamente di
cosa sto parlando: è una sorta di
autosabotaggio che l’organismo
sta mettendo in pratica. La parte
conscia, razionale della persona
vuole smettere, mentre l’inconscio rema contro; detto semplicisticamente, è un po’ come un tiro
alla fune! Ma poiché l’inconscio
ha un potere immenso, vince
lui. Infatti il fumatore che vuole
smettere ha proprio la sensazione di avere perso il controllo
della situazione: quando prova a
smettere, si riaffaccia l’ansia in
tutta la sua potenza e l’inconscio
lo spinge ovviamente a sedarla.
Esistono, secondo la mia esperienza, alcune tecniche molto
efficaci, utili e innocue (non
farmacologiche) che possono
essere applicate nella terapia di
queste abitudini voluttuarie: la
PNL (programmazione neurolinguistica) e l’EFT (emotional
freedom technique). Queste
sono due efficaci metodiche
che possono aiutare a vincere
il problema e, soprattutto, a far
crescere l’individuo. Non entro
in dettaglio poiché di queste
tecniche ho già parlato in articoli
precedenti.
Talvolta, in alcuni casi nei quali
l’ansia poggia le basi su problemi
comportamentali profondi del
soggetto, che risalgono a periodi lontani della vita, può essere
utile associare una psicoterapia
di supporto.
dott. Danilo Vaccai
medico-chirurgo
omeopata-omotossicologo
specialista in reumatologia
gli interessati a maggiori informazioni
possono rivolgersi alla redazione:
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n Terapie con tempi più brevi
Sempre più spesso è possibile inserire gli impianti
subito dopo avere estratto i denti malati (impianti
post estrattivi). Infatti dopo avere tolto il dente
l’alveolo vuoto viene attentamente pulito e disinfettato
dal chirurgo, quindi si può inserire subito la nuova
radice in titanio. Talvolta utilizzando speciali impianti
nati proprio per questa indicazione. Alcuni chirurghi
prediligono l’utilizzo di laser per sterilizzare la superficie
dell’alveolo ed attivare il meccanismo di guarigione.
Secondo l’esperienza di questi utilizzatori l’uso del
laser favorirebbe la guarigione sia dell’estrazione che
dell’osso intorno all‘impianto inserito. Molto spesso
il chirurgo può decidere di mettere i nuovi denti per
masticare subito dopo aver inserito gli impianti (carico
immediato). Si tratta di utilizzare una speciale metodica
chirurgica e anche degli impianti con una superficie
particolare, affinché si ottenga un forte incastro tra l’osso
e l’impianto. Senza però comprimere eccessivamente
l’osso stesso. Questa moderna tecnica si può utilizzare
sia per denti singoli, che per mancanze di due o tre denti,
che per mancanze totali. Insomma quando il paziente
porta una dentiera. I nuovi denti vengono inseriti il giorno
stesso, talvolta provvisori, ma in alcuni casi perfino già
definitivi. La sera stessa il paziente può cenare con i suoi
nuovi denti fissi.
n Chirurgia meno invasiva
Migliorando la preparazione e la diagnosi prechirurgica
è possibile spesso utilizzare tecniche che riducono la
chirurgia. Infatti si cerca di eseguire tagli più piccoli
o addirittura di non eseguirli affatto così da avere
guarigioni più rapide. Qualora si debba sostituire un
dente con un impianto, dopo l’opportuna valutazione
prechirurgica e naturalmente a patto che vi siano le
indicazioni, è possibile con queste tecniche eseguire
nello stesso giorno l’estrazione del dente, l’inserimento
dell’impianto, la cementazione del nuovo dente
provvisorio, talvolta senza perfino eseguire alcun taglio
e quindi senza mettere alcun punto di sutura, passando
invece solo dal “buchino” dell’estrazione. Attenzione
però che solo una rigorosa e severa valutazione del caso
da parte del chirurgo implantologo e del medico o del
dentista di fiducia, permette di eseguire interventi di
questo tipo. Nuovi approcci che risolvono tanti problemi
e tante paure ai pazienti ma che però richiedono grande
capacità, una raffinata manualità chirurgica e una attento
saper ascoltare le esigenze, le ansie e le aspettative del
paziente. Un nuovo modo di fare chirurgia che non può
prescindere dalla antica arte di fare medicina.
dott. Cesare Paoleschi
Aice
INFORMAZIONI
SULL’EPILESSIA
Anche a Firenze l’Aice (Associazione italiana contro
l’epilessia) associazione onlus, finalmente ha una sua
sede, aperta a tutti i soci e a chiunque voglia ricevere
informazioni al riguardo. Molteplici le attività svolte
dall’Aice e moltissime le campagne pubblicitarie di
sensibilizzazione verso questa patologia, a difesa delle
persone portatrici, un tempo tanto criminalizzate o non
accettate.
L’associazione offre la possibilità a ragazzi e genitori pieni
di sconforto di aprirsi, confrontarsi e soprattutto di non
sentirsi più soli.
La sede è in via S. Niccolò, 30 ed è aperta il mercoledì e il
venerdì dalle ore 16,30 alle 19.
cell. 3409233703 – 3406046566
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Nr. 3 marzo 2005
Reg. Trib. di Firenze: nr. 5270 del 24/4/03
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Segretaria di redazioneCristina Tondini
GraficaSerena Chiti
Hanno CollaboratoPaolo Boschi, Rebecca Bruni, Ginevra Costa, Nicoletta Curradi, Alberto Fiorini, Manola Fiorini, Emilia Mannini
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Chiusura in redazione25 febbraio 2005
Inizio distribuzionemartedì8 marzo 2005
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